Africom contro i pirati grazie agli aerei senza pilota
AFRICOM, il comando delle forze armate USA per le operazioni nel continente africano, interverrà direttamente contro la pirateria navale nel Golfo di Aden. Lo farà grazie all’uso dei nuovi velivoli senza pilota UAV “MQ-9 Reaper”, dislocati da qualche giorno nell’aeroporto internazionale Mahé delle isole Seychelles.
Sulle intenzioni di Washington di voler ridurre gli “effetti collaterali” degli attacchi c’è però poco da credere. In Pakistan, ad esempio, l’uso di un altro modello UAV, il Predator, si è fatto sempre più frequente con l’insediamento di Obama alla Casa Bianca. Secondo uno studio della New America Foundation, negli ultimi dieci mesi l’amministrazione USA ha ordinato 41 incursioni aeree con i “Predator”, contro le 34 registrate nell’ultimo anno di presidenza di Gorge Bush. E dal 2006 sino ad oggi, sempre secondo la fondazione, le operazioni dei “Predator” avrebbero causato in Pakistan un migliaio di morti.
“Gli aerei senza pilota saranno utilizzati per condurre missioni d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento in un’area che si estende dalle coste somale sino all’Oceano Indiano occidentale”, ha dichiarato il ministro del trasporto e l’ambiente delle Seychelles, Joel Morgan, in occasione del primo volo operativo del “Reaper”. “Grazie agli Stati Uniti che hanno risposto rapidamente alle nostre richieste di assistenza, le Seychelles sono diventate il centro hub per la lotta alla pirateria”. A supporto della missione degli UAV sono stati trasferiti nell’arcipelago 75 militari in forza al Comando navale statunitense per l’Europa e l’Africa NAVEUR NAVAF, con sede nella città di Napoli. NAVEUR NAVAF ha pure ordinato il rischiaramento nelle Seychelles, “a tempo indeterminato”, di due aerei per il pattugliamento marittimo P-3 Orion.
Con una lunghezza di 20 metri, gli “MQ-9 Reaper” possono volare per 30 ore consecutive ad una velocità di oltre 440 chilometri all’ora e un raggio operativo di 4.800 chilometri. Dotati di sofisticate telecamere e sensori per captare qualsiasi oggetto si muova nell’oceano, i velivoli sono guidati a distanza da stazioni terrestri e satellitari. Non si tratta però solo di sofisticati aerei-spia. Nel teatro afgano, i “Reaper” dell’US Air Force vengono utilizzati per missioni di attacco con missili “Wingspan” e bombe a caduta libera. Il Pentagono nega però che gli UAV trasferiti alle Seychelles abbiano vocazioni offensive. “Gli Stati Uniti non utilizzano armi a bordo degli aerei e non si pensa di farlo in futuro”, ha dichiarato il portavoce di AFRICOM, Vince Crawley. “Il trasferimento dei Reaper risponde a obiettivi anti-pirateria, di sicurezza marittima e delle frontiere, di deterrenza del terrorismo internazionale e di protezione degli abitanti delle Seychelles e di altri paesi vicini”. “Le Seychelles – ha aggiunto Crawley - hanno un ruolo importante per assicurare la libertà di navigazione a beneficio di tutte le nazioni. Sono una piattaforma ideale per osservare i vasti corridoi marittimi dell’Oceano Indiano. AFRICOM sosterrà le missioni contro la pirateria perchè la Marina USA vuole vedere come possono operare questi velivoli senza pilota in vaste aree marittime”. L’agguerrita forza navale statunitense che pattuglia le acque del Golfo di Aden ha utilizzato sino ad oggi per intercettare le imbarcazioni utilizzate dai pirati per gli assalti, un UAV molto più piccolo del “Reaper”, lo “ScanEagle”, operativo dalle navi e con un’autonomia di 20 ore e una velocità di crociera non superiore ai 140 km/h. Con il debutto di AFRICOM nella crociata per la “libertà dei mari africani”, le forze armate USA possono dunque estendere il loro bacino operativo, assicurandosi una proiezione maggiore e dispositivi di guerra con tecnologia più avanzata.
L’arrivo dei Reaper a Mahé fa parte di un accordo di mutua cooperazione militare sottoscritto recentemente da Washington e dalle autorità a capo delle 115 isole che compongono l’arcipelago. Ai militari delle Seychelles sono stati affiancati “consiglieri” e personale specializzato del Combined Joint Task Force – Horn of Africa (CJTF-HOA), il reparto interforze USA di stanza a Gibuti. Per il triennio 2008-2010, il Dipartimento della Difesa ha pure stanziato a favore delle isole la somma di 300.000 dollari nell’ambito del programma di addestramento “IMET International Military Educations and Training”. Alle Seychelles è stato assicurato pure il supporto militare da parte degli europei. La scorsa settimana, il diplomatico britannico Matthew Forbes, a nome dell’Unione europea, ha firmato un accordo con il governo locale che autorizza il dislocamento nell’arcipelago di militari e unità navali EU, in funzione anti-pirateria e a difesa del turismo d’elite internazionale e delle marine che controllano la pesca del tonno. Francia e Gran Bretagna lo avevano già fatto singolarmente qualche tempo prima, trasferendo alcune unità da guerra per pattugliare la Zona Economica Esclusiva delle Seychelles (1,4 milioni di chilometri quadrati).
