Tutti i soci-prestanome dei Romeo-Santapaola per l’affaire case popolari di Fondo Fucile

Era l’occasione d’oro per fare ingresso nel mercato degli alloggi popolari e moltiplicare il giro d’affari, ma una serie di imprevisti e la mancanza di denaro liquido ha trasformato l’affaire delle palazzine di Fondo Fucile in causa di attrito tra la famiglia dei Romeo-Santapaola e gli innumerevoli partner siciliani. E’ quanto emerso nel corso dell’ultima udienza del processo antimafia Beta che vede imputati i componenti della cellula peloritana dell’onnipotente clan dei Santapaola di Catania e alcuni colletti bianchi del sodalizio criminale. La realizzazione degli alloggi nella periferia sud di Messina da vendere all’amministrazione comunale in vista dello sbaraccamento di Fondo Fucile è certamente una delle vicende chiave per comprendere il livello di penetrazione mafiosa nel tessuto sociale, economico e politico della città dello Stretto. L’inchiesta giudiziaria ne aveva rivelato ampiamente contorni e retroscena ma al processo stanno emergendo ulteriori elementi che rendono lo scenario ancora più complesso e inquietante.
“Quando ad un certo punto il gruppo Romeo si rende conto dell’impossibilità di procedere alla realizzazione delle palazzine di Fondo Fucile nonostante sia stata presentata il 14 maggio 2014, cioè il giorno prima della data di scadenza del bando, l’offerta degli alloggi al Comune di Messina, nei mesi successivi noi registriamo la ricerca di un socio capace di poter continuare la costruzione degli immobili”, ha riferito in udienza il maresciallo maggiore dell’Arma dei carabinieri Vincenzo Musolino, in forza al Raggruppamento Operativo Speciale - R.O.S.. “Questa ricerca non è stata facile. Loro chiedono questo socio per un duplice motivo. Innanzitutto era accaduto che il costruttore Grasso Biagio aveva paura di ricevere un’altra informativa antimafia a causa di un’errata compilazione nelle date, 2014 invece di 2012, dell’informativa antimafia della Procura di Messina. Questa paura viene espressa in parte durante un colloquio tra Biagio Grasso e il padre e, successivamente, il 24 giugno 2014, in una conversazione tra il costruttore e Lorenzo Mazzullo, un dipendente della Procura della Repubblica di Messina. Stavolta Biagio Grasso ha paura che sia stata messa una microspia o che qualcuno sia entrato all’interno dell’ufficio. Nel corso di questa conversazione addirittura la paranoia di Grasso aveva determinato la richiesta a Lorenzo Mazzullo di chiedere alla moglie, Pasqua Cacciola, dipendente della Polizia, di poter effettuare qualche accertamento in banca dati che lo riguardavano. Alla fine viene trovato un nuovo socio anche grazie all’intermediazione di Salvatore Turi Boninelli, una persona originaria di Paternò che ricopriva la carica di presidente dell’Associazione Polo Regionale dell’Agricoltura, con sede legale a Motta Sant’Anastasia. Boninelli presenta al gruppo due possibili soci che potevano realizzare la costruzione. Questi erano Carmelo Laudani e Salvatore Galvagno, originari entrambi dell’hinterland catanese”.
