Processo Terzo Livello. Le contiguità criminali di certi costruttori di Messina e provincia
Approda al processo sul Terzo
livello Biagio Grasso, il noto costruttore originario di Milazzo che dopo
l’arresto con l’operazione antimafia Beta
ha avviato una collaborazione che ha permesso agli inquirenti di delineare le
trame affaristiche del gruppo dei Romeo-Santapaola e di alcuni insospettabili
colletti bianchi della provincia peloritana. Deponendo in qualità di teste
all’udienza del 15 maggio scorso, l’imprenditore ha fornito inediti particolari
sul ruolo di alcuni potentissimi imprenditori in alcune spericolate vicende
urbanistiche della recente storia della città dello Stretto e sulle presunte contiguità relazionali con la
criminalità organizzata locale e regionale.
“Sono nato nella zona tirrenica, a Milazzo; ho iniziato gli
studi, ho frequentato il liceo sempre zona Milazzo e per un periodo ho
frequentato l’Università di Messina, facoltà di Ingegneria”, ha esordito Biagio
Grasso in udienza. “Per un tempo mi sono trasferito in Venezuela per esercitare
lavori in merito a costruzioni civili e nel 2000 rientro nuovamente in Italia.
Inizio ad avere i primi contatti con la criminalità organizzata di Barcellona
Pozzo di Gotto attraverso personaggi come Nino Merlino, Carmelo D’Amico,
Carmelo Bisognano, Tindaro Calabrese e altri soggetti, fino al 2009. Nel 2009-2010
mi trasferisco a Messina ed entro a far parte del clan Santapaola-Romeo, avendo
rapporti di collaborazione in società, principalmente con Enzo Romeo. Dal 2010
sino al 2017, 6 luglio 2017, esattamente il giorno che mi hanno arrestato, ho
avuto rapporti continuativi con il gruppo dove mi sono dedicato alle attività
di costruzioni civili, appalti pubblici, riciclaggio e altre attività illecite
e per cui sono stato condannato nell’ottobre del 2018, 416-bis più altri reati
come concussione, corruzione, detenzione illecita di armi, ecc.. Nel dicembre
del 2017 maturo la decisione di collaborare con la giustizia, considerato che
provengo da una famiglia che non ha avuto mai nessun tipo di contatto con la
criminalità. Quindi decido di staccarmi completamente da questo circuito
illegale, diciamo, per le mie bambine, e da questo momento in poi collaboro in
maniera fattiva con la giustizia”.
“L’associazione mafiosa per cui ho riportato la condanna faceva
riferimento alla famiglia principale di Santapaola di Catania, quindi al Nitto
Santapaola che è lo zio di Enzo Romeo, la persona che insieme al padre Ciccio
Romeo gestiva il clan nella zona tirrenica e a Messina città”, ha aggiunto il
costruttore Grasso. “I settori d’attività che gestivo io erano principalmente
tutti collegati con l’edilizia e ad attività commerciali come negoziazioni di
metalli preziosi, nell’ultimo periodo. Altri soggetti che erano associati con
noi gestivano altre attività illecite come gioco d’azzardo, scommesse sui
cavalli, scommesse clandestine, ecc.. Nella sentenza per la quale ho riportato
condanna anche per associazione mafiosa, mi è stato riconosciuto l’art. 8, i
benefici dell’attenuante speciale per i collaboratori di giustizia”.
