I Signori del Ponte
Tutti a far festa per il Ponte. Innanzitutto Silvio Berlusconi e lo
stato maggiore della coalizione di centro-destra. Poi gli “autonomisti”
siciliani di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia e azionista di
minoranza della società concessionaria per la realizzazione del Ponte, la Stretto di Messina S.p.A.
(a capitale interamente pubblico). Sono ovviamente felici azionisti ed
amministratori d’Impregilo, la capofila del consorzio che si è aggiudicata
progettazione e lavori della megainfrastruttura. Di certo avranno brindato pure
piccole e grandi cosche in Calabria e in Sicilia e forse anche aldilà
dell’Oceano. È tanto il clamore sollevato sullo sblocco dei lavori e un primo
finanziamento del CIPE che sembrano passati anni luce da quando organi di
stampa, ambientalisti e qualche parlamentare denunciavano le tante zone d’ombra
della lunga gara d’appalto.
Le cosiddette “anomalie”? Innanzitutto la partecipazione alla fase di
pre-qualifica per la progettazione e realizzazione del Ponte di una società su
cui sarebbe stato rilevante il controllo di una delle più potenti
organizzazioni mafiose nordamericane. Poi, tutte da comprendere ancora oggi, le
ragioni delle improvvise defezioni dei grandi gruppi esteri proprio alla
vigilia dell’apertura delle buste. E ci sono gli innumerevoli conflitti
d'interesse sorti nelle relazioni tra la società concessionaria, le aziende in
corsa per il general contractor (1) e i gruppi azionari di
riferimento. Per non dimenticare l’inserimento di clausole contrattuali più che
benevoli con i vincitori e che prevedono una penale stratosferica (il 10%
dell’importo totale più le spese già affrontate) in caso di recesso da parte
dello Stato dopo la definitiva approvazione dell’opera. In ultimo
l’ingiustificato ribasso del 12,33% praticato dalla cordata guidata da
Impregilo (pari a 500 milioni di euro su una base d'asta di circa 4 miliardi e
425 milioni), oggetto di ricorso presso il TAR Lazio da parte del
raggruppamento avversario con mandataria Astaldi.
Ponti, coppole e lupare
Ottobre 2004. La
Società Stretto di Messina S.p.A. comunica i risultati della
fase di pre-qualifica per la scelta del contraente generale. Alla tappa
successiva, quella delle gara d’appalto vera e propria, sono ammessi tre dei
cinque raggruppamenti internazionali che avevano presentato una proposta
preliminare. Il primo di essi è guidato dall’austriaca Strabag AG ed è composto
dalla francese Bouygues Travaux Publics SA, dalla spagnola Dragados SA, e dagli
italiani Consorzio Risalto e Baldassini-Tognozzi Costruzioni Generali; segue il
raggruppamento formato da Astaldi, Pizzarotti & C., CCC - Consorzio
Cooperative Costruzioni di Bologna, Grandi Lavori Fincosit, Vianini Lavori,
Ghella, Maire Engineering, la giapponese Nippon Steel Corporation e le spagnole
Necso Entrecanales Cubiertas e Ferrovial Agroman; infine l’associazione con
capogruppo Impregilo e mandanti la francese Vinci Construction Grands Projets,
la spagnola Sacyr S.A.U., la giapponese Ishikawajima-Harima Heavy Industries CO
Ltd. e le italiane Società Italiana Condotte d’Acqua, CMC - Cooperativa
Muratori & Cementisti e Consorzio Stabile A.C.I. S.c.ar.l.. Le tre cordate
vengono invitate alla presentazione delle offerte entro il termine del 20
aprile 2005, successivamente prorogato al 25 maggio.
Nella relazione presentata dalla società concessionaria viene omessa la
composizione delle due associazioni d’imprese escluse dalla Commissione e i
motivi di tale esclusione. Questione tutt’altro che marginale, non fosse altro
perché una di esse era finita nel mirino della Procura di Roma nell’ambito
dell’inchiesta sul tentativo di turbativa d’asta ed infiltrazione mafiosa nella
realizzazione del Ponte da parte del gruppo criminale italo-canadese diretto
dal boss Vito Rizzuto (la cosiddetta “Operazione Brooklin”).
Secondo gli inquirenti romani, Rizzuto & soci volevano assumere il ruolo di
registi dell’operazione, investendovi 5 miliardi di euro provenienti in buona
parte dal traffico internazionale di eroina e cocaina. «L’attenzione
dell’associazione si era focalizzata nella realizzazione del Ponte sullo
Stretto di Messina», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare della
Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari del Tribunale Penale di Roma.
«L’interesse prioritario dell’organizzazione sarebbe stato quello di finanziare
l’opera indipendentemente da un coinvolgimento diretto nella sua realizzazione
dato che così, comunque, avrebbe potuto partecipare ai ricavi connessi alla sua
concreta gestione… Per concretizzare l’affaire Ponte, Rizzuto si sarebbe valso
dell’ingegnere Giuseppe Zappia, imprenditore apparentemente “pulito”, privo di
precedenti penali e con una pregressa esperienza nel campo delle opere
pubbliche». (2)
In vista della gara del Ponte, l’ingegnere Zappia aveva fondato una
modestissima società a responsabilità limitata (30 mila euro di capitale), la Zappia International ,
la cui sede legale veniva fissata a Milano negli uffici dello studio
Pillitteri-Sarni, titolare Stefano Pillitteri, consigliere di Forza Italia e
figlio dell’ex sindaco socialista del capoluogo lombardo, Paolo. Collega di
studio del Pillitteri è Cinzia Sarni, moglie del giudice Ersilio Sechi che ha
assolto Marcello Dell'Utri e Filippo Rapisarda per il crack Bresciano. (3) Era
a lei che Giuseppe Zappia confidava i suoi propositi. «Lei è al corrente che io
voglio fare il ponte di Messina?», rivelava l’ingegnere in un colloquio
telefonico del 13 giugno 2003. «Io se faccio il ponte lo faccio perché ho
organizzato 5 miliardi di euro… e questi 5 miliardi furono organizzati da
tempo, mi comprende? Da tempo!» (4)
L’ingegnere italo-canadese aveva allestito un team di professionisti
internazionali per la gestione degli aspetti economici e finanziari
dell’operazione. Consulente legale del gruppo fu nominato l’avvocato romano
Carlo Della Vedova, mentre i contatti con i potenziali finanziatori esteri
furono affidati al mediatore cingalese Sivalingam Sivabavanandan. Per stringere
relazioni e alleanze con ministri, sottosegretari e imprenditoria capitolina, Zappia
si avvalse di un ex attore televisivo di origini agrigentine, Libertino Parisi,
noto al grande pubblico per aver fatto l’edicolante nella trasmissione Rai
"I fatti vostri". Con Parisi vennero programmati appuntamenti e
riunioni ai massimi vertici istituzionali, finanche con il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e con il ministro delle Infrastrutture Pietro
Lunardi.
