Sfilata della politica italiana in Qatar pro industria bellica. L’affaire Beretta

12 Marzo 2018. A Doha, capitale del Qatar, è in corso “Dimdex”, la fiera internazionale dei sistemi di guerra navali. Lo stand italiano è uno dei più grandi e frequentati: a fare bella mostra di sé ci sono gli ultimi ritrovati tecnologici del complesso militare-industriale prodotti. La Farnesina e il Ministero della Difesa hanno fatto le cose in grande e come migliore ambasciatrice del made in Italy è stata trasferita nell’emirato la fregata multiruolo classe FREMM “Carlo Margottini”, unità della Marina realizzata da Fincantieri e super-armata da Leonardo-Finmeccanica. In rada nel porto di Hamad, la “Margottini” ospitava il vertice tra l’allora ministra (uscente) Roberta Pinotti e il ministro per gli Affari della difesa del Qatar, Khalid Bin Mohammed Al Attiyah, pure presidente di Barzan Holdings, la società di governo incaricata della ricerca, produzione e commercializzazione di armi e sistemi strategici. Con il Qatar stiamo costruendo un rapporto sempre più importante sui temi della sicurezza che ci consente di rafforzare e consolidare la cooperazione bilaterale militare”, dichiarava Roberta Pinotti. “Con il ministro Al Attiyah abbiamo condiviso la preoccupazione circa la crisi in Libia e ci siamo soffermati sugli sviluppi della situazione nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo e nel Medio Oriente, scenario geo-strategico di comune interesse”.
Dopo l’incontro, ancora sulla “Margottini”, l’ambasciatore italiano in Qatar, Pasquale Salzano, il Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Valter Girardelli e il responsabile della Direzione Armamenti Navali (Navarm), ammiraglio Matteo Bisceglia, invitavano i vertici delle forze armate qatarine e i giornalisti presenti a “Dimdex” a un meeting-party. Tra gli ospiti d’onore a bordo dell’unità, l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo e l’allora presidente dell’associazione delle aziende italiane aerospaziali AIAD, Guido Crosetto, già sottosegretario alla Difesa nel IV governo Berlusconi e attuale coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia. Tra un drink e gli abituali scambi di saluti e ringraziamenti veniva annunciata la firma di un accordo per la costituzione di una joint venture nel settore delle armi leggere tra lo storico gruppo bresciano Beretta e la Barzan Holdings. L’agreement prevedeva che la società presieduta da Pietro Gussalli Beretta collaborasse con le autorità militari dell’emirato alla realizzazione di uno stabilimento nel parco tecnologico-scientifico di Doha (con annessi laboratori e centro di ricerca), per la produzione di fucili d’assalto e pistole e lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma. Al gruppo bresciano veniva attribuita la quota minoritaria della joint venture denominata “Bindig”, il termine con cui in Qatar vengono chiamati i fucili.
“Vorrei sottolineare come quest’accordo è estremamente importante perché è la prima volta che viene stabilita una joint venture di questo tipo in un paese arabo e Beretta ha scelto il Qatar per il progetto”, dichiarava l’ambasciatore Pasquale Salzano, tra i più impegnati intermediari dell’affaire. Sarzano, nel dicembre 2019 è rientrato in Italia per dirigere il settore affari internazionali della Cassa Depositi e Prestiti del Ministero dell’Economia e assumere pure la presidenza di Simest S.p.A., società a capitale pubblico-privato che promuove gli investimenti dell’imprenditoria italiana all’estero. “Beretta Group e Barzan Holdings hanno messo insieme le loro risorse per lanciare un progetto industriale che possa rispondere alle richieste delle forze armate del Qatar di equipaggiarsi con gli armamenti individuali più aggiornati e poter sviluppare in futuro nuovi sistemi di armi leggere”, aggiungeva il segretario generale di AIAD, Carlo Festucci.
Grazie alla joint venture, il gruppo bresciano punta ad ampliare i propri affari nel floridissimo mercato arabo. “Porteremo nel Qatar una parte della nostra produzione, l’accordo è strategico per l’intera area del Medio Oriente e dimostra quanto siamo un partner affidabile”, il commento a caldo del management di Beretta. Pronti alla produzione i fucili d’assalto AR160A3 calibro 5,56 x 45 mm NATO (già in forza alle truppe italiane in Afghanistan), le pistole semiautomatica 92A1 calibro 7.62 e le nuove semiautomatiche APX progettate nei laboratori della “Pietro Beretta” di Gardone Valtrompia. Un primo lotto di armi prodotte da “Binding” è destinato all’esercito qatarino: 30.000 fucili ARX-160, più un numero imprecisato di pistole ARX-200, valore stimato della commessa 200 milioni di dollari. Per il munizionamento, il ministero della Difesa dell’emirato ha invece dato vita a Doha ad un’altra jont venture tra la controllata Barzan Holdings e il colosso tedesco Rheinmetall, ben radicato nel nostro paese grazie agli stabilimenti di Rheinmetall Italia S.p.A. a Roma (ex Oerlikon-Contraves), specializzati in sistemi radar e puntamento, e quelli di RWM Italia S.p.A. a Ghedi (Bs) e Domusnovas in Sardegna, noti per produrre le testate utilizzate in Yemen dai cacciabombardieri dell’Arabia saudita. Le pistole automatiche Beretta 92 e i fucili d’assalto ARX200 sono già stati consegnati lo scorso anno alle forze armate dell’emirato. Il battesimo di fuoco degli ARX è avvenuto nel corso della maxi-esercitazione internazionale “Eager Lion” tenutasi nell’agosto 2019 in Giordania e a cui hanno partecipato 8.000 militari provenienti da 30 paesi tra cui l’Italia (le forze speciali del 4° e 185° Reggimento paracadutisti dell’Esercito e una compagnia del 1° Reggimento “San Marco” della Marina).
