Soldati italiani nell’Europa dell’Est. 1500 pronti alla guerra con la Russia
In
meno di un anno è aumentato di cinque volte il numero dei militari italiani
schierati in Europa orientale alle frontiere con Ucraina, Russia e Bielorussia.
Sui 7.000 effettivi impiegati attualmente in missioni internazionali quasi
1.500 operano in ambito NATO nel “contenimento” delle forze armate russe. A
partire del 2014 l’Alleanza atlantica ha dato vita ad un’escalation bellica sul
fianco est come mai era accaduto nella sua storia. Nelle Repubbliche baltiche,
in Polonia, Romania, Bulgaria e Ungheria, sono state realizzate grandi
installazioni terrestri, aeree e navali, sono state trasferite le più avanzate
tecnologie di guerra, sono state sperimentate le strategie dei conflitti
globali del XXI secolo con l’uso dei droni e delle armi interamente automatizzate,
cyber-spaziali e nucleari.
A
seguito dell’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 il processo di
riarmo e militarizzazione dell’Europa orientale è pericolosamente dilagato e
ancora oggi appare inarrestabile. E l’Italia c’è con le sue truppe d’élite, le
brigate di pronto intervento, gli obici, i carri armati e i cacciabombardieri
“gioielli di morte” del complesso militare-industriale nazionale e dei
soci-partner stranieri, primi fra tutti USA e Israele. A inizio 2023 il
tricolore sventola in Lettonia, Ungheria, Bulgaria e Romania. E ogni giorno,
24h, le truppe sono in stato d’allerta e si addestrano in condizioni estreme ad
ogni possibile scenario di conflitto con il Cremilino, dai combattimenti casa
per casa, vicolo per vicolo, piazza per piazza, agli sfondamenti nell’infinito
bassopiano sarmatico, finanche all’impiego di armi atomiche, chimiche e
batteriologiche e alla “sopravvivenza” al tragico inverno nucleare. Missioni di
aperta e dichiarata cobelligeranza, pericolosamente provocatorie e infinitamente
dispendiose sul piano politico-diplomatico e su quello economico-finanziario.
Ma del tutto ignorate dai media mainstream che dallo scoppio della guerra
fratricida hanno scelto di fare da cassa amplificata di Ares e Thanos e che gli
italiani neanche immaginano quanto esse potrebbero trascinarci alla terza e
ultima guerra mondiale.
Proviamo
noi a raccontare chi sono e cosa fanno i reparti italiani inviati da una classe
politica e di governo irresponsabile come topolino
apprendista stregone. La componente più numerosa è quella terrestre: oggi è
presente in Lettonia, Ungheria e Bulgaria, inquadrata all’interno delle forze
di intervento rapido della NATO, i cosiddetti battlegroup, gruppi di battaglia. “Dinnanzi a una deteriorata
percezione della sicurezza e a seguito di specifica richiesta avanzata da parte
dei Paesi Baltici e della Polonia, al Summit di Varsavia del luglio 2016 la
NATO ha ritenuto opportuno rafforzare la propria presenza sul fianco est dello
spazio euro-atlantico, varando una misura di enhanced Forward Presence (eFP) che contempla lo schieramento
di quattro Battle Group
rispettivamente in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, supportate dagli
altri Alleati”, ricorda lo Stato Maggiore della difesa. “L’eFP è una
misura di natura difensiva, proporzionata e pienamente in linea con l’impegno
internazionale della NATO che intende rafforzare il principio di deterrenza
dell’Alleanza. In particolare, aver rafforzato la presenza sul fianco est
rappresenta un chiaro esempio della determinazione nell’assolvere la missione
primaria di sicurezza collettiva dell’integrità territoriale euro-atlantica
contro ogni possibile aggressione e minaccia, nonché di riaffermazione della
coesione e della solidarietà tra i Paesi membri”. (1) Meno edulcorata e più
realista la versione del Comando generale della NATO. “Questi battlegroup sono
multinazionali e pronti al combattimento e dimostrano la forza del legame
transatlantico”, spiegano i vertici dell’Alleanza. “Essi operano insieme alle
forze di difesa del paese ospitante, conducendo esercitazioni e attività di
vigilanza. La loro presenza rende chiaro che un attacco ad uno degli Alleati
sarà considerato un attacco all’intera Alleanza. I battlegroup sono parte del
più grande rinforzo della difesa collettiva della NATO da una generazione a
questa parte”. (2)
Dopo
l’invasione russa dell’Ucraina la NATO ha rafforzato la propria presenza in
Europa orientale dispiegando migliaia di truppe supplementari e istituendo in
tempi rapidissimi altri quattro nuovi gruppi tattici multinazionali in
Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia. “Oggi gli otto gruppi tattici si
estendono lungo tutto il fianco orientale della NATO, dal Mar Baltico a nord al
Mar Nero a sud”, spiega lo Stato Maggiore italiano. “Oltre 40.000 truppe,
insieme a significativi mezzi aerei e navali, sono ora sotto il diretto comando
della NATO, supportate da altre centinaia di migliaia di truppe provenienti dai
dispiegamenti nazionali degli Alleati. Inoltre, al Vertice di Madrid del giugno
2022, gli alleati hanno concordato un cambiamento fondamentale nella deterrenza
della NATO. Ciò include il rafforzamento delle difese avanzate, il
potenziamento dei gruppi tattici nella parte orientale dell’Alleanza fino al
livello di brigata, la trasformazione della Forza di risposta della NATO e
l’aumento del numero di forze ad alta prontezza a ben oltre 300.000 unità”. (3)
Italiani in Lettonia
Tutte
le attività operative e addestrative condotte dalle forze armate Italiane sul
fianco orientale della NATO sono disposte dal Capo di Stato Maggiore della
Difesa e sono coordinate dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI),
istituito - non certo casualmente - nel luglio 2021 per rimodulare
l’architettura militare nazionale e “abbracciare il concetto del multi-dominio,
terrestre, marittimo, aereo, spaziale e cyber”. (4) Comandante del COVI è
il gen. Francesco Paolo
Figliuolo, il padre-alpino a cui sono
stati attribuiti ampi poteri nella gestione socio-sanitaria dell’emergenza e
post emergenza da Covid19.
L’Esercito
italiano opera ininterrottamente da quasi un biennio all’interno del
battlegroup NATO schierato in Lettonia (Operazione
eFP Baltic Guardian), quello che annovera il maggior numero di nazioni partecipanti:
oltre a Italia e Lettonia sono presenti Canada, Albania, Repubblica Ceca,
Islanda, Montenegro, Macedonia del Nord, Polonia, Slovenia, Slovacchia e
Spagna. Attualmente il contingente nazionale impiegato è di 250 militari appartenenti
alla Brigata bersaglieri “Garibaldi” di stanza in Campania e da altri assetti
forniti dal 17° Reggimento artiglieria controaerea “Sforzesca” (Sabaudia), dal
132° Reggimento carri (Cordenons, Pordenone), dal 7° Reggimento per la difesa
CBRN “Cremona” (Civitavecchia), dal 3° Reggimento artiglieria da montagna
(Remanzacco, Udine) e dall’11° Reggimento trasmissioni (Civitavecchia). Ingente
è il numero di mezzi nella disponibilità di questi reparti: 139 tra
veicoli da combattimento “Dardo”, carri armati “Ariete” e blindo “Centauro”.
I
bersaglieri della “Garibaldi” sono arrivati nella grande installazione lettone
di Adazi nel giugno 2022 prendendo il posto degli alpini della Brigata
“Taurinense” (di stanza in Piemonte) e del 2° Reggimento trasmissioni alpino di
Bolzano. “La
partecipazione dell’Italia alla missione
in Lettonia, oltre a testimoniare la solidarietà e la coesione dei Paesi
dell’Alleanza Atlantica, rappresenta, nel panorama delle operazioni fuori area, un’opportunità straordinaria
per il personale italiano impiegato, che ha modo di dedicarsi esclusivamente
all’addestramento al warfighting, con il valore aggiunto del confronto continuo
con gli eserciti di altri Paesi alleati”, scrive lo Stato Maggiore
dell’Esercito. Warfighting, cioè
combattimento, e l’interminabile elenco e le dimensioni delle “esercitazioni”
effettuate nella Repubblica baltica e nei paesi confinanti sono un’indubbia
testimonianza che la task force NATO è nata e cresce per la “battaglia”. Tra le
maggiori e più complesse attività addestrative della scorsa primavera è
possibile enumerare “Horned Viper” (vipera cornuta),
finalizzata all’applicazione delle procedure del Tactical Combat Casualty Car (la medicina tattica da combattimento e il
soccorso dei militari feriti), sotto la supervisione del personale medico dell’esercito danese,
canadese e statunitense. A maggio 2022 le truppe alpine hanno addestrato i cadetti della National Defense Academy lettone
nelle attività di “infiltrazione” in ambiente boschivo ed “occupazione
di postazioni difensive”, mentre il mese successivo hanno partecipato
all’esercitazione controaerea “Ramstein
Legacy” presso la base aerea lettone di Lielvarde. Pianificata e
condotta dal Comando generale della NATO e da quello delle forze armate USA in
Europa (USEUCOM), “Ramstein Legacy” è
stata svolta in contemporanea nello spazio aereo della Polonia e delle altre
due Repubbliche baltiche; accanto agli italiani sono stati schierati i
reparti di U.S. Army specializzati nella “difesa aerea” e missilistica.