«Ho parlato con quelle persone che erano molto interessate del fatto che
un’impresa con capitali arabo-canadesi intende costruire il ponte finanziando
l’opera per intero», rivelava l’ingegnere a Libertino Parisi, in una telefonata
del 5 marzo 2004. «Ho ricevuto indicazioni di mandare un fax con la proposta
alla segreteria del Presidente della società Stretto di Messina». Il fax partirà
quattro giorni più tardi, oggetto la richiesta di un appuntamento per discutere
in «maniera riservata della costruzione del ponte con la propria impresa
mediante il finanziamento di una cordata di capitali internazionali». Il 24
marzo, giorno in cui il consiglio d’amministrazione della Stretto S.p.A.
approvava il bando di gara proposto dall’amministratore delegato Pietro Ciucci
per la pre-selezione del general contractor (5), l’ingegnere era
intercettato mentre dava le ultime istruzioni a Parisi in vista di una riunione
con i vertici della società concessionaria. «Quello che io ho bisogno –
affermava Zappia – è di uscire dalla riunione di questo pomeriggio con la
facoltà di sedersi con il Governo e di fare l’accordo a cui posso io arrivare
con i miei finanzieri. Perché, i miei finanzieri, non li svelerò a loro… Io, ho
due finanzieri, uno separato dall’altro, tutti e due sono pronti a mettere non
4.500, insomma quant’è? Questo, 4 miliardi e mezzo? So’ pronti a mettere cinque
miliardi di euro! È una cosa che loro non hanno, e che spero che la guarderanno
un po’ fuori limite».
Il 22 aprile 2004 Zappia informava l’avvocato Dalla Vedova dell’esito di una
lunga riunione con gli ingegneri e gli avvocati della Stretto di Messina e di
un’altra riunione con Salvatore Glorioso, segretario particolare dell’allora
ministro Enrico La Loggia
ed assessore provinciale di Forza Italia a Palermo. L’ingegnere aggiungeva:
«Per la legge italiana devono fare una presentazione d’offerta, ma è solo una
formalità perché loro già sanno chi farà il ponte ed è un loro amico che si
chiama Joe Zappia!». «Sono già stato alla sede romana della Stretto di Messina
con Sivabavanandan», aggiungeva l’anziano ingegnere. «Non ti posso riferire
adesso quello che ci siamo detti in quelle ore, ma hanno deciso che l’uomo che
farà il ponte sarò io perché posso gestire i problemi in quell’area del Paese.
Sono calabrese!».
Il sapersi muovere in un ambiente notoriamente “difficile”, la disponibilità di
imponenti capitali da offrire per i lavori del Ponte, facevano di Giuseppe
Zappia un uomo fermamente convinto di poter imporre le proprie regole, senza
condizionamenti di sorta. Del resto società concessionaria e potenziali
concorrenti manifestavano già qualche difficoltà a reperire i fondi necessari
per avviare il progetto. «Il bando di concorso: chi vuole partecipare deve
pagare sei milioni di euro. Una cosa ti posso dire, che loro hanno duecento...
due miliardi e mezzo. E quelli lì non bastano per fare il ponte», spiegava
Zappia a Libertino Parisi. «Loro non hanno diritto di chiedere sei miliardi,
sono in una posizione debole, che non si sa quando si fa il ponte. Loro devono
dire, prima di poter dare, che vogliono sei miliardi. Devono avere il
finanziamento organizzato! La posizione mia è che io posso finanziare il
ponte!».
Zappia era certo di poter andare da solo, ma provava pure a tessere possibili
alleanze con i colossi mondiali delle costruzioni. Nel corso di una lunga
conversazione del 19 maggio 2004 con il mediatore cingalese Sivabavanandan,
Zappia mostrava un certo interessamento al gruppo franco-canadese Vinci, in
gara per il Ponte. «Ho appena finito di parlare con qualcuno per il
finanziamento del ponte, e mi ha segnalato lo studio Vinci», dichiarava Zappia.
«Hanno costruito un ponte di 14
miglia , e l’hanno costruito, finanziato e tutto il
resto, al costo di 1,5 miliardi. E lo stanno ridando al Governo per un dollaro
dopo 50 anni. Sto prendendo i loro prospetti e le persone. Sono miei amici
stretti, sono in assoluto i costruttori numero uno in Canada e sono italiani.
Sono da molto al mio fianco, da quando ho costruito il villaggio Olimpico a
Montreal. Va bene, penso che Vinci sta pensando di prendere questo ponte». Lo
interrompeva il cingalese: «Vogliono farlo in maniera indipendente o vogliono
andare con qualcun altro?». Rispondeva Zappia: «No, lo faranno, non con qualcun
altro, lo faranno con noi. Ma dovremo organizzare questo in maniera tale che
otterremo alla fine lo stesso. Noi, in altre parole, dobbiamo finanziare
l’intera cosa. La finanzieranno loro, in una situazione di spalleggiamento. Ma
quello di cui loro sono preoccupati è ottenere il contratto».
Una breve pausa di riflessione e Zappia aggiungeva: «Penso che dovremo usare il
principe qui, con l’uomo numero uno. Questo è come lo vedo io: se loro sono
stati in grado di fare quel ponte, per 1,5 miliardi, dovrebbero essere capaci
di fare questo qui per 2,5 miliardi. Loro daranno una piena, completa garanzia
d’esecuzione con costi e tempi. Sono a Milano e in Francia, Vinci».(6) «Penso
che dovremmo cominciare a parlare con loro», suggeriva Sivabavanandan. «Lo sto
facendo ma non io, il mio uomo», rispondeva l’ingegnere. «Ti dico chi è il mio
uomo, è quello che lavora alla situazione del Congo, dove io ho firmato il
contratto per Inga, che dovrebbe essere in tribunale adesso». Il faccendiere
cingalese si dichiarava d’accordo: «Sono contento che Vinci sta entrando, se
puoi prendere Vinci a bordo possiamo mettere la J &P (società di costruzioni a livello
internazionale N.d.A.) e la
Vinci. Tutti possono trarre beneficio da una struttura
piramidale, e il lavoro andrà veloce. Se abbiamo J&P e Vinci da una sola
parte nessuno può dissestare. Questo è quello che ti ho detto ieri e l’altro
ieri».
Il segreto d’onore
La società franco-canadese oscillava però da un partner all’altro e l’ipotesi
della grande alleanza Vinci-Zappia sembrava dover naufragare. Il 26 giugno
2004, Giuseppe Zappia e Libertino Parisi si soffermavano su un articolo apparso
sul quotidiano “Il Messaggero” nel quale erano indicate alcune società in gara
per la realizzazione del Ponte di Messina. L’articolo riportava, tra l’altro,
che la società Vinci, dopo aver dato la propria disponibilità a partecipare al
consorzio guidato dall’azienda romana Astaldi S.p.A., aveva preferito alla fine
la partnership con la concorrente Impregilo di Sesto San Giovanni. «Questi
Vinci, sono pronti a venire con me, ma credo che non li prenderò», commentava
astiosamente Zappia. «Perché loro vogliono venire a mettere moneta e della loro
moneta non ne abbiamo bisogno. Vinci, lo può fare da solo. Questo te lo posso
dire io soltanto: Vinci non ha il segreto mio».