Su specifica domanda del Pubblico ministero Fabrizio Monaco,
Biagio Grasso si è poi soffermato sulla figura di Giovanni Doddis, stretto
collaboratore dell’ex Presidente del Consiglio comunale di Messina Emilia
Barrile, imputata eccellente al processo sul Terzo livello. “Io ho conosciuto Gianni Doddis che era intanto il
cognato di Daniele Mancuso che è il fratello di Giorgio Mancuso, soggetto che
ha fatto parte o fa parte ancora, non lo so, della criminalità organizzata, ed
era una persona vicina ad Enzo Romeo e quindi vicina a noi. Infatti era uno dei
nostri subappaltatori all’interno delle nostre opere su Messina, si occupava di
movimento terra”, ha dichiarato il collaboratore. “Già il Doddis era in
contatto con Enzo Romeo per questo motivo, ma anche per un’amicizia personale
che li legava da moltissimo tempo. Quindi il Doddis era un soggetto attiguo al
clan Santapaola e ad Ercolano e nella zona di Gravitelli. Ci fu presentato dopo
che abbiamo avuto una serie di vicissitudini con le interdittive antimafia ed
altre problematiche riferite alle indagini che avevamo in corso, sia per quanto
riguarda l’operazione Beta che poi ci
ha portato all’arresto, sia per altre operazioni che sono poi scattate su
Milano, perché avevamo deciso di vendere delle attività che avevamo su Messina.
Il Doddis era in contatto con uno dei più grossi imprenditori di Messina nel
campo dell’edilizia e quindi Romeo lo contattò per farci da tramite per la
vendita di queste operazioni. In particolare i 64 alloggi di Fondo Fucile ed i
124 alloggi di Torrente Trapani. Questa vendita avrebbe dovuto realizzarsi con
la cessione dei rami di azienda, con lo spin off delle società. Una era la Procoim
che era titolare dell’operazione di Fondo Fucile, e l’altra era la Carmel S.r.l.
che era titolare dell’operazione di Torrente Trapani”.
“Con Gianni Doddis ci incontrammo diverse volte; dapprima
facemmo degli incontri, diciamo tra di noi, quindi io, Enzo Romeo, Gianni
Doddis, per quanto riguarda l’organizzare l’incontro con la persona con cui ci
dovevamo vedere e poi ci sono stati incontri direttamente con il costruttore a
cui dovevamo vendere”, ha aggiunto Biagio Grasso. “Diciamo che principalmente
c’erano delle problematiche amministrative su Torrente Trapani in quanto il
costruttore era interessato più che ai terreni alla cubatura che c’era in
essere presso queste aree e per lo spostamento della cubatura necessitavano
alcune autorizzazione degli organi competenti, quindi del Comune di Messina,
che esulavano già dai contatti con pubblichi ufficiali che noi avevamo
all’interno del Comune, persone che sono anche state indagate con noi, credo
ancora non condannate. Faccio riferimento all’ingegnere Raffaele Cucinotta. C’era
dunque un problema di autorizzazione perché c’era lo spostamento della
cubatura, per l’inserimento della cubatura in una nuova area. Considerato che
era una cosa che andava fuori dalla normativa del piano regolatore vigente,
bisognava avere un’autorizzazione da parte del Consiglio comunale. Quindi,
visto il rapporto di massima trasparenza che il Romeo Vincenzo aveva con Gianni
Doddis, immediatamente segnalò questa problematica e Doddis ci disse che, per
quanto riguarda il Consiglio comunale, poteva intervenire lui ad agevolare
l’eventuale approvazione attraverso il Presidente del Consiglio comunale, Emilia
Barrile. Gianni Doddis si definì uno dei capo elettori nell’area di Gravitelli
di Emilia Barrile, quindi chi gli procurava il bacino di voti in quella zona. Inoltre
fece riferimento a rapporti personali e d’amicizia con la signora Barrile. Questa
circostanza Enzo Romeo la antepose perché non voleva assolutamente creare
nessun tipo di incrinazione dei rapporti tra lui e Doddis. E quindi gli disse: L’operazione è buona, diciamo eccellente, il
prezzo lo possiamo fare buono, però tieni presente che c’è questa problematica
che bisogna superare. Al che, il Doddis, immediatamente, ci rispose in
quella maniera, dicendo che attraverso la Barrile poteva attivare le necessarie
amicizie per avere le autorizzazioni e, quindi, i voti favorevoli da parte del
Consiglio comunale. Alla signora Barrile io però non l’ho mai incontrata
personalmente…”.
