Quei milioni di tamponi esportati negli USA per la gioia di mister Trump e del Pentagono
Primavera 2020, tra pandemia da coronavirus, lockdown globali, laboratori statunitensi che fanno incetta di tamponi in Italia e autorità sanitarie italiane che di tamponi ne vogliono fare con il contagocce. E’ accaduto così che mentre si diffondeva il virus in tutto il nord Italia con decine e decine di migliaia di morti, il Ministero della Salute con circolare del 22 febbraio raccomandava di riservare i tamponi ai soli casi sospetti di Covid-19, perché “in assenza di sintomi, il test non appare sostenuto da un razionale scientifico in quanto non fornisce un’informazione indicativa ai fini clinici”.
Di contro a Washington, su richiesta delle aziende sanitarie
private, Donald Trump e il Pentagono autorizzavano un dispendioso ponte aereo militare
per consentire il trasporto d’urgenza negli USA di tonnellate di tamponi per
testare il Covid, prodotti dalla Copan Italia S.p.A. di Brescia. Sono stati perlomeno
nove i voli cargo effettuati dallo scalo Nato di Aviano sino a Memphis
(Tennessee), in un periodo compreso tra il 16 marzo e il 16 aprile 2020, subito
dopo cioè che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva dichiarato lo
stato di pandemia globale. Non meno di cinque milioni di tamponi a cui si
aggiungono le forniture negli USA della Copan con navi mercantili, 25
spedizioni in un arco temporale compreso tra i mesi di marzo e
maggio per un carico complessivo di 82.075 kg., come documentato dal database
di Import Genius, il provider che
fornisce informazioni sul commercio marittimo da e verso gli Stati Uniti
d’America. Altre quattro
tonnellate e mezzo di tamponi di Copan Italia – ha riportato UsaToday in un reportage - erano giunti
a Norfolk, Virginia il 20 gennaio 2020, a cui aveva fatto seguito un carico
di sei tonnellate di kit, sdoganato nello stesso porto il successivo 4 marzo. “I tamponi
tendono poi ad andare agli assemblatori domestici di kit per i test che li
confezionano per l’uso sanitario”, aggiungeva UsaToday.
Diversi milioni di tamponi esportati
con tanto di autorizzazioni delle autorità sanitarie e doganali italiane che
configgono con i dati sugli approvvigionamenti delle aziende sanitarie
territoriali di quei mesi. Il 20 marzo, ad esempio, quattro giorni dopo il
primo trasferimento dei kit di Copan con un Boeing C-17 Globemaster III di US
Air Force, il capo
del dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli dichiarava ad Agenzia
Nova di avere a disposizione
390 mila tamponi per una loro distribuzione alle Regioni. “Non ci sono
particolari criticità, se si riescono anche ad esportare non è un problema”,
tranquillizzava Borrelli. Di opposto parere il governatore della regione
Veneto, Luca Zaia: nello stigmatizzare il primo
cargo statunitense partito dalla base di Aviano con 500 mila tamponi, il
politico leghista affermava di incontrare enormi difficoltà nel rifornirsi di
tamponi. “Noi ne abbiamo comprati 100 mila e ce ne consegnano 5 o 6 mila ogni
tanto, col contagocce”, riferiva Zaia al cronista di Repubblica, ancora il 20 marzo. Il 3 aprile l’agenzia Adnkronos riportava che in Lombardia, nonostante
l’aumento dei laboratori autorizzati ai test, si effettuano appena 10 mila
tamponi al giorno per la carenza di reagenti. Sempre ad Adnkronos, quattro giorni dopo, l’assessore al Welfare della
Regione Lombardia, Giulio Gallera, confermava l’esiguo numero dei 10 mila test
quotidiani. “Se io potessi, farei un milione di tamponi al giorno, ma dipende
dalla mancanza di reagenti”, aggiungeva Gallera.
L’affaire dei tamponi esportati negli
USA in piena emergenza da Covid-19 e la contestuale miopia del ministero della Sanità e della Protezione civile nel non
aver predisporre una campagna di test di massa in tutta Italia sono al centro
di un esposto presentato il 21 maggio scorso da una professionista lombarda, la
dottoressa Giovanna Muscetti, e dall’avvocato Giancarlo Cipolla del Foro di
Milano. Dopo una prima archiviazione della procura della Repubblica di Cremona,
il fascicolo d’indagine è stato avocato dai magistrati di Brescia. Epidemia
colposa, omicidio e lesioni colposi, abuso e omissioni di atti d’ufficio i
reati ipotizzati a carico di “persone da individuare”.
