Aiuti militari italiani alla Libia mentre i migranti continuano a marcire nei lager
Piovono aiuti militari italiani in Libia nonostante l’escalation del conflitto interno e le inaudite violente perpetrate a danno di civili e migranti. Nel corso di una cerimonia tenutasi a Tripoli, il contingente delle forze armate assegnato alla Missione bilaterale di Assistenza e Supporto in Libia (MIASIT) ha consegnato al Genio militare dell’Esercito libico un lotto di metal detector di produzione italiana. “La donazione si colloca nei compiti assegnati a MIASIT per la stabilizzazione della Libia e che, in questo particolare momento storico, garantisce un supporto tecnico per coadiuvare le operazioni libiche di bonifica e rimozione degli ordigni esplosivi, mine e residui bellici unitamente a sessioni di addestramento specifico a favore degli artificieri addetti alla ricerca e ad attività di monitoring and accompanying”, riporta il Ministero della Difesa italiano.
Alla
cerimonia di consegna delle apparecchiature erano presenti il Comandante della
Missione bilaterale di Assistenza, generale Maurizio Fronda
e i Genieri militari dell’8° Reggimento Guastatori paracadutisti "Folgore" giunto a Tripoli per la formazione
del personale libico. Nel ringraziare le autorità italiane per i metal
detector, il colonnello Abdul
Nasser Ghouman, comandante del Genio Militare, ha ribadito la necessità di rafforzare ulteriormente la collaborazione
italo-libica “in termini di formazione, aggiornamento e fornitura di materiali
e equipaggiamenti utili”.
MIASIT ha preso il via l’1
gennaio 2018 con lo scopo di fornire assistenza e supporto al Governo di
Accordo nazionale libico con sede a Tripoli, riconfigurando, in un unico
dispositivo, le attività previste dall’ex Operazione Ippocrate e alcuni
compiti di supporto tecnico-manutentivo a favore della Guardia costiera libica.
“La nuova missione interforze è intesa a incrementare le capacità delle Forze
di Sicurezza libiche in un’ottica di stabilizzazione del paese e di contrasto
al terrorismo e ai flussi migratori illegali”, spiega lo Stato Maggiore della
Difesa. Il contingente italiano oltre ad addestrare le forze militari e di
sicurezza libiche collabora al ripristino dell’efficienza dei principali
assetti terrestri, navali e aerei a disposizione del Governo di Accordo
nazionale. Le diverse unità svolgono in particolare compiti di ricognizione,
formazione, consulenza, assistenza e supporto, rilevazioni contro minacce
chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN), supporto sanitario. Un team
opera inoltre a Mitiga (Tripoli) per ripristinare le infrastrutture
dell’aeroporto militare.
Attualmente sono impiegati nella
Missione di Assistenza e Supporto in Libia 400 militari, 142 mezzi terrestri, 2
aeromobili e le unità navali del dispositivo nazionale Mare Sicuro. Per l’anno in corso, le Camere hanno autorizzato la
spesa di 47.856.596 euro (19.896.362 per il personale e 27.960.234 per le attività
operative, il supporto logistico, il funzionamento dei mezzi militari, ecc.).
In questi giorni, il governo
italiano ha anche reso noto di aver aumentato il proprio contributo economico al Programma Congiunto di Polizia e Sicurezza (PSJP) in Libia, coordinato
dall’agenzia delle Nazioni Unite UNDP in partnership con la Missione di
sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) e il Ministero della Giustizia
libico. Si tratta di un finanziamento aggiuntivo di circa 1,3 milioni di euro, che
porta il totale delle risorse provenienti dall’Italia a 2.797.825 euro. Il
Programma PSJP ha preso il via nel 2017 ed è volto a “migliorare la fornitura
di servizi per la popolazione locale, attraverso una polizia più efficace e
orientata alla comunità e servizi di Stato di diritto”. Contribuiscono al programma,
insieme all’Italia, Germania, Paesi Bassi e Stati Uniti d’America.
Lo
scorso 16 luglio il Parlamento italiano ha inoltre prorogato sino alla fine del
2020 la partecipazione del contingente della Guardia di Finanza e dell’Arma dei
Carabinieri alla Missione bilaterale di assistenza alla Guardia Costiera della
Marina libica. Il provvedimento è stato duramente criticato dalle reti
antirazziste e dalle organizzazioni non governative che operano in difesa dei
diritti umani. “Il rifinanziamento della
cosiddetta Guardia costiera libica ha tristemente riaffermato
la complicità del governo italiano ad
un sistema di torture e violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato
la sezione italiana di Amnesty International. “Con l’obiettivo di ridurre il numero di rifugiati e migranti che attraversano il
Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa, il nostro paese continua a non farsi scrupolo di condannare queste persone a morire in mare o
a soffrire trattamenti inumani a
terra, una volta consegnati ai centri di detenzione libici”.
“La profonda delusione – aggiunge
Amnesty - per la riconferma della collaborazione con la cosiddetta guardia
costiera libica è aggravata dalla constatazione che tale decisione sia
stata presa dal governo italiano nella piena consapevolezza dell’impatto di queste politiche di esternalizzazione sulle vite di migranti e rifugiati: esposti
a torture, sfruttamento, violenze, abusi e altre gravi violazioni dei diritti
umani; ignorando l’evidenza, recentemente riaffermata anche dalle Nazioni
Unite, che la Libia non possa
essere considerata un porto sicuro”.
Nel ribadire
l’urgenza di proteggere i diritti umani
di migranti e rifugiati, Amnesty International Italia ha chiesto al
governo Conte di “ritirare il
vergognoso memorandum siglato con la Libia, evacuando in un luogo sicuro le persone attualmente trattenute nei centri di detenzione e
decretandone la chiusura”. Sono
state richieste inoltre risorse
adeguate per le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale e
l’attivazione di “percorsi
sicuri e legali, come ad esempio i corridoi umanitari, per raggiungere
l’Europa”.
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