Per approntare le opportune strategie per l’affaire, Biagio
Grasso ha riferito di essersi ripetutamente incontrato con Gianni Doddis nel
periodo intercorso tra la fine del 2015 e i primi mesi del 2016. “Con Doddis ci
incontrammo diverse volte in casa sua, lui abita nelle colline lì, nei pressi
di Gravitelli, sotto l’autostrada. Ci incontrammo anche diverse volte in un
circolo che c’è di fronte alle Poste, se non erro, di Gravitelli. Ci siamo
incontrati presso il cantiere dove lui era capocantiere nell’azienda di
Mangraviti, in quel momento esso era vicino una clinica. Doddis gli gestiva
tutta la parte di alcune assunzioni e la parte dei fornitori, ma Mangraviti è persona
che comunque non ho mai conosciuto e nello specifico non ebbe nessun ruolo
nella vicenda. Una volta ci siamo visti con il costruttore a cui avevamo fatto
l’offerta. Questo soggetto era il dottore Vinciullo, Vincenzo Vinciullo. I
rapporti fra Doddis e questo imprenditore erano ottimi e l’appuntamento fu
fissato immediatamente. Si tenga presente che anche il cognato Daniele Mancuso gestisce
tutti i movimenti terra per conto dell’azienda Vinciullo su tutto il territorio
messinese, quindi hanno rapporti collaborativi e fattivi da diversi anni”.
Sempre secondo Biagio Grasso, l’imprenditore Mangraviti
sarebbe stato in passato socio di Vincenzo Vinciullo, ma nel periodo in cui sarebbe
maturata l’operazione con quest’ultimo costruttore, i due avrebbero gestito le
rispettive aziende in modo separato. “Tra Daniele Mancuso e Gianni Doddis c’erano
invece rapporti anche di parentela in quanto, se non sbaglio, una delle sorelle
o la sorella di Daniele Mancuso è la moglie di Gianni Doddis”, ha specificato
Grasso. “Questo Daniele Mancuso è un soggetto che è molto vicino al clan
Romeo-Santapaola, quindi era molto vicino a noi. Lavorava con noi anche nella
parte di movimento terra ed in più si è prestato per intestarsi fittiziamente
una società, in particolare la Edil Raciti S.r.l., che era titolare di 14
appartamenti in costruzione a Santa Margherita in Messina, ed è appunto il
fratello di Giorgio Mancuso che ha ricoperto un ruolo importante dal punto di
vista criminale operante nell’area Camaro-San Paolo. Loro avevano i depositi a Messina Due, sempre in quella zona lì, Camaro
San Paolo. A Messina Due Daniele
Mancuso aveva, credo, anche una casa dove abitava”.
“Relativamente alla vicenda della Edil Raciti, nel momento in
cui avevamo già la sicurezza che da un momento all’altro potevamo avere dei
sequestri patrimoniali o degli arresti, come poi realmente è successo, abbiamo
cercato di svincolare tutta una serie di attività dai nostri nomi”, ha aggiunto
il collaboratore. “E quindi tra questi passaggi fittizi, Daniele Mancuso si
prestò ad intestarsi questa impresa, che era a sua volta intestata
fittiziamente a Franco Lo Presti, che è stato uno dei nostri prestanome storici.
