Il mercimonio dei voti in cambio di promesse di case popolari a Messina

Voti, tanti voti, in cambio di alloggi popolari o almeno della promessa a facilitarne l’assegnazione a fan e supporter. Le spregiudicate modalità di conduzione della campagna per le elezioni del sindaco di Messina, lo scorso anno, da parte di Emilia Barrile (al tempo candidata e contestualmente Presidente del Consiglio comunale uscente), sarebbero al centro di un nuovo filone d’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia. Le intercettazioni telefoniche e ambientali autorizzate dal Gip del Tribunale di Messina proprio alla vigilia dell’importante appuntamento elettorale del giugno 2018, avrebbero documentato il via vai di pregiudicati e stretti congiunti di noti criminali messinesi nell’ufficio istituzionale a Palazzo Zanca della Barrile. Alla politica e ai suoi più stretti collaboratori si sarebbe chiesta una mano per sbloccare o accelerare l’iter per un’abitazione presso il competente dipartimento comunale; intanto ci si metteva a disposizione per raccogliere voti e consenso tra amici e parenti.
L’incontro con la capo popolo del Rione Matteotti e non solo…
“L’assegnazione di case popolari a soggetti impegnati nelle elezioni a favore della Barrile era rivendicata, a proprio merito, dalla donna nel corso di qualche colloquio registrato”, annotano gli inquirenti. Il 9 aprile 2018, ad esempio, durante un incontro all’interno dell’ufficio della Presidente del Consiglio comunale, presenti, tra gli altri, il fidato collaboratore Carmelo Triglia (poi candidato alla presidenza della 2^ Circoscrizione-Messina Sud con la lista “Leali Progetto per Messina – Emilia Barrile Sindaco”), il consigliere comunale Carlo Abbate (già Pd poi Gruppo misto e infine capo elettore della Barrile), Emilia Barrile presentava ai propri interlocutori la gradita ospite Maria Bonasera, che era stata capace di portarle numerosissimi consensi nel popolare rione Matteotti, zona dell’Annunziata, in occasione delle elezioni amministrative del 2013. “Questa sai chi è?”, affermava la Barrile. “Una bandita! E’ una capo popolo! Sembra non abbia alcuna colpa con quella faccia là… Mi ha portato tutta la famiglia quanti sono…”. E Maria Bonasera: “Io a tutti li ho portati… parenti… amici…”. Carlo Abbate: “Una nota di merito! E’ un diploma!”. “Tutti i voti che ho preso l’altra volta a Matteotti, tutto grazie a lei…”, aggiungeva la Barrile. “Però lei ha la casa popolare, sua sorella Melina ha la casa popolare, sua sorella Piera ha la casa popolare, lei ha la casa popolare… Dovrebbero dirmi grazie!”. Poi ancora l’aspirante sindaca, rivolgendosi ad Abbate: “Abbiamo più bisogno dei nomi? Perché potremmo scrivere anche lei… Niente, perché dice che c’erano solo i baraccati e le case popolari domenica e noi siamo offesi, no?”. E sempre Emilia Barrile: “E quindi… cercati i voti! Appena ho il simbolo te lo mando e così tu lo metti… Anzi, già dici: Ragazzi, vi voglio avvisare che mi candido al consiglio comunale con Emilia Barrile sindaco… Oppure metti lo stemma nostro… Quello là che tanto avevamo ieri… Lo copi da qualche parte…”.
