Inganni elettromagnetici nella base Usa di Niscemi
Procedure sin troppo superficiali;
pericolose sottovalutazioni dei campi elettromagnetici esistenti; misurazioni incomplete,
inidonee e ingannevoli; conclusioni contraddittorie, incompatibili e
irragionevoli. È quanto emerge dalla nota del fisico Massimo Coraddu (autore
con il prof. Massimo Zucchetti dello studio del Politecnico di Torino sui
rischi associati all’impianto di telecomunicazioni militari USA di Niscemi e al
costruendo centro satellitare MUOS), consegnata dai Comitati No MUOS all’Assessore regionale al territorio
e Ambiente, Mariella Lo Bello, in occasione dell’incontro congiunto tenutosi a
Palermo il 28 dicembre 2012.
“Quelli della realizzazione
del MUOS e della sicurezza elettromagnetica nella base NRTF di Niscemi sono problemi gravi che non è più possibile
rimuovere”, spiega Coraddu. “I loro aspetti più preoccupanti sono tali
da mettere seriamente in discussione la fondatezza delle autorizzazioni
concesse anche dopo una valutazione dei rischi legati alle emissioni
elettromagnetiche da parte di ARPA-Sicilia”. Gli studi dell’agenzia regionale per
la protezione dell’ambiente, avviati solo a partire del 2009, non sono giunti
ancora a qualsivoglia conclusione, soprattutto a causa degli ostacoli frapposti
dai militari statunitensi. “I pochi dati sicuri emersi, nel corso dei rilievi,
hanno invece mostrato un chiaro superamento dei livelli di sicurezza previsti
per la popolazione, già con l’impianto nella sua configurazione attuale”,
scrive il prof. Coraddu. Per l’ARPA, invece, le proprie verifiche (“effettuate
sempre con tecniche di misure conformi alla norma”) hanno “confermato il non
superamento del valore di attenzione”. A smentire però l’agenzia ci sarebbero alcune
conclusioni nelle relazioni sui monitoraggi effettuati a Niscemi. “Nell’istruttoria
del 2009, l’ARPA dichiara ad esempio di non essere stata in grado di portare a
termine il compito affidatole, in quanto le informazioni tecniche relative agli
impianti già operanti risultano secretate dall’attività militare, così
come i valori di campo elettromagnetico
ante e post opera”, rileva Coraddu. “Di fronte a questo insormontabile
rifiuto, ARPA Sicilia non ha potuto valutare
complessivamente la distribuzione, sul territorio limitrofo, dei valori di
campo elettromagnetico, come si era invece proposta”.
In un successivo passaggio
della stessa relazione, l’ARPA ammette che la “documentazione acquisita non è conforme
a quanto previsto dall’allegato n.13 (art 87 e 88) - Mod. A del D.lgs 259/03”,
pertanto “non è stato possibile emettere un parere ai sensi del citato decreto
legislativo”. Come evidenzia Coraddu, l’agenzia per l’ambiente non ha dunque potuto
svolgere correttamente il proprio compito, “né da allora risulta che ci siano
stati altri tentativi”. Così, nell’assenza di una sufficiente documentazione
tecnica, “l’inquinamento elettromagnetico prodotto complessivamente dalla
stazione di telecomunicazioni della Marina militare Usa di Niscemi resta ignoto”.
Il ricercatore spiega poi
come le condizioni di misurazione delle emissioni siano state del tutto
inappropriate. “Vista l’impossibilità di effettuare valutazioni complessive del
campo emesso, l’ARPA ha ripiegato su una attività di misura e monitoraggio in
alcuni punti specifici, ma neppure questo compito limitato si è però potuto
svolgere nel pieno rispetto della normativa”, scrive Coraddu. “Nel caso di
impianti radio-base, come quelli di Niscemi, i rilievi devono essere svolti
infatti nelle condizioni più gravose possibili, ovvero con tutti i
trasmettitori attivi simultaneamente alla massima potenza. Il comandante della
base NRTF ha però dichiarato che le antenne non verrebbero mai attivate tutte
assieme, ma solo in certe particolari combinazioni denominate A, B
e C, che sono state quelle concordate con l’ARPA in occasione delle
verifiche del 26 gennaio 2009”. Come si evince da una dichiarazione giurata ma certificata
da un notaio solo il successivo 5 febbraio 2009 (dieci giorni dopo le
misurazioni), il comandante statunitense Terry Traweek ha affermato di aver
attivato, “alternativamente”, le configurazioni A-B-C alla “massima energia”. Un procedimento del tutto anomalo e
assai discutibile, basato sulle mere dichiarazioni dell’ufficiale e non dalla
verifica della configurazione reale degli impianti da parte dei tecnici ARPA. Lo
stesso militare ha inoltre ammesso che delle 45 antenne ad alta frequenza (HF)
ed una a bassa frequenza (LF) esistenti “sono in funzione solo 27”, mentre che
durante il funzionamento dell’antenna LF “la riduzione energetica impedisce l’uso
contemporaneo delle altre 27 antenne HF”. Condizioni del tutto diverse quindi
da quanto prescritto dalle leggi italiane, che però sono state ammesse e condivise
dai tecnici dell’agenzia per l’ambiente.
