La Marina italiana è nel Golfo di Guinea in cooperazione con Eni e armatori
Unità navali ed elicotteri della Marina militare italiana a “difesa” dei pozzi petroliferi dell’ENI e dei mercantili delle grandi compagnie armatoriali. Dallo scorso anno il sistema Italia fa le cose in grande anche nel Golfo di Guinea, in Africa occidentale, nelle acque prospicienti la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria e l’Angola. Con il decreto di finanziamento delle missioni internazionali, nel luglio 2020 il Parlamento ha dato il via al pattugliamento del Golfo in funzione “anti-pirateria”, a salvaguardia dei crescenti investimenti finanziari nell’area da parte dell’holding energetica a capitale statale e di alcuni gruppi privati. Lo Stato Maggiore della Marina l’ha denominata Operazione Gabinia dalla “legge romana approvata nel 67 a.C. che concesse a Pompeo Magno i più ampi poteri possibili per condurre la guerra contro i pirati che ormai da decenni rendevano insicuro il Mediterraneo e le sue coste”.(1) Una dotta reminescenza storica degli ammiragli alla guida delle forze navali dell’Italia repubblicana, forse nostalgici dello strapotere che il Senato dell’antica Roma concesse al generale-condottiero in barba al diritto: massima libertà operativa nel Mare Nostrum e finanche nella terra ferma sino a 50 miglia di distanza dalle coste con un’invincibile armata di 500 navi, 5.000 cavalieri e 120.000 fanti. Opportuno annotare – come ricordano gli storici - che l’approvazione della legge Gabinia “anti-pirati” segnò una tappa fondamentale nel collasso della Repubblica romana e nella fondazione dell’Impero con i sovrani padri-padroni dello Stato.
Nel testo approvato dal Parlamento, la
nuova missione militare è inserita nel capitolo riservato al Potenziamento dei dispositivi nazionali e
della NATO (scheda 38- bis/2020). “E’ autorizzato l’impiego di un
dispositivo aeronavale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel
Golfo di Guinea per fronteggiare le esigenze di prevenzione e contrasto della
pirateria e delle rapine a mano armata in mare”, riporta il dispositivo. “Esso ha
l’obiettivo di assicurare la tutela degli interessi strategici nazionali
nell’area, con particolare riferimento alle acque prospicienti la Nigeria. In
particolare è previsto lo svolgimento dei seguenti compiti: proteggere gli
asset estrattivi dell’ENI presenti in Nigeria e in Ghana; supportare il
naviglio mercantile nazionale in transito nell’area; rafforzare la
cooperazione, il coordinamento e l’interoperabilità con la Nigeria e gli altri
Stati rivieraschi; garantire una presenza e sorveglianza non continuativa, con
compiti di Naval Diplomacy”. Niente
giri di parole e nessuna ipocrisia, dunque. Si va nelle acque dell’Africa
occidentale per il petrolio, il gas e per gli interessi degli armatori, non c’è
peace keeping o esportazione di
democrazia, almeno stavolta. Per l’Operazione
Gabinia c’è stato l’ok
per schierare sino a 400 militari, due mezzi navali e due aerei. La tranche di
spesa autorizzata per i primi quattro mesi di missione è pari a 9.810.838 euro.
(2)
“Il Golfo di Guinea è da alcuni anni il punto focale della
pirateria africana, che ha drasticamente aumentato i suoi attacchi alle
imbarcazioni e agli equipaggi in transito”, riporta la scheda allegata al
decreto autorizzativo. “Nel 2019 il numero di marinai presi in ostaggio al
largo delle coste dell’Africa occidentale è aumentato di più del 50%. Secondo i
dati resi noti dal Rapporto annuale sulla
pirateria pubblicato dall’International Maritime Bureau, i membri degli
equipaggi presi in ostaggio durante l’attraversamento del Golfo sono saliti da 78
nel 2018, a 121 nel 2019, una cifra che rappresenta più del 90% dei sequestri
registrati in mare in tutto il mondo. Ciò ha seriamente compromesso il traffico
commerciale internazionale e inflitto pesanti costi economici alla regione”.