“E’ così dimostrato che Emilia Barrile dispone delle assegnazioni di case popolari per intercettare le richieste dei suoi sostenitori elettorali”, commentano gli inquirenti della DDA di Messina. “Occorre ora precisare che tra tali sostenitori (talora con apparenti funzioni di capi elettori) sembrano rientrare anche plurimi soggetti censurati per gravi reati o addirittura affiliati alla locale criminalità organizzata, ancorché il loro supporto sia dissimulato attraverso il ricorso a varie cautele, tra le quali la candidatura di parenti poco riconoscibili dall’opinione pubblica, ma ben noti nei rioni ove sono radicati i sostenitori stessi”. A sostegno delle proprie pesanti dichiarazioni, gli inquirenti forniscono la trascrizione di un altro incontro avvenuto nel primo pomeriggio del 10 aprile 2018, ancora all’interno dell’Ufficio di Presidenza di Emilia Barrile. Stavolta al cospetto della donna si presentano tale Giovanni Spartà e la compagna di quest’ultimo, Veronica Busà. “Giovanni Spartà, immune da precedenti penali, è il figlio del noto boss di Santa Lucia Sopra Contesse, Giacomo Spartà, in atto detenuto in regime dell’art. 41 bis dell’ordinamento penale”, annota la DDA. “Giacomo Spartà annovera numerosissimi e gravissimi pregiudizi per associazione per delinquere semplice e di stampo mafioso, omicidio, tentato omicidio, reati concernenti la detenzione, il porto ed il traffico illegale di armi da fuoco, rapina, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti ed altro. Il rilevante curriculum criminale, le importanti vicende giudiziarie che lo hanno riguardato e per alcune delle quali è ancora in attesa di giudizio, la notevole influenza esercitata nell’ambito della malavita locale, dimostrano che si tratta di uno dei personaggi carismatici dell’attuale criminalità organizzata messinese”. Gli inquirenti evidenziano che ad introdurre alla Barrile Giovanni Spartà e la convivente, era stato l’impiegato comunale presso il Dipartimento Protezione civile e difesa per il suolo Pietro Bottari, già sottoposto ad arresto nel giugno 1999 nell’ambito dell’operazione Sorriso congiuntamente al presunto boss Giacomo Spartà, poi però assolto in sede processuale. “I tre si accomodavano al tavolo di vetro unitamente a Emilia Barrile e Carmelo Triglia”, riporta la nota di servizio del personale incaricato all’intercettazione. “Veronica Busà faceva vedere al Presidente del Consiglio un documento cartaceo ove, evidentemente, erano riportati i dati indicativi della situazione abitativa di un alloggio popolare situato nel villaggio CEP, in cui la donna dovrebbe vivere unitamente a Giovanni Spartà”. Emilia Barrile, dopo avere visionato il documento, telefonava alla dipendente comunale Maria Denaro, alla quale chiedeva se tra le abitazioni passate di proprietà dallo IACP al Comune di Messina, vi fosse anche la palazzina con l’immobile in cui risultava risiedere la Busà a partire del 25 gennaio 2011. “La dipendente comunale, dopo aver effettuato la ricerca, rispondeva che si trattava di un’abitazione assegnata alla signora L.Z.”, aggiungono gli investigatori. “Emilia Barrile spiegava alla dipendente - per averlo evidentemente appreso dai suoi interlocutori - che l’assegnataria era andata via (in circostanze non meglio chiarite) ed ora, il predetto immobile era occupato (evidentemente senza titolo) da una ragazza, in favore della quale chiedeva se vi fossero margini per avanzare la domanda (verosimilmente di voltura). Emilia Barrile precisava che Veronica Busà abitava fin da ragazzina nell’alloggio insieme all’assegnataria formale - ma vi aveva trasferito lì la propria residenza anagrafica solo da circa otto anni. Maria Denaro segnalava che l’interessata poteva fare la domanda… quella lì, con evidente riferimento ad una prassi amministrativa già nota alle interlocutrici. Emilia Barrile, invero, comprendeva immediatamente e concordava con la Denaro che avrebbe provveduto a mandare qualcuno da lei per prendere il modulo della relativa domanda di sanatoria”. La Barrile, sempre secondo gli inquirenti, non si sarebbe limitata però ad individuare lo strumento tecnico per legittimare ex post la presunta occupazione abusiva dell’alloggio comunale. “Occorre segnalare subito il sospetto che la presidente del Consiglio comunale possa avere suggerito di rendere una dichiarazione sulla cui esatta corrispondenza alla realtà residua qualche ragionevole dubbio”, annotano gli investigatori. Emilia Barrile rivolta alla Busà: “Quindi tu stavi là prima del 2001 con la signora, poi la signora se n’è andata perché la signora se n’è voluta andare perché si è trovata la casa in un’altra parte… Se n’è andata per fuori. E sei rimasta tu là sempre, ma tu stai là prima del 2001, non stai dopo! … Me lo hai detto l’altra volta… me lo ha detto tua zia!”. Dopo essersi alzata dal tavolo e aver incaricato tale Antonio a recarsi dalla Denaro a prendere le carte per fare la richiesta di voltura, Emilia Barrile si rivolgeva ai due giovani per informarli che a casa loro si sarebbero recati per un sopralluogo i Vigili urbani. “Noi facciamo la richiesta… tu… che ugualmente stai là prima del 2001… Verranno i Vigili e domanderanno al vicinato se tu stai là da molti… da quant’è! Ed i… vicinato dichiareranno che stai là del 2001! (…) E poi… la casa te la stai sistemando? Ma quando la finisci? Quando finiscono la casa?”. Giovanni Spartà: “Fra qualche mese, penso”. Veronica Busà: “Un mese e mezzo”. Ed ancora Emilia Barrile: “Ora sono qua, tra due mesi non lo so se ci sono perché …. le votazioni! Va be’, ma basta che vengono qualcuno e dicono che voi la state acquistando… Intanto presentiamo la domanda, poi me la vedo io…”.
