Le mafie connection della famiglia Romeo da Messina
L’imprendibile superboss Matteo Messina Denaro; i fratelli
stragisti Filippo e Giuseppe Graviano da Brancaccio, Palermo; tutti i rampolli
della famiglia allargata Santapaola-Ercolano-Vacante di Catania; le potenti
‘ndrine di Platì e Cirò Marina e i reggenti della Sacra Corona Unita pugliese;
i portavoce delle cosche meridionali in terra lombarda ed in Emilia Romagna. Nel
lungo racconto del costruttore Biagio Grasso davanti ai giudici del Tribunale
di Messina, sono questi i principali referenti, partner e finanche parenti
sparsi in mezza Italia del gruppo criminale peloritano con a capo l’anziano
Francesco Romeo e il figlio Vincenzo “Enzo”. Connection di altissimo livello
che hanno permesso alla famiglia Romeo di diversificare gli investimenti in
molteplici settori economici e conquistare piena autorevolezza nel firmamento
criminale nazionale. Come dire che Messina,
ormai, non è seconda a nessuno nelle trame della borghesia imprenditrice,
predatrice e mafiosa.
Le relazioni pericolose
di Biagio Grasso
“Io non sono stato mai affiliato con i canoni tradizionali né
nella famiglia barcellonese né tanto meno nel clan Santapaola-Ercolano,
soprattutto perché le persone, gli imprenditori vicini che hanno attività
insieme a loro, i capi, non usano più da tanto tempo questo tipo di usanza”, ha
dichiarato Biagio Grasso nel corso della sua deposizione all’udienza del 30
novembre del processo antimafia Beta sulla
grande area grigia in cui convivono e cooperano criminali, imprenditori,
professionisti e funzionari pubblici della città di Messina.
“Avevo però un ruolo importante a tutti gli effetti ancor di
più con i clan Romeo e Santapaola, dovuto all’amicizia e al rapporto
strettissimo di investimenti che abbiamo fatto con Enzo Romeo”, ha proseguito
il neocollaboratore di giustizia. “Lui mi ha messo in contatto con personaggi
di calibro appunto come Vincenzo Ercolano, persona che comunque non incontrava
nessuno se non era assolutamente garantita da uno di sangue e di famiglia. Personaggi
come Roberto Vacante che è entrato in merito a tutta una serie di rapporti che
si dovevano creare con aziende del catanese per lavori importanti che c’erano, come
Tecnis, in Piemonte e altre attività che si dovevano sviluppare sul territorio
messinese e quindi la costruzione dei parcheggi e la proposta per fare il
palazzo di giustizia a Messina in alcune aree vicino al La Farina… E tutta una
serie di attività che si volevano fare nel campo dei rifiuti non solo solidi
urbani ma rifiuti di inerti in un grosso appezzamento che Vincenzo Ercolano
aveva sulla statale che porta verso Siracusa dove la nostra socia di Milano,
Allievi, ebbe dei contatti già direttamente con Vincenzo Ercolano una volta
accompagnato da me, altre volte da sola per portare attrezzatura che noi
avevamo a Milano e quindi iniziare una società con loro su Catania”.
