Quelle amnesie su Mafia e nuovo Palagiustizia di Messina
Una querelle sgradevolmente violenta e per certi versi sterile
quella scoppiata in questi giorni a Messina sull’area da destinare ad ospitare
il nuovo Palazzo di giustizia. Da una parte il sindaco Cateno De Luca che
rispolvera l’idea di localizzare l’opera nell’abortito parcheggio comunale di
via La Farina e si erge a paladino della battaglia contro “lobby e certi poteri
forti”; dall’altra la vecchia amministrazione guidata da Renato Accorinti
(portavoce l’ex assessore all’Urbanistica Sergio De Cola) che difende a spada
tratta il protocollo d’intesa sottoscritto con il Governo nel 2017 per
insediare il nuovo Palagiustizia presso
l’ospedale militare di Viale Europa, unica ipotesi credibile e
sostenibile partorita negli ultimi 25 anni dopo le mobilitazioni popolari che
impedirono la distruzione dello storico complesso scolastico
“Cannizzaro-Galatti” per far posto a un brutto palazzaccio bis collegato con un
ponte al “vecchio” Tribunale di Messina. Comune denominatore tra i due
litiganti però lo stato di totale amnesia sugli interessi criminali e mafiosi
che qualche anno fa si sarebbero aggregati e sviluppati per perorare la
realizzazione del progetto del nuovo Palazzo di giustizia proprio in via La
Farina.
Di quanto sopra ne ha parlato nel corso di alcune recenti
udienze processali il costruttore Biagio Grasso, neocollaboratore di giustizia
e personaggio chiave della nota inchiesta antimafia “Beta” sugli interessi
economici e finanziari, legali e illegali, del clan peloritano dei Romeo,
parenti stretti e soci della più nota “famiglia” dei Santapaola-Ercolano da
Catania. “Io avevo un ruolo importante a tutti gli effetti ancor di più con i
clan Romeo e Santapaola, dovuto all’amicizia e al rapporto strettissimo di
investimenti che abbiamo fatto con Enzo Romeo”, ha dichiarato Biagio Grasso nel
corso dell’udienza “Beta” del 30 novembre 2018. “Lui mi ha messo in contatto con personaggi di
calibro appunto come Vincenzo Ercolano, persona che comunque non incontrava nessuno
se non era assolutamente garantita da uno di sangue e di famiglia. Personaggi
come Roberto Vacante che è entrato in merito a tutta una serie di rapporti che
si dovevano creare con aziende del catanese per lavori importanti che c’erano,
come Tecnis, in Piemonte e altre attività che si dovevano sviluppare sul
territorio messinese e quindi la costruzione dei parcheggi e la proposta per
fare il Palazzo di giustizia a Messina in alcune aree vicino al La Farina…”.
Ancora più dettagliata l’esposizione del collaboratore nel
corso dell’udienza dell’8 gennaio scorso, ancora una volta al processo “Beta”. “Nelle
more mettiamo a conoscenza l’ingegnere Raffaele Cucinotta del Comune di Messina
di altri progetti importanti che volevamo portare avanti in città, tra cui l’acquisizione
del terreno che c’è di fronte a Sanfilippo in Via La Farina perché si pensava
insieme all’architetto La Spina di fare un progetto che potesse prevedere dei
parcheggi e una proposta per il Palazzo di giustizia”, ha spiegato Grasso. “Vincenzo Romeo
attraverso un suo familiare di Acireale ha messo a disposizione un terreno che
si trova in Via Salandra, dietro i depositi di Messinambiente, nell’ex fabbrica
del ghiaccio, dove Cucinotta ma anche l’architetto La Spina che in quel momento
collaborava con noi stavano studiando un progetto per fare il trasferimento
della cubatura addirittura presso l’area in Via La Farina dove pensavamo di
fare la proposta per la costruzione del Palazzo di giustizia”.
