Rosario Pio Cattafi torna in libertà… vigilata. Per i magistrati resta “socialmente pericoloso”
Per il Tribunale di Sorveglianza
di Milano il pregiudicato barcellonese Rosario Pio Cattafi, ritenuto dagli
inquirenti come l’uomo-cerniera tra le cosche mafiose, i colletti bianchi e gli
apparati istituzionali dello Stato, continua ad essere “socialmente
pericoloso”.
Con sentenza del 2 dicembre
2024, il Magistrato di sorveglianza ha accertato la “pericolosità sociale” del
Cattafi, tornato in libertà per fine pena il 25 novembre dopo aver scontato una
condanna a sei anni di reclusione per
associazione mafiosa “fino all’anno 2000” e calunnia, con sentenza emessa dalla
Corte d’appello di Reggio Calabria il 6 ottobre 2021.
Contro l’ex detenuto è stata applicata
la misura di sicurezza personale della libertà vigilata per la durata di due
anni: Rosario Pio Cattafi dovrà stabilire il proprio domicilio nel Comune di
Barcellona Pozzo di Gotto (qui dovrà permanervi senza potersi allontanare dalle
ore 22 alle 6, salvo autorizzazione del Magistrato di sorveglianza per
comprovati motivi); inoltre dovrà presentarsi una volta la settimana
all’Autorità incaricata della vigilanza, non potrà fare uso di sostanze
stupefacenti e bevande alcoliche, non potrà detenere o portare con sé armi o
altri strumenti “atti ad offendere”, né frequentare persone dedite ad attività
illecite.
“Sulla base di tutti gli atti
già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, la pericolosità sociale
di Rosario Pio Cattafi non può dirsi cessata o grandemente scemata”, scrive il
magistrato di sorveglianza Beatrice Secchi. “Come già ritenuto in sede di
ordinanza di rigetto dell’istanza di misura alternativa della detenzione
domiciliare, non emergono circostanze che inducano a far ritenere venuta meno
la probabilità che lo stesso – inserito a pieno titolo in un sodalizio mafioso
riconducibile a Cosa Nostra siciliana
denominata famiglia barcellonese –
torni a commettere altri fatti previsti dalla legge come reato; deve pertanto
confermarsi la prognosi sfavorevole posta a fondamento del riconoscimento della
pericolosità sociale del medesimo e la misura di sicurezza deve dunque essere
dichiarata eseguibile”.
L’11 aprile 2024 il Tribunale
di sorveglianza di Milano aveva respinto la richiesta dei legali di Rosario Pio
Cattafi di beneficiare della detenzione domiciliare. “La sentenza emessa in
sede di rinvio (dopo la sentenza di annullamento emessa dalla Corte di
Cassazione l’1 marzo 2017) dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, divenuta
irrevocabile il 16 maggio 2023, delinea con precisione il ruolo di Cattafi
all’interno dell’associazione criminale mafiosa di appartenenza, con il ruolo
di mantenere i contatti fra i vertici
dell’organizzazione ed altri sodalizi mafiosi riconducibili a Cosa Nostra, fra
cui la famiglia Santapaola di Catania e Cosa Nostra palermitana”, scrive il
magistrato del capoluogo lombardo.
“Preso atto del giudicato in
punto di ruolo svolto da Cattafi all’interno del consorzio criminale
(qualificato come partecipe dalla sentenza di primo grado) e del momento di
cessazione della sua appartenenza a detto consorzio (individuato nel marzo del
2000), la sentenza in esame delinea con precisione la figura del Cattafi;
evidenzia che lo stesso è affiliato che
opera e si interfaccia con i colletti bianchi, con le istituzioni (deviate)
economiche e sociali assumendo pertanto in seno al sodalizio compiti riservati
di alto livello risultando per ciò solo assolutamente lontano dall’esercizio di
funzioni esecutive e materiali riservate ad altri soggetti con cui non a caso
Cattafi non ha costanti rapporti di frequentazione; la sua partecipazione è peculiare nel senso che, assumendo compiti e
rapporti con le istituzioni deviate ed i colletti bianchi ed essendo tenuto per
ciò solo a particolare prudenza e circospezione si interfaccia solo i vertici
della cosca, stando ben attento, specie dopo la sua carcerazione nel 1997, a
interfacciarsi con gli affiliati facenti parte dell’ala militare ed esecutiva
della potente cosca barcellonese”.