Sempre
a giugno gli alpini della “Taurinense” sono stati impiegati in attività di supporto aereo
ravvicinato (Close air Support) fuori
dai confini lettoni: in Estonia con l’esercitazione “Furious Wolf” (lupo furioso), congiuntamente al battlegroup ivi schierato e ai caccia della
NATO presenti nel Baltico; in Slovenia con “Adriatic Strike 22”,
esercitazione di cooperazione aerea che ha coinvolto 28 paesi dell’Alleanza.
Subito dopo l’arrivo in Lettonia a metà giugno, la Brigata
“Garibaldi” si è addestrata al combattimento individuale e con i mezzi da fuoco
“Dardo”, “Centauro” e “Ariete”. “Inoltre, nell’ambito delle
iniziative finalizzate a mostrare la presenza della NATO in Lettonia, sono
state svolte diverse mostre statiche di mezzi e materiali a favore non solo
della popolazione ma anche degli allievi ufficiali della National Defence
Academy lettone”, aggiunge lo Stato Maggiore dell’Esercito, enfatizzando il
ruolo dei propri reparti quali ambasciatori-piazzisti delle armi made in Italy.
In piena estate si è tenuta l’esercitazione multinazionale “Rampart Forge” (forgia del bastione) con lo scopo di
“consolidare lo stato di prontezza ed incrementare le capacità di combattimento
delle unità su un terreno fortemente compartimentato”. Una “cellula”
per la guerra cibernetica distaccata in Lettonia dal Comando interforze per le
Operazioni in Rete (COR) di Roma ha condotto
con i partner NATO operazioni cyber al fine di “rilevare, contrastare e neutralizzare
minacce che possano limitare la libertà di manovra nel dominio cibernetico”. A fine agosto il
contingente della “Garibaldi” ha effettuato con l’esercito di Stati Uniti
d’America, Spagna e Lettonia un’esercitazione di combattimento terrestre ed
aereo con l’impiego di elicotteri d’attacco Bell AH-1 “Cobra” e UH-1 “Iroquois
Huey”.
A
settembre è stata la volta dell’esercitazione “Rampart Shield” (scudo del bastione) che ha consacrato il
raggiungimento della piena capacità operativa del battlegrup NATO eFP “Latvia”.
Durante i war games il personale militare ha condotto “attività tattiche
difensive attraverso il posizionamento di ostacoli sul terreno per la
battaglia”; inoltre un plotone difesa
CBRN (chimica, batteriologica, radiologica e nucleare) proveniente dal 7°
Reggimento “Cremona” ha svolto un’intensa
attività di formazione teorico-pratica a favore di tutte le unità operative del
battlegroup per la “gestione complessa di un incidente CBRN in ambiente war e
decontaminazione operativa”. Sempre a settembre nel poligono di Adazi si sono
svolte due fasi distinte di “Silver Arrow” (freccia
d’argento): la prima ha visto schierati in formazioni contrapposte il battlegroup
NATO in Lettonia e quello dispiegato in Polonia; alla seconda hanno invece
partecipato 4.200 unità e oltre 1.000 mezzi da guerra di 17 Paesi dell’Alleanza
(oltre a quelli della task force in Lettonia, Danimarca, Francia, Germania,
Ungheria, Regno Unito e USA). Nel corso di “Silver Arrow 2” ha fatto la sua
comparsa il sistema di artiglieria ad alta mobilità M142 “HIMARS”, dispiegato dall’esercito
USA per lanciare razzi contro bersagli fissi e mobili nel Mar Baltico. L’M142 “HIMARS”
è stato poi fornito alle forze armate ucraine che lo hanno impiegato nella
controffensiva d’autunno contro i carri armati russi.