Sconfitta alle elezioni ma fedele alle promesse
Nonostante l’esito delle consultazioni amministrative del 10 giugno 2018 e l’eliminazione al primo turno, Emilia Barrile continuava a interessarsi alla pratica abitativa del duo Spartà-Busà anche nei giorni successivi all’elezione di Cateno De Luca a primo cittadino di Messina. Il 26 giugno 2018, due giorni dopo il ballottaggio, l’impiegato comunale Pietro Bottari telefonava alla Barrile per chiedere d’incontrarla. “La donna diceva al suo interlocutore di essere ancora al Comune e che se avesse fatto in fretta si sarebbero potuti vedere nell’Ufficio di presidenza”, riportano gli investigatori. “Dopo circa mezz’ora, concluso evidentemente l’incontro con il presidente del Consiglio, Pietro Bottari telefonava a Giovanni Spartà, invitando sia lui che la convivente Veronica Busà ad un appuntamento per l’indomani mattina nei pressi del Comune. Pietro Bottari, nel corso della conversazione, sollecitava i suoi interlocutori a portare al seguito i documenti, riferendosi evidentemente alla pratica per la regolarizzazione della casa popolare”.
Il figlio del riconosciuto boss di Santa Lucia sopra Contesse Giacomo Spartà non è però l’unica persona che Pietro Bottari ha presentato alla Barrile nei convulsi mesi della campagna per le amministrative. “Il Bottari svolge, infatti, anche il ruolo di mediatore con soggetti con i quali la Barrile potrebbe raggiungere degli accordi elettorali potenzialmente illeciti”, annotano gli inquirenti. “Particolarmente interessante ai fini investigativi appare l’incontro organizzato dal Bottari presso un locale giudicato riservato tra la Barrile, l’avvocato Salvatore Silvestro del foro di Messina e Domenico Trentin, persona che annovera numerosi e gravissimi pregiudizi e precedenti penali, anche per reati di criminalità mafiosa”. Già condannato nel settembre 2004 alla pena di 5 anni e 10 mesi di reclusione, nel giugno 2012, con sentenza passato in giudicato, Domenico Trentin ha riportato una seconda condanna a 4 anni; nel dicembre dello stesso anno gli è stata notificata in carcere un’ordinanza di custodia cautelare per i reati di estorsione ed usura aggravata nell’ambito dell’operazione denominata Gran Bazar, mentre nel maggio 2016 è stato accusato di associazione mafiosa ed omicidio doloso tentato, nonché violazione della legge sulle armi, nell’ambito dell’operazione Matassa.
L’incontro riservato, descritto dagli inquirenti peloritani, era stato preceduto da una telefonata di Pietro Bottari alla Barrile, il 28 aprile 2018. I due interlocutori avevano concordato di vedersi la sera del 2 maggio in un luogo idoneo, individuato nel locale di tale Tiberio, ubicato all’interno di un immobile sito sul viale San Martino di fronte la piscina comunale. Stando al verbale degli agenti predisposti al servizio di osservazione, la sera dell’appuntamento giungevano sul luogo fissato, prima Emilia Barrile ed il marito Antonio Triolo con una Mercedes, e qualche minuto dopo, a bordo di uno scooter nero, il pregiudicato Domenico Trentin (alla guida) e l’avvocato Silvestro (dietro). “I due uomini, unitamente a Pietro Bottari che si era loro avvicinato, entravano nello stesso palazzo in cui poco prima avevano fatto accesso la Barrile ed il marito”, annotano gli inquirenti che però non sono stati in grado di fornire alcuna informazione utile a comprendere l’oggetto della strana riunione.
