Mafia e MUOS: parenti, amici o “passavamo per caso”?
Il primo maggio a Niscemi
centinaia di ragazzi da tutta la Sicilia concludono tre giorni di protesta
(pacifica e gioiosa) contro il Muos, la megacentrale rischia di mandare in
pezzi l'economia e la natura del cuore della Sicilia. Ma perché ce l'hanno
tanto col Muos? Di che si tratta? E chi ci fa affari?
Si dice
che sono contiguo alla criminalità organizzata? Ed io chiudo e licenzio tutti... A Niscemi, nel cuore
della riserva naturale che ospita l’ultima sughereta dell’Isola, la “Piazza
Calcestruzzi Srl” ha completato sbancamenti e piattaforme in cemento armato
dove innalzare le mega-antenne del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni
satellitari delle forze armate Usa. E dalle pagine de La Sicilia, il 4 aprile 2012, i titolari annunciano l’affissione all’ingresso
degli l’impianti di un cartello choc: cantieri
chiusi per mafia!
“Si tratta di un’impresa che dal 31 ottobre
dell’anno scorso è chiacchierata on
line con il sospetto di essere vicina ad ambienti in odor di mafia”, annota il
cronista. Poi il lungo sfogo di Vincenzo Piazza, “delegato” della Calcestruzzi,
che – spiega il cronista - ha deciso di
dire basta a quelle che considera maldicenze gratuite che continuano ad
apparire periodicamente nei vari blog d’informazione della rete. “Una
campagna diffamatoria senza frontiere nei nostri confronti, attuata con vari
articoli contenenti dichiarazioni di politici professionisti dell’antimafia che hanno determinato gradualmente un
calo di richieste di lavoro nei confronti della nostra ditta, fino al punto che
dopo aver ultimato la fornitura del calcestruzzo per il basamento dove saranno
collocati i tralicci del MUOS, ci ritroviamo senza più richieste di forniture”.
L’1 aprile, la “Piazza Calcestruzzi Srl” aveva
notificato agli otto dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato la
lettera di licenziamento per “gravi problemi economici” dovuti alla mancanza di
commesse. All’indice la Prefettura di Caltanissetta, rea di aver negato all’azienda
le necessarie informative antimafia.
“Abbiamo subìto in passato attentati
incendiari ad autovetture, escavatori e betoniere”, si duole ancora su La Sicilia Francesco Piazza, figlio di
Vincenzo. “Mio padre, addirittura, si è rifiutato di pagare un pizzo di 170
mila euro ed ha denunciato 5 estortori di un clan malavitoso catanese che sono
stati arrestati. E ciò nonostante, siamo abbandonati da tutte le associazioni
di categoria locali, provinciali e regionali. Abbiamo così deciso di uscire
allo scoperto proprio perché non abbiamo nulla da temere e di dire basta alle
accuse diffamanti. Abbiamo sporto 5 querele verso coloro che ci hanno diffamato
e senza mai che questi abbiano indicato circostanze specifiche di una presunta
nostra vicinanza ad ambienti mafiosi”.
In verità blogger e giornalisti si sono limitati
a riportare il contenuto di una articolata interrogazione parlamentare ai
Ministri della difesa e degli interni, presentata il 14 febbraio 2012 dal senatore
Giuseppe Lumia (Pd). “È in atto la ristrutturazione e l’ampliamento del sistema
di comunicazioni per utenti mobili denominato MUOS nel territorio di Niscemi,
iniziativa ritenuta strategica a fini militari”, esordisce Lumia. “L’impresa
che sta effettuando, in subappalto per conto della ditta Lageco di Parisi
Adriana Srl, lavori edili e forniture di calcestruzzo è la Calcestruzzi Piazza che
ha come amministratore unico Concetta Valenti, il cui marito convivente è
Vincenzo Piazza, che, in base ad indagini della Direzione distrettuale
antimafia (DDA) di Caltanissetta nonché ad altri elementi info-investigativi
segnalati dalle Forze dell’ordine, apparirebbe fortemente legato al noto
esponente mafioso del clan Giugno-Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente
libero a Niscemi”.