Dal
28 ottobre al 2 novembre l’Esercito italiano è stato impegnato in Lettonia in
un’esercitazione a fuoco su bersagli a mare congiuntamente allo Standing NATO
Maritime Group 1 (SNMG-1), gruppo navale di pronto intervento con unità da
guerra delle Marine di Danimarca, Norvegia e Paesi Bassi, allo scopo di “incrementare
la reciproca conoscenza tra forze terrestri e navali della NATO presenti sul fianco Est”,
così come riposta l’ufficio stampa della Difesa. “Iron Spear” (lancia di ferro) è stata l’attività
addestrativa multinazionale di metà novembre pianificata e diretta dal
contingente italiano, a cui hanno preso parte le unità corazzate e blindate
provenienti da 12 contingenti alleati di stanza nei Paesi Baltici. “Si è
trattata di una dimostrazione della potenza di fuoco, notturna e diurna, di
tutti i mezzi partecipanti (…) con valutazione sia della precisione che dei
tempi di esecuzione delle manovre”, spiega lo Stato Maggiore dell’Esercito. Gli
istruttori del contingente italiano hanno curato presso le aree sportive della
base di Camp Adazi anche un corso per il personale appartenente al battlegroup
NATO su una serie di attività ginniche “volte a mostrare l’efficacia del metodo
di combattimento individuale militare italiano
impiegato in un contesto operativo (MCM Academy)”. Sport e ginnastica
verde-bianco-rosso per i guerrieri moderni dell’Alleanza con tanto di esercizi
di condizionamento fisico, “imprescindibile per il personale che opera in area
di operazione”, tecniche mirate alla difesa da arma lunga e corta, impiego
dello sfollagente, di armi bianche e “combinazioni di percussioni volte a
contrastare le forze nemiche in opposizione, con tempi di reazione veloci e
condizioni disagiate”. “Gli istruttori – aggiunge lo Stato Maggiore - hanno
evidenziato la forte componente psicologica che coinvolge il combattente
militare, analizzando conseguentemente le principali tecniche di gestione dello
stress, attuando un impiego della forza in aderenza al concetto di force escalation”. (5)
A cannoneggiare nella puszta ungherese
Nell’agosto
2022 l’Italia - insieme ai reparti dell’esercito ungherese, croato e
statunitense- è entrata a far parte del nuovo battaglione da guerra attivato
dalla NATO in Ungheria per “rafforzare le attività di vigilanza” anti-Russia
nel fianco sud-orientale. “L’Operazione Enhanced
Vigilance Activity (eVA) in Ungheria è una misura di natura difensiva,
proporzionata e pienamente in linea con l’impegno internazionale della NATO”,
annota lo Stato Maggiore. “Con l’adesione all’iniziativa, dopo il previsto iter
autorizzativo parlamentare, l’Italia si conferma tra i principali Paesi
contributori, in termini di uomini, mezzi e risorse, al rafforzamento della
postura di deterrenza e difesa della NATO sul fianco est”. (6)
La
consistenza massima annuale autorizzata per il contingente in Ungheria è di
circa 250 unità dell’Esercito; esso è composto - ancora una volta - da
personale della Brigata Alpina “Taurinense”, in particolare del 3° Reggimento
Alpini, rinforzato da componenti del 1° Reggimento Artiglieria Terrestre da
montagna, del 1° Reggimento “Nizza Cavalleria” e del 32° Reggimento Genio
Guastatori, oltre a un nucleo di polizia
militare del 1° Reggimento
Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”. Numerosi i veicoli tattici in dotazione,
dalle blindo “Centauro” ai VTMM (Veicoli tattici medi multiruolo), ai VTLM (Veicoli tattici leggeri
multiruolo) e ai BV206 (Veicoli
tattici ad elevata mobilità) tipici delle truppe alpine. A completare il
potente dispositivo bellico ci sono pure i sistemi d’arma in dotazione alle
unità di artiglieria, quali gli obici FH70, i mortai “Thomson”
da 120mm e i sistemi controcarro di 3^ generazione
“Spike” con missili a lungo
raggio prodotti dall’azienda israeliana
Rafael Ltd.. “Tutti i reparti coinvolti nell’operazione eVA provengono
da un intenso ciclo addestrativo che li ha visti partecipare, solo nell’ultimo
semestre, alle esercitazioni Volpe Bianca
22 nell’alta Val di Susa, Cold
Response 22 in Norvegia, Maurin 22
nell’alta Valle Maira e Candelo 22 nella
baraggia biellese, senza contare il continuo addestramento di specialità a
vivere, muovere e combattere in montagna”, riporta con malcelata enfasi bellica
lo Stato Maggiore dell’Esercito.