La scelta di Washington di puntare all’utilizzo dei velivoli senza pilota è stata interpretata come una presa d’atto del fallimento delle operazioni navali anti-pirateria lanciate lo scorso anno a largo della Somalia, i cui costi, tra l’altro, non sono più sostenibili a medio-lungo termine (oltre 450 milioni di dollari già spesi solo dalla flotta navale dell’Unione europea nell’ambito della cosiddetta “Operazione Atalanta” nel Golfo di Aden). Secondo i dati pubblicati nell’ultimo rapporto sulla pirateria dall’International Marittime Bureau, nei primi nove mesi del 2009 si sono verificati nelle acque dell’Africa orientale 147 incursioni pirata (100 nel Golfo di Aden e 47 nell’Oceano Indiano occidentale), più del doppio di quanto verificatosi l’anno precedente (63). Le imbarcazioni degli assalitori hanno poi accresciuto progressivamente il loro raggio di azione. Meno di una quindicina di giorni fa, due motoscafi partiti probabilmente da una “nave madre” di maggiori dimensioni, hanno abbordato la petroliera “BW Lion” di Hong Kong, sequestrandone l’equipaggio. Si è trattato dell’assalto più distante dalla Somalia mai verificatosi sino ad oggi, a 400 miglia nautiche a nord est delle Seychelles e ad oltre un migliaio di miglia di distanza da Mogadiscio. Secondo il portavoce di una delle maggiori compagnie di navigazione internazionali, ciò indicherebbe che “i pirati si sono insediati alle Seychelles, da dove starebbero seguendo il traffico navale utilizzando i Sistemi d’identificazione automatica AIS”. Da ciò l’occupazione manu militari dell’arcipelago da parte USA e dell’Unione europea e la sperimentazione di nuovi sistemi d’intercettazione aerea.
L’installazione degli UAV alle Seychelles apre tuttavia inquietanti scenari per ciò che riguarda la lotta scatenata dal Pentagono contro le organizzazioni islamiche radicali che controllano buona parte del territorio somalo. Secondo quanto rivelato dal EastAfrican, che ha citato “fonti ufficiali del Comando AFRICOM di Stoccarda”, gli aerei senza pilota potrebbero essere utilizzati infatti “per cacciare e attaccare i militanti islamici all’interno della Somalia”, sfruttando il mandato delle Nazioni Unite che autorizza le operazioni “anti-pirateria” anche a terra. Il portavoce del Comando USA, con una e-mail inviata al periodico, ha tentato di ridimensionare l’effetto delle incaute dichiarazioni dei colleghi AFRICOM. “Le operazioni di sorveglianza degli MQ-9 Reaper – scrive Vince Crawley - si svolgeranno principalmente sull’acqua”. Solo “principalmente” però.
Appena due mesi fa, il 14 settembre 2009, le forze armate USA hanno effettuato un raid nei pressi del villaggio di Barawe, 155 miglia a sud di Mogadiscio, uccidendo un imprecisato numero di militanti del gruppo islamico al-Shabab, tra cui Saleh Ali Saleh Nabhan, sospettato della partecipazione agli attentati del 1998 contro l’ambasciata statunitense di Nairobi (Kenya), quando morirono 212 persone. Un’operazione ancora “top secret” che ha comunque rappresentato un punto si svolta nell’intervento politico-militare USA nell’odierno conflitto somalo. Secondo quanto rivelato dal New York Times, l’attacco sarebbe stato sferrato utilizzando alcuni elicotteri dell’US Army dotati da cannoni di 50 mm, congiuntamente all’intervento degli uomini dell’US Joint Special Operations Command e dei reparti d’assalto del Navy SEAL. Al blitz avrebbero pure collaborato due unità da guerra della Marina militare USA operanti con la task force internazionale anti-pirati. Sempre secondo il New York Times, l’operazione avrebbe preso il via dopo un ordine firmato direttamente dal presidente Barack Obama. “La decisione di utilizzare i commandos e no i missili Cruise a lungo raggio può aver risposto all’intenzione dell’amministrazione USA d’intervenire più in profondità risparmiando vittime civili”, aggiunge il quotidiano statunitense. In quest’ottica strategica, armi come gli aerei “Reaper” potrebbero rendersi utilissime in Somalia.
Articolo pubblicato in Agoravox.it il 19 novembre 2009
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