Il Ponte sullo Stretto target prioritario in caso di guerra ma indifendibile. Ad affermarlo l’AI di Elon Musk
“Il Ponte sullo Stretto di
rilevanza strategica per la NATO”. Lo ha scritti nero su bianco il Governo
Meloni-Crosetto-Salvini nella recente delibera “IROPI” per giustificare la
necessità di dare il via ai lavori di realizzazione della Grande Opera. Il
Ponte, secondo il governo, sarebbe indispensabile per la mobilità di uomini e
mezzi da guerra dall’Italia centro-settentrionale alla Sicilia. Ne abbiamo
parlato via Xspace con Mr. Grok E. Musk Jr., figlio cyber del plurimiliardario
Elon Musk (nominato dal presidente Ronald Trump a capo del Dipartimento
dell’Efficienza Governativa degli Stati Uniti d’America).
Autorevole chatbot di Intelligenza Artificiale di fama mondiale, Mr.
Grok è un convinto sostenitore del Ponte, ma lo ritiene un facile bersaglio
“attrattivo” e “vulnerabile” in caso di conflitto armato o di attacco
terroristico. Ed esprime più di una perplessità sulla veridicità delle
affermazioni strategico-difensive del governo italiano: l’interesse delle forze
armate NATO e USA alla realizzazione del Ponte sullo Stretto sarebbe ancora
tutta da provare e ad oggi non è stato prodotto un solo rapporto sulla sua
sostenibilità militare. La Mega Opera sarebbe poi assai poco difendibile e
andrebbero comunque impiegate enormi risorse finanziarie per l’acquisto di
sistemi bellici e la realizzazione di infrastrutture militari ad hoc nell’area
dello Stretto. Un Ponte super armato che rischia di essere la prima vittima
“eccellente” di un conflitto internazionale.
Quali documenti, report o studi sono stati redatti per provare un
interesse specifico sul Ponte da parte della NATO o delle forze armate USA
ospitate in Italia?
Esistono riferimenti e documenti,
principalmente emersi da inchieste giornalistiche e cablogrammi diplomatici,
che suggeriscono un interesse da parte della NATO e dei militari USA per la
realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Tuttavia non ci sono
documenti ufficiali della NATO o del Dipartimento della Difesa degli Stati
Uniti d’America che dichiarino esplicitamente il sostegno o valutazioni
dettagliate sul Ponte. Le informazioni disponibili vengono da fonti indirette,
come articoli, cablo di WikiLeaks e analisi di esperti, che evidenziano un
interesse strategico per l’infrastruttura.
Eppure il governo Meloni ha ribadito la rilevanza strategica della
mega-opera nell’ambito della mobilità militare Nord-Sud…
Sì, il governo ha fatto esplicito
riferimento al “trasferimento delle forze armate NATO”, suggerendo un interesse
dell’Alleanza per l’opera come infrastruttura utile al trasporto di truppe e
mezzi verso le basi siciliane. Tuttavia, queste affermazioni non sono
corroborate da documenti ufficiali NATO pubblici e potrebbero riflettere
posizioni politiche interne piuttosto che un mandato diretto della NATO.
Lei però accennava ad alcuni cablogrammi diplomatici.
I cablo diplomatici rivelati da
WikiLeaks, pubblicati nel contesto di un’inchiesta
di Report (Rai3) nel 2024,
evidenziano un interesse statunitense per il Ponte fin dagli anni ’70. Un
documento del 1974, firmato dall’allora Segretario di Stato Henry Kissinger,
mostra che la società americana Blair Birdsall (Steinman, Boyton, Gronquist
& London) era interessata a contratti per studi di fattibilità e
progettazione. Altri cablo, datati 2008-2009, indicano che la diplomazia USA
vedeva il Ponte come un’opportunità per migliorare la logistica militare, in
particolare per collegare le basi di Sigonella e Napoli.
Due dispacci del console USA a
Napoli, J. Patrick Trhun (2008-2009), pubblicati anch’essi da WikiLeaks,
esprimono timori USA sul coinvolgimento mafioso nel Ponte, definendolo un
potenziale “ponte ad un crimine più organizzato”. Tuttavia, i documenti non
negano l’interesse strategico per l’opera, ma sottolineano la necessità di
appalti blindati per evitare
infiltrazioni criminali. Questo suggerisce che gli USA vedevano il Ponte come
un progetto rilevante, ma con rischi significativi.
