La farsa ambientale di Accorinti, de Cola & C.
“A valle della via Don Blasco
è prevista la vera rivoluzione dell’affaccio a
mare, attraverso la pianificazione del Piau Porti&Stazioni. Di recente l’amministrazione Accorinti ha
presentato l’ultima versione del Piau, che include due ipotesi: una col
porticciolo turistico, l’altra senza. Un porticciolo che appare molto ambizioso, perché di fatto scavato nell’attuale
zona demaniale. E poi strutture ricettive, alberghiere di lusso, un’area
destinata al tempo libero, serale e giornaliero, con stabilimenti balneari e
concessioni di breve durata, tra i 5 e i 10 anni. Insomma, quello che la
Accorinti e soci non vogliono nella Falce, porticciolo e alberghi, lo prevedono
nel Piau, qualche chilometro più a sud, a Maregrosso. Insieme ad aree a verde,
piazze, passeggiate pedonali, poli commerciali, ristoranti, lidi e spiagge attrezzate”.
Ancora una volta è dalla Gazzetta del Sud del gruppo
imprenditoriale-finanziario Bonino-Pulejo (articolo pubblicato nell’edizione
del 5 febbraio 2016) che i messinesi devono apprendere la visione urbanistica strategica
della Messina del XXI secolo (quella reale, non certo quella veicolata dai patetici
proclami “ambientalisti” del sindaco Renato Accorinti). Un’orgia del cemento e
del cattivo gusto a beneficio dei soliti gruppi di speculatori e affaristi
peloritani e non, riedizione aggiornata e “politicamente corretta” (il
neoliberismo ha appreso perfettamente i linguaggi verdi e modernisti) dei progetti
della borghesia mafiosa che per decenni ha tentato di spolpare cantieri, porti
e stazioni per riconvertirli in megatorri, residence e infrastrutture alberghiere,
palacongressi e parchi commerciali. Unica novità, il farli un po’ più in là, dalla zona falcata a Maregrosso,
utilizzando come testa d’ariete una nuova arteria stradale di “risanamento” (così
come fu la strada panoramica per la cementificazione selvaggia delle colline
della zona nord sino a Capo Peloro e Mortelle).
Senza attendere il mercoledì
delle ceneri, in pieno carnevale, l’amministrazione Accorinti si è tolta definitivamente
la maschera. Tra qualche mese, quando i consiglieri comunali che hanno votato
tutto quanto è stato proposto-imposto loro dalla Giunta decideranno di togliere
la spina alla rivoluzionaria esperienza dal
basso a cui in tanti abbiamo lavorato e creduto, quello che resterà di
questa infausta esperienza in termini urbanistico-territoriali sarà il Piau di
Maregrosso, l’abdicazione sulla Zona Falcata ai furbastri vecchi e nuovi dell’imprenditoria
e della politica locale, il disastro ambientale e finanziario del porto di Tremestieri,
la (ex) fiera regalata ai manager delle crociere e del turismo mordi, distruggi
e fuggi con tanto di (presunto) progetto di ingegneri israeliani e misteriosi
finanzieri arabi, la riesumazione della devastante Disneyland di Capo Peloro a
firma dello studio dell’ingegnere-assessore Sergio De Cola, esempio in salsa
messinese di dottor Jekill e mister Hyde, dal conflitto d’interessi così palese
da far arrossire per l’imbarazzo anche qualche suo collega d’amministrazione.
Per chissà quale cattivo
scherzo del destino, la farsa “ambientalista” di Accorinti, de Cola & C. è
stata (rap)presentata sul quotidiano peloritano, lo stesso giorno in cui le
autorità a presidio dell’ordine pubblico e sociale hanno notificato il decreto
di sgombero agli occupanti dell’ex scuola “Foscolo” (di proprietà dell’amministrazione
comunale) e dell’ex caserma dei CC di San Leone (di proprietà di una delle
famiglie più potenti della borghesia locale, dalle altolocate origini ispaniche
e dalle più recenti simpatie franchiste). Due esperienze coraggiose di riaffermazione
dal basso del diritto alla casa e all’abitazione dignitosa per tutti, diritto negato
ai più nella città post-terremoto dal pubblico e dai privati, nonché nel caso
della ex Foscolo - grazie al Collettivo dei compagni del Pinelli - della
realizzazione di un centro sociale di aggregazione giovanile, dove sono stati
sperimentati importanti percorsi di educazione popolare-culturale-sportiva
autogestiti. Il Potere, quello vero, ricorda a tutti che non può esserci spazio
per l’antagonismo e la lotta al neoliberismo nelle città-metropoli dei water front e dei grattacieli a specchio.
Ripensare l’urbano, per gli ingegneri e i progettisti del terzo millennio, è
annientare differenze e diversità, uniformare Tokyo a New York, Kinshasa a
Helsinki, Messina a Beirut. Ma anche a Tokyo, New York, Kinshasa, Helsinki,
Beirut e Messina ci sono e ci saranno donne e uomini che gli spazi di resistenza
se li riprenderanno lo stesso.
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