Un segreto dunque. L’asso nella manica che concerne forse l’aspetto
finanziario, i soci ancora “occulti” dell’imprenditore e della sua
organizzazione. Il gruppo Zappia decise così di presentarsi da solo alla
pre-selezione per il general contractor. Il 14 settembre
l’ingegnere informava Sivabavanandan di essersi recato dall’avvocato Dalla
Vedova. «Abbiamo finito la presentazione della situazione del ponte e la consegnerà
lui stesso domani mattina presto perché apriranno l’intera cosa a mezzogiorno.
Per questo dovrà essere lì per le 9, le 10…». Zappia esprimeva tuttavia la sua
preoccupazione: «Una cosa che sento è che se loro aprono quelle richieste i
giornalisti saranno lì e non c’è dubbio che il giorno dopo tutto sarà sui
giornali». Il motivo del timore di Zappia emergeva chiaramente nella risposta
di Sivabavanandan: «Sì, ma è buono perché la tua partnership, la tua
associazione è segreta. Così non possono scoprire il tuo partner…».
Era Libertino Parisi a redigere la lettera con cui la Zappia International
avanzava la sua proposta di partecipazione alla prequalifica. Tre cartellette
dattiloscritte che pare abbiano lasciato un po’ perplessi gli esaminatori della
società Stretto di Messina. Non solo per la loro lunghezza. Il piano
tecnico-finanziario di Zappia & Soci prevedeva infatti un costo per la
realizzazione dell'opera variabile tra i tre e i quattro miliardi di dollari e
la consegna del Ponte nell'arco di tre anni grazie all’impiego di turni di
lavoro notturno. La società “a capitale italo-arabo-canadese” si impegnava ad
eseguire i lavori con costi e tempi tecnici di realizzazione inferiori del 50%,
assemblando pezzi prefabbricati all’estero e senza ricorrere a subappalti.(7)
Da qui l’esclusione del gruppo Zappia.
L’odore dei soldi
Quella che doveva rappresentare l’uscita di scena dell’ingegnere
italo-canadese, si rivelava invece una tappa importante, più propriamente una
svolta, nel tentativo di partecipare direttamente alla realizzazione del Ponte.
Sono le telefonate effettuate subito dopo l’ufficializzazione dell’esclusione a
indicare che Zappia aveva partecipato alla gara pur sapendo di non possedere i
requisiti richiesti. Era però riuscito a mettersi in contatto con le imprese
concorrenti di ben più solida competenza tecnico-organizzativa, proponendosi
come indispensabile finanziatore dell’opera. I nomi delle società con cui
l’ingegnere italo-canadese aveva preso contatti “diretti” o “indiretti” sono
elencati nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dai magistrati romani:
ancora una volta Vinci (in associazione con Impregilo), la francese Bouygues
(partner di Strabag), «nonché la società Fincosit in A.T.I. con Astaldi, che
sarebbe stata indicata come società mafiosa da vari pentiti».(8)
Erano stati questi “contatti” a convincere Zappia del fatto che le società
concorrenti non avrebbero potuto far fronte alla clausola del bando di gara che
imponeva al general contractor una quota del finanziamento
con risorse proprie pari ad almeno il 10% del valore dell’opera. L’ingegnere –
o i suoi misteriosi soci arabi e nordamericani – potevano mettere invece sul
tavolo l’intero importo previsto per la realizzazione del Ponte e delle
infrastrutture di collegamento. «Questa è una situazione che mi aspettavo»,
rispondeva Zappia all’avvocato Carlo Dalla Vedova che gli comunicava l’esito
negativo nella gara di prequalifica. «Ciò che ci serve è parlare con sua
altezza reale. E tenere questa situazione con l’uomo numero uno. Così possiamo
andare avanti. Quello che sta facendo la Astaldi , è che non ha soldi e non ci sta mettendo
soldi. I suoi uomini ci metteranno dieci anni per fare il lavoro. L’intera
questione è illegale perché non hanno i soldi per fare la cosa. Se e quando
parleremo con sua altezza e l’uomo numero uno e diremo “abbiamo i soldi”,
questi tizi saranno tirati fuori dall’affare». Nel prosieguo della
conversazione Giuseppe Zappia spiegava meglio quali sarebbero stati i
successivi “passi” da attuare: «Credo che quello che dovremo fare sia chiamare
Ciucci... Chiamalo e poi fra l’altro il nostro amico Sivabavanandan arriverà
domani sera. Perché lui ha parlato con sua altezza che è una persona lenta e
non è uno che va di fretta».
Giuseppe Zappia ribadiva anche all’amico Parisi di non essere preoccupato per
l’avvenuta esclusione. «Quello che c’ha il contratto generale può dare tutto a
tutti quanti; tutto dipende da quanta moneta c’è», spiegava l’ingegnere. «Ma la
moneta non ce l’hanno ancora. Questi sono tutti quelli che sono pronti a
spartirsi la torta e inoltre, guarda, come dice lui, in quell’affare il
contraente generale non è lui che sceglie. È insomma Ciucci che sceglie tutta
questa gente. Il contrattore generale non fa niente e se non vuole e se può
trovare un altro che gli fa la medesima cosa per metà prezzo, che fa insomma
tutto il comando Ciucci». Come sottolineano i magistrati romani, Zappia
conosceva appieno il ruolo e l’autonomia decisionale dell’amministratore
delegato della società Stretto di Messina che, quale concessionaria, in base
alla normativa del settore, ha ampi poteri di scelta per reperire parte dei
capitali necessari.
Non c’era il tempo però di firmare un qualsivoglia accordo con una delle
società rimaste in gara, né di accreditarsi come inesauribile banca del Ponte
di fronte al Governo e ai dirigenti della Stretto S.p.A.. Il 12 febbraio 2005,
il capo della Dda di Roma Italo Ormanni ed il pubblico ministero Adriano
Iassillo ottenevano dal Gip cinque provvedimenti di custodia cautelare contro
l’ingegnere Giuseppe Zappia, il cingalese Savilingam Sivabavanandan, il broker
Filippo Ranieri, il faccendiere franco-algerino Hakim Hammoudi ed il boss
siculo-canadese Vito Rizzuto. «In concorso tra di loro e con l’apporto
determinante di Giuseppe Zappia – scrivono i magistrati – con mezzi fraudolenti
e collusioni, turbavano la gara a licitazione privata alla scelta del general contractor; eliminando così la libera e regolare concorrenza tra varie ditte, con
evidente lesione, quindi, degli interessi della pubblica Amministrazione». (9)
L’istruttoria era rapida e il processo Brooklyn, la mafia del Ponte iniziava il
16 marzo 2006 davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Roma. Nel
corso dell’udienza preliminare Sivalingam Sivabavanandan sceglieva di
patteggiare una pena a due anni di reclusione. Zappia e coimputati devono
spiegare l’origine dei miliardi di euro messi a disposizione delle aziende in
gara. Del loro operato rispondono solo alla pubblica accusa. La società
presieduta da Pietro Ciucci (che oggi è pure presidente dell’ANAS), i suoi
azionisti di Stato, la pubblica Amministrazione i cui interessi sono stati lesi
dalla presunta associazione mafiosa, hanno rinunciato a costituirsi parte
civile.
