Paolo David, i Franza, la massoneria e la banca di Belpasso
Per chi non ricordasse, il
consigliere comunale ex Pd poi Forza Italia-Genovese Paolo David, bancario,
arrestato stanotte per voto di scambio politico-mafioso, dichiarò di aver speso
per la campagna elettorale delle ultime amministrative poco meno di 15.000 euro
beneficiando del prezioso contributo di 2.500 euro della Caronte&Tourist
del Gruppo Franza-Matacena. Ancora meno
ricordano che il nome di Paolo David compariva nei primi anni ’90 nell’elenco
della loggia massonica “Minolfi” del
Grande Oriente d’Italia, accanto ad alcuni agenti segreti coperti dell’organizzazione
militare “Gladio”, esponenti delle forze armate, dell’Arma dei Carabinieri,
della Polizia di Stato e numerosi membri delle famiglie Candido-Cuzzocrea originarie
di Seminara successivamente ai vertici dell’Università degli Studi di Messina e
di aziende nel settore farmaceutico-cantieristico-informatico.
Paolo David, come si legge
nel volume “Le mani sull’università” del Comitato Messinese per la pace e il
disarmo unilaterale (Armando Siciliano
editore, 1998), era in quegli anni direttore della “neonata agenzia a Messina
della Banca Popolare di Belpasso”. “Il 29 giugno 1995 – continua il testo - la
Banca Popolare di Belpasso è stata al centro di una operazione della Guardia di
Finanza, accusata, in breve, di essere lo sportello del boss catanese
Giuseppe Pulvirenti detto ‘u Malpassotu,
braccio destro di Nitto Santapaola. I massimi dirigenti dell'istituto sono stati accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e
sono stati controllati i crediti agevolati concessi agli amici o i contributi a
fondo perduto dati agli uomini della cosca. Durante il processo al clan
Pulvirenti, sette mesi prima, il pentito Filippo Malvagna aveva svelato alcuni
meccanismi nel funzionamento della banca: il clan Pulvirenti prestava ad usura
soldi ricevuti dalla banca di Belpasso e le operazioni erano “facilitate” dalla
presenza tra gli azionisti di Filippo Scuderi, affiliato alla cosca. Malvagna
ha anche raccontato che una volta Pietro Puglisi, genero di Giuseppe
Pulvirenti, ottenne 100 milioni di lire: il prestito ad usura gli rendeva 10
milioni al mese. Attraverso l’usura la cosca riusciva ad acquisire società ed
aziende in difficoltà economiche. Nel dicembre del 1995, durante una udienza
del processo “Aria pulita 2” alla mafia catanese, giunge una ulteriore testimonianza:
il pentito Alfio Licciardello, ex capodecina di Belpasso, dichiara che la
Popolare nominava direttori graditi a Pulvirenti, tanto che riusciva ad
ottenere fidi senza coperture e ad aprire conti
correnti senza controlli. All’inizio degli anni ‘90, la Banca entrò in crisi
per un buco miliardario, e si ipotizzò un salvataggio con i capitali dei
palermitani Graviano, boss di Brancaccio. L’ipotesi non piacque a Pulvirenti,
che voleva disporre del pieno controllo dell'istituto. Mentre la Banca Popolare
di Belpasso era nell’occhio del ciclone, le amministrazioni provinciali di
Messina e Catania a guida post-fascista e le facoltà di Economia e commercio
delle due città siciliane non trovavano di meglio che coorganizzare a Taormina
con l’istituto del “Malpassotu” il convegno di studio sulla “prevenzione della crisi bancaria nell'ordinamento
italiano e comunitario”. Tra i partecipanti numerosi esponenti di Bankitalia ed
alcuni rappresentanti del Comitato economico e sociale dell'Unione europea”.
Nel 1994, la filiale di
Messina del Banco Popolare di Belpasso diretta da David donò un assegno di 25
milioni di vecchie lire al “Centro per il trattamento dei neurolesi
lungodegenti” della Fondazione Bonino-Pulejo di Messina, divenendo uno dei “benemeriti”
dell’istituzione insieme alla sig.ra Olga Franza Mondello (15 milioni) e alla
Banca Nazionale del Lavoro (13 milioni).
Ancora una volta, uno
spaccato dell’immortale borghesia illiberale della città dello Stretto.
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