“Venivo presentato a queste persone come socio di Vincenzo
Romeo, persona di fiducia già vicina al clan di Pippo Gullotti, anche perché il
clan di Barcellona è stato sempre vicino e alleato del clan Santapaola tant’è
vero che Nitto Santapaola è stato latitante a Barcellona Pozzo di Gotto per
diverso tempo”, ha spiegato Grasso. “Quindi mi presenta con queste credenziali,
più chiaramente vengo con lui e lui all’interno della famiglia è considerato la
persona di maggiore serietà di tutti i più giovani che all’epoca erano ancora
liberi sul territorio. Io conoscevo gli appartenenti alla famiglia Romeo. Francesco
Romeo è il marito di Concetta Santapaola nonché papà di tutti fratelli Romeo
fra cui Enzo. Concetta Santapaola è la sorella di Nitto Santapaola, il boss
capo della storica famiglia Santapaola. Francesco Romeo l’ho conosciuto in
diverse occasioni, ha fatto direttamente anche qualche intervento dal punto di
vista economico quando c’è stato un periodo che eravamo in crisi di liquidità e
ha pagato per esempio qualche effetto cambiario a dei soggetti di Catania. Anche
se la gestione da quello che ho potuto constatare e vedere era totalmente in
mano a Vincenzo Romeo, per una questione di rispetto di anzianità e di caratura
criminale, per qualsiasi decisione importante si consigliava sempre con il
padre. È intervenuto due o tre volte direttamente lui pagando delle somme a dei
fornitori per conto nostro per l’operazione che avevamo in quel momento al
Villaggio Aldisio. Ha pagato una cambiale di 5 mila o 10 mila euro a Le Costruzioni dello Stretto, erano
delle cambiali che XP, la mia società e di Enzo Romeo, aveva emesso nei
confronti di quella società che nelle more era proprietaria della Procoim che
era titolare dell’operazione a via Chinigò. Francesco Romeo aveva un ruolo di
apice anche se non era più operativo considerati i limiti di età, però in ogni
caso veniva informato di tutto da Vincenzo Romeo, tant’è vero che tante volte
mi ricordo mi diceva: Non fare in modo
che ti deve chiamare mio padre, stiamo parlando alla fine, chiudiamo ‘sta operazione, liquida perché
mio padre vuole parlare con te…”.
“Dei soggetti che sono parenti di Vincenzo Romeo ho conosciuto
direttamente Vincenzo Ercolano, Roberto Vacante, il figlio di Nitto Santapaola
Francesco Santapaola in virtù di un’estensione o un recupero somme ai danni
dell’architetto La Spina in riferimento ad un vecchio affare che La Spina aveva
fatto con i capi storici del clan Santapaola negli anni ’80”, ha rivelato
l’imprenditore di origini milazzesi. “La Spina aveva fatto un investimento in
società con la famiglia Santapaola per la costruzione di 600 appartamenti ad
uso turistico nella zona di Acireale, poi questo investimento per una questione
simile a quella del Torrente Trapani si fermò, solo che il La Spina rimase in
debito di 4 miliardi delle vecchie lire nei confronti di Nitto Santapaola e di
altri soggetti di spessore. Una parte a dir del La Spina la restituì, circa 2
miliardi delle vecchie lire; una restante somma pari a 2 miliardi e quindi a
circa un milione di euro era rimasta ancora da dare… Quindi io con La Spina entro
in contatto per delle attività normali che avevo come imprenditore su Messina. L’architetto
La Spina sa che sono amico intimo di Vincenzo Romeo anche perché glielo dico
pure io e mi dice: Mi devi fare un
favore, mi devi fare conoscere ‘sto ragazzo, anche perché io conoscevo il
padre, lo stimo tantissimo, ma non conosco ‘sti ragazzi che so che sono persone
serie e apposto, e così gli presento Vincenzo Romeo. Quest’ultimo in
qualche misura era a conoscenza di questa vicenda e quindi gli dice: Mi interesso io, da qui contatta
Francesco Santapaola che insieme ad un altro soggetto di cui non ho mai saputo
il nome, ma so che era il figlio di uno soprannominato Manuncula, scendevano a Messina e hanno minacciato diverse volte
l’architetto La Spina, e da qui Vincenzo Romeo insieme a me si interessa nella
mediazione di questa vicenda. Fatto sta che non ha avuto comunque più pressioni
il La Spina in maniera violenta come li riceveva prima e fino al mio arresto
non aveva versato somme in virtù di questo debito. Con l’interessamento di
Vincenzo Romeo questa cosa si era in qualche maniera affievolita”.
