Incendi, minacce e trasferimenti per condizionare le assegnazioni di case popolari a Messina

Le intercettazioni effettuate tra l’autunno 2017 e la primavera 2018 nei confronti dell’allora Presidente del consiglio comunale Emilia Barrile, hanno fatto emergere, in particolare, “una sua interferenza nella gestione amministrativa delle pratiche attinenti all’assegnazione delle case popolari da parte del Comune di Messina”. E’ quanto afferma la Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale peloritano nella richiesta di proroga delle operazioni di ascolto delle comunicazioni dell’esponente politica e di alcuni tra i suoi più stretti collaboratori durate la campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione e del consiglio municipale (richiesta poi autorizzata dal Gip, dottore Salvatore Mastroeni, per altri 40 giorni a partire del 17 maggio 2018).
Una prima sommaria disamina dei tabulati telefonici e delle riprese audio e video effettuate dagli inquirenti a Palazzo Zanca è riportata nella nota informativa inviata il 14 agosto 2018 dalla Questura alla DDA e successivamente depositata dal Pubblico ministero agli atti del processo Terzo livello, attualmente in svolgimento nel Tribunale di Messina (tra gli imputati, l’ex presidente Emilia Barrile). “E’ ragionevole ritenere che la Barrile (direttamente o per il tramite dei funzionari assegnati all’ufficio) stia monitorando le assegnazioni delle case popolari di Messina - o forse addirittura ingerendosi in essa - per intercettare le aspettative o le richieste di ben precisi bacini elettorali di cui acquisire il consenso in vista delle prossime consultazioni che la vedono candidata a Sindaco della città”, annota la Squadra mobile.
Il misterioso incendio alle casette di paglia e legno di Fondo Saccà
Il report si sofferma in particolare sui contatti dell’esponente politica con alcuni noti pregiudicati e/o loro stretti congiunti; la Barrile avrebbe chiesto il loro sostegno elettorale, con la promessa, in cambio, di “favorire” l’iter di assegnazione degli alloggi popolari. Nella nota, però, sono indicati altri rilevanti spunti d’indagine sul più articolato e complesso sistema politico-clientelare che avrebbe condizionato, ben aldilà dei principi di trasparenza e legalità, le modalità di attribuzione ai numerosissimi richiedenti delle pochissime unità abitative di proprietà comunale. Un episodio dello scorso anno, in particolare, assumerebbe contorni inquietanti: l’incendio doloso appiccato da sconosciuti contro uno dei progetti-alloggio fiore all’occhiello dell’amministrazione comunale uscente (assai criticato però da una parte dei consiglieri comunali d’opposizione e dalle associazioni di base degli inquilini e dei senza casa).Nel pomeriggio del 13 aprile 2018 si sviluppava un incendio in via San Cosimo - Fondo Saccà, precisamente nei pressi delle casette rurali ivi esistenti”, si legge nella nota degli inquirenti. “Gli accertamenti avviati consentivano di constatare che ignoti avevano creato appositamente un percorso costituito da legname, paglia e cartoni - dato alle fiamme - sino a giungere a ridosso di una delle abitazioni ancora in fase di costruzione, nell’ambito di un più ampio progetto urbanistico di riqualificazione, denominato Capacity, che interessa il rione di Fondo Fucile e appunto il Fondo Saccà”. Il programma, denominato La dimensione comunitaria e sostenibile dell’housing sociale, consiste nella realizzazione in via Maregrosso - tramite processi di autocostruzione assistita, di alcune unità abitative “ecosostenibili in paglia e legno”.