Le attività operative hanno preso il via il 18
agosto, una decina di giorni dopo il
completamento dello schieramento in territorio
magiaro. Il battesimo è stato consacrato dall’addestramento al
“combattimento nei centri abitati e di navigazione terrestre”, a fianco dei
paracadutisti della 101^ Divisione Aviotrasportata di US Army e di una
compagnia dell’esercito croato. A fine agosto gli alpini della “Taurinense”
hanno svolto un modulo addestrativo al “movimento e
combattimento in ambiente notturno”, con pattuglie da ricognizione per i
plotoni fucilieri, “simulazione” di esercizi di tiro con mortai da 120mm e
obici da 155mm, acquisizione di obiettivi in movimento per le squadre
controcarri, pattuglie esploranti con blindo “Centauro”, impiego degli
esplosivi per “ridurre la mobilità nemica” e di robot per la bonifica di
ordigni avversari per la componente guastatori.
Nel corso della prima settimana di settembre il
contingente italiano ha condotto
contestualmente due diverse attività addestrative: l’esercitazione a partiti
contrapposti denominata “Patrol Storm” (pattuglia tempesta) per “combinare” le capacità di fuoco e di
“acquisizione di obiettivi nemici in ogni condizione ambientale”; e “Fire
Observer Concentration” per standardizzare le procedure per l’osservazione, la
richiesta e la gestione del fuoco terrestre “erogabile mediante sistemi di
artiglieria in dotazione alla NATO”. Subito dopo gli alpini si sono sottoposti
a quattro giornate consecutive di attività di tiro, diurno e notturno e “sotto
stress” con armamento individuale e di reparto presso il poligono ungherese di
Ujmajor. A fine settembre, nell’estesa
area addestrativa ungherese di Varpalota,
si è svolta invece “Brave Warrior” (guerriero
valoroso) per la validazione del nuovo battlegroup e il suo passaggio
sotto il comando NATO. A “Brave Warrior” hanno partecipato anche i
contingenti di Ungheria, Stati Uniti, Croazia e Slovacchia, per una forza
totale di oltre 1.200 militari e 300 tra carri armati, blindati e obici di
artiglieria. Ospiti e osservatori “eccellenti” alle grandi manovre i vertici militari
della NATO, il Comandante del Joint Force Command NATO di Brunssum, gen. Guglielmo Luigi Miglietta e il
Comandante Operativo di Vertice Interforze COVI, gen. Francesco Paolo Figliuolo. “Consentitemi di dire che è un orgoglio
personale vedere impegnati in questo sforzo collettivo voi alpini della Brigata
Taurinense, unità che ho avuto il privilegio di guidare tra il 2010 e il 2011”,
ha dichiarato Figliuolo alla cerimonia conclusiva dei war games. “Non è un caso
che in una missione particolare come questa sia stata scelta proprio un’unità
delle Truppe Alpine dell’Esercito, a riprova della versatilità e della
resilienza di un Corpo che ha scritto pagine gloriose della storia nazionale e
militare, con un impiego che va dal deserto ai territori montani e artici, ai
quali siamo più votati, fino alla pianura ungherese. Inoltre, voi siete
portatori di quelli che sono gli stessi valori della NATO, valori che esaltano
la coesione e la solidarietà e che fanno di voi un baluardo a difesa della
democrazia e della libertà”. (7)
A
inizio ottobre nell’area di Veszprem si sono tenute le esercitazioni
“Relentless 9” (implacabile) e
“Strong Will 2022”. La “Relentless” ha riguardato la “capacità di ingaggio di
bersagli corazzati alle lunghe distanze di giorno come di notte” da parte delle
unità controcarri e di cavalleria pesante del battlegroup; la “Strong Will” è
stata invece orientata ad affinare le capacità agli assetti ISR
(Intelligence, Sorveglianza e Riconoscimento). Per esercitarsi a contrastare le
minacce aeree “nemiche” e gli attacchi da parte di droni si è tenuta anche “Noble Imperat” (nobili comandi), con
“combattimento a partiti contrapposti in ambiente caratterizzato da
rischio CBRN (Chimico, Biologico, Radiologico, Nucleare)”. Anche in
questa occasione era presente una componente della 101^ Divisione
Aviotrasportata di US Army, insieme ad unità della polizia militare e del
reparto specializzato anti-esplosivi delle forze armate croate e di “difesa”
aerea e CBRN ungherese. “L’esercitazione, della durata di 7 giorni ha visto le
unità del Battlegroup frenare e
bloccare, mediante l’impiego combinato del fuoco aereo, di artiglieria, dei
mortai pesanti e dei missili controcarro, oltre che degli ostacoli attivi e
passivi realizzati dalle unità del genio (campi minati anticarro, fossati,
terrapieni) un’unità nemica attaccante, per effettuare in seguito, mediante la
componente corazzata di cavalleria e le unità di fanteria un contrattacco
contro le forze avversarie”, riferisce l’Esercito italiano. Nel corso di “Noble Imperat” alcuni caccia F-18 di US
Air Force ed elicotteri d’attacco Mi-24 ungheresi “hanno impiegato il loro
munizionamento ordinario sui bersagli indicati dai team di controllo italiani,
ungheresi e americani schierati sul terreno”.