Una proroga sospetta
Torniamo alla gara per la definizione del general contractor. il 18 aprile 2005,
quarantotto ore prima della scadenza dei termini fissati dal bando, i vertici
della Stretto di Messina S.p.A. decisero di concedere ai consorzi in gara un
mese di tempo in più per la presentazione delle offerte. Le ragioni della
benevola proroga restarono ignote, ma numerosi osservatori finanziari la
giudicarono perlomeno discutibile, anche perché i tre mesi precedenti erano
stati caratterizzati da altalenanti e contraddittori contatti tra i due colossi
italiani capofila delle cordate in gara, l’Impregilo di Sesto San Giovanni e
l’Astaldi di Roma.
Impregilo era al centro di una grave crisi finanziaria ed i vertici aziendali
erano stati azzerati da un’inchiesta della procura di Monza per falso in
bilancio, false comunicazioni sociali ed aggiotaggio (il procedimento è ancora
in corso presso il Tribunale lombardo e vede imputati l’ex presidente
d’Impregilo, Paolo Savona, e l’ex amministratore delegato Piergiorgio Romiti).
Per evitare il tracollo finanziario i principali azionisti della società
avevano invocato l’intervento del governo e delle banche creditrici, auspicando
l’ingresso di nuovi e più solidi soci. Nel febbraio 2005 i manager Astaldi
dichiararono la propria disponibilità a fornire 250 milioni di euro per ricapitalizzare
la società di Sesto San Giovanni, ma la loro offerta veniva respinta. In
Impregilo fece invece ingresso un consorzio, IGLI, costituito appositamente dai
gruppi Argofin (10), Techint-Sirti (11), Efibanca (12) ed Autostrade S.p.A.
(gruppo Benetton). (13) Efibanca, Techint e Sirti cederanno un anno più tardi
la loro quota di IGLI a Salvatore Ligresti, il costruttore originario di
Paternò a capo del gruppo assicurativo Fondiaria-Sai e della finanziaria
Immobiliare Lombarda.
Sfumata l’ipotesi di una compartecipazione in Impregilo, Astaldi tornava al
contrattacco proponendo alla “concorrente” un’alleanza strategica per la
formulazione di un’unica offerta per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
«L’unificazione delle cordate per la gara del Ponte è un’ipotesi di buon
senso», dichiarava Vittorio Di Paola, amministratore delegato di Astaldi,
all’indomani dello slittamento del termine per la presentazione delle offerte.
«Dopo la fuga di partner stranieri di entrambe le cordate e la scarsa
convinzione degli altri – aggiungeva Di Paola – il buon senso vorrebbe che i
due gruppi in qualche modo mettessero insieme le forze».
Ancora l’amministratore di Astaldi: «Quello che rimane delle due cordate non è
sufficiente a realizzare un’opera come questa. Non è solo un fatto tecnico, c’è
anche la necessità di prefinanziare il 20% dell’opera. La presentazione di
un’offerta unica diluirebbe i rischi e servirebbe a recuperare la fiducia dei
partner. Noi eravamo pronti a presentare l’offerta ma una proroga può far riflettere
e favorire un processo di ricomposizione».(14)
La dichiarazione di Vittorio Di Paola non deve stupire più di tanto. Essa
giungeva infatti qualche giorno dopo la decisione delle due società spagnole
partner di Astaldi, la
Necso Entrecanales Cubiertas SA e Ferrovial Agroman SA, di
ritirarsi dalla gara per il Ponte. Inaspettatamente, anche il raggruppamento
internazionale guidato dall’austriaca Strabag aveva comunicato di essersi
ritirato dalla competizione. «Per noi era troppo alto il rischio che avremmo
dovuto affrontare dal punto di vista legale, geologico e tecnico-finanziario»,
dichiarava Roland Jurecka, membro del consiglio d’amministrazione della
Strabag.
Meglio soli che la turbativa
Il 2 maggio 2005, il nuovo consiglio d’amministrazione di Impregilo respingeva
l’offerta di alleanza con Astaldi. Perché Impregilo ha rifiutato una proposta
che avrebbe sicuramente comportato minori rischi e maggiori vantaggi di ordine
finanziario e tecnico? Di certo c’è che nei giorni immediatamente precedenti alla
riunione del Cda della società di Sesto San Giovanni, era stata depositata
un’interrogazione parlamentare al Ministro delle Infrastrutture, a firma dei
senatori Brutti e Montalbano (Ds). In essa si affermava che la presentazione di
un'unica offerta da parte di Astaldi e Impregilo per il Ponte sullo Stretto
«configurava un’effettiva turbativa d’asta e quindi l'irregolarità della gara».
Nell’interrogazione i due parlamentari raccontavano che dopo il ritiro della
Strabag, i due raggruppamenti «iniziavano una trattativa con i buoni uffici di
un noto avvocato, consulente legale dell’ANAS per la sorveglianza sui lavori
dell’Impregilo, notoriamente legato da vincoli professionali ventennali con
l’impresa Astaldi, per giungere, attraverso un rimescolamento delle carte, a
presentare un’unica offerta in comune tra Astaldi e Impregilo, riducendo in tal
modo ad uno il numero dei partecipanti effettivi alla fase conclusiva della
gara stessa». Brutti e Montalbano aggiungevano che il rinvio dei termini della
gara in questione «era stato fortemente sollecitato alla società Stretto di
Messina da una delle due società concorrenti, indebolita nella sua composizione
interna dall’uscita di un fondamentale partner francese». Sempre secondo gli
interroganti, a tal fine il consiglio d’amministrazione della società
concessionaria aveva inserito nel bando una clausola che consentiva di
aggiudicare la gara anche in presenza di una sola offerta.
«Appare quanto meno sospetto un rinvio dei termini idoneo a far maturare un
accordo tra i due concorrenti e la contemporanea decisione di modificare il
bando al fine di rendere aggiudicabile la gara anche in presenza di una sola
offerta, che sembra proprio spingere nella direzione dell’accordo tra i
concorrenti», commentavano i senatori diessini. Infine si chiedeva al ministro
Lunardi se non ritenesse che «il comportamento della società Ponte sullo
Stretto sia stato gravemente lesivo degli interessi pubblici, avendo la società
consentito, con il rinvio, proprio il perfezionamento dell’intesa tra i
concorrenti, con un'evidente lesione della concorrenza e con danno al bilancio
pubblico». (15)
Che fosse stato proprio il governo a sollecitare l’accordo tra le aziende
italiane, lo avrebbe confermato qualche anno più tardi lo stesso premier Silvio
Berlusconi. Nel corso di un comizio tenuto nel novembre 2008 durante la
campagna elettorale per l’elezione del Governatore della regione Abruzzo,
Belusconi ha dichiarato: «Sapete com’è andata col Ponte sullo Stretto? Avevamo
impiegato cinque anni a metter d’accordo le imprese italiane perché non si
presentassero separate alla gara d’appalto ma in consorzio... Eravamo andati
dai nostri colleghi chiedendo che le imprese non si presentassero in modo molto
aggressivo, proprio perché volevamo una realizzazione di mano italiana, e poi
avremmo saputo ricompensarli con altre opere pubbliche». L’episodio è stato
raccontato dal giornalista Marco Travaglio su “L’Espresso” del 30 dicembre
2008. Come sottolinea lo stesso Travaglio, «se le parole hanno un senso, il
premier spiega di avere – non si sa a che titolo – aggiustato una gara
internazionale per far vincere Impregilo sui concorrenti stranieri, invitando
quelli italiani a farsi da parte in cambio di altri appalti (pilotati anche
quelli?)».