In merito ai fatti veniva escusso a sommarie informazioni Gaetano Giunta, segretario generale e rappresentante legale della Fondazione “Comunità Messina”, l’ente che con la compartecipazione di altri organismi privati (le cooperative sociali “Ecos-Med” e “Consorzio Sol.E.”) e il cofinanziamento delle fondazioni “Cariplo” e “Con il Sud” stava realizzando le abitazioni. “Gaetano Giunta, dapprima al personale intervenuto e successivamente in Questura, riferiva di non aver ricevuto, né personalmente né attraverso le imprese impegnate nell’esecuzione dell’opera (capofila la Amato Costruzioni Soc. Coop. di Mazara del Vallo, Trapani, Nda), richieste estorsive o qualsivoglia pretesa in relazione al compimento dei lavori in corso di realizzazione”, aggiungono gli investigatori. “Tuttavia, lo stesso asseriva di essere stato avvicinato dai componenti di due nuclei familiari residenti nella zona di cui si tratta, i quali lamentavano che le loro abitazioni erano invase da pulci e zecche, a causa dei cumuli di sterpaglie e detriti presenti nel cantiere. Gaetano Giunta sosteneva inoltre di essersi immediatamente prodigato per la risoluzione del problema, contattando l’assessore comunale alle Politiche per la casa, Sebastiano Pino, affinché disponesse la disinfestazione dell’abitazione interessata dall’emergenza igienico-sanitaria e, contemporaneamente, sistemasse il nucleo familiare anzidetto, del quale facevano parte anche dei minori in un bed & breakfast cittadino per il tempo necessario ad effettuare la disinfestazione, a spese della fondazione da lui rappresentata”. Giunta riferiva pure alle forze dell’ordine di aver appreso dall’assessore Pino, che - il giorno precedente - alcune famiglie, a causa dell’emergenza igienico-sanitaria in atto a Fondo Saccà, avevano inscenato a Palazzo Zanca una protesta, “manifestando l’intenzione di porre in essere gesti eclatanti, nel caso in cui non fossero stati presi provvedimenti amministrativi adeguati”.
Nelle ore successive gli inquirenti interrogavano l’assessore Sebastiano Pino, che si soffermava inizialmente sul progetto di riqualificazione Capacity. Il programma di Maregrosso aveva preso il via a seguito di due incontri - il 17 gennaio e il 10 febbraio 2014 - tra la Fondazione di Comunità, il Consorzio Sol.E., il Comune di Messina, il CNR ITAE e lo IACP titolare dell’area poi ceduta a titolo gratuito per l’insediamento abitativo; il 26 giugno 2014 era stato approvato in Giunta il protocollo d’intesa per il progetto di housing sociale, su proposta del sindaco Renato Accorinti, con il mandato all’assessore Sergio De Cola, al tempo con delega al Risanamento, di rappresentare l’amministrazione nella cabina di regia prevista per la sua attuazione. Due anni dopo l’amministrazione, su proposta dell’assessore De Cola, dava il proprio ok alla partecipazione del Comune al bando di gara per la Riqualificazione urbana e la sicurezza della periferie delle città metropolitane, previsto dal Governo nazionale con legge n. 208 del 2015. Ottenuto un finanziamento di poco meno di 18 milioni di euro, l’ente aveva poi approvato alcuni dei progetti presentati per l’implementazione del Capacity, tra cui quello di “autocostruzione assistita” a Fondo Saccà.
Quel giro di valzer tra ufficio di Presidenza e dipartimenti 
“Nel corso dell’interrogatorio, l’assessore Pino riferiva inoltre che il precedente 12 aprile 2018, mentre si trovava nel Salone delle Bandiere del Comune di Messina, veniva contattato telefonicamente per ben due volte dall’allora Presidente del consiglio comunale Emilia Barrile, la quale lo invitava a raggiungerla poiché era in compagnia di una famiglia abitante nel fondo Saccà che lamentava carenze igienico-sanitarie presso la propria abitazione”, riportano gli inquirenti. “Sebastiano Pino aggiungeva di aver presto raggiunto la Barrile, la quale effettivamente era in compagnia di due donne e un uomo. L’assessore Pino dichiarava di aver raccolto le doglianze dei presenti assicurando loro che si sarebbe interessato per far esperire una disinfestazione dei locali e che avrebbe interessato i Servizi sociali del Comune per la necessaria assistenza alla