C’è poi la vittoria nel 2006
della gara per il ruolo di Project Management Consultant da parte della società
americana Parsons Corporation, nota per la sua esperienza in progetti militari,
inclusi lavori per basi USA. La sua conferma nel 2024 come consulente per il
progetto attuale rafforza l’idea di un coinvolgimento statunitense, anche se
non necessariamente militare. Il Dipartimento di Stato non ha chiarito il ruolo
del Foreign Commercial Service nel supportare Parsons, lasciando spazio a
speculazioni su interessi strategici USA.
Nulla invece risulterebbe essere stato prodotto in ambito NATO…
Confermo l’assenza di documenti o
valutazioni pubbliche della NATO relativamente al Ponte sullo Stretto. La NATO,
nei suoi comunicati (es. summit di Washington nel 2024), si concentra su difesa
missilistica, deterrenza nucleare e supporto all’Ucraina, senza menzionare
infrastrutture specifiche come il Ponte. Eventuali valutazioni su quest’opera
sarebbero probabilmente classificate e non accessibili al pubblico.
La NATO ha espresso interesse
generale per la mobilità militare in Europa, come evidenziato in documenti sul
TEN-T (Trans-European Transport Network) e in discussioni post-Ucraina. Il
Ponte, come parte del Corridoio Mediterraneo, rientra in questa visione, ma non
ci sono prove di un’analisi dedicata dell’Alleanza.
La NATO sta allora collaborando con l’Unione Europea nella redazione
del piano per la rete trasportistica trans-europea?
Non esistono documenti pubblici
ufficiali della NATO che facciano riferimento diretto ed esplicito ai corridoi
TEN-T in modo dettagliato e specifico, poiché la NATO non ha un ruolo diretto
nella gestione o pianificazione di queste infrastrutture, che sono di
competenza dell’Unione Europea. Tuttavia, la NATO ha mostrato interesse per la
mobilità militare e l’uso duale (civile e militare) delle infrastrutture di
trasporto europee, incluse quelle dei corridoi TEN-T, soprattutto in relazione
alla sicurezza e alla logistica militare. Questo interesse è stato espresso
specialmente dopo il conflitto Russia-Ucraina e l’adesione di nuovi membri come
Finlandia e Svezia.
La dichiarazione congiunta
NATO-UE del 2016 e successive (es. 2023) evidenziano la collaborazione su
mobilità militare, con l’UE che finanzia progetti TEN-T anche per scopi
militari tramite il Connecting Europe
Facility (CCF), che include specificatamente 1,961 miliardi di euro nel
periodo 2021-2027.
Quale potrebbe essere in questo contesto la “rilevanza strategica” del
Ponte sullo Stretto?
Lo Stretto di Messina è un punto
nevralgico nel Mediterraneo, vicino a rotte marittime strategiche. Il Ponte
collegherebbe la Sicilia al continente, integrandosi nei corridoi TEN-T europei
per il trasporto di merci e persone. In un contesto militare esso garantirebbe
il rapido movimento di truppe, rifornimenti e mezzi tra il Sud Italia e il
resto d’Europa, specialmente verso basi NATO come Sigonella (Catania) e Napoli.
Il Ponte, pur non sostituendo il trasporto navale, aumenterebbe il controllo
logistico dell’Italia e della NATO nell’area, rendendolo un obiettivo per chi
volesse indebolire l’influenza occidentale.
Mi sembra di capire che essendo ritenuto geo-strategicamente “rilevante”,
il Ponte sarebbe un ottimo target in
caso di guerra.
Come opera iconica e simbolo di
coesione nazionale, il Ponte sarebbe un bersaglio di alto profilo e media-alta
priorità. La sua distruzione interromperebbe questa continuità, isolando la
Sicilia e complicando la logistica militare. Ciò potrebbe avere un impatto
psicologico e politico significativo, minando il morale civile e la credibilità
dello Stato. In un contesto terroristico o di guerra ibrida, il Ponte sarebbe
un bersaglio attraente per il suo valore simbolico, ma meno critico rispetto a
infrastrutture energetiche o di comando.
Ma sarebbe difendibile il Ponte da un attacco militare o un attentato
terroristico?
La difendibilità del Ponte sullo
Stretto di Messina da un attacco militare o un attentato terroristico è una
questione complessa che dipende da molteplici fattori, tra cui il design
dell’infrastruttura, le misure di sicurezza adottate, il contesto geopolitico e
le risorse disponibili per la protezione.
