L’ingegnera pro MUOS perita-consulente per i fuochi di Caronia
Dalle
padelle alle braci. Gli abitanti della frazione di Canneto, Caronia, potranno
finalmente sapere la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità sui 10
anni di roghi misteriosi che hanno messo in ginocchio fior di tecnici e
scienziati internazionali.
Il
sindaco, Calogero Beringheli, che pur si dice sicuro che dietro gli incidenti è
forte l'ipotesi della sperimentazione e uso di micidiali armi
elettromagnetiche, ha deciso di nominare la ricercatrice Patrizia Livreri,
della facoltà d'Ingegneria di Palermo, quale membra della Commissione
d'inchiesta comunale sui misteriosi roghi di Caronia.
La
Livreri, già candidata (non eletta) alle regionali del 2008 con l'Udc di don
Totò Cuffaro e assessora in pectore alle elezioni di Palermo del 2012 con
Massimo Costa sindaco Pdl-Udc-Grande Sud (trombati) è la principessa del Muos,
l'ingegnera che ne ha tessuto le lodi spianando le autorizzazioni della regione
siciliana ai lavori di Niscemi, prima con don Raffaele Lombardo e poi con don
Sarino Crocetta. Peccato che i suoi studi siano stati sbugiardati prima dal
Politecnico di Torino, poi dal prof. D'amore della Facoltà d'Ingegneria de La
Sapienza di Roma, E che la sua audizione in Commissione ambiente e territorio e
sanità dell'ARS sul MUOS abbia rasentato la farsa (o la tragedia).
La
Livreri, per la cronaca, è stata pure nominata di recente consulente per il
Comune di Furnari (Me) per valutare l'insostenibilità del deprecabile impianto
di biomasse della COMET Messina. Insomma, più danni e figuracce fai, più
consulenze ti prendi.
C'è
da scommettere, che alla fine aveva ragione quel prete che alla tv affermò che
dietro i roghi c'era lo zampino caprino di Satana. A futura memoria.
Da “Il MUOStro di Niscemi. Per le
guerre globali del XXI secolo” (Antonio Mazzeo, Editpress, Firenze dicembre
2013)
Nel
marzo 2010, alla vigilia di un vertice a Roma con il sottosegretario alla Difesa
Giuseppe Cossiga, il governatore Raffaele Lombardo fece sapere al sindaco di
Niscemi Giovanni Di Martino che la Regione era pronta a deliberare una serie di
provvidenze a favore dello sviluppo economico e la valorizzazione del
patrimonio naturalistico locale. Lombardo accennò pure alla possibilità di un
centro di ricerca, diagnosi e cura delle patologie riconducibili alle emissioni
elettromagnetiche. Il 16 febbraio 2011 il Nì
al MUOS diventò ufficialmente Sì.
Lombardo, alcuni dirigenti regionali, tre colonnelli delle forze
armate e il parlamentare Alessandro Ruben
(Fli), membro della commissione Difesa della Camera e delegato presso
l’Assemblea Parlamentare della NATO, raggiunsero Niscemi per tentare di
convincere amministratori e consiglieri comunali sulla non pericolosità del
MUOS. «Le nuove antenne statunitensi da
come espresso dai tecnici in materia fanno meno male rispetto a quelle che
insistono già nel territorio di Niscemi», spiegò il
presidente in Consiglio comunale.
Gli
atenei siciliani indossano l’elmetto
Seguirono poi gli interventi
di due docenti della facoltà d’Ingegneria di Palermo, Luigi Zanforlin e
Patrizia Livreri, esperti della Regione «segnalati in
maniera particolare dal Rettore dell’Università di Palermo», come chiarì lo stesso Lombardo. Secondo il professor
Zanforlin, l’emissione delle antenne paraboliche ed elicoidali del MUOS avrebbe
prodotto un campo elettrico «che si perde nel
rumore di fondo, cioè a livello di 0,3/0,5% dei 6 V/m, il limite estremamente
cautelativo previsto dalle norme italiane». «Per quanto riguarda i malfunzionamenti – aggiunse
Zanforlin - anche se l’antenna viene diretta direttamente sul paese, dato che
ci sono 1.750 metri di distanza tra le abitazioni e le antenne, il campo che
investirebbe non supererebbe la soglia di sicurezza».