Quando alla scadenza del termine, giunsero le offerte delle uniche due cordate
rimaste in gara, certe “anomalie” furono sotto gli occhi di tutti.(16) In meno
di un anno si erano verificati cambiamenti rilevanti nelle composizioni dei
raggruppamenti. Nell’associazione temporanea a guida Impregilo, ad esempio, non
comparivano più la francese Vinci, numero uno mondiale del settore, che aveva
il 20% delle quote al momento della sua costituzione nel giugno 2004, e la
statunitense Parsons, definita dai manager Impregilo come «l’operatore con le
maggiori competenze a livello mondiale nella progettazione e realizzazione di
ponti sospesi». Nella cordata a guida Astaldi spiccava invece la scomparsa di
una delle due società spagnole originarie (Ferrovial Agroman SA era poi
rientrata nell’ATI), della giapponese Nippon Steal Corporation e delle italiane
Pizzarotti e C.C.C. – Consorzio Cooperative Costruzioni. Vere e proprie fughe
provvidenziali, verrebbe da dire, dato che hanno permesso la conclusione della
gara per il Ponte diradando alcuni dei i dubbi di legittimità e regolarità.
Sul comportamento di Vinci, “avvicinata” dai faccendieri internazionali legati
all’organizzazione criminale di Vito Rizzuto, erano piovute dure critiche da
parte dei dirigenti di Astaldi, i quali, in più riprese, avevano rivendicato di
aver sottoscritto un accordo in esclusiva con la società francese proprio in
vista della realizzazione del Ponte. Il forfait di Parsons evitava invece che
la transnazionale finisse nella ragnatela dei conflitti d’interesse che hanno
segnato la stagione delle selezioni dei soggetti chiamati alla realizzazione
del collegamento stabile. La controllata Parsons Transportation Group, a fine
1999, era stata nominata “advisor” dal Ministero dei lavori pubblici per
l’approfondimento degli aspetti tecnici del progetto di massima del Ponte di
Messina. La stessa Parsons Transportation Group ha poi partecipato al bando per
il Project Management Consultant per la vigilanza delle attività di
progettazione ed esecuzione del general contractor del Ponte. Se Parsons
Transportation Group avesse vinto questa gara (cosa poi puntualmente
verificatasi) e la società madre fosse rimasta associata ad Impregilo, la Stretto di Messina si
sarebbe trovata nella spiacevole situazione di affidare i due bandi
multimilionari ad una medesima entità, in cui avrebbero coinciso controllore e
controllato.
Scelta quasi obbligata quella invece di Pizzarotti. Nel 2004, la società di
Parma aveva stipulato con Todini Costruzioni Generali S.p.A. un contratto di
acquisizione del ramo d’azienda comprendente la partecipazione nel Consorzio
CEPAV Due, incaricato della realizzazione della nuova linea ferroviaria
Milano-Verona. Si da il caso che contestualmente Todini Costruzioni aveva
costituito insieme a Rizzani de Eccher e Salini Costruzioni, il Consorzio
Risalto, uno dei soci dell’austriaca Strabag nella fase di pre-qualifica del
Ponte sullo Stretto.
Perlomeno miracolosa l’uscita di scena del Consorzio Cooperative Costruzioni di
Bologna. Originariamente la Lega
delle Cooperative si vedeva rappresentata in entrambe le cordate in gara per i
lavori del Ponte: con la CCC
in ATI con Astaldi e con la CMC
- Cooperatriva Muratori Cementisti di Ravenna in ATI con la “concorrente”
Impregilo. Con l’aggravante che proprio la CMC risultava essere una delle 240 associate, la
più importante, della cooperativa “madre” CCC di Bologna. Ciò avrebbe
comportato la violazione delle normative europee e italiane in materia di
appalti pubblici, le quali escludono espressamente la partecipazione ad una
gara di imprese che «si trovino fra di loro in una delle situazioni di
controllo», ovverossia di società tra esse «collegate o controllate». In
particolare nel Decreto Legislativo del 10 gennaio 2005 n. 9, che integra e
modifica le norme previste dalle leggi per l’istituzione del sistema di
qualificazione dei contraenti generali delle «opere strategiche e di preminente
interesse nazionale» si stabilisce che «non possono concorrere alla medesima
gara imprese collegate ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 93/37/CEE del
Consiglio, del 14 giugno 1993». Lo stesso decreto afferma il «divieto ai
partecipanti di concorrere alla gara in più di un’associazione temporanea o
Consorzio, ovvero di concorrere alla gara anche in forma individuale qualora
abbiano partecipato alla gara medesima in associazione o Consorzio, anche
stabile».
L’ipotesi di violazione di queste norme da parte delle due coop è stato
sollevato, tra gli altri, dalla parlamentare Anna Donati e ripreso dai maggiori
organi di stampa nazionali. Il WWF, in particolare, è ricorso davanti
all’Autorità per i Lavori Pubblici e alla Commissione Europea per chiedere
l’annullamento della gara. (17)
Mentre la Società
Stretto di Messina sceglieva di non intervenire, alla vigilia
dell’apertura delle buste per il general contractor, il Consorzio Cooperative
Costruzioni scompariva provvidenzialmente dalla lista delle società della
cordata Astaldi. Così la coop "madre" lasciava il campo alla coop
"figlia" che si aggiudicava con Impregilo il bando di gara.
Ha vinto Impregilo!
«La gara per il Ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo». Alla vigilia
dell’apertura delle offerte delle due cordate in gara, nel corso di una
telefonata con Paolo Savona (l’allora presidente della società di Sesto San
Giovanni), l’economista Carlo Pelanda si dichiarava sicuro che sarebbe stata
proprio l’associazione d’imprese guidata da Impregilo ad essere prescelta dalla
Stretto di Messina per la costruzione del Ponte. Nel corso della stessa
telefonata Pelanda sosteneva di avere avuto assicurazioni del probabile esito
della gara dal senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, già presidente di
Publitalia ed amministratore delegato di Mediaset.
Sfortunatamente, il colloquio tra Paolo Savona e l’amico Carlo Pelanda è stato
intercettato dagli inquirenti della procura di Monza nell’ambito dell’inchiesta
per falso in bilancio e false comunicazioni sociali nella società di Sesto San
Giovanni. Incuriositi dalla singolare vocazione profetica dell’interlocutore, i
magistrati lombardi interrogarono l’ex presidente d’Impregilo, Paolo Savona,
sul senso di quella telefonata. «Era una legittima previsione», risponderà
Paolo Savona. «Il professor Pelanda mi stava spiegando che noi eravamo
obiettivamente il concorrente più forte». (18)
Carlo Pelanda, editorialista del “Foglio” e del “Giornale” – quotidiani del
gruppo Berlusconi – ricopriva al tempo l’incarico di consulente del ministro
della difesa Antonio Martino, origini messinesi e uomo di vertice di Forza
Italia. Pelanda era pure un intimo amico di Marcello Dell’Utri, al punto di
aver ricoperto l’incarico di presidente dell’associazione “Il Buongoverno”,
fondata proprio dal senatore su cui pesa una condanna in primo grado a 9 anni
di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. (19)
In verità, le premesse per una vittoria d’Impregilo c’erano tutte. Basti
pensare ai conflitti d’interesse che avevano turbato l’intero iter di gara.