I soldi (pochi) dei catanesi
“Abbiamo verificato se ci potesse essere un’eventuale vicinanza di Carmelo Laudani e Salvatore Galvagno alla criminalità organizzata etnea. Comprendevamo però che non si trattava di soggetti pericolosi in quanto era lo stesso Vincenzo Romeo, nel momento in cui sente il nome dei soggetti, a mostrare di non sapere chi fossero. Visto che lui conosceva bene o male l’organigramma della criminalità organizzata catanese, si reca da tale Alessandro Marchese per comprendere chi fossero i due. Tuttavia, dalle informazioni che noi ricaviamo dallo Sdi, verifichiamo che Salvatore Galvagno era stato identificato nel corso di alcuni controlli insieme ad elementi del clan catanese dei Toscano. Inoltre il defunto padre di Galvagno era stato tratto in arresto dalla Compagnia carabinieri di Paternò per associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine n. 1195/94. Comunque non ci siamo soffermati su ciò anche perché non si trattava di soggetti di spicco della criminalità organizzata”. Per completezza, va tuttavia segnalato che nell’Informativa di reato Beta emessa il 7 settembre 2015 dal R.O.S. dei Carabinieri di Messina, si riporta che l’intermediario Salvatore Bolinelli “è stato controllato il 23 novembre 1996 con Alfio Parisi, nato a Paternò, inteso u biondu, all’epoca con precedenti penali in materia di armi e nel tempo divenuto elemento di spicco del clan mafioso Alleruzzo–Assinnata di Paternò riconducibile a Cosa Nostra e, quindi, tratto in arresto il 22 marzo 2007 nell’ambito dell’operazione denominata Montagna della Procura di Messina ed il 27 novembre 2008 nell’ambito dell’operazione Padrini della Procura di Catania”. Relativamente alle figure di Carmelo Laudani e Salvatore Galvagno, nella stessa informativa Beta si scrive che “essi sono destinati in seguito a rilevare temporaneamente il cantiere per la realizzazione del complesso immobiliare denominato Parco delle Felci, tramite una società istituita ad hoc ed amministrata da un prestanome in ragione della contiguità dei medesimi alla criminalità organizzata”. In particolare si specifica che il Galvagno “risulta essere stato controllato il 12 dicembre 2008 in compagnia di Maurizio Calamidaro, nato a Biancavilla (Ct), fratello di Roberto, quest’ultimo ucciso in agguato di mafia il 23 dicembre 2012 a Biancavilla e già personaggio di spicco del clan Toscano, operante nello stesso territorio ed in quello di Santa Maria di Licodia e  riconducibile a Cosa Nostra catanese”. Relativamente alla figura di Carmelo Laudani, il R.O.S. riporta che “pur non essendo mai emerso in attività investigative, risulta essere stato controllato con Salvatore Leanza, nato a Catania, inteso Turi padedda, in vita elemento apicale del clan Alleruzzo–Assinnata, ucciso da ignoti sicari in agguato di mafia il 27 giugno 2014; Luigi Castelli, nato a Paternò, inteso pinnacchia, tratto in arresto dall’Arma dei Carabinieri nelle operazioni antimafia denominate Uragano e Santa Barbara2; Salvatore Tilenni Scaglione, nato a Paternò, affiliato al clan Alleruzzo–Assinnata, tratto in arresto, tra l’altro, nell’ambito dell’operazione antimafia Santa Barbara1 ed il 24 febbraio 2003 perché ritenuto responsabile di concorso nell’omicidio di Antonino Paternò avvenuto nel 1990; Antonino Giamblanco, nato a Catania, uomo di fiducia del sopra citato Leanza, vittima di un tentato omicidio dallo stesso denunciato il 30 luglio 2014”.
Nel corso della sua audizione, il maresciallo maggiore Vincenzo Musolino ha poi ricostruito le fasi di “avvicinamento” del gruppo Grasso-Romeo ai due potenziali soci catanesi. “Il 22 luglio 2014 noi registriamo una conversazione dove Salvatore Boninelli e Biagio Grasso fanno riferimento all’incontro che doveva avvenire a Messina”, ha riferito il teste. “Si parla anche di contattare Carmelo, facendo quindi riferimento ad uno dei soggetti. Ma è un’altra la conversazione che ci fa comprendere la necessità e anche l’affidamento a Turi Boninelli dell’incarico di individuare nuovi soci. Essa avviene il 14 luglio 2014, quindi appena qualche giorno prima, in cui gli interlocutori si danno il compito di contattare Turi per vedersi. Veniva effettuato un servizio di osservazione specifico giorno 23 luglio che registrava un incontro tra Salvatore Boninelli, Biagio Grasso e altri due soggetti che noi