Il Patto di Sperlinga. La militarizzazione del cuore della Sicilia

 


Non le bastava il MUOS di Niscemi e l’hub di morte di Sigonella. La Sicilia superarmata, piattaforma di morte nel Mediterraneo, vuole contendere alla sorella Sardegna il primato relativo alle aree di territorio sottratte alle popolazioni per essere convertite in poligoni sperimentali delle nuove strategie e tecnologie di guerra globale. Il ministero della Difesa è più determinato che mai: vuole subito migliaia di ettari di boschi, pascoli e coltivazioni per realizzare nell’isola di Trinacria un hub logistico per le esercitazioni a fuoco e a lunga gittata di cannoni, obici, blindati e carri armati.

L’8 maggio 2023 nella piccola cittadina di Sperlinga, provincia di Enna, tre sindaci e il Comando dell’Esercito hanno avuto l’ardire di sottoscrivere un Accordo di collaborazione per realizzare un megapoligono di tiro con annessi depositi munizioni e mezzi da guerra, caserme e alloggi per i militari della superficie complessiva di 3.371 ettari. Le firme del dissennato patto di Sperlinga sono quelle del generale Maurizio Angelo Scardino, comandante delle forze di terra in Sicilia e dei sindaci dei tre comuni su cui si vorrebbe insediare il nuovo tempio dedicato al dio Ares, Giuseppe Ferrarello (Gangi), Luigi Bonelli (Nicosia) e Giuseppe Cuccì (Sperlinga).

“Lo Stato Maggiore dell’Esercito ha manifestato l’esigenza di costituire un hub nei territori evidenziati per lo svolgimento di attività logistiche ed esercitazioni tattiche militari”, si legge nella premessa all’Accordo. “L’Esercito ha l’esigenza di individuare nuove aree addestrative, rispetto a quelle già esistenti ed operative, per lo stoccaggio dei propri automezzi (veicoli tattici leggeri, medi e pesanti) e lo svolgimento di esercitazioni in bianco ed a fuoco, che consentano un opportuno ed efficace sviluppo delle attività relative all’approntamento ed al mantenimento dell’efficienza operativa delle unità”.

“La presenza di militari nell’area, oltre a garantire un miglioramento delle condizioni economiche, a favore dei Comuni interessati, assicurerà un maggior controllo del territorio, incrementando la sicurezza e la salvaguardia sia degli utenti che lo popolano sia dell’ambiente e della fauna esistente, per la prevenzione di incendi, abbandono di rifiuti tossici e qualsiasi altra attività che ponga in pericolo l’ambiente e la popolazione”, aggiunge ancora l’incredibile patto Comuni-Difesa. “I sindaci hanno manifestato l’impellente esigenza di contare sulla costante presenza di truppe in addestramento, al fine di migliorare le condizioni economico-finanziarie dei territori amministrati e garantire una maggiore presenza dello Stato nei suddetti territori; per questo si impegnano a rendere disponibili, con la formula più vantaggiosa ad entrambi le parti, gli immobili e le porzioni di territorio individuate, offrendo massima collaborazione alla Forza Armata ed intercedendo, laddove necessario, con la popolazione residente, le aziende e i privati proprietari per agevolare e rendere possibili le attività logistiche e addestrative”.

Dalle mappe allegate al memorandum il megapoligono sembra avere la forma di un trapezio scaleno di circa 33,7 Km2 di superficie con il perimetro che sfiora i tre centri urbani: la distanza da Sperlinga è di un solo chilometro, non più di quattro quella da Gangi e Nicosia. Le aree delimitate sono due: c’è quella contraddistinta dal numero 2, la più estesa, che l’Esercito vorrebbe adibire alle esercitazioni a fuoco nonostante al suo interno siano oggi ospitati numerosi casolari e masserie, alcuni di rilevante pregio storico-architettonico. All’interno dell’Area 2 è stato tracciato con il colore rosso un maxi-rettangolo: è dove ricadrebbero i colpi di obici e cannoni ma la sua base confina con un parco eolico di recente realizzazione. L’Area 1 è destinata ad ospitare gli alloggi dei militari (presumibilmente un centinaio quelli stanziali e fino a 800 quelli che si alterneranno per i war games), i depositi di armi e munizioni e i ricoveri di carri armati, blindati e mezzi di trasporto bellico. Queste infrastrutture dovrebbero sorgere tutte all’interno di un’area di 112.000 mq in contrada Calamaio destinata a “centro artigianale” e di proprietà in parte del Comune di Sperliga e per il resto di privati.