famiglia. Tuttavia, sempre a dire dell’assessore, i presenti chiedevano l’immediata assegnazione di un’abitazione, invocando il fatto che essi figurassero al secondo posto della graduatoria stilata per l’assegnazione di case agli occupanti le baracche da demolire al rione Fondo Saccà-Cannamele”. Quando Sebastiano Pino avrebbe spiegato che le abitazioni sarebbero state consegnate seguendo l’iter stabilito dalla legge, “uno dei membri della famiglia avrebbe pronunciato in dialetto messinese frasi minatorie testualmente indicate nei termini seguenti: che vi sembra, che ho paura di bruciare tutto”. Sempre secondo il pubblico amministrare, le minacce erano state pronunciate alla presenza, oltre che della Presidente Emilia Barrile, anche del Commissario della Polizia Municipale Carmelo La Rosa. La mattina successiva, il 13 aprile 2018, alcuni componenti del nucleo familiare si presentavano nuovamente in Comune per incontrare l’assessore Pino, e anche in quell’occasione uno di essi avrebbe minacciato di bruciare le case in costruzione a Fondo Saccà. “Le circostanza narrate da Sebastiano Pino sono riscontrate dal complesso dei servizi di intercettazione in corso nel procedimento in oggetto, in particolare dal sistema di video-ripresa, effettuato all’interno dell’Ufficio di presidenza, allorquando, il 12 aprile 2018 alle ore 15.34, si rilevava Emilia Barrile in compagnia di due membri del gruppo familiare indicato dall’assessore”, aggiunge la Questura di Messina. “Ma vi è di più. Nello stesso contesto procedurale in cui era sentito per l’incendio testé ricordato, l’assessore Pino rivelava ulteriori circostanze di rilievo. Egli, in particolare, riferiva di aver appreso dal dirigente del Dipartimento Politiche per la Casa del Comune di Messina, Domenico Signorelli, di ingerenze indebite esercitate nel settore di propria competenza da taluni consiglieri comunali, e segnatamente dal Presidente del Consiglio Emilia Barrile e dal consigliere Zuccarello, i quali insistevano nel segnalare situazioni che dovevano essere trattate con più cura rispetto ad altre nell’ambito della gestione amministrativa dell’assegnazione delle case popolari”.
Sebastiano Pino riportava agli inquirenti pure il trasferimento, avvenuto circa un mese e mezzo addietro, di un dipendente comunale - il dottore Sebastiano Cardile - dalla Segreteria della Presidenza del Consiglio comunale all’ufficio “Assegnazioni” del Dipartimento politiche della casa. “Il trasferimento di tale soggetto dallo staff della Barrile all’ufficio amministrativo che - guarda caso - gestisce direttamente le assegnazioni delle case popolari, non sarebbe nemmeno giustificato da ragioni d’ufficio, atteso che Cardile  sarebbe qualificato da mansioni amministrative anziché tecniche, delle quali ultime soltanto il dirigente del dipartimento avrebbe fatto richiesta”, commentano gli inquirenti. “Sebastiano Pino aggiungeva peraltro che il dott. Eugenio Bruno, responsabile dell’ufficio cui è stato assegnato Sebastiano Cardile, avesse richiesto ed ottenuto di essere trasferito ad altro incarico, nonostante nel frattempo avesse maturato dei considerevoli benefici economici connessi alla posizione professionale lasciata. Difatti sempre a dire dello stesso assessore, il dott. Bruno è stato trasferito al Dipartimento Cimiteri, perdendo gli emolumenti che la carriera lavorativa gli aveva consentito di maturare (stimati nell’ordine di 9 -12 mila euro annui). Sebastiano Pino sosteneva, infine, di aver avuto modo di parlare con il dott. Bruno, evidentemente con l’intenzione di fargli revocare il trasferimento (siccome considerato una memoria storica dell’ufficio); tuttavia lo stesso Bruno si mostrava determinato nella scelta, ricollegandone il motivo alle continue pressioni subite a causa delle mansioni svolte che gli avevano reso impossibile lavorare”. L’assessore specificava agli inquirenti che il funzionario comunale non aveva voluto esplicitare né il tipo né le modalità di pressioni ricevute, “tuttavia, gli appariva palesemente turbato” (il dottore Eugenio Bruno risulta essere ancora in forza all’ufficio amministrativo del Dipartimento Cimiteri del Comune Nda).