Come ad esempio quelli relativi alla composizione della Commissione nominata
dalla Stretto di Messina S.p.A. per valutare le offerte e disporre
l’aggiudicazione della gara. La necessaria “indipendenza” della Commissione fu
messa in dubbio ancora dalla parlamentare Anna Donati, che in un’interrogazione
presentata subito dopo l’ufficializzazione dei vincitori, rilevò come
l’ingegnere danese Niels J. Gimsing, uno dei membri dell’organismo
aggiudicatore, aveva fatto parte (dal 1986 al 1993) della commissione
internazionale di esperti per la valutazione del progetto di massima del Ponte
sullo Stretto; Gimsing aveva inoltre lavorato ininterrottamente dal 1983 al
1998, come consulente per la progettazione di gara e la supervisione lavori per
la costruzione dello Storbelt East Bridge. (20)
Coincidenza vuole che il ponte di Storbelt sia stato progettato dalla società
di consulenza Cowi di Copenaghen a cui il raggruppamento temporaneo d’imprese
guidato da Impregilo aveva affidato “in esclusiva” l’elaborazione progettuale
del Ponte di Messina. Membro del Cowi Group è pure lo studio d’ingegneria
Buckland & Taylor Ltd., con sede a Vancouver, altro progettista del Ponte
sullo Stretto e di tutte le infrastrutture di collegamento similari disseminate
in Canada, paese di Giuseppe Zappia. L’ingegnere Niels Gimsing avrebbe dovuto
astenersi dal partecipare alla Commissione di gara per il general contractor, anche perché l’allora amministratore delegato della società Impregilo,
Alberto Lina, era stato dal 1995 al 1998 presidente di Coinfra, la società
dell'IRI che aveva partecipato come “fornitore” alla realizzazione in Danimarca
dello Storebelt Bridge, insieme a Cowi, collaborando direttamente con il
professionista danese.
L’ingegnere Niels J. Gimsing ha pure ricoperto il ruolo di membro della
Commissione tecnica di aggiudicazione della gara per il ponte Stonecutters,
Hong Kong. Si tratta di una struttura lunga 1.018 metri ed alta 300
che collegherà il porto commerciale di Kwai Chung con il nuovo aeroporto di
Hong Kong. Ebbene, il progetto “Stonecutters” vede pure la firma dello studio
Flint & Neill Partnership (Gran Bretagna) di cui è titolare l’ingegnere Ian
Firth, altro componente della Commissione aggiudicatrice della gara per il general contractor del Ponte sullo Stretto. Firth aveva pure fatto da consulente per la Società Stretto di
Messina per la redazione dei documenti tecnici di gara. Nel progetto di Hong
Kong, il nome dell’ingegnere britannico compare come concept designer accanto a
Cowi Consulting Engineers and Planners AS, controllata dall’omonimo gruppo
danese, e allo studio canadese Buckland & Taylor. Ulteriore consulenza
progettuale per il ponte di Hong Kong è stata pure fornita dalla società
statunitense Maunsell AECOM, il cui project engineer è John Cadei, tra i membri
della commissione nominata per l’aggiudicazione della gara per il Project
Management Consultant del Ponte.
Un consulente autostradale
Altrettanto inopportuna è apparsa la nomina nella Commissione di gara per il general contractor dell’urbanista Francesco Karrer. Il professore Karrer è stato infatti
consulente della Società Italiana per il Traforo del Monte Bianco, gestore
dell’omologo tunnel, in mano per il 51% alla finanziaria della famiglia
Benetton, saldamente presente in Autostrade S.p.A. e nel consorzio
IGLI-Impregilo. Karrer è poi consulente di R.A.V. – Raccordo Autostradale Valle
d’Aosta, realizzatore e gestore del raccordo autostradale fra la città di Aosta
e il traforo del Monte Bianco. Dell’autostrada Aosta-Monte Bianco il professore
di Roma ha pure svolto lo studio di valutazione d’impatto ambientale. Il
pacchetto di maggioranza di R.A.V. è in mano alla stessa Società Italiana per il
Traforo del Monte Bianco della famiglia Benetton, mentre tra gli azionisti di
minoranza compare il costruttore Marcellino Gavio, altro importante azionista
di IGLI-Impregilo e della A.C.I. S.c.p.a. (Argo Costruzioni Infrastrutture Soc.
consortile), in A.T.I. con la società di Sesto San Giovanni per i lavori del
Ponte.
Le consulenze professionali di Francesco Karrer sono inoltre tra le più
richieste dal gioiello di casa Benetton, Autostrade S.p.A., a capo di buona
parte del sistema autostradale italiano. Il professionista è stato incaricato
della costruzione del primo “bilancio ambientale” della società; sempre di
Autostrade S.p.A., Karrer è stato consulente per il riavvio del progetto della
Variante di Valico; “incaricato“ del coordinamento scientifico dello studio
d’impatto ambientale del progetto di riqualificazione dell’Autostrada A14 e
della Tangenziale di Bologna; “responsabile scientifico del S.I.A.” del
progetto di adeguamento dell’Autostrada A1 nei tratti Aglio-Incisa e Firenze
Sud-Incisa Valdarno. L’urbanista è stato anche membro della Commissione della
Regione Veneto per la valutazione della proposta di realizzazione del
cosiddetto “Passante autostradale di Mestre”, i cui lavori sono stati poi
assegnati ad un consorzio guidato dalla solita Impregilo.
Ma nel curriculum vitae del professore Karrer spicca soprattutto la lunga opera
professionale svolta a favore del Ponte: per conto della concessionaria Stretto
di Messina, Karrer ha prestato la sua consulenza per la gestione degli studi
ambientali connessi alla realizzazione dell’opera, mentre su incarico
dell’Istituto Superiore dei Trasporti (ISTRA) ha coordinato lo studio
dell’“opzione zero” (o “senza opera”) nell’ambito del SIA del progetto di
attraversamento stabile. Nel 2002
ha pure ricoperto il ruolo di componente della
commissione per l’aggiudicazione dei servizi relativi allo studio d’impatto
ambientale (gara affidata ad un raggruppamento temporaneo d’imprese in cui
compariva Bonifica S.p.A., società di cui Karrer è stato progettista e consulente).21
Un anno prima l’urbanista aveva pure collaborato allo studio finalizzato a
valutare «gli effetti di valorizzazione e riorganizzazione territoriale a
seguito della realizzazione del Ponte sullo Stretto», commissionato al CERTeT –
Centro di Economia Regionale dei Trasporti e del Turismo dell’Università
Commerciale Luigi Bocconi di Milano. Karrer è stato infine «vincitore, in
associazione con l’Università Bocconi, PriceWaterhouse e Net Engineering, della
gara internazionale indetta dal Ministero dei Lavori Pubblici per l’advisor sul
progetto di attraversamento stabile dello Stretto di Messina (aspetti
ambientali, territoriali-urbanistici, trasportistici e di fattibilità
economica)».