Sempre secondo l’IMB, sommando il valore dei riscatti, l’incremento dei premi
assicurativi e i danni all’indotto commerciale a causa di ritardi, perdite e
danneggiamenti, tra il 2018 e il 2020 la pirateria sarebbe costata ai Paesi del
Golfo di Guinea una cifra che oscilla tra i 2 e i 3.5 miliardi di dollari.
Ragioni sufficienti perché l’Italia, primo paese dell’Unione
europea, assuma l’onere e i rischi di trasferire in pianta stabile una fregata
multimissione e i reparti d’assalto della Marina? Qualche spiegazione in più
sulle reali motivazioni delle classi politiche ed economiche dirigenti è
offerta da un report sull’insicurezza nel
Golfo di Guinea, pubblicato nel febbraio 2021 dall’Osservatorio di Politica
internazionale, istituto promosso dal Parlamento, dal Ministero degli Affari
esteri e dal Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali di Roma. “Per quanto
riguarda il settore energetico, il Golfo di Guinea ospita due tra i maggiori
esportatori di petrolio africani, la Nigeria (circa 2 milioni di barili al
giorno) e l’Angola (1,5 milioni di barili) e produce il 27% del greggio
continentale e il 4% di quello mondiale”, scrivono i ricercatori
dell’Osservatorio Marco Di Liddo e Paolo Crippa. “Nel complesso, l’output
regionale costituisce il 13% dell’import di greggio e il 6% dell’import di gas
dell’Europa e rappresenta uno dei maggiori bacini di opportunità per le
principali major internazionali, tra cui Total, ExxonMobil, Shell, ENI e China
National Petroleum Corporation”.
Ingenti gli interessi italiani in quest’area strategica del
continente africano. “Il nostro Paese importa il 18% di petrolio dai Paesi
africani di cui quasi la metà da quelli del Golfo di Guinea (tra gli altri
Nigeria 2.5%, Angola 1.4% e Camerun 1%)”, aggiunge l’Osservatorio. “L’ENI è
attiva in Nigeria (23 milioni di barili di produzione all’anno), Angola (37
milioni di barili), Congo Brazzaville (22 milioni), Ghana (9 milioni), Gabon
(4.107 Kmq in concessione esplorativa) e Costa d’Avorio (altri 4.921 Kmq in
concessione). Inoltre, la società italiana è impegnata nell’estrazione e nello
sviluppo dei futuri giacimenti gasiferi in tutto il golfo. Sotto il profilo
commerciale, il volume di interscambio tra l’Italia e l’Africa nel 2019 è stato
di 19.5 miliardi di euro, pari al 4.3% del totale degli scambi commerciali
l’Italia e il resto del mondo, un terzo del quale ha coinvolto i Paesi del
Golfo di Guinea. Gli investimenti italiani nel continente sono stati di 9.8
miliardi di euro, concentrati regionalmente verso la Nigeria (1.3 miliardi), la
Costa d’Avorio e la Repubblica Democratica del Congo (entrambi poco sotto il
miliardo). Questo ha reso il nostro Paese il maggior investitore europeo in
Africa nel 2019. Una menzione speciale merita anche il mercato ittico, le cui
importazioni dal Golfo di Guinea sono in costante aumento: nel 2018, l’Italia
importava il 13% degli stock di tonno e palamita (pari a 13.000 tonnellate)
dalla Costa d’Avorio e dal Ghana”.
Ovvio dunque che il governo si è dimostrato sempre più
sensibile alle richieste di “sicurezza e stabilità” delle acque del Golfo,
fatte dai maggiori gruppi finanziari; inoltre la presenza di unità da guerra
con i più moderni e sofisticati sistemi d’arma e di controllo è un’ottima
vetrina dei prodotti del complesso militar-industriale nazionale (Leonardo e
Fincantieri in primis) e ciò apre le rotte verso nuovi mercati. “La proiezione
del nostro Paese non va interpretata in un mero senso militare, quanto
piuttosto come la promozione delle nostre eccellenze all’estero e come il volano
per l’intensificazione delle relazioni politiche ed economiche con un
continente in crescita e denso di opportunità”, annota in conclusione
l’Osservatorio Parlamento-MAE-Ce.S.I.. “Le missioni militari nazionali, oltre
ad adempiere ai loro obbiettivi securitari, rappresentano uno strumento
suppletivo di diplomazia anche in un’ottica di promozione presso i Paesi
africani delle eccellenze della Difesa sia come capacità operativa che come
cantieristica navale (…) La possibile cooperazione con gli Stati africani per
attività di training e mentoring potrebbe, infatti, aprire preziosi canali di
dialogo, che possono spaziare dalla sicurezza portuale alle infrastrutture,
dall’energia alla fornitura di naviglio d’altura realizzato dall’industria
nazionale o dismesso dalla nostra Forza Armata. Oggi il nostro Paese ha
all’attivo accordi di cooperazione in materia di Difesa con Congo, Benin,
Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio…”. (3)
Punto si svolta per l’interventismo diplomatico-militare
italiano nelle acque dell’Africa occidentale è stato l’incontro del Gruppo G7 + Amici del
Golfo di Guinea (oltre 120
partecipanti di una quarantina di Paesi, organizzazioni regionali, non
governative e aziende), tenutosi a Roma il 26 e 27 giugno 2017 in occasione
della Presidenza italiana del G7.