Il 29 ottobre 2022 il personale militare medico
degli alpini si è addestrato nell’area di
Camp Croft al soccorso in “prima linea” congiuntamente
con l’esercito croato e statunitense (Combat
Medic Concentration). “Fondamentale, per i soccorritori militari, la
conoscenza delle corrette procedure mediche, oltre che la capacità di operare
con lucidità mentale anche in condizioni di elevato stress fisico, dovuto dal
peso dell’equipaggiamento e dell’armamento in dotazione, nonché psicologico,
derivante dall’impatto emotivo del ferimento, in questo caso simulato, di
elementi della propria unità”, spiega l’Esercito. “Numerosi gli scenari di
fronte ai quali si sono trovati ad operare i soccorritori, dagli scontri a
fuoco con la presenza di feriti da colpi di armi leggere fino all’esplosione di
ordigni quali mine e razzi controcarro a danno degli equipaggi dei veicoli”.
Novembre
è ricordato per l’esercitazione a fuoco con obici e mortai “Noble
Strike” (colpo nobile),
orientata al “forzamento di ostacoli attivi e passivi posizionati dal nemico
(campi minati e reticolati) per il successivo assalto a postazioni fortificate”
e per “Noble Freedom”, operazione
addestrativa “offensiva” con la partecipazione di oltre 500 unità e 100 veicoli
da guerra. Il personale del 3° Reggimento Alpini ha condotto a dicembre due
settimane di addestramento al “combattimento in aree urbanizzate” presso il
Comando della 25ª Brigata Corazzata dell’esercito ungherese, situato
nella città di Tata. Il 2022 si è concluso con l’esercitazione “Noble Defender” anch’essa
orientata alla guerra urbana e in particolare “alla presa di un centro abitato
occupato da forze nemiche con la presenza nell’area sia di personale civile non
combattente, sia di trappole esplosive collocate dall’avversario”.
Il Tricolore comanda in Bulgaria
Con
identiche finalità e obiettivi strategici del battlegroup “ungherese” dal marzo
dello scorso anno ha preso il via l’operazione Enhanced Vigilance Activity (eVA) – Bulgaria, a cui la NATO ha
assegnato oltre 1.100 militari delle forze terrestri di Bulgaria, Albania,
Grecia, Italia, Repubblica della Macedonia del Nord, Montenegro e Stati Uniti.
Il quartier generale si è insediato nell’area addestrativa di Novo Selo, nella
regione di Vidin, prossima al confine con Romania e Serbia. Nella missione in
terra bulgara l’Italia impiega circa 740 unità in forza alla Brigata
Meccanizzata “Pinerolo” di stanza in Puglia. Dal 17 ottobre il nostro paese ha
assunto il ruolo di Framework Nation,
ovvero la leadership del nuovo battlegroup NATO, attraverso il comando dell’82°
Reggimento di fanteria “Torino”. Alla cerimonia di
trasferimento della guida di (eVA) –
Bulgaria erano presenti il Presidente
della Repubblica di Bulgaria, Rumen Radev, il Comandante supremo delle
forze alleate in Europa, gen.
Christopher G. Cavoli, l’allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio
Giuseppe Cavo Dragone e il Comandante del COVI, gen. Figliuolo. Nonostante le roboanti
parole d’encomio sulla leadership italica è indubbio che il mentore di questo
nuovo gruppo NATO sia di casa negli USA. Prima ancora della “benedizione” del
gen. Christopher G. Cavoli (già a capo
delle forze armate USA in Europa e in Africa), le unità schierate a Novo Selo
sono state “ispezionate” il 25
agosto 2022 dal Comandante del 5° Corpo d’Armata di U.S.
Army, gen. John S. Kolasheski
e dal Comandante dell’immancabile 101^ Divisione aviotrasportata, gen. Joseph P. McGee. Il 12 settembre è
stata la volta della visita ufficiale dell’ammiraglio di US Navy, Stuart B. Munsch, comandante del Joint
Force Command Naples.