Contro la Beretta-Qatar connection sostenuta in maniera unanime dalle forze politiche e dell’establishment industriale-militare, è stato puntato il dito dai ricercatori dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia, fortemente preoccupati che la produzione a Doha possa sfuggire ai controlli sull’export bellico previsti dalle normative. “Il Qatar non ha firmato il Trattato sul commercio di armi in vigore alle Nazioni Unite dal 24 dicembre del 2014”, riportava OPAL in una nota della primavera 2018. “Tale Trattato ha stabilito criteri rigorosi per regolamentare i trasferimenti leciti di armi, per prevenire esportazioni di armi che possono minacciare la sicurezza comune e, soprattutto, per cercare di prevenire la loro diversione verso il mercato illecito e per finalità ed impieghi finali non autorizzati, tra cui la commissione di atti terroristici”. La possibilità di disporre di tecnologie e armi leggere prodotte da parte di un controverso regime come quello qatarino non può che moltiplicare infatti i pericoli di triangolazioni e trasferimenti a paesi belligeranti e/o gruppi armati criminali che operano in Medio oriente e nel continente africano. Il tutto in palese violazione della stessa legge n. 185 del 1990 che regola tutte le autorizzazioni all’esportazione o alla produzione all’estero di materiali militari, le quali “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia (…) secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. All’Osservatorio sulle armi leggere di Brescia il governo si è guardato bene di fornire alcuna assicurazione e/o giustificazione sull’accordo Beretta - Barzan Holdings. A benedire la nuova frontiera dell’export di fucili e pistole ci ha però pensato un paio di mesi dopo ancora una volta l’ambasciata italiana in Qatar. La Fabbrica d’armi Pietro Beretta è stata chiamata a fare da gold sponsor della Festa della Repubblica Italiana organizzata a Doha il 2 giugno 2018, presenti le massime autorità civili e militari dell’emirato.
Il 31 ottobre 2018, il sistema Italia avrebbe onorato nel migliore dei modi un’altra kermesse industriale-militare qatarina, “Milipol”, sui sistemi di sicurezza interna e “difesa civile”, con la visita ufficiale a Doha del neoministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini. “Il Ministro Salvini ha incontrato l’Emiro del Qatar, Sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, il Primo Ministro e Ministro dell’Interno, Sceicco Abdullah bin Nasser bin Khalifa Al Thani, e il Ministro degli Esteri, Sceicco Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani”, si legge nel comunicato della Farnesina. “Al centro dei colloqui anche i dossier regionali di maggior interesse, compresa la situazione in Libia. Il Ministro ha pure incontrato i rappresentanti delle aziende italiane presenti alla fiera internazionale Milipol, tra cui Beretta, Elettronica e Cristanini, e successivamente il cantiere della metropolitana di Salini Impregilo. La visita del Ministro Salvini si è conclusa con una cerimonia a bordo della fregata Federico Martinengo, la nave della Marina Militare italiana impegnata nell’operazione antipirateria Atalanta dell’Unione Europea, dove ha incontrato la comunità italiana residente in Qatar”. Si ribaltano i governi ma la musica è sempre la stessa: assist a tutto campo a favore della produzione di morte made in Italy. Anche se gli introiti e i guadagni delle aziende finiscono sempre più spesso in qualche paradiso fiscale. Beretta Holding, ad esempio, ha trasferito la propria sede ufficiale in Lussemburgo, dove ha pure fondato la società Upifra, vera e propria cassaforte finanziaria delle aziende armiere bresciane. Per Beretta Holding il bilancio 2018 si è chiuso con un volume d’affari pari a 678,2 milioni di euro e un utile netto di 57,5 milioni (erano stati 30 milioni nel 2017). Il 10% degli affari ha interessato l’Italia, il resto il mercato mondiale: 145,1 milioni di euro di fatturato in Nord America, 79,6 milioni in Europa e 93,5 milioni “in altri Paesi”. Solo la controllata Fabbrica d’Armi Pietro Beretta S.p.A. nel 2018 ha fatto affari per 213,9 milioni di euro (+23% rispetto all’anno precedente), “trainata dal settore difesa e ordine pubblico grazie a una rilevante fornitura in Medio Oriente, quale prima fase di un importante contratto pluriennale”.

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