inizialmente non conoscevamo ma che poi vengono identificati in Carmelo Laudani e Salvatore Galvagno. Questo incontro avviene all’interno degli uffici della XP Immobiliare: Grasso e Boninelli, che fa da mediatore tra il gruppo catanese e quello di Messina, discutono proprio dell’affare della vendita degli alloggi al Comune. Nel corso della conversazione si fa riferimento anche alla capacità da parte del gruppo di avere una copertura economica per poter realizzare tutto questo, tant’è che Salvatore Boninelli dice che avrebbero portato cinquecento, nel senso di cinquecentomila euro e che li aveva in una valigetta insieme a due assegni da seicentocinquantamila euro. Sempre durante l’incontro tra il gruppo catanese e quello messinese del 23 luglio 2014 si fa riferimento a chi era al tempo l’amministratore di Parco delle Felci S.r.l., cioè Silvia Gentile e ancora una volta alla paura da parte di Biagio Grasso di poter essere oggetto di un’altra informativa antimafia anche in considerazione del fatto che c’era il procedimento a Milano che riguardava l’indagine Buco Nero che lo vedeva indagato. Si fa poi riferimento a come dovevano essere dati questi soldi, alla presenza di denaro in nero, cioè in black come gli stessi dicono. Infine viene riferito da Grasso quali saranno gli utili e i benefici per il gruppo catanese e quello dei messinesi nella realizzazione dell’opera. Un’altra singolare conversazione è quando Boninelli spiega la necessità di trovare un punto di incontro tra Messina e Catania, com’era una volta. Quello che però noi registriamo è soprattutto la paura…”.
“Il fatto che a questo affare sia in qualche modo interessato anche Vincenzo Romeo è emerso sia nella conversazione dove si dice di contattare Turi per farlo venire, ma soprattutto nel corso dell’incontro nell’ufficio della XP Immobiliare, quando Biagio Grasso contatta proprio Vincenzo Romeo al fine di farlo venire sul posto per salutarli”, ha aggiunto l’inquirente. “Alla fine Vincenzo Romeo non viene, però viene informato da loro. La sera stessa, infatti, Biagio Grasso si incontra con Romeo e non fa altro che riferirgli dell’esito dell’incontro con i catanesi. In particolare il costruttore fa riferimento a un milione trecentocinquanta mila euro, all’ammontare del guadagno che sarebbe stato diviso ad entrambi e al fatto che i catanesi avrebbero dato momentaneamente cinquantamila euro in nero. Si tratta della stessa cifra che i catanesi pretenderanno al momento dell’uscita dall’affare, quando si recheranno a casa di Francesco Romeo”.
Teste di legno per aziende pulite al 101%
Vincenzo Musolino ha riferito al Pubblico ministero Antonella Fradà che all’incontro in cui furono stabiliti i termini dell’accordo tra il gruppo Grasso-Romeo e i catanesi non era presente proprio l’intestatario delle quote della società R.D. Costruzioni S.r.l., il geometra Giuseppe Amenta. “Diciamo che in tutto questo passaggio di vendita ai catanesi, Giuseppe Amenta non è mai stato presente né ha mai partecipato”, ha dichiarato il teste. “Amenta era poi il soggetto che aveva effettuato la richiesta al Comune di Messina per il bando degli alloggi di Fondo Fucile. Era stata la R.D. Costruzioni di cui faceva parte la Parco delle Felci S.r.l. a presentare nel maggio del 2014 la richiesta al Comune per la vendita e l’amministratore unico all’epoca era per l’appunto Giuseppe Amenta. Sempre nel corso dell’incontro tra Grasso, Boninelli, Laudani e Galvagno, essi parleranno della creazione di una società ex novo, totalmente libera da impegni precedenti e quindi di non facile individuazione. Così il 19 settembre 2014 viene creata Le Costruzioni dello Stretto, pochi mesi prima del passaggio delle quote. L’amministratore sarà individuato in Antonio Amato che era un altro soggetto originario di Catania sempre presente con Salvatore Galvagno. Noi però non lo abbiamo mai sentito dialogare o prendere parte alle decisioni in merito al passaggio delle quote alla Costruzioni dello Stretto o nella successiva vendita a Biagio Grasso quando fallirà il progetto edilizio con i catanesi. Come aveva riferito lo stesso Carmelo Laudani, ci doveva essere una società pulita al 101% e per questo viene messo quale amministratore Antonio Amato. Facendo la visura di questa società, all’interno della stessa non risultano né il Laudani né Salvatore Galvagno”.
