Contro i No MUOS a Niscemi, prima gli idranti e poi le armi chimiche al CS
Se l’uso dei gas CS fosse ordinato da un ufficiale nella sanguinosa guerra in Ucraina, ci troveremmo di fronte a un crimine gravissimo contro l’umanità; violando la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche firmata a Parigi nel 1993 ed entrata in vigore nel 1997, quel militare sarebbe chiamato a rispondere dei suoi atti di fronte al Tribunale penale internazionale all’Aja.
L’Italia ha ratificato la Convenzione che bandisce la
produzione e l’uso di armi chimiche in ogni scenario bellico con la legge n.
496 del 18 novembre 1995. I gas CS vengono però utilizzati dalle forze dell’ordine
per reprimere le manifestazioni di protesta: dalla Val di Susa alla Sicilia,
passando dai tragici fatti del G8 di vent’anni fa a Genova, il lancio di
lacrimogeni con il velenoso composto chimico è divenuto una costante “tossica”
della malagestione dell’ordine pubblico da parte delle forze di polizia, in un
clima di impunità nonostante le palesi violazioni di diritti fondamentali e
inalienabili.
L’ultimo attacco con armi chimiche al CS è avvenuto domenica
7 agosto a Niscemi (Caltanissetta) ai danni dei pacifici manifestanti No MUOS che
si erano dati appuntamento per chiedere lo smantellamento delle tre grandi
antenne del sistema di trasmissione satellitare che governa tutte le guerre
globali delle forze armate USA. Trecento attivisti siciliani hanno dato vita a
un tranquillo corteo tra i sentieri prossimi alla grande installazione militare
sorta all’interno della riserva naturale “Sughereta”: uno scenario, purtroppo,
ormai sempre più simile alle regioni desertiche del Sahel anche per le recenti devastazioni
del patrimonio arboreo e per gli incendi volutamente appiccati.
All’arrivo di fronte all’ingresso della base del MUOS, una
ventina di giovani ragazze e ragazzi hanno avuto l’ardire di avvicinarsi al
cancello principale per batterlo al ritmo di un canto contro le guerre e la
militarizzazione. Aldilà del cancello, in tenuta antisommossa, innumerevoli
agenti di polizia con tanto di video-operatori al seguito e gli immancabili
funzionari in borghese della digos. E ancora più dietro l’invalicabile “muro”
dei cellulari-blindati della Polizia di Stato e un grande camion con cannoni-idranti
sfollagente. Poi ad un tratto, senza alcun preavviso e/o ordine ad allontanarsi,
dagli idranti esplodono violenti getti di acqua contro i volti, il petto e le
gambe dei giovani distanti un paio di metri e contro i manifestanti e gli
operatori dei media che assistono più distanti all’azione.
Avvinghiati al cancello, i giovani resistono per alcuni
minuti al furore degli idranti. Poi, tutti insieme, decidono di mollare le
prese e, inzuppati fradici, tentano di allontanarsi dalla base del MUOStro per
raggiungere i compagni. Ma i celerini sono più veloci nel lanciare i
lacrimogeni, colpendo un paio di loro alla schiena. I lacrimogeni sprigionano
un irrespirabile fumo grigio che si condensa in una nube fissa a non più di due
metri dal suolo: il gas non evapora per le enormi quantità di acqua disperse
dagli idranti.
Quattro lacrimogeni li abbiamo visti cadere a poca distanza,
ma quelli lanciati dagli agenti di PS potrebbero essere stati il doppio, forse
una decina. Accanto mi ritrovo l’involucro integro di un candelotto. Riporta la
scritta Artifizio a frammentazione per
lancio a mano a caricamento lacrimogeno al C.S. Lotto 3-SIMAD-21. Ancora il
maledetto gas CS, lo stesso utilizzato per disperdere un’altra pacifica
manifestazione No MUOS nell’agosto del 2020. Quel composto chimico velenoso lo
conosco bene, ci avevo scritto un lungo articolo proprio dopo l’ignobile atto poliziesco-repressivo
di due anni fa.
