Il MUOS a Niscemi, una bomba ecologica
“Incompleta e di scarsa attendibilità” con una documentazione allegata “discordante, insufficiente e inadeguata”. È quanto emerge dalla relazione tecnica che analizza lo studio per la valutazione d’incidenza ambientale presentata nell’estate del 2008 dalla Marina militare statunitense in vista dell’installazione della stazione del sistema di telecomunicazione satellitare MUOS all’interno della riserva naturale “Sughereta di Niscemi”, in provincia di Caltanissetta.
Articolo pubblicato in Agoravox.it il 6 novembre 2009
La presentazione della valutazione d’incidenza si era resa necessaria in quanto le infrastrutture MUOS occuperanno un’area di circa 2.500 mq ricadente in zona B della riserva di Niscemi, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), identificato dal codice “ITA050007” e rientrante - secondo il manuale delle linee guida per la gestione dei Siti Natura 2000 del Ministero dell’Ambiente - nella tipologia “a dominanza di querceti mediterranei”. Parere favorevole sullo “studio ambientale” predisposto dall’US Navy era stato rilasciato l’8 settembre del 2008 da tutti i partecipanti alla conferenza dei servizi indetta dall’Assessorato regionale al Territorio ed Ambiente. Alla conferenza, oltre all’ente gestore della riserva naturale, erano presenti anche due tecnici del Comune di Niscemi. Successivamente, sulla spinta delle mobilitazioni “No MUOS” sviluppatesi nelle province di Caltanissetta e Catania, l’amministrazione comunale di Niscemi aveva incaricato tre professionisti a riverificare i possibili impatti dell’impianto satellitare sulla flora e la fauna della “Sughereta”. Consegnata il 10 ottobre 2009, la relazione a firma dei dottori Donato La Mela Veca (cartografo), Tommaso La Mantia (agronomo presso la facoltà di Agraria dell’Università di Palermo) e Salvatore Pasta (botanico), individua un impressionante numero di lacune ed omissioni nella valutazione ambientale del progetto, rilevando la scarsissima attenzione prestata dai militari statunitensi allo straordinario patrimonio ospitato in una delle più importanti riserve ecologiche siciliane.
“Dal contenuto della valutazione d’incidenza”, scrivono i tre professionisti, “emerge un resoconto incompleto o spesso poco dettagliato di tutti gli impatti diretti ed indiretti dell’intervento. Si forniscono indicazioni sulla superficie coinvolta nella messa in posto di case pre-fabbricate e delle antenne (circa 900 m2), delle strade e dei marciapiedi (circa 1.500 m2), ma non è stato possibile trovare alcuna informazione quantitativa sui volumi e sull’estensione areale delle opere di rimodellamento della morfologia e di regimazione idraulica”. Mentre due delle tavole presentate risultano “sfalsate di pochi metri e riguardano esclusivamente l’area in cui è prevista la messa in posto delle nuove antenne e dei capannoni pre-fabbricati”, viene invece del “tutto trascurato il resto dell’area influenzata dal progetto”. Gli esperti sottolineano poi un’“apparente discordanza tra il perimetro dell’area d’intervento riportato sulla cartografia messa a disposizione e l’ambito d’intervento così come delimitato sul campo e indicatoci dai responsabili progettuali ed esecutivi del progetto”. Nello specifico, lo studio per la valutazione d’incidenza non aveva preso in considerazione l’area pianeggiante che sovrasta quella in cui è prevista l’installazione di tre grandi antenne circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri, “già occupata da materiali e mezzi” del cantiere MUOS.
“Manca una benché minima valutazione degli impatti che l’infrastruttura avrà sulla fauna in fase d’esercizio e le considerazioni sugli impatti su flora e vegetazione in fase di cantiere sono a dir poco scorrette e inconsistenti”, aggiungono i professionisti, lamentando la mancata consegna di “documenti fondamentali” nel procedimento, come ad esempio le relazioni paesaggistica e faunistica e la Carta dei vincoli della riserva. Nella documentazione “non compare neppure un singolo riferimento alla denominazione né ai codici numerici relativi ad eventuali habitat presenti nell’area d’indagine”.
Relativamente allo studio della vegetazione, sono stati “sottostimati” e “del tutto trascurati” gli elementi di maggiore pregio. Avendo essi una fenologia tardo-vernale e primaverile, l’epoca d’indagine dei tecnici incaricati dall’US Navy è stata del tutto inappropriata. “Invece di considerare l’area di “scarso interesse””, spiegano i professionisti, “sarebbe stato più corretto rifiutarsi di compiere il sopralluogo in una stagione del tutto inidonea ad individuare le principali emergenze botaniche (flora, vegetazione e habitat del comprensorio)”.