Quei
consiglieri-consigliori in doppio petto
“Andrea Lo Castro ha seguito un investimento dove era
direttamente interessato il cugino di Vincenzo Romeo, Vincenzo Ercolano; tale
operazione si chiama Kalos S.r.l., dove Lo Castro sapeva al 100% che in essa
c’era direttamente Vincenzo Ercolano che era fittiziamente rappresentato in
questa società da tale Antonio Petralia di Paternò”, ha spiegato Grasso. “Io
conobbi Vincenzo Ercolano attraverso Vincenzo Romeo, come personaggio di spicco
e a capo della famiglia fin quando non è stato arrestato nel 2014 anche lui.
Ercolano era proprietario per il 50% di un terreno in località Calatabiano,
quindi adiacente a Taormina, ove già esisteva un piano di lottizzazione per la
costruzione di un centro commerciale dove c’era un capannone adibito a food da
vendere a Eurospin. Siccome Romeo gli aveva detto che io già avevo venduto un
capannone ad Eurospin allora Vincenzo Ercolano dice: Facciamo ‘sta operazione insieme, liquidiamo il 50% di altri due
ingegneri e rimaniamo noi e voi, la mia parte la tiene Petralia per conto mio,
l’altra parte ve la prendete voi. Questa operazione dal punto di vista
giuridico è stata interamente gestita nello studio e nella persona di Andrea Lo
Castro. Si sono fatte diverse riunioni, c’erano dei compromessi che si possono
rintracciare nei miei documenti, poi non si è portato a compimento perché nel 2014
Vincenzo Ercolano è stato arrestato nell’operazione Caronte.
Il gruppo Romeo che operava a Messina era la filiale, se
possiamo utilizzare questa parola, del clan Santapaola. Per quanto riguarda la
parte commerciale e la parte di investimenti, loro operavano quasi in maniera
autonoma anche se alla fine sempre collegata. Faccio un esempio: sul settore
per esempio dei farmaci, anche se chiaramente erano autonomi e faceva capo alla
famiglia Romeo, se dovevano passare sul territorio di Catania, ad organizzare
anche per opportunità, si parlava sempre con Enzo Ercolano per alcune cose; per
altre cose si parlava con Roberto Vacante, per esempio se erano azioni di
estorsioni, di danneggiamenti alle imprese o di azioni violente… Enzo Romeo di
queste vicende delittuose mi ha sempre tenuto fuori, per cose delicate si
rivolgeva ai cugini suoi ancora più violenti. Uno mi pare che si chiama sempre
Enzo Santapaola e l’altro non ricordo, comunque sono ragazzi che vivono nei
paesi etnei, ma sempre di sangue diretto Santapaola. Quindi per puntualizzare,
per quanto riguarda i riferimenti Santapaola a Catania vivono appunto i piccoli,
20-22 anni, sui paesi etnei. Enzo Ercolano gestisce tutta la parte
imprenditoriale di altissimo livello; Roberto Vacante che all’epoca ancora non era
stato arrestato, gestiva tutta la zona costiera lato ionico e si occupava
principalmente di estorsioni e di altre attività meno pregiate rispetto a
quello che poteva gestire Enzo Ercolano. Per quanto riguarda invece attività di
gioco illecito, di gioco non illecito, di gioco normale e altro tipo di gioco,
avevano tutta un’altra serie di personaggi come per esempio Giovanni Marano su
Catania, altri su Siracusa, personaggi importanti collegati alla criminalità su
Palermo, Calabria, Puglia, ecc…”.