“Le dichiarazioni dell’assessore Sebastiano Pino trovano riscontro nel complesso dei servizi di intercettazione in corso effettuati a carico del presidente del Consiglio Comunale Emilia Barrile”, prosegue la nota della Questura di Messina. “Difatti, si documentano numerose conversazioni telefoniche tra il Presidente del Consiglio e il citato Sebastiano Cardile, che hanno ad oggetto il disbrigo di pratiche inerenti l’assegnazione delle case popolari, il numero degli alloggi e delle domande presentate. Dalle informazioni rese dall’assessore Pino e dal tenore delle conversazioni registrate tra Emilia Barrile e Cardile è ragionevole ritenere che quest’ultimo sia stato assegnato dalla segreteria della Presidenza del Consiglio al Dipartimento Politiche per la Casa per le esigenze politiche del presidente del consiglio. A ciò si aggiunga, che anche un altro dipendente della Segreteria del Presidente del Consiglio a nome Antonio, in corso di identificazione, sempre su input di Emilia Barrile, abbia presentato la domanda di trasferimento per essere assegnato, a breve, all’ufficio Assegnazioni del Dipartimento Politiche della Casa”. Gli inquirenti rilevano infine come Emilia Barrile abbia intrattenuto frequenti contatti pure con la dipendente comunale Maria Denaro, responsabile dell’ufficio fitti attivi dello stesso dipartimento. “Tra i 104 contatti telefonici registrati tra la Barrile e la Denaro – scrive il dirigente della Squadra mobile - la gran parte sono inerenti le richieste della Barrile in ordine a informazioni per le pratiche amministrative riguardanti le politiche abitative”.
Quelle pressioni indebite degli anonimi politici sponsor
Il cosiddetto risanamento è da sempre uno dei temi di scontro più avvelenati tra le forze politiche e sociali e tra i consiglieri comunali degli opposti schieramenti. Negli anni non si contano le denunce sulle presunte compravendite di voti, le pressioni indebite, i comportamenti perlomeno ambigui o contraddittori di taluni amministratori, consiglieri e dirigenti comunali sviluppatisi attorno alla realizzazione e all’assegnazione delle abitazioni popolari. In tempi più recenti, hanno fatto particolare scalpore le dichiarazioni rese il 14 aprile 2015 dall’architetta Maria Canale (dirigente del Dipartimento al Risanamento del Comune), nel corso di una seduta congiunta della IV e VI Commissione consiliare, presenti in aula gli assessori Sebastiano Pino e Antonino Mantineo (al tempo con delega ai Servizi sociali) e il tenente della Polizia municipale Biagio Santagati. Dopo avere espresso il proprio disagio per un ufficio del tutto “sottodimensionato”, nel corso della sua audizione l’architetta Canale lamentò il comportamento di vari soggetti a cui si sarebbero rivolti singoli e nuclei familiari per ottenere l’assegnazione illegittima di unità immobiliari comunali. “Veniamo non solo aggrediti dalle persone, dagli avvocati e, scusate se ve lo dico, anche dai politici perché naturalmente ognuno trova poi la sua sponsorizzazione e viene a polemizzare contro le nostre decisioni e i nostri controlli, che a fatica immane però, cerchiamo di fare…”, dichiarava la dirigente. La stessa descriveva poi un aneddoto a riprova del malcostume che regnerebbe nel sistema della gestione degli alloggi popolari. “La signora era assegnataria di una casa insieme al suo nucleo familiare; è stata assegnataria di casa facendo parte del nucleo familiare dei propri genitori, di una casa per dipendenti a Minissale alto”, raccontava Maria Canale. “Dopodiché, ha deciso di restare nella baracca e sono andati i genitori a stare nella casa: io questo lo devo dire perché è una sua decisione, all’epoca, è chiaro, mi dispiace, perché questo è il solito sistema con cui con una baracca noi diamo quattro case, tre case, cinque case, perché uno se ne va e lascia gli altri! Anche questo è uno dei guai per cui noi ci troviamo nella situazione in cui siamo, ed è il caso che lo dica… Ci sono tante persone… Allora bisogna dire che restituiscano la casa di 90 mq., come previsto per legge e gli si dà una casa più piccola: se sono due sole persone… Perché un altro dei controlli che in linea teorica la legge prevedrebbe è che l’IACP o il Comune facesse questo controllo sull’utilizzo delle case, cioè sull’aggiornamento delle tipologie dei nuclei familiari!”.
