La mezza bufala NATO del senatore Domenico Scilipoti
Nei
giorni scorsi accreditati organi di stampa e social network hanno dato ampio
risalto a una nota a firma del senatore di Forza Italia Domenico Scilipoti su
una sua “prestigiosa nomina” a “vice-presidente della commissione Scienze, tecnologie e sicurezza della
Nato”, nonché a “membro titolare della rappresentanza parlamentare
Nato-Ucraina, che si occupa della delicata situazione nella regione del
Donbass, al confine con la Russia”.
Nel
glorificarsi di tanti onerosi incarichi, il parlamentare originario di
Barcellona Pozzo di Gotto e Terme Vigliatore (provincia di Messina) è scivolato
in un infelice paragone con il potente ministro degli esteri Gaetano Martino, massone,
liberale e iperliberista, artefice del Trattato di Roma del 1957 e di soffocanti
alleanze diplomatiche tra l’Italia e i circoli ultraconservatori degli Stati Uniti
d’America. “Scilipoti riporta il nome di Messina e della sua provincia a
sessant’anni dalla nomina di Gaetano Martino a capo del comitato dei tre saggi, che fu formato anche dai
ministri degli esteri della Norvegia e del Canada, affinché redigessero il
rapporto sui compiti dell’Alleanza Atlantica”, riportano diverse testate. “Sono
orgoglioso di rappresentare l’Italia in un così prestigioso palcoscenico
istituzionale, ha commentato Scilipoti. La responsabilità di un incarico
internazionale in un momento così delicato per gli equilibri geopolitici mi
motiva molto e rende il mio impegno politico ancora più appassionato. Il nostro
Paese ha già fatto tanto ma deve poter fare ancora di più nella lotta al
terrorismo, portando anzi i valori cristiani a fondamento del dialogo con tutte
le parti interessate”.
In
verità, stavolta, il parlamentare medico barcellonese e/o tanti e troppi organi
di stampa “amici” e smemorati l’hanno sparata grossa. Innanzitutto un gran
torto di memoria è stato fatto alla figura dell’ambasciatore messinese Francesco
Paolo Fulci, cavaliere d’onore e devozione del Sovrano Militare ordine di Malta e già
segretario generale del CESIS (il Comitato dei servizi segreti), che presso il
comando NATO di Bruxelles ha ricoperto dal 1985 al 1991 l’incarico di rappresentante
diplomatico italiano.
Le nomine
vantate da Scilipoti non sono poi di marca NATO, come si potrebbe intendere
erroneamente dalla lettura delle note diffuse, ma più esattamente sono ascrivibili
all’Assemblea parlamentare della NATO, “punto di raccordo tra le istanze governative
che operano in seno all’Alleanza atlantica ed i Parlamenti nazionali dei 28 paesi
membri”, come si evince dalla pagina web dell’organismo interparlamentare
pro-alleanza.
Domenico Scilipoti è membro
della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea
parlamentare della NATO dal 4 luglio 2013 insieme ad altri nove deputati e otto senatori, nominati
dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, su
designazione dei rispettivi Gruppi parlamentari. Per la cronaca,
con Scilipoti fanno parte della delegazione italiana il presidente on. Andrea Manciulli
(Pd), i senatori Lorenzo Battista e Franco Panizza (Svp-Psi), Cristina De
Pietro (Verdi), Emilio Migliavacca e Vito Vattuone (Pd), Emilio Floris (FI),
Luciano Uras (gruppo Misto), Raffaele Volpi (Lega Nord); i deputati Paolo Alli
e Andrea Causin (Ncd), Bruno Censore, Andrea Martella e Roberto Morassut (Pd), Luca
Frusone (M5S), Michele Piras (SI-Sel) e Valentino Valentini (FI). Nomi quasi
del tutto sconosciuti al grande pubblico e ai media quelli della pattuglia
italica presso l’Assemblea parlamentare NATO.
Obiettivi
principali del forum internazionale del tutto (auto)rappresentativo sono “favorire
il dialogo parlamentare sulle principali tematiche della sicurezza; facilitare
la consapevolezza e la comprensione, a livello parlamentare, delle questioni
chiave dell’Alleanza in materia di sicurezza; rafforzare le relazioni
transatlantiche”. “Dal 1989 si sono andati aggiungendo alcuni nuovi e decisivi
obiettivi”, spiega l’ufficio stampa dell’Assemblea parlamentare. “Assistere lo
sviluppo della democrazia parlamentare nell’area euroatlantica, attraverso l’integrazione
dei parlamentari dei paesi non membri nei lavori dell’Assemblea; assistere da
vicino i Parlamenti che desiderano aderire all’Alleanza; incrementare la
cooperazione con i paesi che, pur non volendo aderire all’Alleanza, sono
comunque interessati a creare dei legami stabili con essa (fra questi i paesi
del Caucaso e della regione mediterranea o del Golfo); promuovere lo sviluppo
dei meccanismi parlamentari e delle procedure necessarie a realizzare un
efficace controllo democratico sulle forze armate”.
Le attività dell’Assemblea
si articolano in cinque Commissioni: Dimensione civile della sicurezza, Difesa e
sicurezza, Economica e sicurezza, Politica, Scienza e Tecnologia (di quest’ultima è divenuto vice-presidente il sen.
Scilipoti). L’Assemblea NATO si riunisce in sede plenaria solo due
volte l’anno, generalmente a maggio e in autunno, tra
ottobre e novembre, per adottare raccomandazioni, risoluzioni, pareri e
direttive da trasmettere poi ai Governi, ai Parlamenti nazionali e al
Segretario Generale della NATO. Il costo dell’assise filo-atlantica è
imponente: circa 3,8 milioni di euro all’anno, erogati direttamente
dai parlamenti o dai governi nazionali secondo quote proporzionali a quelle
della partecipazione di ciascun paese al bilancio civile dell’Alleanza
Atlantica. L’Italia contribuisce annualmente alla vita dell’Assemblea parlamentare
con quasi 350.000 euro, a cui si aggiungono le spese per gli eventi e le
riunioni delle commissioni ospitate nel nostro paese e il pagamento di tutte le
“missioni” dei parlamentari italiani all’estero. Non servirà certamente
a nulla il Parlamentino internazionale filo-NATO ma perlomeno dà lustro e
vacanze a qualche mediocre politico nostrano.
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