Il senatore spiega che nel corso
dell’indagine Atlantide-Mercurio
della procura antimafia di Caltanissetta (gennaio 2009) sarebbero emersi contatti del
Piazza con esponenti mafiosi che “evidenziano ingerenze e condizionamenti di
Cosa nostra nell’appalto per i lavori di recupero, consolidamento e
sistemazione a verde dell’area sottostante il Belvedere, commissionati dal
Comune di Niscemi”. Vincenzo Piazza,
insieme a Giancarlo Giugno, è stato inoltre denunciato per il reato di
associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Triskelion, eseguita nel febbraio 2010 dalla DDA e dal GICO della
Guardia di finanza di Caltanissetta, contro una “cellula” di Cosa nostra della provincia di Enna
operante in Lombardia e in Belgio. “Nell’ambito della
citata indagine - scrive il parlamentare - il monitoraggio dell’utenza in uso a
Antonino Tramontana (soggetto affiliato al clan di Pietraperzia) dava modo di
riscontrare plurimi contatti che costui intratteneva con alcuni personaggi
pluripregiudicati, tra cui Giancarlo Giugno; quest’ultimo veniva contattato
proprio tramite l’utenza in uso a Piazza. Sempre tramite Vincenzo Piazza, altro
soggetto mafioso di Pietraperzia, tale Nino Tramontana, il 24 agosto 2006,
incontrava Giancarlo Giugno ed era per mezzo del suo cellulare che parlava con
Giugno quando si trovava presso l’impianto di calcestruzzo, il 3 settembre
2006…”.
La “Piazza Calcestruzzi” era finita
nell’occhio del ciclone ben prima dell’atto ispettivo del senatore Lumia. Il 7
novembre 2011, la Prefettura di Caltanissetta aveva reso noto che a seguito delle
verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione antimafia “sono emersi allo
stato degli attuali accertamenti e dagli atti esistenti presso questo ufficio elementi tali da non potere escludere la
sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte
e gli indirizzi della sopracitata società”. Alla base del
pronunciamento prefettizio, i contenuti di un rapporto della Divisione Polizia
anticrimine della Questura di Caltanissetta del 6 ottobre 2011, e di quello
della Sezione Criminalità organizzata della stessa Questura del 27 dicembre
2010.
A seguito del pronunciamento della Prefettura,
il 25 novembre 2011 il dirigente dell’Area servizi tecnici della Provincia
regionale di Caltanissetta aveva sospeso la “Piazza Calcestruzzi” dall’Albo
delle imprese per le procedure di cottimo-appalto. Venti giorni dopo anche il
capo ripartizione per gli Affari generali del Comune di Niscemi disponeva
l’esclusione della società dall’elenco dei fornitori e dall’Albo delle imprese
di fiducia. Contro i provvedimenti, i Piazza hanno presentato ricorso al TAR. “La conoscenza o la
frequentazione di Giancarlo Giugno da parte di Vincenzo Piazza non ha
influenzato le scelte personali del secondo, che invece sono state di segno
esattamente opposto rispetto alla vicinanza ad un comportamento mafioso”, affermano i legali
della “Calcestruzzi”. “Non si comprende, dunque, secondo quale
passaggio logico il primo avrebbe sul secondo un’influenza così profonda ed
estesa, da fare ritenere probabile l’intromissione nella gestione della
società, di cui peraltro il secondo non è socio né amministratore”. Una tesi che ha
convinto il Dipartimento della difesa, il Comando di Sigonella, l’Ambasciata
degli Stati Uniti a Roma e le massime autorità militari italiane. Nessuno
infatti ha ritenuto d’intervenire per far rispettare la legislazione italiana
antimafia.