“Dal 2014 in avanti - spiega ancora il costruttore - ho
potuto appurare meglio questi rapporti perché nella pressione di Vincenzo Romeo
a dire: chiudiamo queste partite, io ho
tutta una serie di problemi, i miei riferimenti su Catania e i miei familiari
sono stati tutti arrestati, ho degli impegni importanti che devo mantenere e
devo in ogni caso fare fronte a delle somme che attualmente non arrivano da
altri canali e quindi chiaramente da Enzo Ercolano, Roberto Vacante e tanti
altri che erano stati arrestati e lui tutte le settimane mi diceva che a
Catania doveva portare un tot per distribuirlo ai suoi referenti della
famiglia. Per quanto riguarda invece Messina in particolare, gli altri soggetti
che appartenevano all’associazione e con cui ho avuto modo di interloquire, a
parte Andrea Lo Castro e Carlo Borella, c’era N.L. L. insieme a
Enzo Romeo hanno avuto sempre delle società, mi ricordo una delle prime che era
per un’agenzia scommesse a Piazza del Popolo, ma tante altre. Curava per conto
di Vincenzo Romeo i rapporti con alcuni soggetti calabresi che operano nel
casinò di Portomaso a Malta e nel casinò La
Perla in Slovenia. N.L. aveva i rapporti anche con Dominique
Scarfone, poi morto, che io conobbi per tutta una serie di vicende che si
devono sviluppare sul territorio dell’Emilia Romagna. Insieme a Marano
gestivano una serie di attività volte alla raccolta di danaro con i punti
agenzia che avevano; insieme a E. N. organizzavano i tornei di poker online sparsi sul territorio. Poi
per esempio c’era Marco Daidone che era socio in un’agenzia in via Santa
Cecilia e che comunque era persona di fiducia di Enzo Romeo, detentore di armi
per conto dello stesso Romeo. Il core business e il settore principale è stato
sempre e lo sarà quello dei giochi perché è uno dei settori dove loro l’hanno
fatta sempre da padroni per tutta una serie di collegamenti che hanno sempre
avuto… Come hanno fatto con me come imprenditore nel settore edile lo hanno
fatto per esempio in qualche misura con Michele Spina nel settore dei giochi,
già negli anni 2005 e 2006. Michele Spina era personaggio noto anche alla
criminalità, perché è il nipote di Sebastiano Scuto, proprietario dell’ex
gruppo Alis nonché soggetto vicino al clan Laudani, cosa confermata anche da
Vincenzo Romeo successivamente. Quindi Spina era soggetto non con familiarità
criminale ma comunque con collegamenti con soggetti di clan forti sul
territorio, quindi da là loro cominciano anche ad avere un’attenzione diversa
da quello che può essere la semplice macchinetta non collegata con il sistema
statale. Come mi ha spiegato Enzo Romeo, su dieci macchine otto non erano
collegate e quindi non soggette a tassazione; successivamente quando ci sono
state tutta una serie di misure nazionali che impedivano in qualche maniera di
fare molto nero, sono stati costretti a riorganizzarsi. Una delle prime
organizzazioni grandi che hanno cercato di fare è quella per esempio con
Michele Spina. Lui ha partecipato ad un bando per l’assegnazione di diverse
centinaia di punti scommesse per conto dell’associazione nazionale Monopoli di Stato e ha chiesto aiuto a
Vincenzo Romeo in parte e una parte credo anche allo zio per partecipare a
questo bando, perché bisognava versare circa 10 milioni di euro tra
fideiussione e soli contanti. Quello che ricordo chiaramente è che Vincenzo
Romeo procurò circa 3 milioni e mezzo di euro in contanti a Michele Spina
raccogliendolo tra investimenti che ha fatto lui personalmente e gli
investimenti che hanno fatto famiglie, a detta di Vincenzo Romeo e poi
confermato anche da Spina, importanti della Sacra Corona Unita e di altri clan
criminali calabresi. Un nome che mi hanno fatto Romeo e Spina è il clan Di
Lorenzo, lo ricordo anche perché in una delle operazioni che abbiamo portato
avanti c’era l’acquisizione di una società che si chiama R.V. e che era in
Puglia e si occupava di eolico. Io chiesi a Romeo: Senti, che facciamo?, lui dice: Non
c’è problema, lì in ogni caso io contatto con il Di Lorenzo, che Michele Spinta
mi ha fatto fare cattiva figura ma che io poi in qualche maniera ho risanato la
situazione. E l’altro soggetto è Dominique Scarfone, che ho conosciuto e
collegato direttamente o tramite un altro piccolo clan al clan Grande Aracri, chiaramente calabresi
operanti su Reggio Emilia, e che ha investito anche diverse centinaia di
migliaia di euro. Romeo non mi ha fatto il dettaglio preciso, ma so che una
quota importante, un milione e rotti, l’ha messa Di Lorenzo, gli altri sono
stati raccolti fra Dominique Scarfone e la famiglia Santapaola fra Messina e
Catania. Nel 2005-2006 non avevo rapporti né con Vincenzo Romeo né con Michele
Spina, sono informazioni che mi confidano sia il Romeo che Spina e N.L. nelle conversazioni che abbiamo avuto poi. Ci sono anche altri dettagli
tipo la famosa riunione che è stata fatta presso l’avvocato Sbordone a Roma.