Il
“comando” italiano di (eVA) – Bulgaria
è stato sperimentato sul campo a fine ottobre con l’esercitazione “Alliance Wall”: quattro giorni di
fuoco no-stop con l’impiego di oltre 50 mezzi (blindati italiani “Freccia”, carri
armati e veicoli d’attacco greci, statunitensi e bulgari). A inizio novembre è stata la volta di “Iron Strike” (colpo d’acciaio) con il
dispiegamento di 300 militari e 70 mezzi tattici: per l’Italia un
sistema di “difesa e controllo aereo”, gli obici semoventi PZH2000 da 155/52 mm
di produzione tedesca (uno dei principali sistemi d’arma che i paesi NATO hanno
consegnato all’Ucraina dopo l’invasione russa), i blindo “Centauro” e ancora i “Freccia”. Così
come in Ungheria anche in Bulgaria non sono mancate le attività addestrative al
combattimento in ambiente urbano. “L’esercitazione svoltasi a inizio dicembre e
suddivisa in cinque fasi ha visto una iniziale ricognizione d’area seguita dal
movimento verso le zone di accesso al villaggio; l’isolamento del centro
abitato dal possibile avvicinamento di forze nemiche intervenute a supporto e
difesa; la bonifica da possibili minacce presenti all’interno del villaggio ed
infine, il consolidamento delle truppe nell’area ed il mantenimento del
controllo della stessa”, annota lo Stato Maggiore.
Cacciabombardieri sul Baltico e nel Mar Nero anche per
venderli
In
gergo tecnico-militare è definita “Air Policing (AP)”; si tratta della missione
di cui si è dotata la NATO a partire dalla metà degli anni cinquanta per integrare
gli apparati e gli assetti dei paesi membri in un unico sistema di difesa aerea
e missilistico. Nello specifico l’AP consiste nella “continua sorveglianza”
dello spazio aereo alleato e nell’identificazione di tutte le eventuali
violazioni allo stesso; le operazioni sono svolte da caccia intercettori pronti
al decollo in tempi radissimi (scramble).
Le missioni di Air Policing sono condotte sotto il comando e controllo di due
centri operativi NATO, ubicati rispettivamente a Uedem (Germania) e Torrejon
(Spagna), sotto la supervisione dall’Allied Air Command di Ramstein (Germania).
E, come ricorda con orgoglio lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare,
l’Italia è l’unica nazione dell’Alleanza Atlantica che ha partecipato a tutte
le operazioni di Air Policing realizzate fino ad oggi.
Con la “spiralizzazione” della crisi russo-ucraina a inizio 2022 la NATO ha deciso di potenziare le attività di sorveglianza aerea dando vita alla cosiddetta enhanced Air Policing (eAP), in particolare sul fronte sud-orientale. In quest’ambito dallo scorso mese di novembre il nostro paese ha inviato una task force (TFA R Gladiator) presso l’aeroporto “Mihail Kogălniceanu” di Costanza (Romania), sul Mar Nero. TFA Gladiator impiega attualmente quattro cacciabombardieri Eurofighter EF-2000 “Typhoon” degli Stormi 4°, 36°, 37° e 51°dell’Aeronautica Militare, rispettivamente con base a Grosseto, Gioia del Colle, Trapani-Birgi e Istrana-Treviso. A Costanza sono presenti in tutto 150 tra piloti, controllori volo e tecnici, oltre alla componente di polizia militare assicurata dall’Arma dei Carabinieri. Nelle operazioni aeree sono pure coinvolti altri importanti enti dell’Aeronautica, tra cui il 14° Stormo di Pratica di Mare, la 46° Brigata Aerea di Pisa e il 16° Stormo Fucilieri dell’Aria con quartier generale a Martina Franca, Taranto.
In passato
i caccia italiani avevano già svolto attività di “vigilanza aerea” NATO in Romania
nel 2019 e – ininterrottamente - dai primi di dicembre 2021 fino
al 1° luglio del 2022 con la task force “Black Storm” (tempesta nera). Durante quest’ultima missione
i cacciabombardieri dell’Aeronautica hanno superato le 1.400 ore di volo con
circa 750 sortite. “Si tratta di un risultato mai raggiunto da una TFA sul
suolo europeo”, ricorda lo Stato Maggiore delle forze aree. “In parallelo è
stato conseguito un elevato grado di interoperabilità con gli assetti aerei
dell’Alleanza che in quei mesi erano impiegati nella regione (i Typhoon
dell’Aeronautica tedesca e i caccia intercettori delle forze aeree rumene e
statunitensi), con le unità della Marina militare francese e rumena e con i
contingenti terrestri belgi, francesi, rumeni, britannici e statunitensi”.
