L’Italia nel Mar Rosso. Una dichiarazione di guerra?
“L’Italia
non è un paese cobelligerante!”. “Noi non facciamo la guerra a nessuno!”. “Le
nostre aziende non esportano armi a paesi coinvolti in conflitti armati!”.
Governo e forze politiche, industrie belliche e giornalisti mainstream ripetono
a pappagallo il ritornello degli italiani
brava gente, mediatori di pace e
dialogo tra i popoli. A sentir loro, il bel paese sarebbe del tutto
estraneo dai sanguinosi conflitti che si estendono a macchia d’olio nel
pianeta, primi fra tutti per tragicità quello russo-ucraino o l’offensiva
israeliana contro Gaza e il popolo palestinese.
Una
narrazione zeppa di omissioni e menzogne che nonostante l’acritica diffusione
mediatica non sembra convincere più di tanto l’opinione pubblica italiana. Di
contro cresce il senso di sfiducia per l’operato diplomatico-militare
dell’esecutivo ed i fragili “distinguo” dell’opposizione, mentre aumentano i
timori per la crisi sociale ed economica, per l’esplosione del costo
dell’energia e dei generi alimentari di prima necessità e per la stessa tenuta
della “pax” nel teatro europeo e mediterraneo.
L’ultima
messa in scena dell’Italia che ripudia la
guerra da parte del governo Meloni-Tajani-Crosetto & C. ha riguardato i
massicci bombardamenti aerei e missilistici delle forze aeronavali statunitensi
e britanniche contro le milizie Houthi in Yemen, iniziati l’11 gennaio. “Dagli
alleati dell’Italia non è stato chiesto di partecipare all’azione militare
contro i ribelli Houthi perché sanno benissimo che noi abbiamo bisogno di
un’autorizzazione parlamentare, non possiamo intervenire militarmente se non a
seguito di una risoluzione internazionale o a seguito di richiesta di aiuto da
parte di un Paese”, ha dichiarato il ministro della Difesa Guida Crosetto in un’intervista
al Tg1, due giorni dopo l’attacco
ordinato da Washington e Londra con il supporto operativo di Australia,
Bahrain, Canada e Paesi Bassi. Peccato però che il buon Crosetto abbia omesso
di riportare che sin dal 5 gennaio il territorio italiano (più specificatamente
la base di Sigonella, in Sicilia orientale) è stato utilizzato per le
operazioni di intelligence e monitoraggio dei potenziali obiettivi “nemici” in
Yemen e nel Mar Rosso da parte di velivoli, con e senza pilota, della Marina e
dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti d’America. Operazioni del tutto
simili a quelle che si ripetono ininterrottamente da due anni in Europa
orientale e nel Mar Nero a sostegno della controffensiva ucraina anti-russa e a
quelle top secret avviate nel Mediterraneo orientale a fianco di Israele dopo
l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
In
verità, la cobelligeranza italica pro-USA - contro Houthi e, con sempre più
evidenza, anti-Iran - si è manifestata anche con l’invio nelle acque del Mar
Rosso e dello Stretto di Bab-el Mandeb di due fregate lanciamissili della Marina militare (la ITS “Federico
Martinengo” e la ITS “Virginio Fasan”). Il trasferimento delle unità da guerra
è stato ordinato senza uno straccio di discussione parlamentare ed è stato
tenuto segreto fino a quando i siti internet che tracciano i movimenti di aerei
e navi militari nel Mediterraneo, hanno rivelato la presenza delle fregate
italiane nel “nuovo” ed esplosivo teatro di guerra. “Le unità navali sono state
dislocate per assicurare la sorveglianza marittima, la sicurezza e la libertà
delle rotte commerciali e per proteggere le navi mercantili dopo gli attacchi
dei militanti Houthi nello Stretto di Bab-el Mandeb”
è stata la giustificazione tardiva e “buonista” dello Stato maggiore della
Marina.