I peculiari rapporti tra Emilia Barrile, Carmelo Triglia e i Celona
L’attività investigativa ha avuto modo di documentare “i peculiari rapporti” tra Emilia Barrile, il proprio collaboratore di fiducia Carmelo Triglia e alcuni soggetti che gravitano in seno alla locale criminalità organizzata. “Tra questi, non possono essere sottaciuti quelli con Diego Celona, il quale, anche se immune da pregiudizi penali, è figlio del noto pregiudicato Giovanni Celona, attualmente detenuto poiché tratto in arresto nell’ambito dell’operazione Matassa poiché ritenuto di aver fatto parte insieme ad altre persone di un’associazione di stampo mafioso operante in particolare nella zona sud di questa città”, aggiungono gli investigatori. “Lo stesso Diego Celona, inoltre, è nipote di Vincenza Celona, moglie del noto Raimondo Saro Messina, pluripregiudicato, esponente di spicco della consorteria criminale radicata nel villaggio Santa Lucia Sopra Contesse. Lo stesso, invero unitamente alla moglie, è stato raggiunto dal provvedimento restrittivo emesso nell’ambito della predetta operazione Matassa”. Diego Celona, in particolare, risultava tra i presenti all’incontro nell’Ufficio di presidenza della Barrile, il pomeriggio del 9 aprile 2018, insieme all’esponente politica, Carmelo Triglia, il consigliere Carlo Abbate e la capo popolo del rione Matteotti, Maria Bonasera. “Nel corso di questa riunione, il presidente del consiglio comunale intendeva coinvolgere la famiglia di Celona nella ricerca di consensi elettorali per la propria candidatura, approfittando della palesata delusione manifestata dai Celona verso il precedente riferimento politico, indicato in Francantonio Genovese, reo, a loro dire, di avere fatto promesse elettorali poi non mantenute”, spiegano gli inquirenti. “L’amico mio si candida al quartiere…, là a Santa Lucia… Lanfranchi”, comunicava Celona ai propri interlocutori. Barrile: “Devi dire a Lanfranchi:… O ti candidi con Emilia, oppure non ti portiamo!”. Celona: “A quest’ora io mi candidavo al quartiere e sfondavo là sopra… Mio padre all’epoca, quando si è candidato, era con Genovese… Ce la facciamo Emilia?”. Barrile: “Speriamo”. Triglia: “Vedi che qua già mi ha insultato per il fatto di Genovese”. Celona: “Hai capito… è salito là sopra… hai capito cosa ha combinato? Cateno è salito là sopra…”. Triglia: “Cateno De Luca!”. Barrile: “E non lo avete mandato a fanculo?”. Celona: “Era al bar, fa le dirette…”. Abbate: “Va bene, fa sceneggiate!”. Celona: “Arrogante un poco”. Abbate: “Però voglio capire una cosa: viene là, giusto? Quanta gente c’è che lo aspetta?”. Celona: “Poca in verità. Per me venti persone sono poche”. Abbate: “Neanche ci sono quelle venti persone perché le ho viste, te lo dico io”. Barrile: “Ma tu sei pronto per portare i voti?”. Celona: “Io sono sempre pronto! Perché io ora…”. Triglia: “Senti… perché tu sei con… con Genovese!”. Celona: “Quando mi ha insultato al bar Freni… al figlio di Genovese io glieli ho trovati i voti… ma vista la… Sono andato pure da Francantonio… glielo ha portato mio nonno… Sono andato pure da Francantonio con mio nonno! Non te l’ho detto? Sì, lo so ma… se mi faccio vedere due volte, tre volte e poi mi prendi per il culo? L’altro giorno io mi faccio vedere… Ma che fa suo figlio? Come si chiama?”. Triglia: “Luigi. Che deve fare?”. Barrile, rivolgendosi a Celona: “Ma secondo te, dipende da me? Tu, secondo te, io perché li ho mandati a fanculo? Tu pensa perché.. Secondo te perché?”. Celona: “Perché ha sbagliato nei tuoi confronti…”. Barrile: “No, oppure? Perché mi fa prendere impegni”. Celona: “Impegni che poi… non li concorda…”. Barrile: “E quindi, io la faccia la metto?” Triglia: “No pure io, perché a me insultano pure (…) Intanto tuo padre come sta?”. Celona: “Mio padre fino ad oggi era preoccupato… Vuole chiudere un’altra volta, si è appellato al Ministero… A lui ed ad altri due… E’ arrivata la Cassazione… va bene, a quelli che gli conviene… mio padre… li buttano nell’immondizia… a quelli che fanno altre cose…”. Dalle conversazioni registrate successivamente sull’utenza di Carmelo Triglia, gli inquirenti ritengono che alla fine Diego Celona abbia accettato la proposta di sostegno elettorale a favore della Barrile e “che la sua famiglia voglia impegnarsi in favore dell’attuale Presidente del consiglio”.
