Antonio Mazzeo, prima linea antimafia
Il giornalista a 360 gradi su: NoMuos, Cattafi, Vinciullo, Bottari. Antonio Mazzeo,
scrittore e giornalista da sempre impegnato su temi quali ambiente, diritti
umani e soprattutto criminalità organizzata, ha concesso a StrettoWeb
un’intervista ricchissima di spunti. Recentemente Mazzeo ha pubblicato un
volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto,
dal titolo “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di
Messina”, Edizioni Alegre. Una delle sue recenti inchieste è stata incentrata
sulle infiltrazioni mafiose nel territorio di Falcone, in provincia di
Messina. Il lavoro del giornalista ha suscitato le ire dell’intera
amministrazione comunale della cittadina, che ha poi deciso di querelarlo. Con
Antonio Mazzeo ci siamo voluti concentrare su alcuni episodi recenti (movimento
NoMuos, arresto di Rosario Pio Cattafi, vendita dei Magazzini Generali), ma
anche su uno dei fatti di sangue più misteriosi verificatisi a Messina: l’omicidio
del professor Bottari. Mazzeo è sempre in prima linea, e le sue inchieste,
puntuali e precise, sono tutte consultabili sul suo blog. Ecco invece la nostra intervista esclusiva:
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Iniziativa NoMuostro di ottobre, secondo te è stato un successo?
Sì, politicamente lo è
stata. Credo fossero tantissimi anni che in Sicilia non si riusciva ad
organizzare un’iniziativa che mettesse insieme tutta una serie di soggetti
diversi, forze politiche e sociali di diverso tipo. Dal punto di vista
dell’iniziativa mi ha ricordato moltissimo le manifestazioni di Comiso di
trent’anni fa, contro l’istallazione. E’ stato un momento importante perché
dopo si sono verificati tutta una serie di eventi che hanno visto anche tanti
enti locali prendere una posizione “No Muos”. Anche durante la campagna
elettorale per le Regionali quasi tutti i candidati hanno espresso questa
posizione. Qualche giorno dopo c’è stata anche una mozione alla Camera dei
Deputati, in Commissione Difesa, che avevamo incontrato i primi di settembre.
La Commissione ha avanzato una richiesta di moratoria al Governo, così come
aveva fatto il Senato per quanto riguarda l’uranio impoverito, secondo il
principio internazionale di “precauzione”. Se c’è il rischio che uno strumento
militare o meno possa provocare rischi nella popolazione, interviene questo
“principio di precauzione”, anche se c’è il minimo dubbio, non occorre la
certezza al 100%.
Purtroppo poi il Tribunale
ha dissequestrato gli impianti. Ma appena una settimana fa una ditta aveva
fatto richiesta al Comune di Comiso per trasportare una megagru fino al
cantiere, e il Consiglio Comunale ha deliberato la non-autorizzazione.
L’Amministrazione Comunale aveva già denunciato irregolarità ambientali
all’interno della base. I comitati No MUOS hanno organizzato dei presidi per
impedire l’accesso della megagru e di altri camion. Questi sono segnali molto
importanti, la mobilitazione popolare sta crescendo. L’unico soggetto che
continua a opporre un “muro di gomma” è il Governo, che continua a ignorare
volontà popolare e iniziative di Enti locali, che si muovono tutti contro la
creazione di questa istallazione.
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Parliamo dell’arresto di Rosario Pio Cattafi. È stato un duro colpo per la
criminalità organizzata dei dintorni? O c’è già qualcuno pronto a sostituirlo
ai vertici di Cosa Nostra locale?
Senz’altro è stato un colpo
durissimo. Fino all’arresto Cattafi ha goduto di una sorta di immunità, si
sentiva talmente potente da presentare con nome e cognome della sua società quel
progetto devastante che puntava a realizzare un mega parco commerciale a
Barcellona Pozzo di Gotto. La mafia si è sempre nascosta dietro prestanomi in
questi casi, ma a Barcellona la “sicurezza” di cui si beavano Cattafi e soci,
gli hanno permesso di presentarsi con nome e cognome. È sicuramente un grosso
colpo, anche perché accanto all’arresto di Cattafi si sono verificati tutta una
serie di eventi che hanno destrutturato i centri di potere di Barcellona.