In origine, gli unici lavori pro-MUOS nella
riserva “Sughereta” di Niscemi, autorizzati dall’assessorato ambiente e
territorio della Regione siciliana, riguardavano la recinzione del perimetro
interessato al sistema satellitare, la realizzazione di un impianto di
illuminazione e di un sistema di drenaggio delle acque meteoriche, il livellamento superficiale del terreno e
il suo consolidamento, sistemi di viabilità e collegamenti dell’area con le esistenti reti
idriche, elettriche e telefoniche mediante tubazioni interrate. Le opere,
però, sono state eseguite in spregio alle leggi e
al senso comune. Recarsi in contrada Ulmo è come ritrovarsi in un girone
infernale. Il
paesaggio è da incubo. Scempi che si sommano ad altri scempi. La collina
profanata, stuprata, sventrata. Voragini ampie come i crateri di un vulcano. Il
terreno lacerato dal transito dei mezzi pesanti, ruspe, betoniere, camion.
Recinzioni di filo spinato, tralicci di acciaio. Una selva di antenne. E poi
ancora e solo antenne. Terrazzamenti, gli uni sugli altri, per centinaia e
centinaia di metri. Uno di essi con evidenti segni di cedimento. In cima, tre
piattaforme in cemento armato. E un primo blocco di casermette, container in
alluminio e i box per i generatori di potenza.
“Abbiamo rilevato
alcune problematiche sulla conduzione delle opere di sbancamento”, denunciano i rappresentanti del Movimento
No MUOS. “Negli elaborati grafici del
progetto, la dislocazione delle piattaforme per le antenne non corrisponde con
quelle in costruzione. Nelle tavole le basi erano disposte lungo una direttrice
nord-sud, mentre la loro realizzazione è in direzione est-ovest. Non sappiamo
se siano mai state approvate varianti in corso d’opera al progetto. Se non è
così, i lavori non sono coerenti con le autorizzazioni rilasciate. Di sicuro
questa modifica, per il profilo del terreno, ha comportato un maggiore volume di terra
movimentata e di conseguenza un più pesante impatto sull’ambiente e il
territorio. È perfettamente visibile, poi, la
distruzione di essenze arboree tutelate. La scomparsa di parte della macchia
mediterranea è provata anche dalle foto satellitari in nostro possesso,
scattate prima dell’inizio dei lavori”.
“L’entità delle
trasformazioni in atto denotano una gravissima manomissione dell’ambiente con
l’aggravante di esplicarsi a danno di un’area protetta di interesse
internazionale”,
commenta amaramente Salvatore Zafarana, responsabile del Centro di educazione
e formazione ambientale (C.E.A.) di Niscemi. “Nei suoli interessati
dalla megastruttura è stato stroncato un processo di successione ecologica
positivo che aveva portato alla colonizzazione dei suoli sabbiosi e steppici
con specie cespugliose di gariga mediterranea. La superficie destinata ad
accogliere il MUOS, unita a quella occupata dalle 41 antenne erette dalla
Marina Usa a partire dagli anni ‘90, hanno vanificato ogni possibilità di
collegamento delle aree boscate più meridionali di contrada Pisciotto con
quelle più a nord di Apa, Ulmo e Vituso e con il residuo bosco di Carrubba ad
est. Ad essere definitivamente compromessi sono i lotti boscati di Mortelluzzo
e Valle Porco, di limitate estensioni ma di indiscusso pregio naturalistico e
paesaggistico”.
Le “presunte” illegalità e l’arroganza dei
potentati criminali rischiano di riportare Niscemi indietro di alcuni anni,
quando il territorio era sotto il dominio mafioso e gli spazi di libera
espressione e agibilità democratica per le nuove generazioni erano minimi. “Con
il MUOS e i lavori in mano agli amici del boss, il clima è tornato a farsi
pesante e
iniziamo ad avere davvero paura”, afferma uno dei giovani attivisti No MUOS. “I nostri genitori,
che pure ci hanno sempre sostenuto, si fanno delle domande. Dicono che adesso No MUOS significa No Mafia e che toccando il MUOS si toccano le relazioni criminali.
E ciò può creare problemi. Hanno paura che ci possano incendiare l’auto. So che hai ragione e che ci metti il cuore
nella lotta contro il MUOS, ma stai attento!, mi ha detto mia madre. Lei
non vuole che molli, ma mi fa male vederla preoccupata. Ci sono state persone
che sono andate dai nostri genitori, consigliando, anzi denunciando, che
eravamo nel Movimento. E questi a Niscemi sono segnali chiari, inequivocabili”.