Sulla vicenda è intervenuta l’azienda
bresciana produttrice dei tamponi. “La vendita di 500.000 tamponi dello scorso marzo
è stata effettuata da Copan Italia Spa (non da Copan Diagnostics, nostra
controllata negli USA) ad aziende di distribuzione del settore medicale e non
al Governo statunitense”, spiega l’amministratrice delegata Stefania Triva. “Con
riferimento a quella transazione, e non solo, Copan è stata oggetto di numerose
verifiche da parte delle Autorità nei mesi scorsi. Tra le altre, abbiamo
ricevuto ispezioni della Guarda di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate e
dell’Agenzia delle Dogane, che nulla hanno eccepito sul nostro operato. L’oggetto
della vendita sono stati i
tamponi, intesi come dispositivi di prelievo del campione; non i test
che, purtroppo, scarseggiavano ovunque nel mondo all’inizio della pandemia
Covid- 19. Diversamente dai reagenti per i test e i dispositivi di protezione
individuale, i tamponi non hanno subìto alcuna limitazione alla vendita e
all’esportazione per la semplice ragione che, una volta chiarito l’equivoco
tampone Vs. test, l’approvvigionamento dei tamponi per l’Italia non è mai stato
un problema”.
“Trascorsi ormai nove mesi da
quell’episodio, a fronte dell’aumentata capacità di effettuare test Covid-19
nel nostro Paese, che ha portato ad un corrispondente e notevole incremento nel
consumo dei tamponi, messi prontamente a disposizione da parte di Copan, i
fatti dimostrano che non vi era
alcuna necessità di porre vincoli alla loro esportazione”, conclude l’ad di
Copan. “Peraltro, quella vendita non è che una delle innumerevoli
operazioni di esportazione - prima e durante la pandemia - da noi realizzate in
oltre 40 anni di attività in un settore, quello della pre-analitica, in cui
Copan è leader mondiale”.
Quanto dichiarato da Stefania Triva “conferma
ed integra” quanto riportato nel comunicato emesso dall’azienda il 19 marzo,
dopo il primo trasporto dei tamponi con un aereo dell’Aeronautica militare USA
da Aviano a Memphis. In quel comunicato, in particolare, Copan spiegava di aver
consegnato nelle settimane precedenti oltre
un milione di tamponi agli ospedali italiani. “Dall’inizio dell’epidemia ad oggi, in
Italia sono stati effettuati circa 200.000 test”, si precisava. “È evidente che
in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna
restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale. Copan
da decenni esporta negli Stati Uniti mediante distributori, che servono sia il
settore pubblico sia il privato. A causa della scarsità di aerei-merci e
dell’acuirsi della crisi Coronavirus, il governo USA ha recentemente
organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i
nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità,
anche perché la quantità inviata non è certo impressionante rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di
test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori
Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata
regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad
alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai
lombardi, agli Italiani o agli Europei”.
Ad evidenziare il ruolo chiave giocato dall’azienda lombarda
nella rapida espansione delle
capacità di effettuazione dei test anti-Covi19 negli Stati Uniti d’America è
stata una delle figure più rilevanti dell’amministrazione Trump, Peter K. Navarro,
direttore della politica commerciale e manifatturiera della Casa Bianca, nonché
coordinatore delle politiche del Defense
Production Act, la legge che regolamenta il sistema di approvvigionamento
di sistemi d’armi, apparecchiature, medicinali, ecc. in caso di guerre e
pandemie. In un
editoriale pubblicato sul Miami Herald
il 6 ottobre 2020, Navarro, nell’enfatizzare l’impegno dello staff di Donald Trump contro il coronavirus,
ricordava come ad inizio marzo, la Copan “aveva la necessità di trasportare un
milione di tamponi dalla sua fabbrica in Italia a sei differenti città
degli Stati Uniti”. “A causa della pandemia che aveva colpito in modo
particolarmente duro l’Italia, il governo italiano aveva limitato il suo spazio
aereo per i voli commerciali”, aggiungeva Peter Navarro. “La Casa Bianca ha mobilizzato
una aereo del Dipartimento della Difesa per andare a prendere i tamponi di
Copan e farli atterrare a Memphis. Grazie all’aiuto del suo amministratore
delegato Fred Smith, gli aerei della società di spedizioni FedEx Express hanno
poi consegnato i tamponi nel paese 72 ore dopo la richiesta d’assistenza di
Copan”. Un ponte aereo di portata strategica, dunque, promosso in tempi record
da mister Trump e dai vertici delle forze armate USA per soddisfare la domanda
di tamponi nei laboratori privati statunitensi e garantire il buon fine della
commessa di un’azienda della lontana Brescia. Con tanto di partnership pubblico/militare/privato
tra l’Air Mobility Command, il comando mobilità aerea responsabile dei
velivoli da trasporto e rifornimento di US Air Force, e FedEx, una delle
maggiori società di spedizioni a livello mondiale.