Insostenibilità ambientale

L’amministrazione dell’ennese potrebbe cedere ai militari pure l’ex Palazzo comunale e l’ex Centro diurno che ospita oggi alcune classi del secondo circolo didattico di Nicosia (complessivamente gli immobili ricoprono una superficie di 6.500 mq). La realizzazione dell’area artigianale a Sperlinga (mai entrata in funzione), con relativi parcheggi, strade, linee elettriche e reti idriche e fognarie, è stata finanziata dalla Regione Siciliana con 3 milioni e 800 mila euro, mentre il Comune le ha destinato 200.000 euro, cioè quasi 300 euro per ogni suo abitante. A ciò si aggiunge la spesa di 280.000 euro - ancora con fondi della Regione - per l’impianto fotovoltaico da 70 Kw completato nel settembre 2018 per alimentare il complesso artigianale.

Una buona porzione dell’Area 1 incide inoltre all’interno della Zona Speciale di Conservazione (ZSC) del Bosco di Sperlinga, Alto Salso, sito protetto per la sua rilevanza ambientale e paesaggistica con delibera del 21 dicembre 2015 del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Classificato con il codice ITA060009, il Bosco di Sperlinga ha un’estensione di 1.781 ettari su una dorsale incastonata tra i monti Erei a sud, le Madonie ad ovest e i Nebrodi a nord-est. “Il sito è di grande interesse geobotanico, è solcato dalla rete fluviale del’alto corso del fiume Salso e ricade nei territori di Gangi, Sperlinga e Nicosia”, riporta il Formulario Natura 2000 del ministero dell’Ambiente. “Entro il perimetro si mescolano a mosaico coltivi e ambienti boschivi naturali e la maggior parte della vegetazione si addensa in querceti caducifogli afferenti alla classe Quercetea ilicis, addossati alla parte sommitale. Le quercete appaiono molto evolute e ovunque provviste di strato arbustivo ricco di specie caratteristiche, quali Lonicera etrusca, Prunus spinosa, Crataegus monogyna, Rosa canina, Pyrus pyrainus. Sono presenti inoltre pinete autoctone a Pinus pinea, molto rare in Sicilia”.

Relativamente allo strato erbaceo, viene ritenuta di “grande interesse” la presenza di Polypodium interjectum, generalmente assente dal resto della Sicilia. “Valorizza il sito anche la presenza di ruscelli sufficientemente ricchi di acque anche durante la stagione secca”, aggiunge il Formulario Natura 2000. “Ciò determina un mosaico ambientale ben integrato che consente al sito di ospitare una fauna vertebrata ed invertebrata relativamente ricca ed articolata. Di particolare rilevanza è la presenza del Lanario (falco biarmicus) e di alcune specie endemiche siciliane”.

Legambiente Sicilia ricorda che nell’area boschiva è stata scoperta recentemente una specie nuova di coleottero stafilinide, il Tychus hennensis (Sabella). “Va poi rilevato l’enorme interesse storico e archeologico dei complessi rupestri del Castello di Sperlinga (complesso architettonico scavato in parte nella roccia presumibilmente già in periodo anteriore alla colonizzazione greca dell’Isola e in parte edificato sulla stessa roccia dai Normanni nel 1080 circa, nda), del Balzo di Rocca Corta, di Balzo della Rossa e di Perciata”, aggiunge Legambiente pur lamentando come il Bosco di Sperlinga sia costantemente minacciato dal pascolo abusivo e dagli incendi. “Contemporaneamente la parte di territorio interessata dal corso del fiume Salso e dalla gola rocciosa nel quale lo stesso scorre a sud ovest di Nicosia, è minacciata anche dai rilasci di inquinanti tra i quali quello recentemente avvenuto per la costruzione di un metanodotto”, stigmatizza l’associazione ambientalista L’istituzione di una riserva naturale orientata così come richiesto dagli ambientalisti (ma fortemente osteggiata dalle associazioni venatorie) proteggerebbe e valorizzerebbe un territorio dalle straordinarie potenzialità turistiche eco-sostenibili e che vede invece i suoi amministratori genuflettersi di fronte ai signori della guerra. Un progetto, quello dell’hub-poligono che non potrà che accelerare il processo di spopolamento ed emigrazione forzata dei tre comuni dell’entroterra siciliano: nel 2021 Sperlinga poteva contare su appena 678 residenti (erano 3.359 alla vigilia della Prima guerra mondiale), Gangi su 6.183 (oltre 15.700 un secolo fa), Nicosia su 12.731 (20.000 nel 1931).