Penso, dal punto di vista politico, alla caduta dell’Amministrazione comunale
che era gestita da due legislature da uno stretto congiunto del senatore Domenico
Nania. Barcellona è stata una roccaforte politica di An e del Pdl, però la
coalizione di centrodestra è stata nettamente sconfitta (Nania tra l’altro ha
visto cadere il suo “delfino”, Buzzanca, alle recenti elezioni regionali). E
c’è un terremoto anche sul fronte giudiziario, perché, nonostante il
procuratore generale Cassata continui impunemente a mantenere la guida del
Tribunale di Messina, proprio qualche giorno fa il PM ha chiesto per lui la
condanna a 3 mesi per l’attacco ad Alfonso Parmaliana. Senza dimenticare che su
Cassata a Reggio Calabria è stato aperto un fascicolo per accertare una sua presunta
contiguità con la criminalità organizzata.
Evidentemente c’è uno
scenario nuovo su Barcellona, perché degli anelli importanti di gestione della
borghesia mafiosa, composta anche da soggetti istituzionali e politici, che
blindavano il sistema, sono caduti. Da qui a dire che l’arresto di Cattafi
rappresenti una sconfitta per la mafia ce ne vuole. Non è caduta dopo l’arresto
di boss come Riina, o con il fermo dei maggiori esponenti del clan dei
“mazzarroti”, Bisognano e Gullo, che avevano il controllo di fette importanti
dell’economia dell’area della provincia di Messina compresa tra Barcellona e
Patti. Il loro arresto o la collaborazione di alcuni ex boss non hanno segnato
la fine di una presenza criminale e mafiosa che a mio parere resta fortissima.
La mafia è più corretto definirla, dal punto di vista politologico, borghesia
mafiosa, ed è un qualcosa di molto variegato, “liquido”. Impossibile
identificarla in un singolo soggetto, c’è dietro un tessuto talmente radicato
che garantisce una continua rigenerazione. Ciò vale non solo per Barcellona
ovviamente, ma anche per la città di Messina. I settori tra virgolette
“occulti” e “paraocculti”, le logge massoniche insomma che cementificano i
legami criminali, sono molto più solidi del singolo, e vanno al di là dell’individuo
Cattafi.
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Quindi di fatto la casta della borghesia mafiosa continuerà ad esistere, ma
avranno forse difficoltà a rapportarsi nuovamente con imprenditori e
istituzioni.
Un pezzo della borghesia
mafiosa è andato in crisi. Dovranno rilegittimare altri soggetti per continuare
ad esistere. È una fase molto in evoluzione, ma purtroppo il radicamento della
borghesia mafiosa nella provincia di Messina è fortissimo. Riguarda larga parte
del mondo politico ed economico. Nel momento in cui viene a mancare un tassello
importante c’è la possibilità tranquillamente di rigenerarsi.
Il cambiamento potrà
avvenire soltanto se ci sarà un rafforzamento della società civile. Un
riappropriarsi di spazi di agibilità politica, la creazione di soggetti
intermedi, l’associazionismo non solo antimafia. Purtroppo nella nostra
provincia in questo senso c’è un vero e proprio deserto. C’è un’assenza di
soggettività politica che interviene ed è molto facile duplicare nuovi
referenti per la criminalità. A Barcellona c’è una vitalità culturale e sociale
che in prospettiva lascia ben sperare. Ci sono altre realtà in provincia, ma se
osserviamo la situazione a livello “macro” oggettivamente la situazione è di
enorme crisi politica e sociale. Se anche finisce la fase politica di un
soggetto e va al 41bis Cattafi, in questa situazione è molto facile che vi sia
il ricambio mafioso.
Io sto facendo un giro in
provincia, sono stato invitato in scuole di quartieri ghetto. La situazione che
si vive in queste realtà è drammatica. La mancanza di speranza, di sponde che
si danno alla voglia di cambiamento dei giovani, purtroppo è un elemento che
rafforza la criminalità organizzata.
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E in tutto ciò, sembra una frase fatta, ma lo Stato è assente.
Esatto, lo Stato è assente.
Questa assenza si misura soprattutto nelle scuole. Io sono stato in contrada
Fucile, a Gazzi, in una scuola media, dove non ci sono neanche le porte nei
bagni. Lo Stato fa sentire la sua totale assenza e non sta accanto a questi
ragazzi e a questi insegnanti che vengono lasciati soli, abbandonati
completamente. È chiaro che a questo punto non ci possiamo lamentare che questi
ragazzini, quando usciranno dalla scuola media, non troveranno assolutamente
niente. Se non l’offerta di diventare manovalanza della mafia. Anche per questo
la rigenerazione avviene automaticamente. Puoi arrestare il boss di turno, ma
ci sarà sempre qualcun altro.
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Questione Vinciullo-Magazzini Generali, prima li compra poi vendita
"congelata"...è una vicenda fatta di tante ombre...che ne pensa?
