Nuovi caccia e pericolo droni per lo scalo di Trapani Birgi
Torna
a essere pienamente operativo a Trapani Birgi il 18° Gruppo caccia dell’Aeronautica
militare. Conclusasi la consegna di otto velivoli Eurofighter Typhoon, il reparto
potrà operare 24 ore su 24 nel servizio di sorveglianza dello spazio aereo nazionale
e NATO e - come spiega lo Stato maggiore della difesa - rispondere prontamente
alle “più impegnative attività di mantenimento della sicurezza nel bacino del Mediterraneo”.
“L’Aeronautica
militare sta puntando molto sulla base di Trapani Birgi”, ha spiegato il generale
di squadra aerea Tiziano Tosi. “Il 37° Stormo con il 18° Gruppo dovrà coltivare la capacità di supporto per tutti
i velivoli da combattimento della Forza Armata, come già dimostrato nel 2011
durante le operazioni sulla Libia”. I velivoli da guerra opereranno dallo
scalo siciliano “in supporto e come back-up” ai due stormi dell’Aeronautica -
il 4° ed il 36°, rispettivamente di stanza a Grosseto e Gioia del Colle (Bari).
L’ordine di decollo immediato (scramble)
partirà dal Combined Air Operations Centre
5 (CAOC 5), uno dei cinque centri della NATO responsabile del comando e
controllo delle operazioni aeree per l’Italia, i Balcani, l’Ungheria e la
Slovenia, in coordinamento con il Comando
Operazioni Aeree (COA) dell’Aeronautica militare, organismi che hanno sede
nella base di Poggio Renatico (Ferrara).
Protagonista
dei futuri interventi bellici nel Mediterraneo, come abbiamo visto, sarà l’Eurofighter Typhoon, un
caccia multiruolo di ultima generazione con ruolo primario di “superiorità
aerea” e intercettore. Si tratta del “più avanzato aereo da combattimento mai
sviluppato in Europa, in grado di offrire capacità operative di ampio respiro e
un’efficacia impareggiabile”, riporta il sito del ministero della difesa. Con una
lunghezza di 16 metri e un’apertura alare di 11, il guerriero europeo può raggiungere la velocità
massima di 2 mach (2.456 Km/h) e un’autonomia
di volo di 3.700 km. Può essere armato di micidiali strumenti di morte: cannoni
Mauser da 27 mm; bombe a caduta
libera Paveway e Mk 82, 83 e 84 da 500 a 2.000 libbre e a guida GPS JDAM; missili aria-aria, aria-superficie
e antinave a guida radar e infrarossa.
Il caccia è stato realizzato
dal consorzio industriale Eurofighter
a cui partecipano la British Aerospace (con una quota del 37%), la tedesca DASA
- DaimlerCrysler Aerospace (29%), l’italiana Alenia Aermacchi (20%) e la spagnola
CASA (14%). L’azienda del gruppo Finmeccanica si occupa nello specifico dell’assemblaggio
finale degli esemplari destinati all’Aeronautica italiana e della progettazione
di alcune componenti, dei sistemi di alimentazione e navigazione,
dell’armamento e della propulsione per tutti i velivoli. Originariamente il
nostro paese pensava di acquistare 165 Typhoon,
ma l’imprevista impennata dei suoi costi (il valore unitario oggi, senza
sistemi d’armamento, è stimato a 63 milioni di euro circa) ha costretto al
ridimensionamento del programma a 96 caccia. Tagli altrettanto gravosi sono
stati decisi da tutti gli altri paesi che avevano ordinato il nuovo caccia
multiruolo (Gran Bretagna, Germania e Spagna): dai 765 velivoli previsti si è
passati a 472. Il consorzio europeo ha evitato il flop grazie agli ordini dell’aeronautica
militare austriaca (15 esemplari, ma è in corso a Vienna un’inchiesta per un
presunto giro di bustarelle a funzionari locali) e dell’Arabia Saudita (72).
Con i nuovi Eurofighter, il gruppo di volo di Trapani
Birgi torna ad operare dopo quasi cinque mesi di inattività. Nel maggio 2012,
infatti, erano stati
restituiti agli Stati Uniti d’America gli ultimi cacciabombardieri F-16 Fighting Falcon, presi in leasing dall’Aeronautica
militare nella primavera del 2003. Da allora è stato avviato un processo di
riqualificazione professionale e di addestramento che ha interessato piloti e
specialisti del reparto trapanese, in sinergia con le due basi di Grosseto e
Gioia del Colle dove i Gruppi di volo sono dotati da tempo del caccia europeo. A
Birgi, il Genio dell’Aeronautica ha inoltre avviato un programma di ammodernamento
di vari fabbricati militari, a cui è stata destinata la spesa di 708.000 euro.