L’Impregilo sul Ponte
Se poi si passa ad alcuni dei professionisti che sono stati membri del
consiglio di amministrazione della Stretto di Messina S.p.A., sembra esserci
più di un feeling con il colosso delle costruzioni di Sesto San Giovanni.
Nell’aprile del 2005, ad esempio, venne nominato quale membro del Cda della
concessionaria del Ponte, il dottor Francesco Paolo Mattioli, ex manager Fiat e
Cogefar-Impresit (oggi Impregilo), consulente della holding di Torino e
responsabile del progetto per le linee ad alta velocità ferroviaria
Firenze-Bologna e Torino-Milano di cui Impregilo ricopre il ruolo di general contractor. Dodici anni prima dell’incarico nella Stretto S.p.A., Francesco Paolo
Mattioli era stato arrestato su ordine della Procura di Torino interessata a
svelare i segreti dei conti esteri della Fiat, dove risultavano parcheggiati 38
miliardi di vecchie lire destinati a tangenti. Nel maggio ‘99 arrivò per
Mattioli la condanna a un mese di reclusione, pena confermata in appello e
infine annullata in Cassazione per «sopravvenuta prescrizione del reato».
Nel consiglio di amministrazione della società concessionaria sedeva al momento
dell’espletamento delle gare il Preside della facoltà di Giurisprudenza
dell’Università "La
Sapienza " di Roma, prof. Carlo Angelici. Angelici era
contestualmente consigliere di Pirelli & C. e di Telecom Italia Mobile
(TIM), società di cui erano (e sono) azionisti i Benetton. Edizioni Holding,
altro gioiello del gruppo di Treviso - attraverso Schemaventotto - controlla la Società per il Traforo del
Monte Bianco, di cui è stato consulente l’ingegnere Karrer e membro del
consiglio d’amministrazione un altro “storico” del Cda della Stretto di
Messina, il direttore generale ANAS Francesco Sabato. Va poi rilevato che
sindaco effettivo di Autostrade-Benetton è la riconfermata sindaco effettivo
della Stretto di Messina, dottoressa Gaetana Celico.
Presenze “pesanti” anche all’interno di Società Italiana per Condotte d’Acqua,
altro partecipante alla cordata general contractor del Ponte. Condotte d’Acqua
è quasi internamente controllata dalla finanziaria Ferfina S.p.A. della
famiglia Bruno. Ebbene, nei consigli d’amministrazione di Ferfina e di Condotte
Immobiliare (la immobiliare di Condotte d'Acqua) compariva nel giugno 2005 il
professore Emmanuele Emanuele, contestualmente membro del Cda della concessionaria
statale per il Ponte.
Dal 2002, presidente della Stretto di Messina S.p.A. è l’on. Giuseppe
Zamberletti, più volte parlamentare Dc e sottosegretario all’interno e agli
esteri ed ex ministro per la protezione civile e dei lavori pubblici. Invidiabile
pure la sua lunga esperienza in materia di grandi infrastrutture: Giuseppe
Zamberletti è stato presidente del Forum europeo delle Grandi Imprese, uno
degli interlocutori privilegiati della Commissione europea, mentre da più di un
ventennio ricopre la massima carica dell’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI),
il “centro-studi” d’imprese di costruzione, concessionarie autostradali, enti
aeroportuali, istituti bancari, per approfondire l’evoluzione del mercato dei
lavori pubblici, monitorare le grandi opere e premere sugli organi
istituzionali per ottenere modifiche e aggiustamenti legislativi in materia di
appalti e concessioni a vantaggio degli investimenti privati. In questa potente
lobby dei signori del cemento, compaiono quasi tutti i concorrenti alle gare
per la realizzazione del Ponte.
Vicepresidente vicario di IGI al tempo delle gare del Ponte, il cavaliere
Franco Nobili, trent’anni a capo della società di costruzione Cogefar del
gruppo Gemina-Fiat (poi entrata a far parte di Impregilo), passato poi nel Cda
della Pizzarotti di Parma, che ha integrato in un primo tempo la cordata
guidata da Astaldi per il general contractor del Ponte. Dal 1989 al 1993
Franco Nobili ha pure ricoperto la carica di presidente dell’IRI, l’istituto -
poi liquidato - a capo dell’industria statale nazionale e di cui è stato
direttore generale e membro del Collegio dei liquidatori l’odierno
amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci.
Tra gli odierni vicepresidenti del consiglio direttivo dell’Istituto Grandi Infrastrutture
ci sono i manager delle società entrate nel business del Ponte: Alberto Rubegni
amministratore delegato d’Impregilo (recentemente condannato a 5 anni di
reclusione nell’ambito del processo TAV Firenze); Pietro Gian Maria Gros,
presidente di Autostrade-Benetton;, Vittorio Morigi, Ad del Consorzio Muratori
Cementisti; Paolo Pizzarotti, a capo dell’omonima azienda di Parma; finanche il
professor Carlo Bucci (in rappresentanza dell’ANAS, azionista di maggioranza
della Stretto di Messina S.p.A.), consigliere d’amministrazione della
concessionaria per il Ponte nel triennio 2005-2007.
Ci sono poi le aziende presenti nel consiglio direttivo dell’Istituto. Anche
qui abbondano le società che hanno concorso su fronti opposti ai differenti
bandi di gara per il Ponte sullo Stretto. Tra esse, ad esempio, Società
Italiana per Condotte d’Acque (nell’ATI general contractor), più SATAP S.p.A..,
società autostradale controllata dalla finanziaria Argos di Marcellino Gavio
(azionista IGLI-Impregilo). All’interno di IGI anche Astaldi, capogruppo
dell’ATI “contrappostasi” a Impregilo, con le associate Grandi Lavori Fincosit
e Vianini Lavori dell’imprenditore-editore Caltagirone.
Uno dei prossimi maggiori impegni della Stretto S.p.A. sarà quello di ritoccare
l’ammontare del contratto sottoscritto da Impregilo & socie; ferro e
acciaio sono cresciuti vertiginosamente nel mercato internazionale, mentre
altre voci di spesa potrebbero essere state sottostimate in fase di
pre-progettazione. Date affinità e cointeressenze, chissà se alla fine, per
comodità, non ci si veda tutti in Piazza Cola di Rienzo 68, sede dell’IGI e dei
signori del Ponte.
Note
(1) Il general contractor o “contraente generale” è
la figura nata con la cosiddetta “Legge obiettivo” (n. 190/2002) che regola
tutte le Grandi Opere strategiche. Questa figura gode della “piena libertà di
organizzazione del processo realizzativo, ivi compresa la facoltà di affidare a
terzi anche la totalità dei lavori stessi”, una libertà, che si traduce anche
nel fatto che “i rapporti del contraente generale sono rapporti di diritto
privato”. Fortemente contestata da ambientalisti ed operatori economici, nel
giugno 2006 il general contractor è stato duramente censurato
dalla Commissione europea che lo ha giudicato «non conforme» al diritto
comunitario in materia di appalti pubblici e «segnatamente alla direttiva
93/37/CEE e alla nuova direttiva 2004/18/CE, della disciplina del sistema di
riqualificazione dei contraenti generali delle opere strategiche e di
preminente interesse nazionale».