Durante TFA “Black Sorm” sono stati inviati in Romania per quasi due mesi pure
i paracadutisti del 3° Reggimento “Savoia Cavalleria” della brigata “Folgore”
per partecipare in particolare all’esercitazione multinazionale “Scorpion
Legacy” presso il poligono di Smardan nell’ambito del Military Training
Education Program della NATO.
Nel
periodo di assenza dal territorio rumeno gli EF-2000 “Typhoon” italiani non
sono stati certo con le mani in mano: hanno operato invece in uno scenario
geo-strategico ancora più critico. Dalla fine di luglio a fine novembre i
cacciabombardieri sono stati rischierati con la task force “White Eagle” presso
l’aeroporto “Krolewo” di Malbork, Polonia nord-orientale (a meno di un
centinaio di Km dal confine con l’enclave russa di Kaliningrad), già sede
dell’Air Policing NATO nel 2014 e nel 2015 dopo l’escalation bellica in
Donbass e l’occupazione russa della Crimea. In
poco meno di quattro mesi di attività i velivoli italiani hanno effettuato
dalla base polacca oltre 500 ore di volo, nonché 23 Alpha Scramble “per la presenza di velivoli
russi che operavano senza autorizzazioni nella zona di competenza degli assetti
aerei italiani”.
Che i caccia italiani abbiano davvero giocato con il
fuoco durante la loro missione in Polonia appare evidente dalla lettura del
comunicato emesso dallo Stato Maggiore
dell’Aeronautica il 22 settembre. “Una settimana intensa quella che gli uomini
della Task Force Air White Eagle
hanno affrontato fino ad oggi, a causa dei numerosi interventi richiesti
dal Combined Air Operation Center di Uedem”, spiega la forza aerea. “La contemporanea presenza nel Baltico anche di alcuni
assetti navali della NATO,
ha fatto sì che per garantire la sicurezza dei confini dell’Alleanza, la catena
di Comando e Controllo della NATO ha realizzato un dispositivo di sicurezza
massimo (…) Considerata la complessità del momento, le difficoltà
di operare così vicini al confine (i piloti italiani si sono trovati a operare
a soli 5 minuti di volo da Kaliningrand, a 20 minuti dalla Bielorussia e a 25
dal territorio ucraino) e, non ultimo, il rischio che qualunque errore possa
essere considerato come una provocazione, è assolutamente pleonastico
rappresentare come la prontezza operativa di tutta la Task Force, messa
duramente alla prova dal continuo operare in tutte le ore della giornata, sia
stata garantita dalla preparazione professionale del personale italiano e
dell’apparato logistico che ogni giorno li supporta”. (8)
Rischiare
il conflitto magari solo per una virata errata è davvero da folli ma a Roma c’è
chi evidentemente persegue uber alles
e sulla pelle di noi tutti la moltiplicazione dei profitti e dei dividendi
azionari delle grandi industrie militari a capitale pubblico. Esageriamo perché
pacifisti imbelli? Ecco cosa ha
evidenziato l’analista Aurelio Giansiracusa, direttore di Ares Osservatorio Difesa in un articolo pubblicato a fine luglio:
“Per l’Aeronautica Polacca il rischiaramento degli italiani è una preziosa
occasione per interagire con i potenti caccia bombardieri prodotti dal
consorzio Eurofighter costituito da Leonardo, BAE Systems ed Airbus. Non è un
mistero che la Polonia, nell’ambito del potenziamento esponenziale in atto
delle sue Forze Armate, sia interessata fortemente al velivolo europeo; del
resto anche lo stesso consorzio Eurofighter (in Polonia guidato da Leonardo) spinge
per l’adozione offrendo a Varsavia una partnership nel programma”. (9)
Ecco
ancora recitato il mantra della storia dell’ultimo secolo: in guerra per le armi e le armi per le guerra…
Note:
(2) https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_208439.htm
(3) https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Operazione_eVA_Ungheria/Pagine/default.aspx
(4) https://www.difesa.it/SMD_/COVI/Pagine/default.aspx
(9) https://aresdifesa.it/eurofighter-typhoon-dellaeronautica-militare-italiana-schierati-in-polonia/
Pubblicato
in Pagine Esteri il 10 e 11 gennaio
2023, https://pagineesteri.it/2023/01/10/in-evidenza/italia-russia/;
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