Gli altri contatti pericolosi
Nel corso della campagna per le elezioni a sindaco, l’esponente politica (ex Pd, poi Forza Italia e infine “indipendente” dopo la rottura con i Genovese padre e figlio) è entrata in contatto pure con il noto pluripregiudicato Carmelo Prospero. “Il Prospero annovera numerosi precedenti per i reati di furto aggravato, rapina, detenzione e porto abusivo di armi, associazione finalizzata alla produzione e vendita di sostanza stupefacenti, nonché associazione di tipo mafioso…”, riportano gli inquirenti. “Lo stesso è stato indagato in stato di libertà nell’ambito del procedimento penale scaturito dall’operazione Arcipelago, che ha coinvolto capi e gregari del clan radicato nel quartiere Giostra. Infine, in data 28 giugno 2006, il Prospero era tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito dell’operazione San Matteo, poiché ritenuto responsabile, unitamente ad altri numerosi soggetti del rione Giostra, dei reati di associazione a delinquere (…) In atto risulta sottoposto alla misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali”. Ancora una volta, erano sempre Emilia Barrile, Carlo Abbate e Carmelo Triglia a ricevere all’interno dell’ufficio di Presidenza del consiglio comunale, il 10 aprile 2018, Carmelo Prospero e tale Alessandro Ieni. Durante l’incontro, il Prospero comunicava alla Barrile la sua intenzione di lasciare la propria abitazione popolare sita nel villaggio Zafferia per trasferirsi in un’altra situata a Giostra. “Dal tenore e dalle espressioni utilizzate dagli interlocutori, la richiesta di cambio di abitazione avanzata da Prospero non appare del tutto lecita, atteso che lo stesso avrebbe dovuto far risultare di fatto un nucleo familiare più numeroso”, annotano gli inquirenti. “Una volta stabilite le modalità di presentazione dell’istanza di cambio di abitazione, Emilia Barrile concordava con Prospero e Alessandro Ieni di candidare la moglie di uno dei due nella propria lista”. La proposta della Barrile veniva accolta favorevolmente da Carmelo Prospero. Due giorni dopo, infatti, quest’ultimo tornava a Palazzo Zanca per incontrarsi con l’esponente politica e il consigliere Abbate. “Carmelo Prospero, per un verso accettava di candidare la moglie nella lista di Emilia Barrile e dall’altro continuava a chiedere, attraverso Carmelo Triglia, notizie in merito alla vicenda che aveva sollecitato al Presidente del Consiglio”, riportano gli inquirenti. Il 27 aprile 2018, Triglia veniva intercettato a colloquio con il pregiudicato. “Ora sono salito a casa, vedi che quel foglio ce l’ha Emilia”, assicurava Triglia. E alla domanda del Prospero se fosse riuscito a mettersi in contatto con la Barrile, Triglia ribatteva: “Già ho parlato, perché lei è andata a Fondo Fucile (…) ce l’ha lei”. Poi gli interlocutori si soffermavano a discutere sull’imminente appuntamento elettorale. “Carmelo Prospero si lamentava per i pochi volantini che aveva fatto stampare e di averli piazzati subito e che potrebbe pagarli lui al posto del presidente del consiglio”, scrivono gli investigatori. “Prospero però dichiarava al Triglia che occorreva un incontro chiarificatore con Emilia Barrile atteso il fatto che lui in questa campagna elettorale ci sta mettendo molto impegno”. Affermava il pregiudicato: “Compare, tipo… se è una cosa a gioco questa cosa qua, perché se dobbiamo giocare compa… Noi ci stiamo impegnando veramente… Compare, non è una presa per il culo, perché a me mi passava per minchia dei voti e di tutte le cose, perché io non posso neanche votare…. perciò mi passava per la minchia…”. E Triglia: “Domani abbiamo la riunione alla quattro”. Prospero: “Compare, tu devi prendere un appuntamento che dobbiamo parlare tra di noi, perché così non si può andare avanti… Prendi un appuntamento domani che si libera mezz’ora e la dedica a noi che dobbiamo parlare…”. Il 2 maggio Carmelo Triglia veniva intercettato ancora una volta a dialogo con Carmelo Prospero. I due, inizialmente si soffermavano su un favore che avrebbe ricevuto un amico di Prospero; successivamente, lo stesso si informava sullo stato della sua pratica. “Senti una cosa Carmelo, ma quell’altro foglio che ti ho portato, com’è? Sappiamo novità?”, domandava Prospero. “Ce l’ha lei nella tasca, se la sta vedendo lei!”, lo tranquillizzava Triglia. Due giorni dopo, il Prospero raggiungeva al telefono nuovamente il Triglia per chiedere novità sulla pratica avviata. Triglia gli riportava la risposta rassicurante della Barrile: “Ha detto di stare tranquillo… che niente…. poi te lo dico di persona. Passa dalla segreteria… Ma tua moglia… Stai girando i volantini tu?”. Prospero: “Certo compare! In tutti i posti… In tutti i posti… Compare, vedi che ci tengo a questa cosa… Digli che ha anche un picc… Lei come si è spiegata?”. Triglia: “Mi ha detto di stare tranquillo”.