“Il 28 ottobre 2014 noi abbiamo registrato pure un incontro tra Vincenzo Romeo, il Laudani e Galvagno nei pressi del bar Doddis in via Garibaldi”, ha riferito Musolino. “La data è importate: siamo quasi nel periodo in cui si potrà comprendere quali erano le ditte che si erano aggiudicate il bando del Comune di Messina e cominciava a circolare la voce della possibilità della diminuzione dell’importo della Regione per acquistare gli immobili. Questo avrebbe determinato un possibile minor introito e meno vendite al Comune. Ebbene, noi registriamo questa preoccupazione da parte degli indagati. Dopo l’incontro che avviene tra Carmelo Laudani e Vincenzo Romeo, quest’ultimo cerca di mettersi in contatto con l’ingegnere Raffaele Cucinotta mentre è ancora presente il catanese. Il Romeo comunque evitava di contattare direttamente Cucinotta. Il momento è di crisi perché la mancata vendita al Comune di Messina avrebbe fatto saltare l’affare, così la sera del 24 ottobre documentiamo una conversazione tra Stefano Barbera e Raffaele Cucinotta. La chiave di lettura la registriamo successivamente nel corso di un colloquio tra Biagio Grasso e Vincenzo Romeo in cui si dirà che il Laudani era molto più tranquillo dopo l’incontro. In verità questa cosa poi non accade in quanto il 28 ottobre, nel corso di un nuovo incontro tra Barbera e Cucinotta, si faceva espressamente riferimento alla diminuzione degli alloggi da vendere al Comune. Il 14 novembre 2014 Biagio Grasso chiede a Vincenzo Romeo se si è visto con Compasso e l’altro dice: Sì per il fatto del 14. Quattordici è il riferimento al numero degli alloggi venduti al Comune di Messina. Lo stesso giorno viene invece registrato nella stanza della XP un colloquio tra Vincenzo Romeo e Carmelo Laudani, in cui il messinese riferisce di aver avuto rassicurazioni che almeno quattordici appartamenti saranno venduti al Comune e che, quindi, trovando altri fondi, successivamente avrebbero potuto venderne altri. La mancata vendita al Comune di Messina provocherà però una crisi nel rapporto tra il gruppo catanese e i messinesi. Bisognava affidarsi infatti al mercato immobiliare e iniziare a rivendere ai privati gli altri immobili. Ciò non era facile anche perché gli alloggi non erano stati completati, la maggior parte delle palazzine erano rustici. Quell’operazione era stata presentata nel colloquio in cui era presente anche Boninelli come una cosa da effettuare in poco tempo, invece adesso comportava una realizzazione molto più lunga e non c’era l’interesse da parte dei catanesi di procedere ad una vendita ai privati. Loro pensavano di realizzare tutto e subito. Così i rapporti economici tra le parti vengono regolati attraverso un pegno di duecentodiecimila euro che viene messo all’interno della XP Immobiliare e che noi ricaviamo dalla visura di Parco delle Felci S.r.l., ma soprattutto con la restituzione di cinquantamila euro che erano stati dati inizialmente dal gruppo ai catanesi e che noi non abbiamo mai rinvenuto probabilmente perché si trattava di soldi in nero. Nel colloquio registrato il 2 febbraio del 2015, Enzo Romeo riferisce a Biagio Grasso di avere un appuntamento con il padre. Il servizio di osservazione che avevamo al momento all’Hospital Bar ha evidenziato che Vincenzo Romeo si è incontrato con Carmelo Laudani e Salvatore Galvagno. La stessa mattina invece, al Room Café, il bar del fratello di Vincenzo, Gianluca Romeo, che si trova nei pressi dello stadio Celeste, si erano visti Francesco Romeo e i figli Vincenzo e Maurizio. Il passaggio dei soldi ci è stato riferito da Grasso Biagio. Il riscontro ce lo dà però il colloquio del 2 febbraio 2015 tra il Grasso e la compagna Silvia Gentile, quando si dice espressamente che i soldi dei catanesi erano stati dati al padre di Vincenzo Romeo. Silvia Gentile comprende che si tratta di una cosa grave se essi si erano rivolti all’anziano per ricevere questi soldi. E’ in quell’occasione che si afferma pure che ognuno di questi fratelli Romeo ha una propria dote, cioè un proprio ambito di competenza. La restituzione di cinquantamila euro ai catanesi preoccupava tanto Biagio Grasso quanto Silvia Gentile, perché non era mai stato contattato e disturbato Francesco Romeo...”.