L’aeroporto
“Vincenzo Florio” di Trapani Birgi, insieme a quelli di Cervia (Ravenna), Piacenza
e Pantelleria è classificato come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: mantiene
cioè una presenza “minimale” per “sostenere rischieramenti temporanei” e pertanto
“può essere aperto al traffico aereo civile a determinate condizioni”. Oltre al 37° Stormo e al 18° Gruppo caccia, Birgi
ospita l’82° Centro CSAR (Combat Search
and Rescue), uno dei
reparti del 15° Stormo CSAR di
Cervia equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso
degli equipaggi di volo in difficoltà e dispersi
in mare o in montagna, trasporto sanitario d’urgenza e soccorso di
traumatizzati gravi. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito
del programma multinazionale NATO
Airborne Early Warning Force per
la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è
ospitato a Geilenkirchen (Germania). Le altre FOB della componente di
alto valore strategico dell’Alleanza sono Aktion (Grecia), Konya (Turchia) e Ørland
(Norvegia). In ogni installazione operano una ventina di ufficiali provenienti
da diversi paesi NATO.
La base siciliana è stata
una delle più utilizzate dalla coalizione internazionale
per le operazioni di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011. Gli F-16 del 18° Gruppo hanno operato
prima sotto il comando di US Africom (Odyssey
Dawn) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione
delle difese aeree nemiche” e di “offensiva contro-aerea” e, successivamente con
la NATO (Unified Protector), per la
“protezione di aerei rifornitori ed AWACS, ricerca ed intercettazione di
elicotteri e di aerei, implementazione della No Fly Zone, difesa aerea”. Da Birgi hanno pure operato gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e
del 36° Stormo di Gioia del Colle, i cacciabombardieri Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi (Brescia) ed ECR del 50° Stormo
di Piacenza e gli AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia) e del 51° Stormo di
Istrana (Treviso). Nel corso delle operazioni, i velivoli dell’Aeronautica
hanno sganciato in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga
gittata. Dal Task Group Air Birgi è
dipeso pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B schierati nello scalo pugliese di Amendola. Per tutto il corso del
conflitto, a Trapani sono stati schierati infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due
CP-140 Aurora per la guerra
elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e
due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers
britannici. Dallo scalo siciliano sono transitati pure 300 aerei cargo e circa
2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando
alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.
Un vero primato di morte.
La guerra in Libia ha
comportato per un lungo periodo lo stop del traffico aereo civile con effetti
devastanti sull’economia e l’occupazione di parte della Sicilia occidentale. Dopo
una progressiva ripresa delle attività delle compagnie aeree, dall’1 giugno
2012 lo scalo trapanese è tornato a subire fortemente la pressione militare.
Stavolta i disagi e le limitazioni al traffico non sono dovute agli scramble dei caccia italiani o alle
evoluzioni degli AWACS NATO ma alle missioni top secret degli aerei senza
pilota delle forze armate USA schierati nella stazione aeronave di Sigonella (Global Hawk, Predator e Reaper). Con l’emissione
di specifiche notificazioni ai piloti di aeromobili (NOTAM) in transito dallo
scalo trapanese, è stato imposto, prima sino al 28 novembre, poi in proroga
sino al 25 febbraio 2013, la sospensione delle procedure strumentali standard
nelle fasi di accesso, partenza e arrivo degli aerei. I NOTAM, gli ultimi distinti
rispettivamente con i codici B8349, B8350 e B8351, specificano che le
sospensioni sono dovute all’“attività degli Unmanned
Aircraft”, i famigerati droni utilizzati per le operazioni di spionaggio, la
guida di attacchi aerei e il lancio di bombe teleguidate e missili. Con l’esplosione
del conflitto in Siria, i venti di guerra anti-Iran e le nuove tensioni interne
in Libia e Corno d’Africa, l’US Air Force e l’US Navy hanno intensificato le
missioni e i raid dei velivoli a guida remota, confermando il ruolo di
Sigonella di “capitale mondiale dei droni”, come eufemisticamente dichiarato dal
Pentagono. A pagare le conseguenze della ipermilitarizzazione dello spazio
aereo regionale, tutta la popolazione siciliana. Limitazione del diritto di
mobilità e rischi elevati di incidenti aerei sono l’insostenibile prezzo di
scelte geostrategiche prese a Washington e a cui nessuno governo a Roma riesce
a dire No.
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