Coop bianche e rosse e l’affaire migranti dalla Puglia allo Stretto di Messina
“Sette giorni all'inferno: diario di un finto rifugiato
nel ghetto di Stato”. Lo scorso 12 settembre, il settimanale L’Espresso pubblicava un lungo reportage
(foto incluse) del giornalista Fabrizio Gatti, entrato clandestinamente nel
Centro d’accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Borgo Mezzanone, in
provincia di Foggia, il terzo per dimensioni in Italia. Gatti
descriveva il centro come un vero e proprio girone dantesco: “dormitori stracolmi, dove la legge non esiste e dove
oltre mille esseri umani sono tenuti come bestie”.
A
seguito dell’inchiesta giornalistica e di un duro editoriale di Eugenio
Scalfari sulla malaccoglienza migranti in Italia, comparso sul quotidiano la
Repubblica il giorno dopo, l’allora ministro degli Interni Angelino Alfano, dopo
essersi consultato con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, decise di avviare
un’ispezione ministeriale al CARA di Borgo Mezzanone. Numerose furono le
interrogazioni parlamentari sulle vergognose condizioni di vita dei migranti nel
cento e in altre strutture di semidetenzione sparse in mezza Italia.
Il
13 e 14 settembre, ancora Fabrizio Gatti sul sito internet de l’Espresso rivelò
la portata degli affari delle cooperative chiamate a gestire il CARA pugliese. “Il
costo per lo Stato del Centro di accoglienza di Foggia, è adesso una cifra precisa:
la cooperativa cattolica Senis Hospes, che lo gestisce per conto del consorzio
“Sisifo” della Lega Coop, incassa 31 mila 108 euro al giorno”, riportava il
giornalista. “La spesa la si ricava dalle presenze confermate oggi dalla
polizia: 1.414 richiedenti asilo registrati. Il numero comunque è aggiornato al
23 agosto. Moltiplicando gli ospiti ufficiali per il costo dell'appalto di 22
euro al giorno a persona, si ottiene quanto rende l'inferno: 933 mila euro
al mese, 11 milioni l'anno. Ed è un calcolo per difetto. Perché l'emergenza
fuori contratto può essere pagata fino a 30 euro al giorno a persona”.
Gatti
aggiungeva altri particolari sulle identità delle coop prescelte come ente
gestore. “Grazie agli appalti sui profughi in tutta Italia, la cooperativa che
gestisce l'inferno di Foggia, la Senis Hospes di Senise in provincia di
Potenza, ha infatti aumentato il suo fatturato del 400 per cento in due anni:
dai 3 milioni del 2012 ai 15,2 milioni del 2014. E i dipendenti da 109 a 518.
Non esistono imprenditori oggi, a parte la criminalità, con ricavi in crescita
esponenziale”.
“Una
vecchia indagine della procura di Potenza, poi archiviata, descrive bene i
rapporti tra coop bianche e istituzioni”, aggiungeva Gatti. “Al centro, anche
allora, gli appalti per i Cara, in particolare per quello in Basilicata, a
Policoro. Nell'inchiesta spiccavano i nomi eccellenti di Gianni Letta e del
prefetto Mario Morcone, all'epoca e ancora oggi capo dipartimento del Viminale
per le libertà civili e l'immigrazione. La loro posizione fu presto archiviata.
Così come quella dei fratelli Chiorazzo, a capo di un gruppo societario i cui
pezzi più pregiati si chiamano La Cascina e Auxilium. Ciò che resta di quelle
vicende, però, pur non avendo avuto uno sbocco processuale, sono le loro relazioni.
Ecco cosa scrivevano i carabinieri del Ros nell'informativa inviata ai pm di
Potenza: “Grazie all'estesa e fitta trama di relazioni intessute con diversi
esponenti delle pubbliche istituzioni - fra i quali il Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta e il Capo del Dipartimento
per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'lnterno prefetto
Mario Morcone - i fratelli Chiorazzo mirano a consolidare e ad estendere la
loro presenza nella gestione dei Cara distribuiti sull’intero territorio
nazionale ed in particolare in Sud Italia. Le aziende dei Chiorazzo, infatti,
curano la gestione (attraverso la cooperativa Auxilium e la società La Cascina)
del Cara di Bari (dove sono ospitati circa 1.200 immigrati), del Cara di
Policoro (che ospita 200 immigrati) e del Cara di Taranto — di prossima
apertura - (destinato ad ospitare 400 immigrati) - per un giro di affari che
può essere stimato pari a circa 70.000 euro al giorno”.