Per comprendere appieno la rilevanza
attribuita dall’amministrazione Trump e dal Pentagono ai tamponi per i test
anti-Covid e l’affannoso tentativo di Washington di accaparrarsi del maggior
numero possibile di kit prodotti internazionalmente, è utile la lettura di un
articolo di uno dei più accreditati giornalisti statunitensi di politica
economica, Alan Rappeport, apparso sul New York Times il
20 marzo (White
House Enlists Military to Import Swabs for Coronavirus Tests, il titolo). “Di fronte alle notevoli carenze di forniture mediche
per combattere la pandemia da coronavirus, la Casa Bianca si sta attivando per
coordinare con il settore privato l’importazione e la produzione di tamponi per
i test, mascherine protettive e disinfettanti per le mani”, esordiva Rappeport.
“La mancanza di tamponi nasali è stato un ostacolo pressante così gli Stati
Uniti cercano di accelerare i test e ottenere un punto di vista più chiaro
sull’entità della diffusione del virus. I problemi ai rifornimenti causati
dalle restrizioni dei viaggi hanno ostacolato gli sforzi per ottenere forniture
cruciali, creando la necessità per i militari di intervenire anche prima che il
Presidente Trump invocasse il Defense
Production Act, che dà al governo federale il potere di imporre alle
aziende private di produrre materiali per ragioni di sicurezza nazionale”.
Il giornalista aggiungeva che proprio
per rafforzare le scorte di tamponi il Dipartimento della Difesa aveva inviato
un aereo da trasporto C-17 nella base italiana di Aviano per caricare 800.000 tamponi prodotti dall’azienda Copan
e trasferirli in Tennessee, dove poi la FedEx li aveva distribuiti con i propri
velivoli ai laboratori d’analisi in California, North Carolina, Ohio e New
Jersey. “Peter Navarro, il consigliere per il commercio di Mr. Trump che si è
sempre più concentrato su come alleviare il collo di bottiglia nella catena
delle forniture nel modo più veloce possibile, ha aiutato a coordinare lo
sforzo delle diverse agenzie governative per procurare i tamponi”, aggiungeva
Alan Rappeport. “Dopo una pigra risposta iniziale al coronavirus,
l’amministrazione Trump sta cercando di far leva sulle proprie relazioni con le
aziende americane per mobilizzare rapidamente le forniture di tamponi — una
componente chiave dei kit per i test — mascherine e disinfettanti (…) Un altro
carico di tamponi dall’Italia è atteso negli Stati Uniti tra poche ore e l’amministrazione
Trump spera di svolgere tre missioni simili ogni settimana nel prossimo mese,
ottenendo 1,5 milioni di tamponi settimanalmente”. I costi dei trasporti –
secondo il vicepresidente esecutivo di FedEx – sarebbero stati coperti dal
governo federale e con i fondi riservati alla beneficienza della società di
spedizioni.
“Norman Sharples, responsabile della
sussidiaria di Copan negli USA, ha dichiarato che la fabbrica in Italia ha
raddoppiato i turni settimanali per stare al passo con l’impennata della domanda
di tamponi per i test”, annotava il giornalista del New York Times. “Lavorare per facilitare le importazioni è una
sfida per Mr. Navarro, un China hawk
(letteralmente falco cinese NdA) e che
è anche il maggiore protezionista dell’amministrazione Trump. Da quando è stata
raggiunta una tregua commerciale a gennaio, egli ha spostato la sua attenzione dall’aumento
delle tariffe sui beni prodotti in Cina alla vigilanza sui prodotti
contraffatti spediti dal paese asiatico. Nelle settimane scorse ha iniziato a operare
per compare americano e ridurre la
dipendenza degli Stati Uniti dalla produzione farmaceutica estera”. A
preoccupare maggiormente l’establishment di Washington erano proprio i tamponi
per i test, prodotti secondo il Council
on Foreign Relations negli Stati Uniti in un numero “assai scarso” specie
in tempi d’emergenza da Covid, “800.000/1.000.000 a settimana”, con il rischio
di possibili restrizioni future all’esportazione da parte dell’Unione Europea.