All’ordine del giorno proprio la sicurezza della navigazione nel Golfo, “oggetto di frequenti attacchi
di pirateria e di altri crimini in mare, tra cui il traffico di droga e di
esseri umani, la pesca illegale e l’inquinamento indiscriminato”, si legge
nella nota finale del summit. In quell’occasione, l’allora sottosegretario alla
Difesa Domenico Rossi (già
generale ed ex sottocapo dello Stato Maggiore dell’Esercito) assicurava i
partner africani che l’Italia si sarebbe “impegnata per l’affermazione
di condizioni di stabilità nella regione”, contribuendo con altri donatori internazionali “al
rafforzamento delle capacità delle pubbliche amministrazioni nazionali in tutti
i settori della gestione del mare: dalle funzioni della guardia costiera, alla
condivisione delle informazioni sul traffico marittimo, alle riforme del
settore giudiziario e investigativo”. (4)
Per la prima missione della Marina si
dovrà attendere però l’estate del 2018: l’invio del cacciatorpediniere lanciamissili
“Durand de la Penne” per pattugliare l’area del Golfo ed effettuare soste
tecniche ed interscambio in Senegal, Ghana e Nigeria. L’anno
successivo un Mobile Training Team
della Brigata Marina “San Marco” partecipava ad un’esercitazione aeronavale guidata
da US Africom, il comando per le
operazioni delle forze armate statunitensi nel continente africano (Obangame 18) e, contestualmente, un ufficiale
della Marina italiana s’imbarcava sull’unità di trasporto veloce “Carson City”
di US Navy, in qualità di responsabile dell’addestramento dei team di
abbordaggio, ricerca e soccorso delle Marine dei paesi rivieraschi. (5) Il 10 marzo 2020 prendeva invece
il via l’Operazione Gabinia con la
fregata missilistica FREMM “Luigi Rizzo”, con base logistica di supporto ad
Accra, in Ghana. La “Rizzo” si esercitava per un mese con le unità delle Marine
del Golfo e dei Paesi occidentali impegnati in missioni di media-lunga durata
nella regione (Stati Uniti d’America, Francia, Spagna e Portogallo). Inoltre conduceva
un’attività formativo-addestrativa con la motonave “Grande Dakar” del Gruppo
di navigazione Grimaldi, in collaborazione con la Confederazione Italiana
Armatori. (6)
Il secondo periodo di Gabinia
si è svolto invece dal settembre al dicembre 2020, protagonista la fregata
FREMM “Federico Martinengo” con base logistica ancora ad Accra e a Pointe-Noire
(Congo). Anche stavolta l’unità da guerra alternava i pattugliamenti delle
acque del Golfo con le esercitazioni con le Marine africane. Tra il 5 e l’8 ottobre,
la “Martinengo” prendeva parte ad importanti war games (Exercise Grand Africa Nemo 2020) insieme a US Navy, Marine
National francese e alle Marine da guerra di Brasile, Togo, Benin e Nigeria. Prima di
rientrare in patria, la fregata missilistica conduceva due esercitazioni “antipirateria”
civile-militare in concorso con le associazioni dell’armatoria italiana
Confitarma ed Assarmatori (coinvolti il tanker “Enrico Fermi” e la porta-container “MSC Augusta”), nonché
un’esercitazione sviluppata con un’installazione off-shore gestita
da ENI in Nigeria. (7)
La terza tappa dell’Operazione Gabinia ha preso il
via il 23 febbraio 2021 e prosegue sino ad oggi. Nelle acque del Golfo è
tornata ad operare la FREMM “Luigi Rizzo” in sempre più stretta cooperazione (o
subalternità?) con le unità della Marina USA ed il Comando di US Africom. Nei
primi giorni di marzo, mentre era in transito al largo delle coste del Marocco,
la “Rizzo” è stata “accolta” dal Carrier
Strike Group statunitense composto dalla portaerei a propulsione
nucleare “USS Dwight Eisenhower”,
dal cacciatorpediniere “Mitscher”
e dall’incrociatore “Monterey”.
