Falchi italiani precipitano in Congo
Ennesima
figuraccia in terra d’Africa per i droni di produzione italiana. Il 20 ottobre
scorso un velivolo senza pilota “Falco” delle forze di peacekeeping delle
Nazioni Unite è precipitato in una regione orientale della Repubblica
democratica del Congo. “Il drone, per ragioni sino ad ora ignote, è precipitato
al suolo in un’area disabitata e senza provocare alcun danno, a tre chilometri
a nord della città di Goma, dopo essere decollato dall’aeroporto locale”, ha
riferito Charles-Antoine Bambara, portavoce di MONUSCO, la missione militare
Onu in Congo. Realizzato da ES Selex - gruppo Finmeccanica - negli stabilimenti
di Ronchi dei Legionari (Gorizia), il “Falco” era uno dei cinque velivoli senza
piloti ordinati nel luglio 2013 dalle Nazioni Unite per rafforzare le capacità
operative dei reparti schierati al confine orientale della Repubblica Democratica
del Congo con il Ruanda e l’Uganda. La consegna dei droni (il cui valore è
superiore ai 50 milioni di euro) era stata avviata a metà dicembre e si era
conclusa lo scorso aprile. I cinque “Falco” sono giunti in Congo a bordo dei
velivoli cargo C130J “Hercules” della 46^ Brigata aera dell’Aeronautica militare italiana
di Pisa, dopo scali tecnici a Luxor, Egitto e Nairobi, Kenya.
Azionati
dal personale tecnico di Selex presente nello scalo aereo di Goma, i droni hanno
un raggio di azione di 250 km e un’autonomia superiore alle 12 ore di volo; possono
trasportare carichi differenti tra cui, in particolare, sensori radar ad alta
risoluzione che consentono di individuare
obiettivi in tempo reale e a notevole distanza. Il “Falco” è stato
progettato per operare in qualsiasi condizione meteorologica e per un’amplia
serie di missioni. Tra le sue capacità figurano il decollo e l’atterraggio
corti completamente automatici, il volo e la navigazione diurna e notturna ed
una stazione di controllo a terra realizzata secondo i requisiti previsti dalla
Nato, che permettono di pianificare e ridefinire i compiti operativi e la
condivisione dei dati.
Nel rapporto
in cui sono analizzate le “positive” performance dei “Falco” italiani in Congo,
il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riferisce che i droni-spia sono
utilizzati particolarmente nella regione orientale del North Kivu per “monitorare”
i movimenti dei gruppi armati antigovernativi e gli spostamenti delle
popolazioni civili. “Sin dalla loro entrata in funzione, questi sistemi aerei hanno
assicurato a MONUSCO una fonte d’informazioni controllate e appropriate per
supportare gli sforzi del contingente militare nel settore dell’intelligence,
della sorveglianza e del riconoscimento, contro le attività illegali dei gruppi
armati”, ha dichiarato Hervé Ladsous, responsabile Onu per le operazioni di
peacekeeping. “Oltre a effettuare missioni di sorveglianza nella
giungla, i “Falco” hanno assistito un convoglio del World Food Program che portava
aiuti alimentari in territori minacciati dai ribelli”. In un’occasione, il 5
maggio 2014, i droni sono stati impiegati per il salvataggio dei passeggeri di un’imbarcazione
naufragata nel lago Kivu. L’avvistamento dei naufraghi da parte di un “Falco”
consentì al personale di MONUSCO di salvare 14 persone, ma altri 11 passeggeri
furono dati dispersi.
Quello del 20 ottobre non è l’unico incidente accaduto
nella Repubblica Democratica del Congo ai velivoli di Selex-Finmeccanica. A gennaio
un altro “Falco” è precipitato a poca distanza dalla pista dell’aeroporto di
Goma. Secondo
le forze armate congolesi, il drone al rientro da una missione avrebbe
completamente mancato la pista d’atterraggio, andando a schiantarsi al suolo. Anche
in quel caso l’incidente non ha provocato vittime o feriti ma il velivolo è rimasto
completamente distrutto a seguito dell’impatto. Probabile causa dell’incidente
un “problema tecnico” agli apparati di bordo.
L’acquisto dei droni
italiani da parte delle Nazioni Unite era stata oggetto di polemica a New York
nell’agosto 2013. In particolare, Inner City
Press aveva denunciato l’inappropriata affidabilità e sicurezza dei “Falco”. “Questi
droni sono stati al centro di gravi incidenti, dal Pakistan al Galles”, riportò
l’agenzia stampa. “Lo scorso anno un SG Falco - Selex dell’Aeronautica militare pakistana è precipitato dopo
il via dalla base aerea di Mureed durante una prova di volo a causa di problemi tecnici,
a qualche chilometro di distanza dal distretto di Mianwali in Punjab. In
precedenza, un altro aereo-spia Falco era precipitato nel Galles occidentale, dopo
essere decollato dal centro di sperimentazione UAV di Parc Aberporth, vicino l’aeroporto
di Ceredigion”. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu preferì non commentare quanto
pubblicato e confermò la commessa dei cinque “Falco” per MONUSCO. Il 29 maggio
2014, in occasione della Giornata mondiale dei Caschi Blu, il dipartimento delle
Nazioni Unite per le missioni di peacekeeping utilizzò l’immagine del drone italiano
per il poster ufficiale dell’evento. “Il mondo ha di fronte nuove minacce e il
peacekeeping dell’Onu si sta evolvendo per farvi fronte”, si legge nel
comunicato ufficiale. “Per questo si sta studiando come farsi aiutare da tecnologia
e innovazione, come nel caso dei droni non armati, per avere successo in
ambienti sempre più difficili e con un buon rapporto tra costi e benefici”. Un
mese prima era stata l’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Samantha
Power, a enfatizzare l’uso delle nuove tecnologie “come i droni attualmente
dislocati con la missione MONUSCO in Congo” nella “lotta contro i nuovi
genocidi”.
Nonostante l’assai discutibile esito dei Falco in Congo, a luglio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha reso
noto che pure i caschi blu della missione MINUSMA in Mali saranno dotati di quattro velivoli teleguidati di Selex. I Falco saranno
schierati nelle basi di Gao e Timbuctù dove già operano elicotteri da guerra
francesi e olandesi e saranno gestiti per tre anni da una società privata che
curerà anche la manutenzione e l’elaborazione delle immagini raccolte a
beneficio di MINUSMA. Ma presto l’Onu potrebbe acquistarne di altri da
schierare in Costa d’Avorio, Darfur, Sud
Sudan e Centrafrica.
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