Inquadrato da due o tre telecamere della Polizia mi dirigo
verso il cancello con in mano, in bella evidenza, il candelotto raccolto,
ancora caldo. Il commissario responsabile mi è di fronte. “Non vi vergognate a
usare queste porcherie? Sono armi chimiche e lo sapete” gli urlo. “E li sparate
per giunta alle spalle di chi si allontana, ad altezza d’uomo”. Il commissario
accusa il colpo. “E’ partito… dopo....”, risponde. Un’ammissione di colpa mi
appare. O perlomeno un penoso tentativo di ridimensionare nell’indeterminatezza
spazio-temporale il vigliacco ordine d’attacco.
Mi allontano e a lato del sentiero centrale incrocio un secondo
resto di candelotto. Si tratta di un lacrimogeno al C.S. Lotto: 1 – SIMAD – 12.
L’Artifizio a frammentazione è un “ordigno
esplosivo con una miscela lacrimogena al CS la cui emissione del fumo di
combustione deve essere regolare, continua e costante per una durata tra i 10 e
i 25 secondi”, riportano le indicazioni contenute nel bando di acquisto della
Polizia di Stato. Ma cosa si nasconde esattamente dietro la sigla di questo
gas?
Il CS è il nome comunemente usato per
riferirsi all’orto-clorobenziliden-malononitrile,
una sostanza prevalentemente utilizzata dalla polizia di innumerevoli stati per
il “controllo” dell’ordine pubblico. Il nome del gas deriva dalle iniziali dei
due scienziati statunitensi che lo hanno scoperto quasi un secolo fa, Ben
Corson e Roger Staughton. Come hanno spiegato in uno studio del 2014 i professori Massimo Zucchetti e
Raffaella Testoni del Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino, il composto
CS viene sintetizzato chimicamente facendo reagire due composti: 2-clorobenzaldeide
e malononitrile. “Lo stato naturale del CS è solido ma è solubile in acqua e il
suo impiego abituale è sotto forma di aerosol, fumo o vapore”, aggiungono
Zucchetti e Testoni . “Gli
impieghi comuni sono quelli bellici o da parte della polizia. Benché classificata come un’arma non letale per il controllo delle
rivolte, sono stati dimostrati effetti tossici: oltre a danneggiare
pericolosamente i polmoni, il CS può nuocere gravemente al cuore e al fegato”.
Gli effetti immediati del gas si verificano a bassa
concentrazione e dipendono dall’azione irritante sulle mucose e sulla cute.
Essendo un gas lacrimogeno, il CS ha come azione immediata quella di provocare
un’intensa lacrimazione ma può provocare anche congiuntiviti, edema
periorbitario e danni ritardati quali
cataratta, emorragie del vitreo e neuropatie del nervo ottico. “Inoltre, questo
gas provoca l’aumento della pressione oculare e può precipitare l’insorgenza di
glaucoma acuto nei soggetti predisposti; l’effetto irritante sugli occhi è più
evidente sui soggetti che indossano lenti a contatto”, spiegano i docenti del
Politecnico.
L’inalazione di gas CS ha ovviamente gravi effetti
sull’apparato respiratorio: irritazione delle vie aeree con congestione nasale
e rinorrea, laringite, tracheite, irritazione bronchiale con tosse e catarro
copioso. “In casi severi la laringite può comportare laringospasmo e
l’irritazione delle basse vie aeree può esitare in un quadro molto grave noto
come Acute Respiratory Distress Syndrome”,
aggiungono Zucchetti e Testoni. “Il contatto di questo gas con la pelle provoca
sensazione di bruciore che in genere regredisce rapidamente ma la
contaminazione degli abiti può prolungarne gli effetti e, in casi di
esposizioni prolungate, si può giungere a vere e proprie ustioni”. Altrettanto
problematici gli effetti del CS a livello gastrointestinale: irritazione delle
mucose, comparsa di nausea, vomito, inappetenza, diarrea, dolori addominali e
in alcuni casi perfino epatopatia acuta.
Dal punto di vista meramente tecnico
i lacrimogeni con CS sono classificati come “armi da guerra di terza categoria”, ossia armi chimiche: la vigente regolamentazione include in questa
categoria tutti i gas, i liquidi e i solidi, che, diffusi nell’area, in acqua o
sul terreno, producono negli esseri viventi lesioni di varia natura, tali da
inficiare, permanentemente, la salute dell’organismo umano. Tali sostanze si
suddividono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto); tossiche (acido
cianidrico); vescicatorie (iprite); nervine; irritanti (cloroacetofenone), come
i gas usati per i lacrimogeni.