Lui è un avvocato, come dettomi da Spina e da Vincenzo Romeo perché io non lo
conosco, che si è sempre occupato di gestire grandi imprese che si occupano di
giochi con Monopoli di Stato, quindi
uno dei player nazionali in merito. C’è stata questa riunione a Roma che era
stata convocata da Spina con tutti quelli che avevano messo buona parte dei
quattrini, oltre ai Romeo altri soggetti palermitani, agrigentini, gente sempre
collegata ai clan. Il clan di riferimento con cui Michele Spina ha fatto
operazioni su Palermo sono i fratelli Graviano, quindi parliamo gente di tutto
rispetto, soggetti vicini al clan Messina Denaro di Trapani… Alla fine Spina si
ritrova in una situazione quasi ingestibile, in Africa mi disse quasi a
pericolo vita, al che chiede a Vincenzo Romeo di fare un ulteriore sforzo,
diciamo da collettore per raccogliere soldi. In questa riunione lo presenta
come il nuovo proprietario della Primal S.r.l… Enzo Romeo si presenta dicendo: Okay, sono io il proprietario, cosa volete,
dovete aspettare… e ha sfoderato la sua appartenenza ad un clan importante
e di parola e quindi ha appianato temporaneamente le divergenze che erano
maturate fra Spina e questi soggetti. Divergenze che poi si sono procrastinate
fino agli anni in cui li ho frequentati io, perché ci sono stati diversi
episodi, come ad esempio quando Vincenzo Romeo diede uno schiaffo di rimprovero
a Michele Spina perché aveva incassato dei soldi che andavano al rimborso di
debiti e invece li ha spesi per lui”.
Truffe, fuffe e
pacchi…
“Stefano Barbera è un altro soggetto che in quel momento
faceva parte del nostro gruppo”, ha dichiarato Grasso. “Mi fu presentato da
Vincenzo Romeo insieme a tale Antonio Monteiro in occasione di un’operazione
economica per trading in acquisizione di petrolio e per la costruzione di un
centro sportivo in località Villafranca. Monteiro era un soggetto che poi
comunque risultò completamente inattendibile, a cui forse furono consegnati per
tramite di Barbera e presso l’hotel Liberty a Messina nel 2011 o 2012, 175 mila
euro in contati. I soldi li abbiamo presi io e Vincenzo Romeo con una valigetta
che lui aveva in un deposito che era del suocero, di fronte alla Fiera. Barbera
ne voleva 350 mila, sono stato io ad insistere a dire: Guarda che questa secondo me è una mezza truffa. Lui dice: No, a me truffe non me ne fa, non me ne può
fare. Ho detto: Guarda che noi ‘sti
soldi li bruciamo, e quindi poi si convinse e il contratto fu dimezzato. Gli
ho detto: Okay, proviamo con 175 mila
e ha preso 175 mila, poi a me mi lasciò all’ufficio che all’epoca avevo in viale
Boccetta e insieme a Stefano Barbera andarono presso l’hotel Liberty dove
soggiornava Antonio Monteiro e consegnarono il denaro. In più Barbera insieme a
Romeo qualche volta faceva delle operazioni per la costruzione di bar o la
fornitura di macchine sempre per la ristorazione o per i bar, magari Romeo lo
raccomandava o avevano affari insieme. Poi scoprimmo che c’era un’altra persona
con cui Monteiro aveva un debito e ‘sti soldi alla fine come io avevo già
capito hanno fatto un passaggio di mano e sono finiti a un soggetto a cui si
accompagnava. Così il Monteiro ha cominciato a rimandarci, oggi-domani, oggi-domani,
oggi-domani, dicendo ho sistemato, il bonifico è fatto, ma i
soldi non sono mai arrivati. Enzo Romeo interessò un personaggio della
criminalità di Cirò Marina appartenente al clan Farao che aveva contatti ad
Amburgo, perché nelle more Monteiro si era trasferito lì. Non so poi quanto ha
recuperato o se ha recuperato. Se non ricordo male il soggetto con cui lui
aveva questo debito era Antonio Spagnolo. So solo che Barbera tante volte
diceva che lui era costretto a dare ‘sti soldi a questo Antonio e che faceva
parte dei servizi segreti spagnoli; la cosa per me cominciò a prendere una
piega da barzelletta quindi non la seguii più”.