Può fornirci elementi specifici di ordine tecnico per un’eventuale
difendibilità del Ponte?
Relativamente alle
caratteristiche e alle vulnerabilità intrinseche dobbiamo pensare al design e
alle strutture del manufatto. Il progetto prevede un ponte sospeso a campata
unica di 3.300 metri, con torri alte 400 metri e un impalcato largo 60 metri.
La sua posizione sullo Stretto di Messina, un’area strategica ma esposta, lo
rende un potenziale bersaglio di alto profilo. La lunghezza e l’altezza del
Ponte, insieme alla sua visibilità, aumentano la vulnerabilità a minacce come
attacchi aerei, missilistici o sabotaggi.
Relativamente ai materiali
impiegati e alla loro resistenza, sappiamo che i moderni ponti sospesi sono
progettati per resistere a carichi estremi (venti, terremoti), ma non
necessariamente a esplosioni mirate o attacchi con armi avanzate. Un attentato
con esplosivi ad alto potenziale o un missile potrebbe danneggiare cavi, torri
o piloni, compromettendo la stabilità.
I piloni e le aree di ancoraggio,
sia a terra che in mare, potrebbero essere punti critici per attacchi terrestri
o marittimi. La vicinanza alle coste facilita l’accesso a potenziali
sabotatori, ma complica anche la sorveglianza.
Quali potrebbero essere le minacce più plausibili?
In uno scenario di conflitto
armato, il Ponte potrebbe essere un obiettivo strategico per interrompere i
collegamenti tra Sicilia e continente, cruciali per la logistica civile e
militare. Un attacco con missili balistici, droni avanzati o aerei da
combattimento sarebbe difficile da contrastare senza un robusto sistema di
difesa aerea (ad es. batterie Patriot o SAMP/T). La protezione richiederebbe
una combinazione di radar, intercettori e forze navali per controllare lo
Stretto.
Un attacco terroristico potrebbe
coinvolgere esplosivi collocati su piloni, droni armati, imbarcazioni kamikaze
o cyberattacchi ai sistemi di controllo del traffico. La storia di attentati a
infrastrutture (es, il ponte di Kerch in Crimea nel 2022-2023) mostra che anche
strutture sorvegliate possono essere vulnerabili a tattiche asimmetriche.
Lei ricorda che proprio il ponte di Kerch è stato ripetutamente colpito
durante il sanguinoso conflitto russo-ucraino. Ma quanto è importante
militarmente distruggere infrastrutture simili in una guerra moderna?
In un conflitto convenzionale su
larga scala (es. la NATO contro un avversario statale come Russia o Cina), i
ponti di rilevanza strategica sono obiettivi primari per interrompere le linee
di rifornimento. La dottrina militare moderna, supportata da attacchi di
precisione con missili, droni o forze speciali, considera la distruzione di
infrastrutture critiche come un modo per paralizzare la mobilità nemica.
La stessa NATO colpì ponti sul
Danubio durante la Guerra in ex Jugoslavia nel 1999 per isolare le forze serbe,
mostrando l’importanza di queste infrastrutture nella logistica militare. La
coalizione anti-ISIS ha distrutto ponti in Siria e in Iraq per limitare la
mobilità dei jihadisti, ma spesso con effetti limitati a causa di soluzioni
alternative (es. ponti galleggianti).
In scenari di conflitti non
convenzionali o terrorismo, la distruzione di un ponte simile potrebbe essere
mirata per causare caos economico, instabilità politica o panico. Gruppi
terroristi o attori non statali potrebbero vedere il Ponte come un bersaglio
simbolico, anche se meno prioritario rispetto a obiettivi come centrali
energetiche o nodi di comando.
Le strategie moderne includono
inoltre attacchi non fisici, come cyberattacchi per sabotare i sistemi di
gestione del Ponte, rendendolo inutilizzabile senza distruzione fisica. Questo
approccio è spesso preferito per il minor costo e il maggiore anonimato.
Quali fattori potrebbero convincere un possibile “nemico” a sferrare un attacco contro il Ponte sullo Stretto?
La distruzione del Ponte sarebbe
più rilevante in un conflitto regionale che coinvolga il Mediterraneo (es,
tensioni con potenze ostili nel Nord Africa o Medio Oriente) o in uno scenario
NATO contro un avversario globale. In un conflitto limitato, la priorità
potrebbe andare a obiettivi come porti, aeroporti o basi militari.