“Con le unità USA è stato portato a termine un addestramento congiunto che
ha visto le operazioni di volo di circa 20 caccia F/A-18E Super Hornet
della portaerei a stelle e strisce e di due elicotteri SH-90 imbarcati sulla
FREMM italiana”, riporta la nota dell’ufficio stampa della Marina. (8) Nelle acque del Golfo, l’11
marzo, la fregata “Rizzo” ha simulato un’azione di abbordaggio con l’unità
mobile di spedizione navale “Hershel Woody Williams” di US Navy, mentre
dieci giorni più tardi, su richiesta del Comando della Sesta Flotta
statunitense di stanza a Napoli, ha fornito il supporto d’intelligence alla
porta-elicotteri anfibia “Dixmude” della Marina francese, impegnata in un
controllo della nave cargo “Najlan” in cui sarebbero state rinvenute più di 6
tonnellate di cocaina.
A fine marzo la fregata italiana ha
partecipato alla maxi-esercitazione aeronavale Obangame Express 2021 sotto comando di US AFRICOM,
congiuntamente a 20 partner africani (Angola, Benin, Camerun, Costa d'Avorio,
Repubblica Democratica del Congo, Congo, Capo Verde, Gabon, Ghana, Guinea,
Guinea-Bassau, Guinea Equatoriale, Liberia, Marocco, Nigeria, Senegal, Sierra
Leone e Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe). L’1 e 2 aprile, la “Luigi Rizzo” si è
invece addestrata nelle acque del Ghana con alcune unità di Francia,
Spagna e Portogallo (European Maritime
Security 21 - Euromarsec).
Gli ultimi due mesi sono stati
dedicati alle esercitazioni anti-pirateria con i grandi gruppi armatoriali e le
società petrolifere italiane. La prima si è svolta il 10 maggio con la motonave
“Grande Cotonou” del Gruppo Grimaldi; la seconda, una settimana dopo, con l’unità
di perforazione petrolifera “ENI-SAIPEM 10000” impegnata nell’esplorazione del
sottosuolo marino a largo delle coste del Ghana. “In quest’ultimo caso è stato simulato un tentativo di sequestro dell’unità
petrolifera da parte di un gruppo di pirati, prontamente respinto con l’incursione
di un team specializzato della Brigata Marina San Marco”, spiega la Difesa. “Si è trattato, dunque, di una
delicata attività per l’intero comparto energetico nazionale, con inevitabili
riflessi anche sull’economia europea”. (9)
L’ultimo addestramento anti-terrorismo è stato svolto dalla FREMM “Rizzo” il
6 giugno scorso a poche miglia nautiche dal Delta del Niger (Nigeria), ancora
una volta in cooperazione con l’ENI che è impegnata nella fragile e
conflittuale regione in attività esplorative e di estrazione petrolifera.
All’esercitazione, oltre agli elicotteri SH-90 e a un team di pronto intervento
della “San Marco”, hanno partecipato gli specialisti del Comando
Subacquei e Incursori – COMSUBIN di La Spezia. (10) Per il secondo semestre
2021, c’è da star certi, Gabinia
vedrà la presenza di una fregata in pianta stabile nel Golfo e ancora più carta bianca per le campagne d’oltremare
delle forze armate tricolori.
Note:
(2) https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01155059.pdf
(4) https://www.difesa.it/Il_Ministro/sottosegretari/DomenicoRossi/Eventi/Pagine/gruppog7.aspx
(6) https://www.confitarma.it/esercitazione-anti-pirateria-nel-golfo-di-guinea/
Si legga pure:
https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pubblicazioni/ricerche/Pagine/GolfodiGuine.aspx
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