La mai cessata “pericolosità
sociale” di Rosario Pio Cattafi è suffragata dalla relazione di sintesi del Tribunale di sorveglianza di Milano del 9
aprile 2024. In essa si legge in particolare che l’allora detenuto “nega ogni
responsabilità per i fatti di reato in relazione ai quali ha riportato condanna
e qualsiasi contatto con organizzazioni mafiose; afferma di essere stato
condannato per sentito dire,
riferendosi chiaramente alle numerose chiamate in correità agli atti del
processo”. Il pregiudicato barcellonese “riferisce che per evitare la mafia ha sempre svolto il suo ruolo nel campo del
diritto civile o amministrativo, quasi che le articolazioni della mafia che
operano nel settore economico non abbiano anche bisogno di queste competenze
professionali; conferma e ribadisce di essere stato vittima di persecuzione da
parte delle forze dell’ordine e di essere stato accusato falsamente dai
collaboratori di giustizia; parla di convergenza
del molteplice, necessariamente sapendo in realtà (in quanto avvocato) che
ben diversa cosa è la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti ex
art. 192 del codice di procedura penale”.
“Rosario Pio Cattafi spiega su
richiesta il coinvolgimento in più processi per mafia (anche quello in cui è
stato assolto, trattasi del processo sull’Autoparco
di via Salomone a Milano, ndr), con l’esigenza dei magistrati di condannarlo
per poi farlo collaborare e avere informazioni”, conclude la relazione del
Tribunale. “Ed è con tale tesi che Cattafi chiarisce l’attuale condanna e
l’espiazione di parte di essa nel circuito 41bis. Non entra ovviamente nel
merito dei motivi per cui la sua collaborazione sarebbe stata considerata tanto
importante dalla Forze dell’ordine e dalla magistratura. Cattafi, che si pone a
colloquio in modi e toni pacati, utilizza il dialogo conferendo all’esposizione
dei concetti un’architettura, un’estetica di piacevole ascolto che di primo
acchito esprime rispetto per le istituzioni, per le leggi, le espressioni e le
pronunce dei suoi organi (sentenze). Riportando il discorso al concreto però
ciò che emerge è il contrasto tra l’asserito rispetto e il finale dichiararsi
sostanzialmente non responsabile per il reato ex art. 416bis e nemmeno per il
reato di calunnia (…). Le manifestazioni di disprezzo per la mafia e le
affermazioni di promuoverne il distacco in sezione almeno in relazione a certi
compagni restano quindi prive di riscontri oggettivi. L’equipe pertanto allo
stato attuale esprime parere non favorevole alla fruizione dei benefici,
confermando la permanenza nel circuito di attuale allocazione…”.
Tra le motivazioni dell’ordinanza
relativa all’applicazione di misura di sicurezza nei confronti del pregiudicato
barcellonese, vengono riportati alcuni passaggi della nota della Questura di
Messina del 10 aprile 2024, nella quale si riassumono alcune delle più
significative vicende giudiziarie che lo hanno riguardato. “Nel 1973 il
detenuto riportava condanne per detenzioni di armi far le quali un mitra marca
Sten; in relazione a questo fatto Cattafi veniva anche colpito da ordine di
cattura emesso dalla Procura della Repubblica di Messina, sottraendosi
all’esecuzione per circa due mesi per poi costituirsi”, vi si legge. “Nel 1983
veniva notato in compagnia di Francesco Rugolo (poi ucciso a Barcellona Pozzo
di Gotto), esponente del gruppo barcellonese di Cosa Nostra; nell’84 viene tratto in arresto in Svizzera per
associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di
estorsione e traffico di sostanze stupefacenti sulla base delle dichiarazioni
di Emanuele Epaminonda che lo indica quale inviato di Nitto Santapaola a Milano”.