La mafia che genera militarizzazione. La
militarizzazione che rigenera la mafia. “Anche se qui non si
spara e si uccide da qualche tempo, imperversa il racket, i commercianti pagano
il pizzo e i mafiosi impongono le forniture di cemento alle imprese che
lavorano”,
racconta Tony.
“Ho
lavorato come commesso nel settore dell’abbigliamento. I mafiosi
entravano in negozio, provavano la merce, se la facevano impaccare e se ne
andavano dicendo poi pagherò. Ma non
pagavano mai. C’è poi il passaggio di proprietà di piccole quote in mano ai
mafiosi. I negozi vengono bruciati o vengono fatte esplodere le auto dei
commercianti. A Niscemi non è mai nata un’associazione antiracket. Doveva
nascere qualche tempo fa. Fu annunciata durante la presentazione della festa
del Patrono. Poi, di notte, ci furono tre attentati contro i commercianti che
dovevano costituire l’associazione. L’iniziativa fu cancellata. E ai grandi
processi di mafia si costituiscono oggi solo il Comune e l’associazione Libera”.
L’amministrazione di Niscemi è stata sciolta
per infiltrazione mafiosa due volte in meno di dodici anni, la prima il 18
luglio 1992, il giorno prima dell’assassinio del giudice Borsellino e della sua
scorta, la seconda il 27 aprile 2004. “La situazione amministrativa risulta caratterizzata
da rilevanti fenomeni di instabilità politica, determinati dalla grave
situazione dell’ordine pubblico ivi esistente, che hanno determinato il susseguirsi
di tre giunte comunali, la prima delle quali è stata presieduta dal sindaco
dott. Rizzo Paolo, legato da vincoli di parentela con esponenti della criminalità
locale”, riportava il decreto di scioglimento a firma dell’allora ministro
degli interni, Nicola Mancino.
Il Rizzo, nello specifico, è parente del
presunto boss niscemese Giancarlo Giugno, quello delle frequentazioni con i titolari
della “Piazza Calcestruzzi”. “Il 23 dicembre 1984, Giugno veniva tratto in
arresto in esecuzione di ordine di cattura emesso dalla procura della
Repubblica di Caltagirone per associazione per delinquere di stampo mafioso”,
annotava il ministro. “Il 12 gennaio 1986 riceveva notifica del provvedimento
di diffida emesso dalla questura di Caltanissetta; il 6 marzo 1991 veniva
tratto in arresto per favoreggiamento personale perché sorpreso in compagnia
del latitante Barberi Alessandro di Gela, ritenuto personaggio di rilievo del
clan Madonia operante in quel comprensorio; il 2 aprile 1991 veniva proposto
dal comando carabinieri di Caltanissetta per l’applicazione della misura della
sorveglianza speciale di P.S. con divieto di soggiorno in Sicilia”.
Sull’ex sindaco Paolo Rizzo, pesarono
altresì i “vincoli di affinità” con tale Salvatore Paternò, denunciato il 18
dicembre 1984 alla Procura della Repubblica di Caltagirone per associazione mafiosa.
La sua ingombrante presenza a capo del Comune di Niscemi si protrasse dal
giugno 1988 al settembre 1991, il periodo in cui venne costruita in gran
segreto la stazione per le radiotelecomunicazioni con i sottomarini nucleari della
Marina Usa. Si tratta di una delle infrastrutture militari
più estese del territorio italiano: 1.660.000 metri quadri di terreni boschivi e
agricoli ad uso esclusivo delle forze
armate statunitensi, secondo quanto previsto dall’accordo tecnico Italia-Stati Uniti dell’aprile del 2006. Una
cessione di sovranità a costo zero che la dice lunga sulla subordinazione di
Roma agli interessi di guerra dell’alleato d’oltreoceano.
Articolo
pubblicato in I Siciliani giovani, n.
4 aprile 2012
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