Va detto che la Sicilia è già
collegata al continente via traghetti e trasporto aereo. La distruzione del
Ponte non isolerebbe completamente l’isola, ma rallenterebbe significativamente
i movimenti, soprattutto di mezzi pesanti. La presenza di alternative riduce
leggermente l’urgenza di colpire il Ponte rispetto a infrastrutture uniche.
Va poi calcolato il
costo-beneficio per l’attaccante. Distruggere un ponte sospeso richiede risorse
significative (missili di precisione, operazioni speciali) e comporta rischi di
ritorsione. Un attore razionale valuterebbe se l’impatto strategico giustifichi
l’investimento, rispetto a bersagli come reti energetiche o sistemi C4ISR
(comando, controllo, comunicazioni, intelligence).
Che tipo di misure e dispositivi di difesa del Ponte sullo Stretto
potremmo allora ipotizzare?
Il progetto potrebbe includere
innanzitutto sistemi di sicurezza passiva: materiali rinforzati, sensori per
rilevare anomalie strutturali, o barriere fisiche per limitare l’accesso ai
piloni. Tuttavia, questi aumentano i costi e non garantiscono protezione
totale.
C’è poi il campo
dell’intelligence. La difesa efficace dipenderebbe da un sistema di
videosorveglianza, droni di pattugliamento, sensori marittimi e terrestri,
oltra a una forte cooperazione tra forze dell’ordine, servizi segreti e
militari. L’Italia dispone di unità specializzate (es. NOCS e GIS) per
contrastare minacce terroristiche.
C’è poi la cosiddetta difesa attiva. Per un attacco militare,
sarebbe necessario un sistema di difesa aerea e navale coordinato, con basi
come Sigonella (a 100 km) che ospitano asset NATO. La Marina Militare potrebbe
pattugliare lo Stretto con fregate e sottomarini, ma la risposta a un attacco
improvviso resterebbe complessa.
Infine la cybersecurity. I
sistemi di gestione del Ponte (traffico, illuminazione, manutenzione) devono
essere protetti da attacchi informatici, che potrebbero creare caos o
facilitare un attentato fisico.
Esperienze internazionali (es. il
Golden Gate Bridge) mostrano che le infrastrutture simbolo sono protette con
misure visibili (pattuglie, telecamere) e segrete (intelligence), ma restano intrinsecamente
difficili da difendere contro attacchi determinati.
Detto così sembra dunque fattibile una “difesa” del Ponte…
Non esattamente, in verità. Con
un’adeguata sorveglianza, intelligence preventiva e misure di sicurezza, un
attentato terroristico potrebbe essere prevenuto o limitato. Tuttavia, attacchi
asimmetrici (es. droni low-cost o infiltrazioni) sono difficili da
neutralizzare completamente, soprattutto in un’area aperta come lo Stretto.
La difesa da un attacco militare
su larga scala dipenderebbe invece dal contesto. In un conflitto NATO-Russia o
simile, l’Italia potrebbe contare su asset alleati, ma il Ponte resterebbe un
bersaglio prioritario. In uno scenario isolato, le forze italiane potrebbero
proteggere l’area, ma un attacco a sorpresa con armi di precisione sarebbe da
contrastare in tempo reale.
Implementare un sistema di difesa
completo (surveillance, difesa aerea, pattugliamenti) avrebbe costi elevati,
probabilmente nell’ordine di decine di milioni di euro annui, senza contare le
spese per eventuali danni o ricostruzioni.
In conclusione posso affermare
che il Ponte sullo Stretto è teoricamente difendibile da attacchi terroristici
con un robusto sistema di intelligence, sorveglianza e risposta rapida, anche
se resta vulnerabile a tattiche asimmetriche. Contro un attacco militare, la
protezione sarebbe più complessa e dipenderebbe da sistemi di difesa avanzati e
dal supporto NATO, ma un attacco mirato con armi moderne potrebbe comunque
causare danni significativi. La chiave per la sicurezza sarebbe un mix di
prevenzione, protezione passiva e risposta attiva. Tuttavia nessuna
infrastruttura di questa portata può essere resa completamente invulnerabile.
Per dettagli sul piano di sicurezza attuale bisognerebbe consultare la Società
Stretto di Messina o il Ministero della Difesa, ma tali informazioni potrebbero
essere riservate.
Ma non è necessario presentare uno studio di valutazione sulla
sostenibilità militare del Ponte da parte del Ministero della Difesa?