“Rosario Pio Cattafi viene
indagato e poi sottoposto a processo nell’ambito del procedimento Autoparco di via Salomone con una finale
assoluzione”, aggiungeva la Questura di Messina. “Viene scarcerato il 22
ottobre 1997 e rimesso in libertà; nonostante l’assoluzione, l’autorità
giudiziaria indica la sicura esistenza di un solido legame tra Cattafi e Nitto
Santapaola; viene indagato nell’ambito di numerosi altri procedimenti ed anche
per la cessione di una partita di cannoni all’emirato di Abu Dhabi. Cattafi
viene poi tratto in arresto il 24 luglio 2012 nell’ambito di indagine condotta
dall’Autorità Giudiziaria di Messina per associazione di stampo mafioso
(trattasi della vicenda conclusasi con la sentenza oggi in esecuzione); la
misura viene poi revocata dalla Corte d’appello di Messina il 4 dicembre 2015
(dopo l’emissione della prima sentenza d’appello, poi annullata in Cassazione).
Da ultimo la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria oggi in
esecuzione, che lo condanna alla pena di sei anni di reclusione per associazione
di stampo mafioso e calunnia”.
La nota della Questura sottolinea
più volte il “rapporto privilegiato esistente” tra Cattafi, il clan di Nitto
Santapaola e la famiglia mafiosa di
Barcellona Pozzo di Gotto. “Cattafi ha intessuto anche fuori dalla regione di
provenienza una fitta trama di relazioni con personaggi di rilievo della
criminalità organizzata”, spiega l’organo di Pubblica sicurezza. “La
molteplicità e l’accertata non occasionalità di tali rapporti intrattenuti con
esponenti di vertice delle associazioni di stampo mafioso, la natura dei
suddetti rapporti, il carattere tendenzialmente permanente degli stessi, il
livello approfondito di conoscenza delle compagini associative, dei ruoli dei
partecipi e di alcuni gravissimi eventi delittuosi maturati nel contesto
criminale in esame, nonché il reiterato coinvolgimento in indagini giudiziarie
riguardanti delitti la cui gravità non occorre illustrare dimostrano
univocamente quanto attuali siano la pericolosità del Cattafi e dei suoi collegamenti
con la criminalità di stampo mafioso”.
“Appare evidente – conclude la
nota - che il Cattafi Rosario è persona esperta e di finissima intelligenza con
maturata indole criminale e di elevatissima pericolosità sociale e ciò induce a
esprimere un giudizio particolarmente allarmante sulla probabilità che egli
possa tuttora mantenere, nonostante lo stato di detenzione, forti collegamenti
con altri soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso”.
Alla luce di quanto esposto, il
Tribunale di Sorveglianza di Milano non ha dubbi: considerata la estrema gravità dei fatti commessi, lo stabile
inserimento di Cattafi nell’ambiente criminale mafioso ben delineato nella
sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria, ritiene ancora oggi esistente
una spiccata pericolosità sociale del detenuto che mai ha reciso apertamente i
legami con l’ambiente criminale di provenienza. “Costituisce d’altra parte
fatto notorio che, nonostante il decorso del tempo, l’appartenenza a sodalizio
criminale mafioso, anche con lo specifico ruolo rivestito da Cattafi, non possa
essere recisa senza, quanto meno, una aperta, chiara e netta rivisitazione
critica del proprio passato”, conclude la dottoressa Beatrice Secchi. “Ed
invece, come chiaramente esposto anche nella relazione di sintesi, Cattafi, pur
dichiarando di disprezzare la mafia,
non ha mai accettato un dialogo franco e aperto sulle proprie responsabilità ed
i propri comportamenti, suscettibili di indurre a diversa valutazione”.
La misura restrittiva della
libertà vigilata nei confronti di Rosario Pio Cattafi scadrà il 2 dicembre
2026.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 20 dicembre 2024, https://www.stampalibera.it/2024/12/20/rosario-pio-cattafi-torna-in-liberta-ma-vigilata-per-i-magistrati-resta-socialmente-pericoloso-ecco-le-motivazioni-del-tribunale-di-sorveglianza/
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