Sulla vicenda della vendita
dei Magazzini Generali è stato lo stesso commissario straordinario Luigi Croce
a congelare tutte le procedure di dismissione, in quanto vuole veder chiaro
l'iter dei procedimenti d'asta. Nello specifico, la vicenda di Vinciullo, a mio
avviso, è due volte drammatica, perché c'è una dismissione di un patrimonio
importante, che non riguarda solo quella zona. Sono nell'elenco di dismissione
ex scuole o ex asili nido in quartieri o in zone periferiche della città nelle quali sia i giovani ma
anche la gente comune hanno assolutamente bisogno di questi spazi. E' ulteriormente
drammatica perché c'è una svendita di beni che hanno un valore enorme e che
invece vengono svenduti, quasi regalati ai privati. Questa non è una città che
può permettersi di dismettere opere pubbliche che potrebbero trasformarsi in
centri culturali, educativi e sociali. In un deserto totale dove esiste una
fame di servizi spaventosa le dismissioni dei patrimoni immobili non sono
ammissibi, a maggior ragione se si "regalano" immobili ai privati
ricavandoci solo le briciole. Nella vicenda dei Magazzini Generali, su uno dei
protagonisti (Vincenzo Vinciullo), sono stati fatti tutta una serie di rilievi,
penso in particolare a quanto viene rilevato in due relazioni di commissioni
parlamentari antimafia, (una di maggioranza ed una di minoranza nel 2006) nelle
quali il nome di Vinciullo è saltato all’interno di gravi vicende di
criminalità organizzata. Il nome dell’imprenditore è presente pure all'interno
di un’ordinanza di cattura, quella relativa alla vicenda dei fratelli
Pellegrino, di cui il Vinciullo è risultato essere un cliente. Di Vinciullo
hanno parlato collaboratori di giustizia, anche in sede di dibattimento, e
allora, è evidentemente una situazione molto grave. Non possiamo consentire la
svendita del privato, ma soprattutto il privato non deve essere messo in
condizione di approfittarsi delle debolezze dell'amministrazione che sceglie di
dismettere importanti patrimoni immobili delle città.
Sono molti i progetti che
Vinciullo esegue nel territorio messinese, basta comprare la Gazzetta del Sud
della domenica per rendersene conto. E' palese, che stiamo parlando di uno
degli operatori nel settore edilizio che costruisce di più in questa città.
Questa vicenda risolleva il problema politico dell'uso del territorio che si
sta facendo, in una città dove l'economia è in ginocchio, dove non esiste
nessuna domanda di immobili, ma al contrario esiste un patrimonio di immobili
sfitti, e nonostante ciò si continua a consumare territorio impattando
l'ambiente e il paesaggio con effetti che possono essere disastrosi. Non sta a
noi dare giudizi su Vinciullo, ci sarà la Magistratura che potrà farlo, ma è un
dato di fatto che esiste una categoria di progettisti ed ingegneri che continua
a fare man bassa del territorio che richiede ben altri interventi; come la
messa in sicurezza degli edifici sotto l'aspetto idrogeologico e sismico. Non
capisco perché non avvenga una inversione, o riconversione, del sistema
dell'edilizia piuttosto che continuare a costruire. L'amministrazione Buzzanca
(quindi il consiglio Comunale, e l'ufficio urbanistica) ha la gravissima
responsabilità, tra le altre, di aver incentivato la cementificazione del
territorio, ovunque c'era un metro quadro disponibile è stata fatta una palazzina
senza preoccuparsi minimamente degli aspetti idrogeologici a rischio, che
riguardano gran parte della città di Messina. Quel tessuto che io chiamo la
“borghesia mafiosa” è criminale, perché composta da soggetti criminali, ma è
pure criminogena nel suo modo di operare perché sta mettendo in condizioni il
territorio di crollare di fronte alla prossima bomba d'acqua o alla prossima
alluvione. E' inconcepibile consentire di stuprare il territorio come è
accaduto e sta accadendo adesso.
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Omicidio Bottari. Dopo quindici anni non si è ancora fatta luce sul
caso...perché?
A quindici anni
dall'omicidio del Professor Bottari, non si ha ancora un colpevole, o un
movente, ma soprattutto non abbiamo neanche i nomi degli esecutori.
Generalmente negli omicidi di questa provincia, si conosce almeno il nome degli
esecutori.....magari capita che i mandanti e gli interessi reali restino
nell'ombra, ma è paradossale come in questa vicenda anche i killer sono rimasti
senza volto, è un fatto gravissimo. Questa è la dimostrazione che a Messina la
mafia esiste, quando molte volte invece si dice il contrario. Al di là della
matrice, ovviamente mafiosa, per me è inconcepibile che nessuno sappia nulla,
che nessuno quel 15 gennaio del 1998 abbia visto nulla e che non ci siano le
informazioni necessarie per inchiodare almeno i killer, e ripartire da loro per
poi risalire ai mandanti. Bottari non si è ammazzato da solo, e non è stato
ammazzato nel deserto.