Le esternazioni della Canale suscitarono una dura reazione della consigliera comunale Donatella Sindoni, Presidente della VI Commissione. “Non era la prima volta che la dirigente lo diceva e così la stoppai subito dicendole: Architetto, mi scusi, ma le sue sono gravi affermazioni; e siccome anch’io, nel mio piccolo, appartengo alla classe dei cosiddetti politici, ma al pari di tanti colleghi non sono venuta mai a chiederle nulla, le chiedo gentilmente di fare nomi e cognomi”, ricorda Sindoni. “Le dissi ancora che senza l’identificazione puntuale dei cosiddetti politici, le accuse, così tanto generiche, costituivano contumelia nei confronti di coloro che non sono responsabili di un simile comportamento. La dirigente, a quel punto, si alzò e urlando prese a dire: Contumelie a me? Non lo posso tollerare! Mi ritengo offesa! Vado via e non verrò più in una Commissione dove ci sarà lei a presiedere! E andò via sbattendo la porta sotto lo sguardo dei due assessori che restarono ammutoliti. Io continuai imperterrita i lavori della Commissione… Alla fine, uscendo, incontrai la dirigente Canale che si lamentava per il mio comportamento con la collega Amata (Elvira Amata, oggi parlamentare dell’Assemblea regionale siciliana con il gruppo “Fratelli d’Italia”, NdA) e avvicinatami, le dissi: Architetta, non era mia intenzione offenderla! E lei mi rispose: Io con lei non ci parlo perché anche l’altra volta si è permessa di dirmi che dovevo fare i nomi! Bene - le dissi - vorrà dire che ci parleremo in altre sedi…”.
Il 24 aprile 2015, Donatella Sindoni inviò i verbali di quella commissione al sindaco Renato Accorinti, al segretario-direttore generale Antonio Le Donne e alla presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile, chiedendo che venisse accertato quanto dichiarato dalla Canale in una nota sottoscritta anche dal collega-consigliere Santi Daniele Zuccarello (lo stesso citato de relato dall’ex assessore Pino per presunte “ingerenze indebite” sugli uffici comunali insieme alla Barrile, anche se ad onor del vero, nel marzo 2014, lo stesso Zuccarello aveva denunciato pubblicamente un anomalo affidamento diretto da parte del Comune ad una cooperativa nella titolarità della Presidente del consiglio). Non essendo giunta dall’amministrazione comunale alcuna risposta, il 20 maggio 2015, i due consiglieri presentavano un dettagliato esposto al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Messina. “Riteniamo che invettive non seguite da censura e/o denunzia di fatti descritti con puntualità (…) lascino solo tracce fumose e ombre senza modificare prassi e/o costumi e/o stili che noi invece censuriamo e combattiamo”, scrivevano Sindoni e Zuccarello. Esempio di come l’emergenza abitativa sia un mare magnum senza governo tra degrado, sfratti e privilegi, da cui, altresì, emerge l’inerzia e la totale mancanza di controlli da parte del Comune è l’episodio, da considerarsi a dir poco sconcertante, di cui gli scriventi sono venuti a conoscenza relativamente ad un alloggio sito in Messina, rione Aldisio, via 28/c, che era stato regolarmente assegnato in locazione. Deceduto il legittimo assegnatario l’abitazione veniva regolarmente concessa al di lui figlio convivente che vi risiedeva con la propria famiglia. Una volta deceduto anche costui e la di lui moglie, nel mese di settembre 2013 il Comune di Messina notificò alla nipote che risultava residente nell’appartamento, ordinanza di sfratto esecutivo con intimazione a lasciare sgombro l’immobile da persone entro giorni 5 dalla ricezione. Ebbene (e qui sta lo sconcerto!) non solo, a tutt’oggi, non si è dato seguito a questa ordinanza, ma l’immobile risulta essere stato arbitrariamente affittato e/o venduto a terze persone, che col tacito consenso da parte della signora (che sembrerebbe vivere fuori Messina) ivi avrebbero trasferito la loro residenza. Tali fatti sarebbero stati tutti resi prima noti alla Dirigente arch. Canale, mediante lettera raccomandata a firma dell’avv. Pirrone, e in seguito, di fronte al perpetrarsi dell’inerzia da parte del dirigente, denunciati alla Procura della Repubblica”.