“Chi teneva le armi era persona di massima fiducia e
appartenente al 100% diciamo a quel gruppo che avevamo formato in quel periodo
e in quel contesto”, ha aggiunto Grasso. “Relativamente alla disposizione di
armi da parte del gruppo posso dire che Romeo sapeva che ero un appassionato di
armi e quindi tante volte me le faceva vedere e ne ho viste diverse... Per quello
che so io perché le armi sono state consegnate o in mia presenza o sono state
passate anche da mano mia a terzo, sono appunto Marco Daidone e Ivan Soraci che
detenevano le armi. Anche Gaetano Lombardo ha detenuto armi e fucili e gliel’ho
dati io direttamente: c’era una 7 e 65 che tante volte detenevo io, tante volte
deteneva lui; un calibro 12 altre volte lo tenevo io e altre volte lo teneva
lui… Antonio Lipari e Salvatore Lipari avevano armi: uno dei due aveva qualche
arma regolare, ma detenevano anche armi nel chioschetto che avevano, anche
perché Enzo Romeo, come mi diceva sempre, aveva modi e usi e mi diceva come fanno i miei parenti a Catania, di
avere le armi distribuite sul territorio in diverse posizioni in modo tale che
in caso di necessità o in caso di sequestro di un sito, le altre rimanevano
completamente a disposizione. Poi i fratelli Romeo tutti, quelli che ho
conosciuto io, Maurizio, Benedetto, detenevano armi; Daniele deteneva armi
presso l’officina. Io le ho viste che le tenevano là o sono passate dalle mie
mani.
Oltre al settore dei giochi e a quello degli investimenti di
cui ho parlato, i Romeo avevano tutta una serie di attività che in qualche
misura gli servivano da copertura, come esercizi di bar e di vendita al
dettaglio. Tra i bar di proprietà c'è quello a Contesse, un altro bar che
avevano già acquistato, 50 metri dopo, dove operava il fratello Gianluca e il
padre Francesco. Erano proprietari del bar Montecarlo
che poi però hanno venduto e là c’era socio anche Marco Daidone. Ogni fratello
aveva un’attività in proprio, ma la gestione dei quattrini era sempre comune.