Contrariamente al giudizio dei fautori del progetto MUOS, la riserva di Niscemi “costituisce un biotopo di notevole interesse naturalistico e scientifico, ed è stato, designato per la presenza di quattro habitat, di cui uno prioritario”. L’habitat più esteso è costituito dalla Foresta a Quercus suber (Sughera) che presenta “spiccati caratteri di xericità se confrontata con altre sugherete della Sicilia”. La “Sughereta di Niscemi”, spiegano gli esperti incaricati dal Comune, è “certamente un’area di grande interesse perché sebbene le unità di vegetazione naturale e semi-naturale, sugherete innanzitutto, appaiano frammentate sono uno degli ultimi esempi di questa tipologia di habitat nella Sicilia meridionale”.
Contrariamente al giudizio dei fautori del progetto MUOS, la riserva di Niscemi “costituisce un biotopo di notevole interesse naturalistico e scientifico, ed è stato, designato per la presenza di quattro habitat, di cui uno prioritario”. L’habitat più esteso è costituito dalla Foresta a Quercus suber (Sughera) che presenta “spiccati caratteri di xericità se confrontata con altre sugherete della Sicilia”. La “Sughereta di Niscemi”, spiegano gli esperti incaricati dal Comune, è “certamente un’area di grande interesse perché sebbene le unità di vegetazione naturale e semi-naturale, sugherete innanzitutto, appaiano frammentate sono uno degli ultimi esempi di questa tipologia di habitat nella Sicilia meridionale”.
Ricca e di amplia distribuzione la flora esistente nell’area interessata dal dissennato programma militare. Si tratta di circa 200-250 specie diverse, il 40% delle quali esclusive del bacino del Mediterraneo, con alcune già sottoposte a tutela internazionale (fior di legna, serapide lingua, lino delle fate minore, melica piramidale, quercia spinosa, pungitopo). La relazione tecnica segnala la “presenza di due specie incluse nelle liste rosse regionali, ovvero l’eliotropio (indicato come “vulnerabile”) e la laurea, mentre “riveste un certo interesse fitogeografico la presenza di Helichrysum scandens (endemico della Sicilia sud-orientale), radicchio virgato, crespino spinoso, calicotome infesta e alkanna tintoria, quest’ultima piuttosto rara a livello regionale”. Sui pendii a est dell’area in cui sorgeranno le antenne sono state osservate inoltre “importanti praterie a barboncino mediterraneo, garighe frammiste a prateria ad erba della pampa, piccoli nuclei di macchia sclerofilla termofila con lentisco, ilatro, ulivo silvestre, ed esigui popolamenti di sughere”.
“Sebbene l’area di intervento sia minima rispetto alla superficie della riserva nel suo complesso, le interazioni con l’avifauna possono essere significative dato il contesto territoriale”, si legge ancora nella relazione predisposta dal Comune di Niscemi. “L’area è di grande interesse per la presenza di un elevato numero di specie di uccelli (122), dovuto al fatto che il Sito Natura 2000 si trova lungo le linee di migrazione dell’ornitofauna, per l’eterogeneità del paesaggio vegetale e perché la sua posizione all’estremo sud dell’Isola determina nel periodo invernale condizioni ambientali idonee allo svernamento di molti uccelli”. In particolare nella riserva è stata riscontrata l’esistenza di due specie che in Europa svernano solamente in Sicilia, l’upupa e il biancone, e di altre due che svernano irregolarmente, il grillaio e l’aquila minore. La rilevanza del sito è però data dalla presenza di 8 specie di uccelli tutelate da direttive e convenzioni internazionali, tre delle quali classificate come “vulnerabili” e due “minacciate”: coturnici, gruccioni, beccacce, succiacapre, ghiandaie marine, tottaville, magnanine comuni, averle capirossa. Nell’area dei cantieri sono stati pure osservati gheppi, poiane, colombacci, tortore, civette, rondoni, cappellacce, calandrelle, balestrucci, saltimpalo, merli, beccamoschini, sterpazzoline, occhiocotti, gazze, cornacchie grigie, storni neri, passere sarde. Rilevante la comunità di uccelli rapaci diurni come nibbi reali, nibbi bruni, sparvieri e biancone, “indici di elevata qualità ecologico-funzionale delle zoocenosi locali”. Irregolarmente sono stati osservati pure l’aquila del Bonelli e il capovaccaio.