Come sfogare la rabbia a schiaffi e calci
Vincenzo Musolino ha spiegato che il gruppo Grasso-Romeo ebbe qualche difficoltà a restituire il denaro ricevuto dai catanesi, nonostante si trattasse di una cifra non rilevante e ci fosse già stato qualche privato che aveva versato la quota per l’acquisto degli altri appartamenti delle palazzine di Fondo Fucile. “C’erano problemi di liquidità”, ha dichiarato. “E’ in questa fase che registriamo un episodio relativo ad un’aggressione nei confronti di Christian Alessi, il socio della For.Edil S.n.c., una società che forniva materiale al gruppo. Il 30 agosto 2014 Biagio Grasso e Vincenzo Romeo si erano recati ad incontrare Christian Alessi, perché lui non stava più fornendo il materiale per il cantiere di costruzione a Fondo Fucile. Grasso e Romeo si erano dati appuntamento con Christian e il fratello di questi, Giuseppe Alessi, nei pressi del cimitero che si trova sulla Panoramica. All’incontro Vincenzo Romeo colpirà con uno schiaffo e un calcio Christian Alessi, lasciandolo a terra. Noi sentiamo i colpi inferti, addirittura viene sbattuto contro la macchina e Grasso allontana poi Vincenzo Romeo che esprime l’intenzione di bruciare i mezzi di Alessi. Cos’è che dava fastidio al Romeo anche in virtù della sua posizione? Il fatto che Christian Alessi era un suo cugino, come lui asseriva, anche se il grado di parentela non era diretto. L’aggressione ha tuttavia il suo risultato, perché poi proseguirà la consegna dei materiali nei confronti della XP Immobiliare”.
“Con l’uscita dei catanesi, l’evoluzione societaria della Costruzioni dello Stretto è comunque proseguita ed è stato individuato un nuovo socio, Gaetano Lombardo, soggetto che era legato a Pasqualino Romeo, un fratello di Vincenzo Romeo, forse suo vecchio compagno di scuola”, ha aggiunto l’inquirente. “Inizialmente avevano cercato di contattare altri costruttori messinesi per terminare l’opera, in particolare lo stesso Vincenzo Vinciullo, noto imprenditore locale. Però non avevano trovato né l’aggancio per parlare con Vinciullo e probabilmente nemmeno la volontà da parte del costruttore di completare l’opera stessa. Pertanto viene organizzato un incontro presso gli uffici della XP Immobiliare con Gaetano Lombardo, inteso Tanino, che era il titolare della Airclimadi S.n.c., un’impresa che si occupava più che altro di impianti di climatizzazione. L’incontro avviene il 22 novembre 2014 e in quell’occasione viene presentato a Lombardo il progetto di costruzione e gli viene chiesto se si sente in grado di gestire questo cantiere. Il ruolo del Lombardo doveva essere quello di riprendere in mano l’attività: il cantiere era fermo, non stavano lavorando più, era fallita la vendita al Comune, ma poiché erano stati effettuati diversi compromessi con privati la costruzione doveva proseguire. Viene pure effettuata una riunione all’interno degli uffici della XP Immobiliare con alcuni dipendenti della stessa società, come ad esempio Orazio Jhonny Faralla, soggetto con pregressa appartenenza al sodalizio mafioso messinese operante nel rione denominato Mangialupi. Così, dopo qualche mese, avviene il passaggio delle quote de Le Costruzioni dello Stretto e quindi la Parco delle Felci ritorna alla XP Immobiliare e noi registriamo la presenza in cantiere di Gaetano Lombardo. Solo dopo l’esecuzione delle misure restrittive con l’Operazione Beta, accerteremo che era stata creata una nuova società, la Procoim, azienda che noi sequestreremo e che altro non era che il cambiamento di denominazione della XP Immobiliare. Il passaggio societario era stato registrato nel gennaio 2015, quindi in data successiva. I soggetti effettivamente interessati alla Procoim erano ancora