“Dal complesso dei servizi di intercettazione sono emersi, inoltre, peculiari rapporti tra Emilia Barrile e Giuseppa Settimo, sorella del più noto Arcangelo Settimo che risulta annoverare numerosissimi pregiudizi penali per i reati concernenti violazioni del testo unico sugli stupefacenti, sulle armi, sequestro di persona, lesioni personali, furto, resistenza a Pubblico ufficiale, evasione, ricettazione”, aggiungono gli investigatori. “Lo stesso ha riportato la condanna alla pena di anni 3 di reclusione e 3.000 euro di multa, a seguito dell’operazione Alcatraz. Con sentenza della Corte d’Appello di Messina del 23 aprile 2009, Arcangelo Settimo è stato condannato alla pena di anni 7 di reclusione e 32.000 euro di multa e libertà vigilata per anni 3 (operazione Albachiara). Lo stesso attualmente è sottoposto al regime di semilibertà con scadenza il 29 maggio 2022”. Al vaglio degli inquirenti, ci sarebbero alcune intercettazioni telefoniche sull’utenza di Emilia Barrile. In particolare, il 5 marzo 2018, l’esponente politica veniva contattata da Serafina Delia detta “Sara” e da Giuseppa Settimo, rispettivamente madre e sorella del pregiudicato, per risolvere un problema abitativo del congiunto Arcangelo, apparentemente connesso ad una pratica comunale di alloggi popolari. “C’è mio figlio Arcangelo a casa… che ha la semi liberta… capito? Perciò dobbiamo parlare con te…”, spiegava Serafina Delia. “Eh gioia… Io devo partire due giorni. Se facciamo sabato? Ti viene male?”, domandava Barrile. E Delia: “Senti un po’… E quel fatto della casa… niente ancora?”. Barrile: “Non ti preoccupare… Ci stiamo lavorando…”. Delia: “Non è che ci pianti?”. Barrile: “Ti sto dicendo, ricordamelo sabato…”. Il 24 aprile, Emilia Barrile veniva intercettata mentre discuteva con Giuseppa Settimo, sorella di Arcangelo, della situazione che presumibilmente era stata trattata nell’incontro avvenuto con ogni probabilità l’11 marzo precedente. “Invero, Emilia Barrile invitava Giuseppa Settimo a portarle tutti i bollettini dei pagamenti in suo possesso che forse erano stati smarriti da Maria (che non è escluso sia identificabile nella sopra generalizzata Maria Denaro in servizio all’ufficio assegnazioni case popolari del Comune di Messina)”, aggiungono gli inquirenti. “Dal tenore dei colloqui, emergeva inoltre un risalente, costante impegno elettorale a favore della Barrile da parte di Giuseppa Settimo e Serafina Delia. Nella stessa circostanza, Emilia Barrile, che aveva appena assunto la decisione di candidarsi a sindaco di Messina, cercava infatti di convincere l’interlocutrice ad accettare una sua candidatura nella propria lista”. Giuseppa Settimo, impiegata presso il noto locale di ristorazione “L’Ancora” (di cui è titolare l’omonima società a responsabilità limitata avente quale unico socio la Tourist Ferry Boat S.p.A., riconducibile al gruppo imprenditoriale Franza-Genovese), declinava però l’invito “per la ventilata preoccupazione di eventuali ripercussioni negative sul suo rapporto professionale con il datore di lavoro”, anche se si impegnava a garantire l’appoggio elettorale alla Barrile “già sperimentato in passate occasioni e derivante dall’impegno profuso dalla sua intera famiglia. “Io non mi voglio candidare perché io voglio stare in pace con tutti”, spiegava la Settimo. E Barrile: “Lo sa Pina che io e tu siamo andati casa per casa con tua madre?”. Settimo: “Lo so, pure mia madre infatti… Comunque tu stai tranquilla perché qualunque cosa io faccio…. Dico, l’appoggio tu ce l’hai sempre perché io sinceramente a te ti conosco… e lo so infatti”. Barrile: “Porta a Tonino giovedì. Vieni e così stabiliamo tutte le cose. Va bene?”. Settimo: “Okay, ma deve venire pure mio fratello”. Barrile: “Per ora no, magari, perché poi deve scegliere il Notaio e tutte cose…”.