Lo studio per la valutazione d’incidenza ambientale delle forze armate USA sorvola inoltre sul fatto che il Sito d’Importanza Comunitaria di Niscemi si qualifica per l’elevata diversità degli anfibi e rettili esistenti. Delle 11 specie di anfibi e 27 di rettili che vivono in Sicilia, sono infatti presenti nell’area rispettivamente 4 e 14 specie. Alcune di esse risultano protette dalle normative internazionali: tra gli anfibi, il discoglosso dipinto, il rospo comune, il rospo verde, la raganella italiana; tra i rettili, la testuggine comune, il ramarro, la lucertola campestre, la lucertola siciliana, il gongilo ocellato, il biacco maggiore, il colubro liscio, il saettone, il colubro leopardiano, la biscia dal collare. “Anche per i mammiferi va rimarcata la grande ricchezza locale”, sottolineano gli estensori della relazione tecnica. All’interno del SIC sono presenti complessivamente 16 specie di mammiferi, 5 delle quali “protette” perché in rischio di estinzione (pipistrelli albolimbati, pipistrelli di Savi, serotini comuni, istrici, gatti selvatici). La riserva è popolata inoltre da ricci, mustioli, crocidure sicule, conigli selvatici, lepri, topi quercini, arvicole del Savi, moscardini, volpi, donnole, martore.
Ma non sono solo i lavori d’installazione delle grandi antenne del MUOS a mettere fortemente a rischio la vita di queste importanti specie vegetali e animali. Su di esse incombe infatti il pericolo delle intense radiazioni elettromagnetiche che saranno emesse quando gli impianti di teletrasmissione entreranno in funzione. “Gli studi pregressi sulle emissioni elettromagnetiche prefigurano un quadro allarmante sulle possibili ricadute negative delle antenne sulla fauna del SIC”, avvertono gli estensori della relazione tecnica. “Gli studi sugli effetti delle onde utilizzate in telefonia (equiparabili alle microonde del MUOS, nda) hanno dimostrato inequivocabilmente gli effetti negativi”. Con riferimento alla flora e alla fauna, in particolare, in una sua recente review sugli effetti della meno intensa “radiofrequency radiation from wireless telecommunications”, il direttore generale per l’Ambiente della Junta de Castilla y León (Spagna), Alfonso Balmori, afferma che “le microonde e l’inquinamento da radiofrequenze rappresentano una possibile causa del declino della popolazione animale e del deterioramento dello stato di salute delle piante che vivono nei pressi delle torri telefoniche”. Per lo studioso iberico, le radiazioni provenienti dagli impianti della telefonia cellulare possono produrre effetti sui sistemi nervoso, cardiovascolare, immunitario e riproduttivo.
“Esse danneggiano il sistema nervoso alterando l’elettroencefalogramma, modificando la risposta dei neuroni o la cosiddetta “blood-brain barrier”, la barriera che separa il sangue dal fluido cerebrospinale. Alterano i ritmi circadiani (sleep-wake), interferiscono sulla ghiandola pineale e sbilanciano la produzione ormonale. Modificano il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. Interferiscono negativamente sulla salute e sul sistema immunitario, causando abulia, stanchezza, deterioramento del piumaggio e problemi di accrescimento. Causano difficoltà nella costruzione dei nidi o diminuzione della fertilità, del numero delle uova, dello sviluppo degli embrioni, della percentuale di cova o di sopravvivenza dei pulcini. Generano problemi genetici, locomotori, parziale albinismo e melanismo e promuovono l’insorgenza di tumori”. “Per questa ragione – conclude Alfonso Balmori – dovrebbero essere assunte misure in via precauzionale, e accertate la gravità degli effetti ambientali di queste infrastrutture, se ne deve vietare l’installazione in aree naturali protette ed in luoghi dove sono presenti specie in pericolo”. A Niscemi, però, i lavori di costruzione delle infrastrutture che ospiteranno il MUOS sono iniziati, segretamente, il 19 febbraio 2008 (ben prima dunque dello studio d’incidenza ambientale dell’US Navy) e oggi procedono speditamente anche all’interno dell’area sottoposta a riserva.
“Esse danneggiano il sistema nervoso alterando l’elettroencefalogramma, modificando la risposta dei neuroni o la cosiddetta “blood-brain barrier”, la barriera che separa il sangue dal fluido cerebrospinale. Alterano i ritmi circadiani (sleep-wake), interferiscono sulla ghiandola pineale e sbilanciano la produzione ormonale. Modificano il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. Interferiscono negativamente sulla salute e sul sistema immunitario, causando abulia, stanchezza, deterioramento del piumaggio e problemi di accrescimento. Causano difficoltà nella costruzione dei nidi o diminuzione della fertilità, del numero delle uova, dello sviluppo degli embrioni, della percentuale di cova o di sopravvivenza dei pulcini. Generano problemi genetici, locomotori, parziale albinismo e melanismo e promuovono l’insorgenza di tumori”. “Per questa ragione – conclude Alfonso Balmori – dovrebbero essere assunte misure in via precauzionale, e accertate la gravità degli effetti ambientali di queste infrastrutture, se ne deve vietare l’installazione in aree naturali protette ed in luoghi dove sono presenti specie in pericolo”. A Niscemi, però, i lavori di costruzione delle infrastrutture che ospiteranno il MUOS sono iniziati, segretamente, il 19 febbraio 2008 (ben prima dunque dello studio d’incidenza ambientale dell’US Navy) e oggi procedono speditamente anche all’interno dell’area sottoposta a riserva.