La popolazione non ha ceduto alle miracolanti promesse di sviluppo socio-economico e protezione ambientale sbandierate dagli amministratori locali e dai vertici dell’esercito e ha respinto fermamente l’ignobile piano militare. “L’accordo è stato sottoscritto senza che i cittadini ne fossero minimamente avvertiti e senza nemmeno chiedere se fossero d’accordo con una decisione che sconvolgerà per anni e forse per sempre le loro vite”, ha denunciato Stefano Vespo, insegnante e copromotore del Comitato Identità e Sviluppo. Il Movimento per la difesa dei territori di Nicosia ha rilevato l’assoluta insostenibilità ambientale del progetto militare. “I poligoni di tiro possono generare un elevato livello di rumore, a causa degli spari delle armi da fuoco, nei periodi di esercitazione previsti, rendendo ad esempio impossibili pascolo e allevamento fino ad alcuni chilometri di distanza”, ha stigmatizzato il presidente Fabio Bruno. “Dalle nostre ricerche risulta che, senza condizioni atmosferiche perturbatrici, a 1.500 metri di distanza gli spari di un semplice fucile da caccia hanno una intensità di circa 60 decibel (dB) (come il rumore di una strada trafficata) e a 4 Km di circa 50 dB, e ovviamente spari di mitra, cannoni e mortai, e scoppi di granate e altri esplosivi, generano un rumore di gran lunga superiore; questi ultimi ad 1 km di distanza (ovvero a Sperlinga), in condizioni ideali, possono produrre un rumore che varia da circa 130 a 160 decibel”.

“Anche se i poligoni militari sono progettati con misure di sicurezza adeguate, esiste sempre il rischio di incidenti imprevisti o errori umani”, ha aggiunto il Movimento per la difesa dei territori. “Questi incidenti potenzialmente potrebbero comportare pericoli per le persone che vivono nelle vicinanze. Inoltre l’uso di munizioni e armi da fuoco può comportare un inquinamento ambientale, in particolare per quanto riguarda i residui di piombo e altri metalli che possono infiltrarsi nel terreno, nelle acque sotterranee o essere trasportati da vento e pioggia, inquinare i fiumi (in questo caso il Salso), causando problemi ambientali e per la salute delle persone e degli animali (…) La vicinanza a un poligono di tiro militare può inoltre influire negativamente sul valore delle proprietà immobiliari e le strutture ricettive nella zona circostante”.

A Nicosia, Gangi e Sperlinga sono state avviate petizioni on line e porta a porta con migliaia di sottoscrittori, pubblicati appelli e pesanti censure anti-sindaci sui social, convocati incontri pubblici e consigli comunali aperti agli interventi dei cittadini e delle associazioni, organizzate trasmissioni informative da radio, emittenti tv locali. ecc.. Documenti e diffide sono stati diffusi da consiglieri comunali di maggioranza e opposizione, forze politiche e sociali, i NoMUOS, Legambiente, Arci Sicilia, Antudo e finanche dal Consiglio Pastorale della diocesi di Nicosia.

No! Senza se e senza ma – dicono i cittadini

L’unanime opposizione al poligono di morte ha convinto i sindaci a un repentino passo indietro: uno dopo l’altro hanno revocato la firma al Patto di Sperlinga. Una scelta obbligata anche perché sulla legittimità dell’atto sono in tanti ad aver rilevato dubbi e perplessità di ordine giuridico e amministrativo. “La competenza per l’adozione dell’Accordo non spettava alla Giunta bensì al Consiglio Comunale, che invece non è stato coinvolto”, ha lamentato Piergiacomo La Via, sindaco di Nicosia negli anni Novanta con il Pds. “Nel caso di Nicosia l’accordo apparirebbe viziato perché in contrasto con lo Statuto del Comune. L’istituzione di una zona che prevede esercitazioni tattiche militari in bianco ed a fuoco è incompatibile con i principi fondamentali previsti dall’art.2 della promozione dell’agricoltura, dell’agriturismo, del turismo rurale e del turismo eco-compatibile, nonché della salvaguardia dell’ambiente da attuare anche con la riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico”. Per rimarcare con forza il rifiuto di ogni folle programma di riconversione a fini bellici, è stato avviato in consiglio comunale l’iter di modifica dello Statuto per formalizzare l’espresso divieto di militarizzazione del territorio di Nicosia.

Il Patto di Sperlinga ha palesemente violato le normative per l’individuazione delle aree da sottoporre a esercitazioni militari. Dal 24 dicembre 1976 è in vigore la legge n. 898 che regolamenta le servitù militari e le norme sono state integrate all’interno del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 relativo al nuovo Codice dell’ordinamento militare. Nello specifico, all’art. 322 del decreto si legge che “in ciascuna regione è costituito un Comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l’esame, anche con proposte alternative della regione e dell’autorità militare, dei problemi connessi all’armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della regione e delle aree sub regionali e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni”. Era eventualmente compito del Comitato misto paritetico della Regione siciliana quello di individuare eventualmente un’area dove insediare un nuovo poligono militare e non certo di sindaci e generali.