Grasso ha ricostruito quanto
accaduto nella primavera-estate 2014, quando per conto del gruppo criminale dei
Romeo avrebbe avviato una trattativa pro-Palagiustizia con il noto imprenditore
etneo Concetto Bosco, contitolare della grande società di costruzione Tecnis e
con l’architetto messinese Pasquale La Spina, già progettista di complessi
residenziali, centri commerciali, porti e porticcioli, ecc.. “Faccio un altro
esempio: noi abbiamo fatto un incontro a Catania con Bosco dove gli abbiamo
proposto di entrare in società attraverso l’architetto La Spina per
l’operazione del Palazzo di giustizia e di un parcheggio multipiano sempre in
quell’area vicino Via La Farina, garantendogli che al Comune di Messina avevamo
noi la chiave per non darci nessun tipo di problema”, ha spiegato Biagio
Grasso. “E questa chiave consisteva principalmente nel dirigente
dell’Urbanistica che è quello che alla fine in questa tipologia di programmi
costruttivi ha un peso di incipit fondamentale”.
Per i disattenti amministratori
comunali, vecchi e odierni, va segnalato che l’interesse di Grasso e dei Romeo
per il nuovo Palazzo di giustizia era già stato analizzato e stigmatizzato
dagli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ordinanza di
custodia cautelare “Beta” emessa nell’estate di due anni e mezzo fa nei
confronti dei presunti affiliati al gruppo criminale e dei professionisti
fiancheggiatori. “Il 25 giugno 2014, il
costruttore Grasso si rendeva disponibile ad accompagnare il La Spina in visita
a Catania alla sede della società di costruzioni Tecnis Spa del gruppo Costanzo-Bosco,
successivamente sottoposta a procedimento di sequestro dei beni e del capitale
azionario perché sospettata di essere stata oggetto d’infiltrazione da parte
del clan Santapaola”, riportano i giudici. Il giorno successivo Biagio Grasso
s’incontrava con Vincenzo Romeo presso l’ufficio di Viale Boccetta e riferiva a
quest’ultimo in tono adirato che il motivo del viaggio a Catania insieme al La
Spina, indicato nell’occasione col nome soprannome di Boccone, era da ricondurre all’interesse dello stesso architetto di
far entrare la Tecnis in “un’altra speculazione edilizia che anche gli indagati
stavano cercando di realizzare”, afferente alla realizzazione di un centro commerciale in Via La Farina. “Vi
era la sensazione da parte degli interlocutori, quindi, che lo stesso soggetto
stesse cercando di estrometterli e di approfittare del loro rapporto
privilegiato con il Comune di Messina anche in ragione della riferita
attenzione degli organi inquirenti nei loro confronti”, scrive la Procura.
“Arrivo là ieri, mi sono permesso di portare il mio amico - racconta Grasso a
Romeo - che era quello che doveva portare la cubatura, cioè io parlo con
l’Assessore per fare l’accordo con noi … giusto che ci dice presenta la pratica
perché mi dice, mi piace il progetto e sto pezzo di fango già aveva fatto tutta
l’operazione di nuovo… Bosco si è messo a disposizione (…) gli ho detto guardi
che il rapporto con l’Amministrazione è nostro perché con questa cosa ci
lavoriamo sei mesi poi la cubatura si è deciso di non portarla più là perché si
è trovata un’altra soluzione…”. Questi inquietanti passaggi dell’Ordinanza
“Beta” erano stati riportati integralmente in
un lungo articolo pubblicato su Stampalibera.it
il 14 luglio 2017.
Che Grasso & soci “occulti”
manifestassero un particolare interesse per la trasformazione urbana di una
parte di via La Farina, lo ha rilevato agli inquirenti lo stesso ex assessore
Sergio De Cola. “Non conosco Biagio Grasso;
ricordo di aver incontrato una persona nel periodo in cui ero assessore con
delega al risanamento che si accompagnava a Raffaele Cucinotta, in occasione
della pubblicazione di un bando per l’acquisto alloggi da destinare ad edilizia
sociale”, ha verbalizzato De Cola in
qualità di persona informata sui fatti il 28 maggio 2018. “Ricordo che forse
incontrai nuovamente questo soggetto, sempre per il tramite di Raffaele
Cucinotta, poiché era interessato a presentare una proposta di finanza di
progetto del parcheggio di via La Farina”.
Oggi
tutti a scambiarsi accuse e insulti ma mai nessuno a ricordare che l’ultima
“invenzione” per la localizzazione di un’opera che si attende da quasi quattro
decadi, oltre che urbanisticamente ed economicamente insostenibile forse
potrebbe essere anche pericolosamente criminogena.
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