“Assai grave mi sembra il particolare che, prima ancora di iniziare i lavori, aree escluse dagli elaborati risultino già occupate, il che fa pensare a un impatto dei cantieri e delle opere accessorie certamente maggiore rispetto a quello prospettato”, dichiara l’ambientalista siciliano Giuseppe Palermo. “Se le risultanze di questa relazione dovessero essere confermate al termine della valutazione d’incidenza, secondo la direttiva CEE 92/43 (“Habitat”) e alla luce del principio di precauzione, la sola eventualità degli effetti negativi di cui si parla nel testo dovrebbe portare a respingere il progetto. L’articolo 6 di questa direttiva è esplicito: le autorità nazionali competenti possono dare il loro assenso “soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa”. Qualora poi un progetto debba essere realizzato per motivi “imperativi” di rilevante interesse pubblico - nonostante le conclusioni negative della valutazione d’incidenza e in mancanza di soluzioni alternative - le autorità dovranno comunque adottare le misure compensative necessarie a tutelare la coerenza globale di Natura 2000”. “Nel caso di un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, come nel caso del SIC di Niscemi”, precisa però Giuseppe Palermo, “possono essere addotte solo considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o di primaria importanza per l’ambiente o, previo parere della Commissione europea, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
Anche senza il MUOS, le emissioni elettromagnetiche generate dalle antenne della base di telecomunicazione dell’US Navy esistente in contrada Ulmo a Niscemi, hanno raggiunto livelli pericolosissimi per la salute della popolazione. Il monitoraggio effettuato dall’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, in un periodo compreso tra il 10 dicembre 2008 e il 9 marzo 2009 (quando erano in funzione appena il 50% circa delle antenne della base) ha evidenziato valori superiori ai “limiti di attenzione” fissati dalle normative in materia per l’esposizione ai campi elettromagnetici. In Italia, il decreto n. 381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003, relativamente all’intensità della componente elettrica delle emissioni, la cui unità di misura è il volt per metro (V/m), stabiliscono un limite massimo di esposizione di 6 V/m. Ebbene, in contrada Ulmo, una centralina ha registrato una “media di esposizione di circa 6 V/mt con dei picchi settimanali di superamento”; la seconda centralina, sita sempre nei paraggi dell’installazione militare statunitense, ha registrato i “valori medi di 4 V/mt con picchi di superamento occasionali”, che in un caso (il 20 dicembre 2008), hanno raggiunto i 9 V/m. Le altre due centraline hanno invece registrato dei “valori medi di 1-2 V/mt con picchi preoccupanti”, specie in contrada Martelluzzo, dove nella giornata del 10 gennaio 2009 si è sfiorata l’intensità soglia dei 6 volt per metro. A Niscemi, dunque, siamo già oltre i valori di rischio e le emissioni elettromagnetiche sono notevolmente superiori a quanto si registra normalmente nei pressi dei più potenti ripetitori televisivi o delle stazioni di trasmissione della telefonia cellulare GSM (le più simili ai sistemi satellitari del tipo MUOS), dove l’intensità oscilla tra i 0,3 e i 10 volt per metro.
Nella stazione di telecomunicazione dell’US Navy di Niscemi si sono registrati inoltre diversi gravi incidenti ambientali rigorosamente tenuti segreti agli amministratori e alle popolazioni locali. Dal sito internet del “The OK Design Group” di Roma, la società che ha progettato la realizzazione dell’impianto MUOS nel SIC di Niscemi, si apprende che nel 2004 essa fu chiamata dalla Marina USA per effettuare un’“ispezione delle condizioni esistenti della rete di media e bassa tensione della stazione di telecomunicazione militare”, onde “misurare e registrare le anomalie dei parametri elettrici della rete” e “analizzare i rimedi necessari”. Qualche tempo dopo l’azienda catanese Lageco (oggi impegnata nei lavori d’installazione del MUOS accanto alla Gemmo Spa di Vicenza), eseguiva nella base USA di contrada Ulmo, “lavori di bonifica ambientale del terreno contaminato a causa di un versamento di gasolio sullo stesso”.Articolo pubblicato in Agoravox.it il 6 novembre 2009
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