Io Antonio Mazzeo, imputato di diritto-dovere di cronaca antimafia
Domani giovedì 14 dicembre
alle ore 9, riprenderà presso la 1^ Sezione Penale del Tribunale di Messina il
processo nei miei confronti per il reato di cui
agli artt. 81 e 595 comma 3 (diffamazione a mezzo stampa) a seguito di una
querela presentata dal Comune di Falcone per l’inchiesta pubblicata sul
periodico I Siciliani giovani (n. 7 luglio-agosto 2012), dal
titolo “Falcone comune di mafia fra Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto”. Nella
lunga inchiesta descrissi alcune vicende che avevano interessato la vita
politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola cittadina della
costa tirrenica del messinese (speculazioni immobiliari dalle devastanti
conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione
del 2008, ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni
criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche
mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
Ho più
volte ribadito la natura meramente persecutoria di questo procedimento e
l’intento dei querelanti di impedire il libero esercizio-dovere di analisi,
cronaca e denuncia su fatti gravissimi che hanno interessato la città di
Falcone e la stessa provincia di Messina. La finalità squisitamente “politiche”
da parte degli estensori della querela (gli ex amministratori comunali) sono
provate dal fatto che la nuova amministrazione comunale di Falcone non ha
ritenuto assolutamente costituirsi parte civile al processo poiché – come
scrive in nota del 14 marzo 2017 il neo sindaco Carmelo Paratore - “in parte ritiene
di condividere il pensiero espresso dal sig. Mazzeo”.
Nell’udienza
di domani mattina - assistito dal mio legale, l’avv. Carmelo Picciotto - avrò
modo di spiegare il senso della mia inchiesta giornalistica e la solidità delle
fonti storiche e giudiziarie utilizzate. Non è questa la sede di rispondere
all’infondatezza delle affermazioni che il querelante-parte offesa, l’ex
sindaco avvocato santi Cirella ha usato nei miei confronti in occasione della
sua deposizione al processo (udienza del 19 ottobre 2017). Sento tuttavia la
necessità di ricordare come sulle criticità registrate alle elezioni amministrative
2011 e più in generale sul pericolo d’infiltrazione mafiosa nel tessuto
cittadino falconese, sono state presentate tre dettagliate interrogazioni
parlamentari: la prima il 12 novembre 2012 da parte
dell’on. Antonio Di Pietro (Idv); la seconda il 24 ottobre 2013 dal sen.
Domenico Scilipoti (Forza Italia); la terza e ultima il 25 settembre 2015 dai
deputati del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva
(membro della Commissione Parlamentare Antimafia), Villarosa, Lorefice,
Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri. In particolare, l’allora leader di
Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ex magistrato, chiese al Presidente del
Consiglio e ai ministri dell’Interno e della Giustizia, un “accesso
prefettizio” presso il Comune di Falcone per verificare se le organizzazioni
criminali avessero tentato d’infiltrarsi nella vita amministrativa del piccolo comune
tirrenico. “Appare grave l’intreccio di responsabilità tra
amministratori locali, funzionari e personaggi in odor di mafia che,
predisponendo in apparente sinergia atti amministrativi, hanno concorso ad
azionare un meccanismo che ha stravolto la buona amministrazione del Comune di
Falcone e, contestualmente, consentito di liberare fiumi di denaro attraverso
la realizzazione di opere non soggette ad alcun sistema di gara d’appalto e
finanziabili con la pratica della discrezionalità”, scrisse Di Pietro.
Nella
loro interrogazione, i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno rilevato “come
nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante
quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose
indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali,
deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati Gotha e riguardanti il sistema mafioso
di gestione degli appalti nel territorio barcellonese, avrebbero denunciato un
sistema illecito attraverso il quale garantire l’affidamento dei lavori ad
aziende legate alla criminalità organizzata”. “In seguito alle numerose
indagini portate avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a
oggi – hanno scritto ancora i parlamentari di M5S - tali dichiarazioni hanno
potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione
mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte risultate
vincitrici degli appalti; tra questi avvenimenti particolare rilievo assume
proprio l’affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal territorio dei
fanghi causati dall’alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad
ambienti di tipo malavitoso…”.
Evidentemente
non sono stato l’unico a percepire certe anomalie e criticità. Ma che le
vicende che hanno interessato la vita politico-amministrativa di Falcone siano
state comunque meritevoli di attenzione non solo giornalistica, ne abbiamo
avuto prova proprio in questo processo, proprio durante l’udienza in cui ha
deposto il querelante ex sindaco Santi Cirella. Ci ha fatto sapere infatti -
cosa sino ad oggi del tutto ignota - di essere stato recentemente al centro di
un’indagine per associazione mafiosa da parte della Direzione Distrettuale
Antimafia, conclusasi con l’archiviazione. “Gli ultimi cinque anni non ho
potuto amministrare, perché attenzione, dimenticavo una cosa fondamentale, a
seguito dell’articolo del dottor Mazzeo e a seguito degli esposti dei
consiglieri comunali, è nata una indagine da parte della DDA di Messina,
operazione guarda caso, operazione Colonia,
dal titolo dell’articolo”, ha dichiarato Cirella. “Io ho scoperto per uno
stralcio di un procedimento penale che ha riguardato altri soggetti, non me, ho
scoperto che a seguito dell’articolo del dottor Mazzeo sono stato indagato
anche per associazione mafiosa. Hanno messo sotto controllo il mio telefono, il
telefono dei miei figli, mi hanno messo le cimici in macchina, io l’ho scoperto
da pochi mesi, da sei mesi, ho fatto richiesta, ho acquisito tutti gli atti, la
stessa Procura antimafia ha chiesto l’archiviazione, archiviazione che è poi
stata accolta dal GIP perché non esistevano minimamente presupposti per
sostenere una eventuale accusa in giudizio, però operazione Colonia, proprio nasce questa, in cui mi
indagano per associazione mafiosa in concorso con altre persone (…) Si chiama
operazione Colonia, proprio in
omaggio al dottor Mazzeo probabilmente”.
Esternazioni e rivelazioni
gravissime sia per il loro tenore sia per lo scarso rispetto istituzionale
mostrato da Cirella per la Direzione Investigativa Antimafia di Messina e gli
inquirenti in generale. In passato i giornalisti sono stati accusati di fare da
“velinari” o addetti stampa di magistrati e forze dell’ordine; oggi scopriamo
che esercitare il sacrosanto diritto-dovere di cronaca serve solo per
telecomandare le indagini antimafia e poi, magari, essere “omaggiati” in
informative e atti giudiziari. Ma anche di questo, speriamo, ne parleremo nel
corso dell’udienza di domani.
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