“Se l’ipotesi delle condizioni più gravose possibili si
fosse verificata il 26 gennaio 2009, in quel giorno le centraline installate in
quattro abitazioni vicine alla base avrebbero dovuto registrare un’emissione
più alta rispetto a quella dei giorni precedenti e successivi”, evidenzia
Coraddu. “Se osserviamo i tracciati di quella giornata invece troviamo che due
centraline (la n. 3 e la n. 4) registrano un segnale identico a quello medio
degli altri giorni, mentre altre due registrano addirittura un segnale
notevolmente inferiore. Oltretutto l’analizzatore EHP-200 impiegato, ha
registrato un numero e una distribuzione di sorgenti emittenti assolutamente
identico e indistinguibile nelle tre configurazioni A, B e C. Infine la centralina in Contrada Ulmo,
la sola che ha proseguito le rilevazioni quasi ininterrottamente dal febbraio
2011 sino ad ottobre 2012, ha registrato, a partire dalla fine di agosto 2012,
un chiaro aumento delle emissioni, ben oltre quelle rilevate nel gennaio 2009,
indicando così inequivocabilmente che quelle concordate con i militari USA il 26 gennaio 2009 non erano affatto
le più gravose condizioni possibili. Le
verifiche delle emissioni si sono rivelate un inganno. I livelli dell’elettromagnetismo
nella base NRTF restano tuttora ignoti e fuori dalla portata di ogni controllo
civile”.
Secondo il ricercatore
sardo, per la presenza a Niscemi di decine di sorgenti differenti che
trasmettono simultaneamente a frequenze molto diverse tra loro, le misurazioni
delle emissioni sono particolarmente gravose e si possono facilmente produrre
malfunzionamenti e risposte imprevedibili nella strumentazione utilizzata. “Non
di rado i tecnici ARPA si sono trovati di fronte a strumenti di misura che
producevano risultati completamente diversi e incompatibili”, afferma Coraddu. “In
una situazione così complessa sarebbe quindi buona pratica impiegare più
frequentemente possibile strumenti di misura a banda stretta, capaci cioè di distinguere le singole sorgenti
emittenti. Purtroppo, per quanto ne sappiamo, l’ARPA ha impiegato uno strumento
di questo tipo, l’analizzatore NARDA EHP 200, una sola volta, il 26 gennaio 2009,
in soli 7 punti di misura. Quello invece normalmente utilizzato, il misuratore
portatile in banda larga PMM 8053A,
con la sonda EP 330, produce alle alte frequenze delle misurazioni del tutto
incompatibili con le corrispondenti in banda
stretta, e va quindi ritenuto poco affidabile”.
Quando è stato possibile analizzare
dei dati numericamente sufficienti, c’è stata comunque la chiara indicazione di
un “notevole superamento” dei limiti di sicurezza dei campi elettromagnetici. Onde
tutelare la popolazione dagli effetti di un’esposizione prolungata, la
legislazione italiana prevede che in prossimità delle abitazioni il campo
elettrico debba trovarsi al di sotto della soglia di 6 V/m. A Niscemi, l’unica
centralina (la n. 2 di Contrada Ulmo) che ha effettuato misurazioni prolungate nelle
alte frequenze ha registrato valori assai variabili delle emissioni: tra i 5,9 e
gli 0,6 V/m del periodo dicembre 2008 - marzo 2009 e tra i 4,5 e i 5,5 V/m nel
periodo febbraio – settembre 2011. Nel luglio 2012 sono stati raggiunti i 5,8
V/m e nel successivo mese di settembre il livello delle emissioni è arrivato a
superare i limiti di sicurezza dei 6 V/m per lunghi intervalli (dell’ordine
delle 10 ore), sino ai 7 V/m.