Per Patrizia Livreri, docente
di Elettronica ed ex ricercatrice in aziende del gruppo Finmeccanica produttrici
di apparati di contromisura elettronica (nonché candidata Udc alle elezioni
regionali 2008), il MUOS è un’innovazione
tecnologica a bassissimo impatto ambientale che non comporta condizioni di
rischio per la salute dell’uomo. «Le tre antenne
del sistema mandano il segnale al satellite ma non funzionano
contemporaneamente», disse ai
consiglieri di Niscemi. «Il loro scopo è di
trasmettere i dati elaborati sulla stazione base e ovviamente il funzionamento
è previsto per una, due antenne. Un’altra è sempre di riserva per dare
continuità alla trasmissione. La ricezione è affidata alle altre due antenne
elicoidali, ma una funziona e l’altra è da supporto e nel caso di guasto,
subentra per continuità». Il successivo
22 febbraio 2011, su carta intestata del Dipartimento d’Ingegneria elettronica
e delle telecomunicazioni dell’Università di Palermo, i due docenti
presentarono il MUOS come un sistema migliorativo
poiché «presenta valori di campo
elettromagnetico di gran lunga inferiori a quelli generati dal sistema di
comunicazioni attualmente esistente nella base americana di Niscemi». Per i professori Livreri e Zanforlin, «la previsione di una non operatività di parte delle 27
antenne attualmente funzionanti, correlata all’installazione delle antenne
paraboliche ed elicoidali, porterebbe ad un evidente abbassamento dei livelli
di campo elettromagnetico».
Le conclusioni dei docenti
palermitani furono respinte integralmente da diversi studiosi, in particolare
dal professore Massimo Zucchetti, ordinario di Impianti nucleari del
Politecnico di Torino e dal dottore Massimo Coraddu, consulente esterno del
dipartimento di Energetica del Politecnico. «Con la realizzazione delle nuove antenne
si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle
abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello
esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi», rilevarono Zucchetti e Coraddu in un rapporto consegnato al Comune di
Niscemi e alla Regione siciliana dove si evidenziarono le incongruenze dello
studio Livreri-Zanforlin. I
rilievi del Politecnico furono però ignorati dalla giunta Lombardo: ottenuti i
pareri favorevoli alla realizzazione degli impianti da parte di ARPA Sicilia e
del Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale (rispettivamente
nel marzo e nel maggio 2011), la Regione diede l’ok al MUOS. . L’1 giugno 2011
fu rilasciata dall’allora dirigente generale dell’Assessorato Territorio e
Ambiente, Giovanni Arnone, la valutazione d’incidenza che autorizzava i lavori all’interno
della riserva naturale. L’atto fu notificato al Dipartimento di US Navy il
successivo 28 giugno.
Si dovette attendere il 5
febbraio 2013 perché fosse palese la scarsa oggettività del rapporto dei docenti dell’Università di
Palermo che legittimò il voltafaccia di Raffaele Lombardo. Durante l’audizione
pubblica convocata dalle Commissioni Territorio e Ambiente e Sanità
dell’Assemblea Regionale Siciliana, i professori Livreri e Zanforlin ammisero
che lo studio pro-MUOS era stato loro commissionato e remunerato dalla Marina
USA, tramite un’azienda privata. I due chiarirono inoltre di non poter fornire
a terzi i dati tecnici ricevuti dalle forze armate statunitensi perché coperti
da segreto militare. «Sono stata contattata dalla società d’ingegneria e
consulenza ambientale URS di Milano e ho preso a riferimento i dati
relativi alle emissioni elettromagnetiche registrate in un’analoga postazione
di antenne MUOS operante nelle isole Hawaii», affermò Patrizia Livreri.
L’URS di Milano è
interamente controllata dalla URS Corporation, holding internazionale
con sede a San Francisco (California) operante nel campo dell’ingegneria
militare, nucleare, spaziale, ecc. La filiale italiana fornisce
di norma la propria consulenza al Dipartimento della Difesa sull’applicabilità
delle normative ambientali e tecniche nazionali alle basi USA in Italia. Negli
ultimi cinque anni URS Milano ha sottoscritto con il Pentagono contratti per un
ammontare di 400.000 dollari per non meglio specificati servizi di ingegneria e valutazione
di impatto ambientale. Anche la facoltà di Ingegneria dell’Università di
Palermo ha coltivato ottime relazioni con i militari statunitensi. Recentemente
ha pure sottoscritto due contratti per un valore complessivo di 70.000 dollari
con il laboratorio di Ricerca dell’esercito USA per la produzione
elettro-chimica di «materiali
nano-strutturati per applicazioni di conversione energetica». Ancora peggio ha fatto l’Università di Catania. Negli
anni fiscali 2001, 2002 e 2005, il Dipartimento d’Ingegneria elettrica,
elettronica e dei sistemi (DIEES) ha sottoscritto con il Pentagono tre
contratti per complessivi 118.750 dollari per non meglio specificati «progetti di ricerca».
Tra il 2010 e il 2011 l’Ateneo di Catania ha strappato 475.000 dollari pure allo
SPAWAR - Space and Naval Warfare Systems Center Pacific, il centro spaziale della Marina
statunitense a cui fa capo la rete MUOS. Il DIEES
di Catania compare infine tra i partecipanti all’IDRILAB (Renewable Hydrogen R&D Projects Lab), il laboratorio di ricerca
sugli impianti di generazione da fonti rinnovabili non programmabili (solare ed
eolica) e per la produzione d’idrogeno, insieme con “Ecoenergy”, la divisione
ricerca e sviluppo di LAGECO, società che per conto di US Navy ha costruito il
terminale terrestre MUOS a Niscemi.
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