Ad esempio, nel momento in cui noi non riusciamo a bancare l’operazione di via Chinigò
e non riusciamo a venderla al Comune di Messina, buona parte dei quattrini sono
stati portati da Vincenzo Romeo ma poi io avevo la lista dove lui appunto mi
rinfacciava: Guarda che non sono solo
soldi miei, cioè sì li gestisco io, ma ci sono anche i soldi dei miei fratelli,
quindi 200 Benedetto, 100 Maurizio, 50 tizio e così via…, quindi la cassa
era comune anche se ognuno aveva la sua attività indipendente. Poi c’era il
settore dei presidi sanitari che era gestito in prima persona da Benedetto
Romeo che aveva un magazzino in zona nord, dove sono andato diverse volte. Lui
era coadiuvato da un altro soggetto che si chiama Gaetano Cristaldi e che viene
da questo settore; si occupavano della commercializzazione alle aziende
sanitarie locali e anche ai privati di pannolini per anziani e non solo. In più
nell’ultimo periodo volevano aprire una rete di sanitari, una l’avevano pure aperta
ed è la Ecosan a cui partecipava un altro ragazzo, Giorgio Piluso che ho
conosciuto ma con cui non sono entrato mai in affari o in confidenza. Poi c’era
il settore collegato sempre ai sanitari o alla distribuzione delle medicine che
gestivano i fratelli Antonio e Salvatore Lipari in principio, ma che insieme a
me si era iniziato a fare un programma di espansione abbastanza importante fra
cui la costruzione di un deposito nella zona di Giammoro, San Pier Marina, dove
all’epoca avevo dei terreni di proprietà. Più il settore immobiliare
chiaramente che gestivano con me. So anche che i Romeo avevano interesse
nell’ambito della gestione di corse di cavalli. Faceva parte del gruppo Antonio
Romeo, che credo sia cugino in secondo grado; è il figlio di Carmelo Romeo, il
signore che è proprietario di un chiosco presso il bar del Policlinico che si
chiama Policlinic Bar. Loro sono
stati sempre appassionati di cavalli, tant’è vero, per esempio, che quando
andavamo da Roberto Vacante, anche lui appassionato di cavalli, ho portato pure
diverse fotografie di purosangue che erano da consegnare a Enzo al padre o a
Benedetto Romeo. Chi organizzava le stalle e l’organizzazione vera e propria
dei cavalli era questo Antonio Romeo. Enzo Romeo mi ha parlato pure di Pietro
Santapaola e Vincenzo Santapaola, però non me li ha mai presentati perché avevano
un modo di operare diverso che a lui non piaceva molto. Sono i figli di un
altro fratello di Nitto Santapaola, cugini diretti di primo grado. Con Vincenzo
Romeo avevano un rapporto di rispetto ma non idilliaco… Ricordo la vicenda
dell’estorsione a Giannetto a cui non ho partecipato in prima persona, ma so
molti dettagli perché è stato uno dei primi campanelli d’allarme che ha avuto
Vincenzo Romeo su indagini pesanti in corso a lui e che poi si è ripercorsa
anche sul nostro rapporto. Mi disse: Rischio
che mi arrestano da un momento all’altro, quindi mi ha confidato, a parte
che ho letto le informative, cioè la Sdi… Praticamente aveva una Sdi,
un’interrogazione, non so tecnicamente come si può definire, fatta dalle forze
dell’ordine dove si evinceva la denuncia che aveva fatto Giannetto in virtù di
quel recupero crediti che loro hanno fatto su Messina per conto di una società
di Siracusa o di Milano. M’ha detto: Hai
visto che è come dicevo io, mio cugino Piero non si è comportato in maniera zenit,
perché se io ti porto a uno per sistemare una situazione che poi mi denuncia
poi mi devi dare soddisfazione. Queste sono state le parole che ha
pronunciato Enzo Romeo in merito a suo cugino Pietro ed era pure il compare,
perché credo che aveva battezzato o lui a Giannetto o Giannetto uno dei loro
bambini. Quindi avevano un rapporto di massima fiducia, solo che sembra strano
che il Giannetto viene estorto considerato che è compare di Pietro Santapaola. Era
come se io venivo estorto ed ero socio di Enzo Romeo; dove mi presentavo sono
socio di Enzo Romeo, anche Antonio Barbaro si è messo a disposizione per dire,
o altri soggetti pesantissimi. C’era però un ragionamento che mi ha spiegato
Enzo Romeo in linea di massima, dove dei parenti suoi di Catania che erano
amici di un soggetto di Siracusa gli avevano chiesto di intervenire su
Giannetto per recuperare queste somme che non voleva pagare perché in qualche
misura era amico di Pietro Santapaola. Quindi Pietro Santapaola era in
difficoltà, cioè non poteva intervenire in maniera violenta; dall’altra parte
Enzo Romeo riceve questa ambasciata nel dire Risolvi questa vicenda e quindi si incontrano (…) La cosa poi è
degenerata. Enzo Romeo non è un soggetto che usa violenza o ha mai usato
violenza se non strettamente necessaria, però nel momento in cui gli vanno i fili in corto circuito, per
usare un termine che utilizzava sempre lui, esce fuori l’altro lato di Enzo
Romeo che è l’Enzo Santapaola e
quindi la vicenda prese una piega non adeguata, al punto tale che Giannetto si
sentì seriamente minacciato e ha deciso di procedere per le vie legali”.