Corredavano il reportage del prestigioso quotidiano statunitense due foto del
tampone FloqSwabs prodotto da Copan
Italia S.p.A. “che può essere utilizzato per individuare il nuovo coronavirus” (la
didascalia) e accanto l’etichetta di rischio
biologico.
A differenza dell’Unione Europea e soprattutto dell’Italia, sin dalla metà di gennaio i funzionari del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani avevano predisposto un piano d’emergenza che suggeriva l’utilizzo del Defense Production Act per imporre alle aziende private statunitensi di produrre forniture critiche. Dopo un grave incidente avvenuto il 7 febbraio (tenuto però segreto sino a metà aprile) - l’invio da parte del Centers for Disease Control and Prevention CDC (l’ente federale di controllo del Dipartimento della Salute) di kit per i test anti-coronavirus contaminati e difettosi a un centinaio di laboratorio d’analisi pubblici - e dopo l’ammissione in un’audizione in Senato da parte di un gruppo d’esperti che “c’erano problemi nella fornitura di dispositivi per i test negli Stati Uniti d’America” (12 febbraio), Casa Bianca e Pentagono davano il via al programma di accaparramento dei tamponi.
Il 10 marzo
il vicepresidente Mike Pence annunciava che più di un milione di test erano
stati distribuiti nel paese e che altri quattro milioni di tamponi sarebbero stati
consegnati entro una settimana (ciononostante il successivo 12 aprile risultavano
effettuati negli USA solo due milioni di test). Tre giorni più tardi il
presidente Donald Trump dichiarava l’emergenza nazionale contro il Covid e il
16 marzo prendeva il via il ponte aereo di US Air Force tra Aviano e Memphis. “La consegna militare d’emergenza di 500.000 kit
provenienti da un’azienda in Italia che ha forniture sufficienti da poterle
vendere fuori dall’Europa è esattamente il modello di cooperazione pubblico-privato
e l’approccio dell’intero governo che ha caratterizzato la risposta
dell’Amministrazione Trump al Covid-19”, dichiarava giorno 20 il Segretario del
Dipartimento della Salute, Alex Azar. “Grazie a questo veloce coordinamento tra
le agenzie e il settore privato, le società private di diagnostica saranno in
grado di fornire test rapidi a centinaia di migliaia di americani (…) senza che
si registrino interruzioni nelle forniture”.
Dopo
aver messo a disposizione i propri giganteschi aerei cargo per trasportare i
tamponi dall’Italia agli USA, il 25 marzo il Dipartimento della Difesa istituiva
la Covid-19 Joint Acquisition Task Force (JATF),
una forza di pronto intervento per assessorare le autorità sanitarie e accelerare
la stipula dei contratti d’acquisizione dei dispositivi e delle apparecchiature
necessarie per contenere la pandemia. Obiettivo prioritario ancora una volta il
rifornimento di tamponi per i test, la cui scarsità veniva denunciata con
maggiore determinazione dalle autorità statali nonché documentata dai mass media.
Il 17 aprile, il
giorno successivo all’arrivo del nono carico militare di tamponi made in Italy, il presidente Donald Trump annunciava nel corso
di una conferenza stampa l’ennesima distribuzione di milioni di tamponi entro un paio di settimane. Dodici giorni dopo, era
il portavoce del Pentagono, il colonnello Mike Andrews, a formalizzare
l’acquisto di kit per i test anti-Covid per il valore di 75 milioni di dollari dall’azienda
Puritan Medical Products, con sede a Guilford, Maine, la maggiore concorrente
internazionale di Copan Italia nella produzione di tamponi. Il processo di
immagazzinamento di milioni e milioni di dispositivi per l’individuazione del
nuovo virus in quello che veniva prefigurato come un maxi deposito strategico nazionale giungeva al culmine nel mese di
maggio, quando la Federal Emergency Management Agency (l’agenzia
per la gestione delle emergenze del Dipartimento di Sicurezza Nazionale), sottoscriveva
contratti per la fornitura di tamponi e altri dispositivi sanitari con 16
società nazionali ed estere per l’ammontare di 151 milioni di dollari (200
milioni a fine giugno).
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