Il gas CS è stato impiegato massicciamente dalle forze armate
USA in Vietnam e dal regime di Saddam Hussein contro la popolazione kurda in
Iraq e durante la guerra Iran-Iraq. Più recentemente l’arma chimica è stata
usata dalle forze armate israeliane in Palestina e dalle unità di polizia di Tunisia,
Algeria e Turchia contro studenti e lavoratori in lotta contro le politiche
governative.
In Italia
il gas lacrimogeno CS fa parte dal 1991 dell’equipaggiamento delle forze
dell’ordine. Durante la violenta repressione dei cortei No Global in occasione
del G8 di Genova, nella sola giornata del 3
luglio 2001 – così come documentato da un rapporto della polizia - furono
lanciati contro i manifestanti ben 4.357 lacrimogeni. Sempre dal 2011 e fino ad
oggi, è stato accertato l’uso costante di CS in Val di Susa contro i No TAV.
L’ultima acquisizione
del gas tossico da parte della Polizia di Stato risale allo scorso anno: n. 7.000 artifizi a frammentazione per il lancio a mano a carica lacrimogeno al
CS e n. 2.000 cartucce calibro 40 mm. a frammentazione per lanciatore a carica lacrimogena al CS a più
stadi, commessa affidata (unica offerta) per un importo complessivo di 479.150
euro alla SIMAD S.p.A. di Carsoli (Abruzzo).
Costituita nel 1971, la società opera
nei settori della difesa, ordine pubblico e sicurezza e fornisce prodotti esclusivi per uso militare. “Attualmente SIMAD è in possesso delle certificazioni ISO 9001:2015 e NATO AQAP-2110, che le permettono di
progettare, sviluppare e produrre tutti i prodotti nel rispetto dei requisiti
della qualità e degli standard NATO”, riporta il sito aziendale. “SIMAD offre una vasta gamma di prodotti irritanti
al CS, fumogeni di vari colori, di gomma e con cariche illuminanti, da
impiegare a mano o con lanciatori idonei. Inoltre, SIMAD produce cartucce
Cal.12, Cal.37/38 mm e Cal.40 mm con caricamenti speciali, non letali,
antisommossa, anticrimine e antisabotaggio”. Rilevanti anche le esportazioni di
gas CS alle forze di polizia estere (Algeria, Bangladesh, Brasile, Romania,
Spagna). Nel 2020 il governo italiano ha autorizzato l’export di materiale
bellico prodotto dall’azienda abruzzese per il valore di 37.950 euro con
destinazione finale il Brasile (artifizi
fumogeni mod. MK7, cartucce cal. 12 gomma e lacrimogene standard al CS cal. 12).
Contro l’escalation
nell’impiego di gas tossici in funzione di “ordine pubblico” Amnesty
International ha dato vita nel giugno 2020 a un sito internet interattivo (teargas.amnesty.org) che raccoglie
immagini, video e report sulle violazioni dei diritti umani e gli attentati
alla salute umana perpetrati dalle forze dell’ordine grazie a questi
dispositivi bellici non convenzionali. Nell’aprile del 2021, dopo il ferimento
di un’attivista No TAV per il lancio “ad altezza d’uomo” di un
lacrimogeno durante una manifestazione al cantiere del nuovo autoporto di San
Didero (Torino), Amnesty Italia ha emesso un comunicato in cui si stigmatizza
il comportamento delle forze dell’ordine. “I gas lacrimogeni non possono essere sparati ad
altezza uomo: lo scopo del loro utilizzo deve rimanere quello di disperdere la
folla e non di ferire persone”, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce
dell’organizzazione. “Dispositivi che hanno effetti indiscriminati
e un alto potenziale di danno, come i gas lacrimogeni, devono essere utilizzati
solo quando tutti gli altri mezzi non siano riusciti a contenere minacce o
violenza. Inoltre, le persone devono essere avvisate sull’imminente uso di tali
armi e autorizzate a disperdersi. Le cartucce, contenenti sostanze chimiche
irritanti, non possono mai essere sparate direttamente contro le persone”.
Amnesty ha infine ricordato che - come richiesto dai Principi base delle Nazioni Unite sull’uso della forza - il “dispiegamento
di armi cosiddette non letali
dovrebbe essere attentamente valutato al fine di ridurre al minimo il rischio
di mettere in pericolo persone non coinvolte e l’uso di tali armi dovrebbe
essere attentamente controllato”.
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