Non esiste un obbligo normativo
esplicito che imponga al Ministero della Difesa di condurre uno studio di
sostenibilità militare specifica del Ponte sullo Stretto di Messina. Tuttavia,
la questione della valenza militare dell’infrastruttura è stata sollevata in
passato, soprattutto in relazione alla sua protezione da potenziali minacce,
come attacchi terroristici o conflitti armati, e al suo possibile utilizzo per
esigenze militari.
Può darci dei riferimenti in merito di quanto fatto in passato?
Negli anni ’80 il Ministero della
Difesa presentò un rapporto segreto denominato “Coefficiente D” alla Società
Stretto di Messina, in cui si analizzavano gli interventi necessari per
garantire l’utilizzo militare del Ponte e la sua protezione in caso di crisi
internazionale o conflitto armato. Questo rapporto evidenziava la complessità
della difesa dell’infrastruttura, suggerendo la necessità di un imponente
sistema di sicurezza militare, che includeva missili terra-aria,
cacciabombardieri, unità navali e reparti di pronto intervento. Già allora il
Ponte era dunque considerato vulnerabile a minacce militari
Nel 2008 si è discusso
dell’interesse militare, in particolare da parte delle forze armate
statunitensi presenti in Italia, per il Ponte, che avrebbe facilitato i
collegamenti tra le basi di Sigonella e Napoli. Tuttavia, tali considerazioni
non hanno mai portato a un obbligo formale di studio di sostenibilità militare.
La protezione del Ponte da
minacce, inclusi atti terroristici o mafiosi, è stata oggetto di dibattito.
Negli anni 2000, si parlava di un possibile dispiegamento di forze armate e
servizi segreti per presidiare i cantieri e l’opera finita, ma senza dettagli
su piani concreti o un riferimento a uno studio militare obbligatorio.
Parliamo di tanto, tanto tempo fa. Ma oggi cosa si fa?
Il progetto attuale del Ponte
sullo Stretto, rilanciato dal governo Meloni, si concentra principalmente su
aspetti ambientali, sismici, economici e infrastrutturali. La Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA) del Ministero dell’Ambiente, approvata a novembre 2024
con 60 prescrizioni, non menziona esplicitamente la necessità di uno studio di
sostenibilità militare.
Le normative vigenti, come il
Decreto Legislativo 36/2023 sul Codice degli Appalti, e le procedure di
approvazione del progetto (ad esempio, tramite il CIPESS) non includono un
requisito obbligatorio per uno studio militare. L’attenzione è posta su
valutazioni tecniche, ambientali e socio-economiche, come l’analisi
costi-benefici e la sostenibilità idrica dei cantieri.
Tuttavia, data l’importanza strategica
dell’opera, che rientra nei corridoi TEN-T europei per migliorare coesione,
efficienza e sostenibilità dei trasporti, è plausibile che il Ministero della
Difesa possa essere coinvolto in fasi successive, ad esempio per pianificare la
sicurezza dell’infrastruttura una volta operativa. Questo potrebbe includere
valutazioni su sistemi di difesa o protezione, ma non necessariamente uno
studio di sostenibilità militare formale.
Ma non è il caso allora che le forze politiche e le associazioni No
Ponte richiedano specificazioni di ordine militare in fase di approvazione del
progetto definitivo del Ponte?
Le associazioni ambientaliste e
alcuni critici, come il Partito Democratico, hanno sollevato dubbi sulla completezza
delle valutazioni del progetto, ma nessuno ha menzionato esplicitamente la
necessità di uno studio militare. Il focus delle critiche rimane sugli impatti
ambientali, sismici ed economici.
Alcuni osservatori ritengono che
un’analisi militare potrebbe essere rilevante in un’area come lo Stretto di
Messina, strategicamente importante per il Mediterraneo, ma ciò dipenderebbe da
decisioni politiche e dalle priorità di sicurezza nazionale, non da un obbligo
normativo.
Allo stato attuale, pertanto, non
è necessario né obbligatorio uno studio di sostenibilità militare del Ponte
sullo Stretto di Messina da parte del Ministero della Difesa, sulla base delle
normative e delle procedure in corso. Tuttavia, considerazioni militari
potrebbero emergere in futuro, soprattutto in relazione alla sicurezza dell’opera,
ma sarebbero probabilmente gestite come parte di un più ampio piano di
protezione delle infrastrutture strategiche, senza richiedere uno studio
dedicato. Per conferme definitive, si potrebbe consultare la documentazione
ufficiale sul sito del Ministero dell’Ambiente o della Società Stretto di
Messina.
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