(2) Tribunale Penale di Roma, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari
Ufficio 23°, Ordinanza di custodia cautelare in carcere e di arresti
domiciliari nei confronti di Vito Rizzuto + 4, Roma, 22 dicembre 2004.
(3) M. Lillo e A. Nicaso, I grandi affari del Padrino del Ponte, “L’Espresso”,
22 febbraio 2005.
(4) I testi delle intercettazioni telefoniche ed ambientali riportate da qui in
poi tra virgolette sono tratti da: Tribunale Penale di Roma, Ordinanza di
custodia cautelare in carcere e di arresti domiciliari nei confronti di Vito
Rizzuto + 4, cit.
(5) Il bando di gara per la pre-selezione del general contractor sarà pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il successivo 15 aprile 2004. Veniva fissato come termine
per la presentazione delle domande di partecipazione la data del 13 luglio
2004, poi prorogato al 15 settembre.
(6) Secondo quanto raccontato da Giuseppe Zappia ai magistrati romani, il
“principe” sarebbe stato Bin Nawaf Bin Abdulaziz Al Saud, uno dei nipoti di re
Fahd d’Arabia, personaggio legato da antica amicizia a Silvio Berlusconi. Per
gli inquirenti, il “numero uno” sarebbe invece stato il boss mafioso Vito
Rizzuto.
(7) A. Perrongelli, Le mani del clan Rizzuto sul Ponte di Messina, “Corriere
Canadese”, 24 maggio 2005.
(8) Nell’ordinanza non vengono specificati i termini secondo cui i “pentiti”
avrebbero fatto riferimento alla presunta mafiosità della società, né tantomeno
risultano indagini relative a possibili collusioni con la criminalità
organizzata.
(9) Tribunale Penale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare in carcere e di
arresti domiciliari nei confronti di Vito Rizzuto + 4, cit., p.4.
(10) Argofin è una società finanziaria controllata dal costruttore Marcellino
Gavio, che opera principalmente nel settore della gestione di reti autostradali
e delle costruzioni. Ad Argofin risale il controllo di due delle maggiori
imprese di costruzioni italiane, Itinera e Grassetto.
(11) Techint è la holding della famiglia italo-argentina dei Rocca e controlla
le società siderurgiche dello storico gruppo Dalmine e importanti acciaierie in
America latina, Stati Uniti, Tailandia, Giappone e Cina. Sirti S.p.A. è il
gruppo leader in Italia nel settore dell’impiantistica e telefonia fissa e
cellulare, attivo anche nel settore dell’Alta velocità ferroviaria e dei
sistemi militari avanzati (impianti di telecomunicazione e radio, ecc.).
(12) Efibanca è la merchant bank di BPI - Banca Popolare Italiana (ex Banca di
Lodi), al centro delle cronache finanziarie (e giudiziarie) per l’assalto alla
Banca Antonveneta.
(13) Nei mesi successivi alla presentazione dell’offerta per la gare del Ponte,
Impregilo è stata oggetto di ulteriori scambi azionari. Nell’autunno 2005, è
stato il colosso statunitense Hbk Investments ad entrare nel capitale della
società con una quota del 2,29%. La
Consob ha poi rilevato la scalata da parte della Banca
Popolare di Milano, che ha prima portato la sua partecipazione nella società al
4,72%, per poi scendere nel marzo 2006 al di sotto del 2%. Nel febbraio 2006 ha invece fatto ingresso
il gruppo finanziario italo-britannico Theorema Asset Management, rilevando il
2,13% del pacchetto azionario. Gli analisti finanziari hanno pure indicato un
controllo su Impregilo da parte di uno dei maggiori gruppi finanziari
internazionali, Morgan Stanley, che sarebbe giunto a controllare nel settembre
2005 l’8% del capitale azionario della società (5,25% in mano a Morgan Stanley
International e 2,87% a Morgan Stanley & Co.). Un’acquisizione tutt’altro
che limpida e lineare: chiamata in causa dal quotidiano Il Giornale di Milano
in due articoli del 19 e 20 ottobre 2005 (Stanley Morgan veniva accusato di
fare da «scudo a un possibile cavaliere mascherato»), il gruppo rispondeva con
un ambiguo comunicato in cui dichiarava che «nessuna società del gruppo
deteneva posizioni in Impregilo per le quali fosse necessario effettuare le
comunicazioni previste dalla normativa di riferimento. La partecipazione
complessivamente calcolata era infatti composta da posizioni detenute per conto
di terzi a vario titolo, per le quali non esiste da parte di Morgan Stanley
nessun obbligo di comunicazione».
(14) ”Astaldi: unificare le cordate”, Gazzetta del Sud, 20 aprile 2005.
(15) P. Brutti, Montalbano, Interrogazione parlamentare ai Ministri delle
Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Economia e delle Finanze, Legislatura 14º
- Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 791 del 03/05/2005.
(16) A conclusione della gara furono presentate le offerte dell’A.T.I. con
capogruppo Astaldi S.p.A. e i mandanti Ferrovial Agroman SA, Maire Engineering
S.p.A., Ghella S.p.A., Vianini Lavori S.p.A., Grandi Lavori Fincosit S.p.A.;; e
dell’A.T.I. formata dalla mandataria Impregilo S.p.A. e dai mandanti Sacyr SA,
Società Italiana per Condotte D’Acqua S.p.A., Cooperativa Muratori Cementisti-C.M.C.
di Ravenna, Ishikawajima-Harima Heavy Industries CO Ltd., A.C.I. S.c.p.a. (Argo
Costruzioni Infrastrutture Soc. consortile per azioni)-Consorzio stabile.
(17) WWF Italia, Richiesta di annullamento della fase di prequalifica e
conseguente sospensione delle procedure di valutazione delle offerte per la
scelta del General Contractor del Ponte sullo Stretto
per violazione dell’art. 3 della Direttiva 93/37/CEE, Roma, 28 giugno 2005.
(18) L. Fazzo, F. Sansa, «Il Ponte? Lo vince Impregilo», parola di Marcello
Dell’Utri, “La Repubblica ”,
3 novembre 2005.
(19) Già consigliere di Francesco Cossiga nel settennato alla Presidenza della
Repubblica, il 28 gennaio 1996 Carlo Pelanda ha partecipato assieme a Marcello
Dell’Utri ad una conferenza dell’associazione “Il Buongoverno” a Mondello
(Palermo). De “Il Buongoverno” è pure socio l’ex ministro Antonio Martino.
(20) “Il Sole 24 ore”, 11 giugno 2005.
(21) In particolare il professore Francesco Karrer ha curato per conto
dell’A.T.I. Bonifica-Roksoil-Hydrodata il progetto di variante della strada per
Gressoney (sul fiume Lys), in Valle d’Aosta. Rocksoil è la società di
ingegneria dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi.
Articolo
pubblicato in MicroMega il 24 marzo 2009, http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-signori-del-ponte/
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