A conclusione del loro esposto, i due consiglieri stigmatizzavano che “tutta l’Amministrazione, da un lato, non effettua i controlli necessari per prevenire episodi di occupazione abusiva e/o impedire che inquilini che perdono i requisiti continuino a risiedere e addirittura si auto legittimino a ritenersi proprietari e procedano ad affittare e/o vendere il bene a terzi, e dall’altro, non si adopera al fine di ristabilire la legalità assegnando l’alloggio a chi ne possiede i requisiti come per legge, autorizzando situazioni di occupanti abusivi che resistono per anni grazie a confusione e malgoverno”.
La denuncia dei due consiglieri non produsse effetti in sede giudiziaria o amministrativa. Un anno dopo, però, l’architetta Maria Canale tornò in audizione in IV Commissione consiliare (10 maggio 2016) per riferire sui programmi di risanamento in atto da parte del Comune. Per la cronaca, la commissione aveva luogo a Palazzo Zanca qualche ora dopo l’ennesima manifestazione di protesta degli abitanti di Fondo Saccà per una nuova invasione di zecche all’interno delle abitazioni. Sotto accusa da parte della dirigente del Dipartimento Politiche della casa c’era stavolta, in parte, anche l’assessore Sebastiano Pino (assente in aula anche se formalmente invitato). “In questi anni si è forse più pensato a particolari progetti o interventi, ma in ogni caso è stata assolutamente dimenticata la programmazione globale, il risanamento globale!”, esordiva la Canale. “Non esiste più il risanamento! Non vi è stata una disamina effettiva di tutta la situazione e qui rientra il discorso relativo al crono-programma, agli ambiti; quel poco che si è fatto e che si fa in realtà attiene a vecchi progetti in itinere, rimasti bloccati per problemi legali, per ditte che falliscono, contenziosi, ma di nuovo, di programmato, non c’è stato nulla! Dalla stessa commissione consiliare non è nata l’esigenza di chiedere all’Amministrazione una valutazione della situazione soprattutto in riferimento al risanamento; ricordo che in passato vi era un rapporto continuo, spesso anche conflittuale, con Palermo! Posso sollecitare solo fino ad un certo punto l’assessore Pino, che in un anno e mezzo non è mai andato a Palermo! Telefono e, comunque, finché si tratta di problemi di gestione, agisco interloquendo con Palermo in qualità di dirigente, ma oltre non posso andare! Mi dispiace tutto questo, ma il mio è stato trasformato in un dipartimento amministrativo essendo stata totalmente messa da parte l’area tecnica, sebbene io stessa abbia evidenziato al momento della riorganizzazione della struttura, la necessità di un accorpamento con la gestione economica e finanziaria dell’ex dipartimento patrimonio (…) Per ciò che riguarda Fondo Saccà, non so più quante volte è stata ripulita l’area e nonostante gli abitanti della zona sostengano di non avere alcuna responsabilità, il solo fatto che abbiano orde di cani, lascia supporre che siano loro a portare le zecche. Il Comune non ha colpe, ad eccezione dell’ultima demolizione per cui occorre togliere le macerie”. Infine un’ammissione sui ritardi e il disordine esistenti nelle procedure di controllo sugli alloggi di proprietà comunale. “Alcuni dati in nostro possesso non sono del tutto corretti e stiamo facendo le opportune verifiche”, dichiarava l’architetta Canale. “Vi sono alcune perplessità sui nomi degli affittuari perché spesso ci si trova di fronte a situazioni incancrenite e l’IACP, in realtà, non ha idea di chi siano alcuni suoi inquilini. Se poi i consiglieri vogliono venire in ufficio ad aiutare nelle operazioni di verifica dei titoli in possesso degli affittuari, ben vengano. Per quanto riguarda i canoni anche qui si sta lavorando, ma per gli aggiornamenti si deve attendere che gli inquilini vengano a portare i dati reddituali. Ribadisco, comunque, che non vi è alcun problema a fornire ai consiglieri comunali questi dati, ma si deve stare attenti  a che non si verifichi quanto accaduto in passato, ovvero che vadano a finire a chi non ha diritto di averli”. Sul significato di quest’ultimo assunto, nessuno tra i consiglieri e gli amministratori ha sentito il dovere di chiedere lumi…

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