E' drammatico come tutta una
serie di realtà che potevano aiutare a capire questo omicidio siano rimaste in
silenzio. L'immagine di una città che era rimasta sconvolta, che aveva scoperto
di essere un verminaio, e adesso a quindici anni di distanza ha dimenticato e
metabolizzato questo omicidio.
A questo proposito
l'articolo pubblicato insieme ad Enrico di Giacomo, che riporta la
dichiarazioni di paura del comandante dei Vigili Urbani di Messina, Calogero
Ferlisi, il quale ha voluto rompere un silenzio che durava da molti anni, è
stato fatto proprio per dare una scossa a chi ha dimenticato. Mi ha colpito la
reazione della città rispetto alle dichiarazioni del comandante Ferlisi, e
all'inchiesta giornalistica, mi aspettavo una reazione più calda, più
partecipativa.....e invece no. Il comandante dei Vigili Urbani di una città di
300.000 abitanti racconta i fatti inquietanti che lo riguardano, rilanciando la
memoria di un omicidio volutamente dimenticato da tutta la città, ma non riesce
a destare nessuno interesse. Probabilmente se avessimo raccontato di un
episodio calcistico di quindici anni fa ci sarebbe stato più dibattito. Questo
per me è un fatto grave....questa città ormai ha un encefalogramma piatto, non
si inquieta, non si scompone nemmeno di fronte a questi eventi, e credo che
questo tipo di atteggiamento sia estremamente pericoloso.
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Detto questo, la quasi totale assenza di indignazione dei cittadini nel corso
degli anni, ha agevolato “l'occultamento” dell'omicidio Bottari?
Credo di sì. Al di là degli
errori che possono essere stati fatti nella fase di inchiesta, e al di là
dell'omertà di persone che hanno visto e non hanno raccontato, o al di là dei possibili
depistaggi, io credo che se la città avesse battuto i pugni, avesse chiesto
verità, ad oggi non ci ritroveremmo a parlare di un caso assolutamente
irrisolto, un vero e proprio mistero. Dopo l'omicidio Bottari, Messina ha
scoperto, e ha fatto scoprire soprattutto al di fuori dello Stretto, che è una
città di mafia, un luogo in cui le logge massoniche hanno avuto un ruolo
importante, in cui si sono consumati patti criminali tra i poteri, drammatici
non solo per la città, ma anche a livello nazionale e internazionale. Questa è
una città di grandi traffici di armi che poi sono servite a fare delle guerre
in scenari mondiali.
Una comunità viene
traumatizzata da un episodio simile dovrebbe avere almeno il dovere di non
dimenticare un cittadino, una persona prestigiosa dal punto di vista
professionale (Bottari era primario endoscopista del Policlinico universitario)
genero di uno di quelli che sono stati i potenti storici della città di
Messina, ovvero Guglielmo Stagno D'Alcontres, per cui avrebbe dovuto chiedere
giustizia senza dimenticare. Nel momento in cui si cancella l'omicidio Bottari
e non ci si indigna per i silenzi e la mancanza di giustizia è come se avvenga una
sorta di "auto-assoluzione", ciò vuol dire in fondo che Messina
mafiosa non è, nessuno di noi è mafioso, per cui possiamo dormire sogni
tranquilli. Lasciando che la “borghesia mafiosa” di questa città possa
continuare ad operare politicamente, economicamente e socialmente. Questa è
probabilmente la funzione della non indignazione, lasciare tutto alle spalle
per potersi guardare allo specchio e dire NON SIAMO MAFIOSI, ma in questo modo
facciamo clamorosamente un passo indietro di vent’anni. Oggi questa è una città
che non vuole fare i conti con il proprio passato. I giornalisti hanno il
dovere di ricordare e di essere provocatori.....Serve a tutti dimenticare? Per
auto-assolverci e dire non siamo mafiosi? No....Noi siamo culturalmente mafiosi,
questa è una città culturalmente mafiosa per il fatto stesso che si è
sacrificata la verità e la memoria in nome dell’impunità. Spero che almeno le
nuove generazioni abbiano la forza e la voglia di reagire e invocare
giustizia.
Intervista a cura di Danilo Marino e Dario Lo Cascio, pubblicata in Stretto Web il 30 novembre 2012, http://www.strettoweb.com/2012/11/antonio-mazzeo-prima-linea-antimafia-il-giornalista-a-360-gradi-su-nomuos-cattafi-vinciullo-bottari/55883/
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