Per l’intestazione fu creata una posta di debiti inesistenti presso il Torrente
Trapani con la Se.Gi. S.r.l. e, dopo di che fu fatta una transazione dove,
sempre per questa posta fittizia, la Se.Gi. - che era a sua volta detenuta da
Franco Lo Presti in maniera fittizia - cedeva come compensazione questa
operazione a Santa Margherita. Fu fatto un atto di transazione stragiudiziale presso
un ente che si occupa di queste cose, e poi non so se l’atto definitivo Mancuso
l’ha fatto o meno perché Lo Presti, su nostra indicazione, aveva già firmato
tutto presso quest’organo di mediazione e quindi in qualsiasi momento lui
poteva farsi l’atto. All’epoca la legge lo permetteva; invece di andare in
contenzioso si poteva fare questa richiesta di mediazione, diciamo bonaria. Questo
ente dovrebbe avere sede in via Tommaso Cannizzaro alta, zona dove c’è il bar
Glamour, vicino queste parti qua. Quindi si adottò questa strategia in modo da
dare una parvenza abbastanza legale a questa operazione. La posta era fittizia,
le fatture erano fittizie e quindi era tutto fasullo… In questa mediazione
ricordo fu interessato un avvocato, anche lui di nome Mangraviti, il legale di
Daniele Mancuso. In epoca antecedente a quando l’ho conosciuto io, questo
avvocato era stato sospeso dall’ordine, avendo avuto delle problematiche con la
giustizia”.
Biagio Grasso ha poi risposto alla domanda del Pm
Fabrizio Monaco su una sua possibile conoscenza con un altro importante e
chiacchierato costruttore di Milazzo, Vincenzo Pergolizzi. “Sì, lo conosco in
quanto opera nella zona tirrenica, quindi lo conosco da quando ero ragazzino. Ha
fatto anche un’operazione molto grossa nell’area dove abitano i miei genitori,
a Giammoro. Ricordo che tra le imprese riferibili a Vincenzo Pergolizzi c’erano
la Edil Perg e la Per.Edil, erano quelle più storiche. Pergolizzi è un soggetto
che è stato sempre contiguo alla criminalità sia tirrenica, sia messinese, sia
catanese, anche ad un clan importante di Catania, che sono i Cappello, che era contrapposto
a quello dei Santapaola. Vincenzo Pergolizzi era anche vicino al clan di
Barcellona Pozzo di Gotto, a personaggi di Barcellona… Nella parte tirrenica ne
parlai di lui sia con Nino Merlino e con altri soggetti sempre del clan barcellonese.
Per quanto riguarda Messina e Catania, sono informazioni che mi diede Enzo Romeo,
anche in virtù del fatto che il cugino – credo Antonio Lipari - acquistò un
appartamento presso un complesso che aveva edificato Pergolizzi in viale Europa
alto, uscita dall’autostrada, dove Pergolizzi fece un prezzo di favore a Lipari
in virtù che era intervenuto Ciccio Romeo, che è il papà di Enzo Romeo, e
quindi personaggio di calibro criminale pesante su Messina. E lì Enzo Romeo mi
raccontò tutta una serie di vicende e che Pergolizzi aveva coperto la latitanza
di alcuni criminali della zona si Catania, soggetti che facevano parte al clan
Cappello e così via. Quindi molte informazioni me le diede Romeo, in virtù di questa
circostanza. Relativamente ai soggetti appartenenti all’associazione mafiosa
barcellonese, Pergolizzi aveva rapporti sia con Sam Di Salvo che con Pietro
Mazzagatti ed altri. Mi risulta inoltre che il Pergolizzi disponesse di
entrature nella pubblica amministrazione. Su Messina, diciamo, con il Genio
Civile aveva dei rapporti preferenziali. Ne parlammo all’epoca con Enzo Romeo e
anche aveva rapporti con la Barrile e con un architetto del Genio Civile, tale
Montalto. A Milazzo Vincenzo Pergolizzi aveva rapporti preferenziali con
Santino Napoli, una persona vicina, non so se è associata, al clan di
Barcellona Pozzo di Gotto e copriva l’area di Milazzo. Napoli si occupava della
segnalazione degli appalti, della gestione di eventuali estorsioni sul territorio
e soprattutto della gestione dei locali da ballo della zona di tutto Milazzo. Satino
Napoli era impegnato in politica; credo che diverse volte è stato consigliere
del Comune di Milazzo”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 29 maggio 2019, http://www.stampalibera.it/2019/05/29/il-pentito-biagio-grasso-irrompe-a-terzo-livello-vi-racconto-le-contiguita-criminali-di-certi-costruttori-a-messina-e-provincia/
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