Pericolo scampato per le popolazioni di Gangi, Spelinga e Nicosia? A crederlo sono in pochi e per questo le iniziative di mobilitazione non si sono fermate dopo la revoca dell’accordo da parte delle amministrazioni comunali. Per chi di anni ne ha tanti e soprattutto non ha perso la memoria è sempre più evidente che l’hub logistico-addestrativo per le forze terrestri italiane e Nato ha le sembianze del progetto che più di quarant’anni fa il ministero della Difesa aveva previsto in un’immensa aerea a cavallo di tre province (Messina, Palermo ed Enna), ma che fu fermamente respinto da una straordinaria mobilitazione di cittadini, allevatori, coltivatori e amministratori locali e regionali.

Nel novembre del 1979 il Comitato per le servitù militari in Sicilia espresse parere favorevole alla realizzazione sui Nebrodi di un poligono di tiro di oltre 23.000 ettari. Nel settembre del 1982 iniziarono le operazioni planimetriche conoscitive da parte del Genio militare su alcuni immobili ricadenti nei comuni di Mistretta, Gangi, Geraci Siculo e Nicosia; subito dopo si passò alla “consistenza” dei territori a Castel di Lucio, Capizzi e Caronia.

Un dissennato progetto già bocciato nel 1987

La convinta opposizione popolare costrinse le forze armate a fare un primo passo indietro: il 4 gennaio 1983 l’allora responsabile dell’Esercito in Sicilia, il generale Gualtiero Stefanoni, annunciò il “ridimensionamento del poligono di addestramento per reparti di artiglieria” a circa 17.000 ettari. Nel novembre del 1984, l’on. Vittorio Olcese, al tempo sottosegretario alla Difesa, dichiarò che “l’estensione del poligono sarà di 13.717 ettari di cui solo 525 verranno utilizzati per la zona di arrivo dei colpi”. Un anno più tardi il Comandante della Regione Militare, generale Biagio Cacciola, presentò alla Regione Siciliana un nuovo progetto che prevedeva l’esproprio di 450 ettari di territorio in gran parte ricadente nel comune di Mistretta, per installarvi le infrastrutture fisse del poligono e una caserma capace di “ospitare stabilmente 100 militari a cui si aggiungerebbero periodicamente 250-300 uomini per le esercitazioni”, e di “altri 12.000 ettari da utilizzare in maniera saltuaria per il periodo di esercitazione, dai 120 ai 200 giorni l’anno per non più di 5 ore al giorno”.

Il dissennato progetto di militarizzazione del patrimonio boschivo dei Nebrodi fu sonoramente bocciato nel febbraio del 1987 dalla Commissione Difesa del Senato con un ordine del giorno che asseriva “l’assoluta incompatibilità del poligono con i programmi di sviluppo socio-economico della zona, previsti dagli Enti locali, nonché dalla CEE”. Da allora però sono stati diversi i tentativi del Comando dell’Esercito di riportare in vita il piano di conversione dei territori del cuore dell’Isola in un’imponente location per i giochi di guerra.

“Un’altra aerea dove potrebbe essere ottenuto un grande spazio addestrativo, una specie di National Training Center (NTC) di Fort Irwin, è quella siciliana di del bacino minerario, sito nella parte occidentale della provincia di Caltanissetta”, scriveva nel 1999 il capitano Alfonso de Salvo in un articolo su Le Servitù militari. Disinformazioni ed Equivoci pubblicato sul Rassegna dell’Esercito, bimestrale della forza terrestre. “Si tratta di un territorio esposto ad un’imminente emergenza ecologica, causata dall’insipienza dei curatori fallimentari della società che gestiva le miniere centrate su Bosco S. Cataldo (…) Creare in questo comprensorio un’area addestrativa, oltre a ribadire il controllo del territorio da parte dello Stato, potrebbe permettere il monitoraggio ed il controllo preventivo dell’imminente emergenza naturale. Dal punto di vista militare, ciò potrebbe compensare la distruzione del poligono sui Monti Nebrodi. Per fortuna l’area intorno a S. Cataldo-Bosco (che peraltro è già sotto il controllo della Regione Sicilia, e quindi dello Stato) è, sì amplia, ma brulla e potenzialmente pericolosa”.

Ventiquattro anni dopo arriva il famigerato Patto di Sperlinga per l’hub a sud di Madonie e Nebrodi. L’Esercito non demorde: dopo il mezzo tradimento dei sindaci di Gangi, Nicosia e Sperlinga sarebbero stati avviati “contatti” con gli amministratori di Alimena e Villarosa, il primo un comune dell’area metropolitana di Palermo di 1.760 abitanti tra il fiume Salso e l’affluente Imera, il secondo un centro agricolo della provincia di Enna di 4.400 abitanti noto per la frazione di Villapriolo, “paese museo” delle storiche civiltà contadine e minerarie di una Sicilia che per secoli ha fatto da ponte di pace e scambio socio-culturale tra i popoli del Mediterraneo.

 

Articolo pubblicato in Le Siciliane – Casablanca, n. 78, maggio-giugno 2023.

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