Meno di una settimana dopo, Emilia Barrile riceveva una nuova telefonata da parte di Giuseppa Settimo “nel corso della quale quest’ultima la informava di aver contattato, come da lei suggerito, la dipendente comunale Maria Denaro e di aver appreso che sulla definizione della sua pratica incombeva un problema dovuto all’interdizione del fratello”. “Io ho telefonato all’avvocato per informarmi e mi ha detto che questa cosa la danno a tutti quelli che prendono una condanna superiore a sei anni…”, riferiva Giuseppa Settimo. Poi chiedeva alla Barrile se in queste condizioni era possibile fare la richiesta di sanatoria e se poteva sostituirsi al fratello. “Ora vediamo, ne parliamo con lei… Va bene, fammi parlare con Maria…”, rispondeva l’allora Presidente del consiglio comunale. Poi le due si confrontavano sulle vicende scaturite dalla rottura politica tra l’entourage della Barrile e la famiglia Genovese. “Poi io sono andata là, però lui mi ha fatto capire che sarebbe più contento se mi candido”, diceva Giuseppa Settimo, riferendosi verosimilmente ad un incontro avuto con l’ex parlamentare Francantonio Genovese. “Emilia Barrile incalzava l’amica chiedendole se avesse espressamente riferito all’interlocutore che non poteva candidarsi per i problemi del fratello e che comunque non si sarebbe candidata in quello schieramento”, riportano gli investigatori. “Giuseppa Settimo ribatteva dicendo di avere rappresentato che non si sarebbe candidata per motivi legati al proprio lavoro, aggiungendo: In questa guerra mi state mettendo a me… Se resto senza lavoro mi sto a casa, alludendo evidentemente al fatto che una mancata candidatura nello schieramento di centro destra, supportato da Genovese, avrebbe potuto mettere a repentaglio chiaramente per ritorsione politica il posto di lavoro presso l’Ancora”. “Va be’, non c’è problema… Non ti lascia senza lavoro, non ti preoccupare”, rassicurava la Barrile. “Nooo e poi, Pina, ti doveva mettere a tempo indeterminato, comunque…”.
Il noto esercizio commerciale “L’Ancora”, sito sulla Rada San Francesco, di cui è titolare il gruppo imprenditoriale Franza-Genovese, era divenuto una vera e propria spina nel fianco della candidata a sindaco del Comune di Messina. In un passaggio della nota informativa inviata dalla Questura di Messina alla Direzione Distrettuale Antimafia il 14 agosto 2018 (agli atti del processo Terzo livello attualmente in svolgimento, coimputata Emilia Barrile), riservato ai “rapporti” con l’ingegnere Francesco Clemente (altro imputato eccellente di Terzo livello), si legge che tra il Clemente e la Barrile “si registrano 265 contatti telefonici, comprensivi di sms e tentativi di chiamata; da una prima non esaustiva disamina, le conversazioni hanno ad oggetto l’attività politica, elezioni politiche del 4 marzo 2018 e elezioni comunali del 10 giugno 2018”. “In una conversazione registrata il 14 febbraio 2018 – prosegue la nota - Barrile e Clemente conversano dell’ex on. Francantonio Genovese (con il quale la Barrile era in disaccordo politico per la mancata candidatura alle elezioni politiche). Emilia Barrile, con tono alterato, racconta a Clemente che Genovese (appellato quel cesso), le avrebbe tolto il lavoro all’Ancora”. “E questo è solo l’inizio..”, concludeva preoccupata la donna.

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