Vincenzo Romeo e Biagio Grasso, ovviamente tramite l’uomo di fiducia del Romeo che era Gaetano Lombardo ed una donna, Simona Ganassi. Quest’ultima, in realtà, era una signora anziana originaria di Reggio Emilia che già avevamo visto nell’ambito degli affari milanesi di Biagio Grasso. Si trattava di un membro esterno del Ministero, coniugata con un signore americano, che nulla aveva a che vedere con la costruzione delle palazzine e che non conosceva nemmeno dove esso si trovava”. Da rilevare come l’informativa Beta del R.O.S. dei Carabinieri abbia fornito ulteriori particolari sull’identità dei nuovi partner finanziari del sodalizio Grasso-Romeo-Santapaola. “Occorre evidenziare che a carico di Gaetano Lombardo non compaiono precedenti penali di rilievo o controlli di interesse, tranne una denuncia a suo carico per violazione delle norme sulla prevenzione infortuni per lavori svolti nel cantiere edile sito a villaggio Pistunina a Messina, di proprietà del noto pluripregiudicato Sarino Bonaffini”, annota il R.O.S.. “Le informazioni acquisite sul conto di Simona Ganassi, definita da Biagio Grasso come la vecchia o la professoressa, ci consentivano di rilevare che la predetta ha intrattenuto, quale ruolo di esperta, numerosi rapporti con la pubblica amministrazione. La stessa è stata contattata da parte del Grasso per canalizzare un flusso di denaro dagli Stati Uniti ed è emerso che in passato ha fatto pervenire all’indagato cospicue somme di denaro”. Gli inquirenti hanno pure accertato che il figlio di Simona Ganassi, Simon Anise Danny Agger, è stato socio del padre di Biagio Grasso all’interno della A & G Costruzioni Generali S.r.l., società oggetto d’indagine nel procedimento Buco Nero.
Nonostante la girandola di nomi susseguitisi alla guida delle varie società protagoniste dell’affaire di Fondo Fucile, il maresciallo maggiore Vincenzo Musolino ha evidenziato che sin dall’inizio dell’operazione compare però sempre la figura dell’imprenditore Giuseppe Sicuro, titolare dei terreni destinati alle opere di costruzione. “Giuseppe Sicuro era quello che aspettava il pagamento per i terreni che erano stati venduti al Comune di Messina”, ha concluso il militare. “Egli si era accorto del passaggio societario da Rosario Di Stefano a Biagio Grasso ma si era accorto anche dell’uscita di scena dei catanesi nel febbraio 2015. Giuseppe Sicuro si era pure informato su chi fosse Vincenzo Romeo. Il 10 aprile 2014 lo aveva chiesto a Biagio Grasso che aveva risposto che è gente forte, che hanno Lottomatica. Grasso arriva a dire: Quello la testa gliela taglia davvero, non scherza per nulla, riferendosi molto probabilmente a Rosario Di Stefano che continuava a creare problemi per la restituzione dei soldi. Nel corso di questa conversazione Sicuro fa riferimento alle sue parentele anche con soggetti mafiosi, in particolare a tale Giuseppe Spampinato. Giuseppe Sicuro ha fatto pure accenno ad una sua parentela con tale Giuseppe Panzera, il genero di Giuseppe Morabito inteso Tiradritto, ma noi questa parentela non l’abbiamo per niente registrata”. Giuseppe Spampinato, inteso Peppe, è un pluripregiudicato originario di Gravina di Catania, ritenuto organico al clan mafioso dei Cappello. Giuseppe Panzera, ex Primario dell’Ospedale di Melito di Porto Salvo, è stato arrestato invece per aver favorito la latitanza del suocero Morabito, storico boss della ‘ndrina di Africo, avendolo curato mentre si sottraeva alla cattura.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 31 luglio 2019, http://www.stampalibera.it/2019/07/31/linchiesta-tutti-i-soci-prestanome-dei-romeo-santapaola-per-laffaire-case-popolari-di-fondo-fucile/

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