Tornando
a parlare del Cara di Borgo Mezzanone, l’Espresso puntò il dito sul partner di
Senis nella gestione del centro, il consorzio siciliano Sisifo. “Considerato un
pezzo pregiato di Legacoop, Sisifo è già finito al centro di polemiche durante
la gestione del centro di accoglienza di Lampedusa, dopo che le immagini dei
migranti costretti a denudarsi all'esterno, per sottoporsi al lavaggio anti
scabbia, hanno fatto il giro del mondo”, scrive Gatti. “Il consorzio, con oltre
mille dipendenti, ha dichiarato nel 2015 un fatturato di 89 milioni di euro. Luca
Odevaine ha ammesso davanti ai pm di aver favorito il raggruppamento di
imprese, con in testa Sisifo, nell'aggiudicazione dell'appalto per la gestione
del centro siciliano di Mineo. Non per sua iniziativa, dice. Ma su richiesta di
Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura in quota Ncd, lo stesso
partito del ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Tra le coop vincitrici a
Mineo, insieme al Consorzio, troviamo la Senis Hospes e la Cascina Global
Service, in quota Cl. Il presidente del consiglio di amministrazione di Senis
Hospes è Camillo Aceto, in passato consigliere della Cascina e di Auxilium.
Ruolo che ricopriva anche negli anni in cui i pm indagavano su Letta e Morcone
per la vicenda del Cara della Basilicata. La coop di Aceto opera - lo scrivono
anche i militari del Ros nell'informativa su Carminati - in sinergia con
Sisifo. Il protocollo di intesa tra gruppi bianchi e rossi si ripete a Foggia.
Senis Hospes gestisce, Sisifo garantisce. Cl e Legacoop unite nel nome degli
affari. E forse, anche per questo, come nell'inferno di Borgo Mezzanone,
nessuno le controlla”.
Da
più di tre anni, denunciamo come gli stessi nomi, gli stessi soggetti, gli stessi
affari, la stessa malaccoglienza si riproducano impunemente nella città di
Messina. Prima La Cascina, poi Senis Hospes e Domus Caritatis hanno fatturato
milioni di euro gestendo i lager della tendopoli del Palanebiolo (Annunziata) e
dell’ex caserma “Gasparro” di Bisconte (dal prossimo anno hotspot Frontex-Ue
per le identificazioni e le espulsioni di migranti), alcune strutture non rispondenti
agli standard di legge per la “prima” accoglienza di minori stranieri non
accompagnati, perfino parte del progetto Sprar (valore un milione e 600mila
euro per 18 mesi) affidato alla supervisione del Comune di Messina.
Come
rileva lo stesso Fabrizio Gatti, anche il Consorzio Sisifo, quello dell’accoglienza
negata a Lampedusa e Mineo, ha inscindibili legami con il territorio
peloritano. Domiciliata a Palermo, Sisifo gestisce o ha gestito l’assistenza domiciliare
integrata nelle Asp di Messina, Caltanissetta, Agrigento, Ragusa, Siracusa
e Trapani e le Residenze sanitarie assistite a Novara di Sicilia e San Piero
Patti, una casa protetta per anziani a Paternò, e nel settore migranti, anche
il centro di accoglienza di Sant’Angelo di Brolo. L’odierno presidente di Sisifo è Domenico Arena detto “Mimmo”,
presidente di Legacoop Messina dal 2004 al 2014, da due anni vicepresidente
regionale di Legacoop Sicilia e dal 2009 componente della Direzione nazionale
di Legacoop. Dal 2015, Domenico “Mimmo” Arena è pure diventato consigliere di
amministrazione del Banco di Credito Cooperativo “Antonello da Messina”, l’istituto
bancario main sponsor degli eventi “culturali” del Natale 2016 dell’Amministrazione
comunale.
Per
la cronaca, Presidente del Cda della banca antonelliana è il dottore
commercialista Francesco De Domenico, presidente del Collegio sindacale dell’istituto
IRCSS “Neurolesi” nonché direttore generale dell’Università degli Studi di
Messina (proprietaria dell’impianto sportivo riconvertito a tendopoli-lager per
migranti dell’Annunziata).
Anche
grazie all’affaire “accoglienza” si rafforza lo strapotere della borghesia e
del partito unico locale.
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