Nel caso di esposizioni
multiple, come indicato dalla legge, all’esposizione alle alte frequenze deve
essere poi sommata la componente di bassa frequenza (LF) che a Niscemi è assai
elevata, nell’ordine di 6-7 V/m. “Sommando i valori, è evidente come l’intensità
di campo elettrico sia doppia rispetto al limite previsto”, denuncia Coraddu. “Per
le emissioni della base NRTF deve quindi essere resa al più presto obbligatoria
la riduzione a conformità prevista dal DPCM 8 luglio 2003. E, ovviamente, non è
possibile concedere autorizzazioni per ulteriori impianti trasmittenti, come le
antenne satellitari del MUOS, le cui emissioni andrebbero a sommarsi a quelle
degli altri trasmettitori presenti, con rischi ulteriori”.
Ancora oggi, date le scarne
caratteristiche tecniche delle antenne del MUOS fornite dai militari USA, è
impossibile prevedere quale sarà la portata reale delle emissioni del nuovo
impianto di guerra. “Le autorità statunitensi hanno fornito solo le
caratteristiche tecniche delle antenne elicoidali TACO H124, operanti in banda
UHF (peraltro liberamente disponibili nel sito web del costruttore)”, spiega il
ricercatore. “Le caratteristiche delle grandi antenne paraboliche che
trasmetteranno in banda Ka (30-31 Ghz) sono note invece in forma molto
parziale, il che consente solo una valutazione approssimativa nella direzione
dell’asse principale e grandi distanze (superiori ai 500 metri). Una
valutazione superficiale porta ad errori e ad evidenti paradossi, come accade
nella relazione ARPA dove si ammette che il
modello di calcolo utilizzato non fornisce valori in zona di campo reattivo,
ovvero in un raggio di 497 metri dal centro elettrico della parabola.
Osservando i mappali si vede chiaramente che le parabole MUOS vengono deificate
a circa 150 metri dalla recinzione della base, oltre la quale si trova una zona
parco della Sughereta di Niscemi, attrezzata con sentieri e punti sosta. Che
succederà in questa fetta del parco in caso di attivazione del MUOS? L’ARPA
propone di effettuare verifiche
post-installazione. Ovvero di lasciare edificare l’opera per valutare a
posteriori un inquinamento e un danno che non siamo in condizione di prevedere.
Una proposta che non sembra né ragionevole né accettabile”.
“Nessuno è stato in grado di
effettuare previsioni credibili sulle emissioni che il sistema MUOS, nel suo
funzionamento ordinario, comporterà per l’ambiente circostante già ampiamente
soggetto a inquinamento elettromagnetico”, conclude il prof. Coraddu. “L’autorizzazione
alla realizzazione del sistema MUOS in queste condizioni è stato, nel migliore
dei casi, un grave errore. La prosecuzione in presenza di elementi così gravi
sarebbe un errore ancora peggiore, che non può trovare nessuna giustificazione”.
A dispetto di un iter
autorizzativo a dir poco discutibile e pasticciato e a fronte delle proteste
della popolazione e delle amministrazioni locali, i lavori proseguono con celerità.
Centinaia di ragazze e ragazzi si alternano presidiando da 40 giorni le strade
di accesso alla base USA di Niscemi per impedire l’arrivo di un enorme camion
gru che dovrà innalzare le tre parabole sui piedistalli già installati. Potrebbe
bastare una firma del governatore Rosario Crocetta per sospendere l’efficacia
delle autorizzazioni concesse illegittimamente dal predecessore Raffaele Lombardo.
I No MUOS l’hanno richiesta nel
recente incontro con l’assessora Lo Bello che ha però preferito glissare la
questione. “Chiederemo ai militari italiani e statunitensi di sospendere i
lavori”, ha dichiarato. Peccato che lo aveva già fatto, inutilmente, nel giugno
scorso, la Procura della repubblica di Caltagirone, ravvisando nei lavori del
MUOS gravi illeciti penali e violazioni delle normative ambientali.
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