Marco Minniti, il ministro USA-NATO che tanto amava il Ponte sullo Stretto
A chi ritiene che il governo
Gentiloni sia la fotocopia di quello Renzi, diciamo che No, non è così. E' 10,
100 volte peggio. Anche e soprattutto perchè a ministro degli Interni viene
promosso il sottosegretario Domenico Minniti più inteso Marco, controverso
politico calabrese, ultrafiloatlantico e ultra USA e ultraNato, stratega d'intelligence
e servizi segreti e intimo del complesso militare industriale e finanziario
transnazionale. Di certo a guidare le forze dell'(dis)ordine e la repressione
di Stato, sono certo, rimpiangeremo il "mite" Angelino Alfano.
Noi Minniti lo ricordiamo
così:
- come fondatore della
Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis), il "centro
di analisi ed elaborazione culturale che intende trattare in modo innovativo i
temi della sicurezza, della difesa e dell'intelligence" di cui è stato
Presidente onorario sino alla morte l'ex Presidente della repubblica filogolpe
Francesco Cossiga;
- come sponsor-ultrà a Roma
come a Washington dei famigerati cacciabombardieri F35.e della holding
produttrice, Lockheed Martin, ideatrice e produttrice del MUOS di Niscemi;
- come instancabile
promotore e sostenitore del Ponte sullo Stretto di Messina. Da "I Padrini
del Ponte" che pubblicammo per Alegre edizioni nel 2010: Per ottenere le
risorse necessarie a rimettere in moto il vecchio carrozzone della Stretto di
Messina Spa, l’allora presidente Nino Calarco bussò alle porte dei palazzi
romani. Nel corso di un’indagine della procura di Reggio Calabria su un
presunto caso di malasanità che vedeva coinvolti politici, amministratori
dell’Asl ed affiliati alle ‘ndrine locali, il caporedattore della Gazzetta del
Sud, Paolo Pollichieni, fu intercettato, il 30 luglio 1999, mentre a Scilla, in
compagnia del politico Marco Minniti (al tempo sottosegretario alla presidenza
del Consiglio dei Ministri, poi viceministro degli Interni nel secondo governo
Prodi e oggi segretario del Partito democratico in Calabria), raggiungeva
telefonicamente il Calarco. "Sono qui con Marco e la voleva
salutare", riferiva Pollicheni. Passato il cellulare a Minniti, il
presidente della Stretto Spa nonché direttore della Gazzetta si rivolgeva al
politico: "Senti una cosa... l'unica potenza che tu non riesci a
esplicare... con questi maledetti burocrati del ministero dei Lavori
pubblici... ancora questo decreto del bando non c'è!". Il bando, in
questione, era quello per il finanziamento della società concessionaria del Ponte,
che Nino Calarco vorrebbe acquisita dall’ANAS. Nel corso della stessa
telefonata, Calarco spiegava di aver parlato della cosa direttamente con il
presidente del consiglio. "E con Giuliano Amato come è andata?", gli
chiedeva Marco Minniti. "Favoloso, favoloso", rispondeva Calarco.
"Però il problema caro Marco è che bisogna trovare nella Finanziaria un
po' di spiccioli perché io debbo chiudere la società perché non ho più una
lira! Non è che è una grossa cifra... 4... 5 miliardi".
Alla fine il governo trovò i
soldi, ripartirono stime e progetti e il nuovo corso pro-Ponte conquistò
l’attenzione dei mass media di regime e di certa imprenditoria assetata di
commesse.
Ci rivedremo a Taormina il
26 e 27 maggio, caro Domenico Minniti inteso Marco...
Articolo pubblicato il 13 dicembre 2016
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