“Questo
è il lavoro che stiamo svolgendo a tutela delle navi italiane: proteggiamo i
nostri traffici commerciali navali che sono vitali per la nostra economia”, ha
bissato il ministro Crosetto con un tweet. E ancora una volta bypassando i
dovuti passaggi istituzionali e parlamentari, Guido Crosetto ha fatto sapere
via Tg che l’Italia è pronta a partecipare ad una missione europea nel Mar
Rosso a salvaguardia del transito di petroliere e mercantili, perché “è da lì
che passano il 15% delle navi del commercio marittimo mondiale”. Missione Ue
sulla carta, ma sotto la leadership strategico-operativa del Pentagono e
dell’alleato britannico. A riconoscerlo implicitamente, è stato del resto lo
stesso ministro della difesa. “L’Italia
farà la sua parte, insieme alla comunità internazionale, per contrastare l’attività
terroristica di destabilizzazione degli Houthi, e per tutelare la prosperità
del commercio e garantire il diritto internazionale”, aveva annunciato Crosetto
subito dopo l’incontro da remoto con il
segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, il 19 dicembre 2023, una
ventina di giorni prima, cioè, della tempesta di missili scatenata nelle
regioni sudoccidentali dello Yemen. “Durante
il colloquio con il segretario alla Difesa è stata affermata l’importanza del
principio di libera navigazione, valutato l’impatto sul commercio
internazionale e discusse le possibili opzioni per garantire la sicurezza delle
rotte marittime al fine di prevenire ripercussioni sull’economia
internazionale, con pericolose dinamiche sui prezzi delle materie prime”,
aggiungeva Crosetto. “È necessario
aumentare la presenza nell’area al fine di creare le condizioni per la
stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa
della spinta inflazionistica”.
Per un “sostanziale”
accordo a Bruxelles sul pattugliamento delle acque del Mar Rosso con una flotta
militare con bandiera Ue si è dovuto attendere il pomeriggio del 22 gennaio. “Non facciamo la guerra a nessuno ma difendere
le nostre navi è un dovere della Repubblica e del governo”, ha ammonito il
ministro degli esteri Antonio Tajani. Poi, un fiume di parole ancora più
bellicose. “La nuova missione europea vede avere un sistema di difesa che a mio
giudizio deve essere forte, quindi in grado di abbattere droni e missili
lanciati dagli Houthi. Non
credo che essa preveda attacchi in territorio yemenita perché non è
mai successo ma ci sarà una protezione militare molto forte, determinata e mi
auguro con tutti gli strumenti necessari”, ha aggiunto il ministro. “Sarà una difesa rinforzata, senza partecipazione
attiva per il momento, in quel caso servirebbe un nuovo voto del
Parlamento. Ma l’uso della forza
verrà previsto per difendere i mercantili. Non sarà un semplice
accompagnamento, come prevede oggi la missione che c’è a Hormuz. La nostra idea
è che ci sia una difesa forte dei mercantili, con abbattimenti di qualsiasi
arma che vadano colpire le navi che passano da Suez a Hormuz”. Una vera e
propria dichiarazione di guerra contro la forza politico-militare yemenita
alleata di Teheran.
Per la
missione Ue c’è già un nome, Aspides,
forse in onore al “cobra egiziano”, il serpente velenoso venerato
nella religione dell’antico Egitto. Le prime unità da guerra saranno fornite da
Francia, Germania e Italia; a quest’ultimo paese potrebbe essere affidato il
comando generale delle operazioni. Aspides
collaborerà con “Prosperity Guardian”, la missione di guerra in Mar Rosso delle
flotte navali USA e britanniche. Per la piena operatività della forza a guida italo-franco-tedesca
bisognerà attendere il 19 febbraio. “Aspides
non è solo una missione di polizia internazionale; è un importantissimo segnale
politico della Ue: siamo sulla direzione della difesa comune europea, che è il
vero tassello necessario per la politica estera comune”, ha enfatizzato il
ministro Tajani. Un’Europa che si proietta in Corno
d’Africa e in Medio Oriente a difesa degli interessi e dei profitti delle
transnazionali dei combustibili fossili.
Articolo pubblicato in Adista. Segni Nuovi, n. 4 del 3 febbraio
2024, https://www.adista.it/articolo/71309?fbclid=IwAR2cvZv2ZovC2hhtxxTCL_1frK5UFLrqkhK-qk5UraizG0j5vMjyK0wMnnA
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