Gli amici in Procura e
nei corpi armati dello Stato
“Questa interrogazione Sdi che riguardava la denuncia che
Giannetto aveva fatto nei confronti di Romeo mi fu mostrata quando già eravamo
in procinto io e Michele Spina di iniziare le attività in Africa”, ha spiegato
Biagio Grasso. “Dovevo incontrarmi con Spina, e lui, per farmi vedere che da un
momento all’altro ci poteva essere un arresto, mi ha delegato di farla vedere a
Michele Spina, anche perché nel 2016 e fino a quando l’hanno arrestato nel 2017
ancora era in debito di circa 300-350 mila euro nei confronti di Enzo Romeo. Lo
scopo di mostrarmi lo Sdi era di farci constatare che aveva necessità di
incassare le somme sia da me sia da Spina, perché Giannetto aveva già fatto una
denuncia di estorsione e lui di questa cosa era abbastanza preoccupato. A dir
suo Enzo Romeo aveva diversi rapporti all’interno delle forze dell’ordine. Mi
consta perché l’ho vista e perché ho fatto anche per conto mio qualche piccolo
favore, che uno di essi è stato Antonino Romeo, dipendente della Guardia di Finanza
a Messina, omonimo cognome ma non cugino di Enzo Romeo. Questo Nino Romeo a
detta di Enzo Romeo era in contatto con un amico suo appartenente ai
Carabinieri che gli forniva informazioni su quelle che potevano essere indagini
in corso o segnalazioni delle attività di attenzione nei confronti delle
persone interessate ai Santapaola-Romeo.
Ci sono state altre due occasioni in cui abbiamo avuto
modo di verificare interrogazioni a proposito di indagini nei nostri confronti.
Una con Lorenzo Mazzullo che era dipendente presso la Procura di Messina
all’epoca dei fatti e con cui avevamo stretto rapporti perché lui e tale
ingegnere Cuzari ci proposero un’operazione immobiliare che poi eseguì anche Andrea
Lo Castro su Catania. Nacque un certo rapporto di confidenza e quindi io e
Vincenzo Romeo gli abbiamo chiesto diverse volte di verificare se poteva in
qualche maniera accedere ai terminali per capire che tipo di indagini c’erano
in corso su di noi. Alcune volte ce lo diceva a voce e altre volte, incalzato,
ci portò anche un’interrogazione Sdi che a dir suo non ha fatto lui
direttamente ma un carabiniere che comunque era dipendente sempre della Procura
della Repubblica di Messina. L’altra occasione dove sono state fatte
interrogazioni per controllare sia il mio nominativo che il suo è attraverso un
carabiniere che ci presentò Rosario Di Stefano, all’epoca proprietario della
R.D. Costruzioni, che è la società che ha venduto a noi l’operazione di
Villaggio Aldisio. Questo carabiniere che ho conosciuto e che abitava a Rometta
Marea, dietro la Sartoria del Corso,
secondo piano, fece delle interrogazioni però non ci diede mai copia cartacea”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 21 dicembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/12/21/i-documenti-inediti-le-mafie-connection-della-famiglia-romeo-da-messina/
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