Verso la Marcia Perugia-Assisi. Sette domande ad Antonio Mazzeo
Sette domande di Telegrammi della Nonviolenza in Cammino ad Antonio Mazzeo alla vigilia della Marcia Perugia - Assisi del 25 settembre 2011.
Quale è stato il significato più rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?
La Marcia Perugia-Assisi sin dalla sua prima edizione, 50 anni fa, è stata l’appuntamento in cui si sono “contaminate” culture e visioni del mondo diverse ma che avevano come denominatore comune il rifiuto delle guerre e dell’uso delle armi, l’affermazione della pace e della giustizia sociale. Grazie alla Marcia, è stato possibile visibilizzare, socializzare e affermare nella cultura e nella società italiana repubblicana i principi e le pratiche della nonviolenza.
E cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?
L’appello dell’edizione di quest’anno della Marcia enfatizza particolarmente il clima d’ingiustizia sociale e la crisi strutturale ed economica che investe pesantemente la vita di miliardi di donne e uomini in tutto il mondo. Onestamente avrei però preferito che si desse maggiore rilevanza alle guerre e ai processi di riarmo in atto internazionalmente, avrei voluto un “No” chiaro e netto all’intervento militare italiano in Libia, un “No” alle guerre in Iraq, Afghanistan e Pakistan, un “No” al nucleare civile e militare e ai nuovi sistemi di morte. la Marcia è un’occasione unica, irripetibile per dar voce e forza al popolo della pace, che per questa sua edizione 2011 poteva sicuramente essere utilizzata meglio.
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Quale è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
Purtroppo, ma vale anche per il più ampio movimento “no war”, quella odierna è per i movimenti nonviolenti una fase storica in cui sono più deboli e incapaci d’incidere sui grandi processi internazionali, nonostante la guerra sia divenuta sempre più globale e permanente. Spero di cuore che il 25 settembre possa rappresentare in Italia un primo momento collettivo di svolta per ridare il via ad una nuova fase di mobilitazioni, accanto e congiunai movimenti sociali che sicuramente occuperanno le piazze del paese nei prossimi mesi.
Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?
Quello di mettere a disposizione il proprio patrimonio di idee, valori, azioni e forme di lotta, con piena disponibilità, senza voglie e bisogni inutili di protagonismo, cercando collaborazioni e alleanze con i soggetti sociali, gli studenti, gli ambientalisit e tutti coloro che ancora hanno la forza d’indignarsi per le ingiustizie, le sofferenze di donne euomini, le sopraffazioni, le prevaricazioni, le guerre, la distruzione dell’ambiente e delle risorse naturali.
Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
Nonostante gli scenari siano densi di nubi, e si evidenziano all’orizzinte vecchie e nuove tragedie, ci sono segnali in controtendenza che ci consentono di nutrire speranze e desideri di esserci, opporci, resistere. Le campagne referendarie per “l’acqua bene comune” e contro il rilancio del nucleare, le occupazioni di istituti secondari e università contro la privatizzazione del sapere, le mille iniziative locali contro dissennati megaprogetti infrastrutturali e grandi opere, o contro le nuove basi di guerra e di morte, segnano momenti assai significativi di lotta non-violenta. Ad essi si aggiungono le iniziative in tutta Europa di giovani, disoccupati e studenti per i diritti al lavoro e all’istruzione, alla salute n o le lotte dei popoli indigeni e dei movimenti sociali in America latina e in alcuni paesi asiatici contro lo strapotere delle transnazionali e per l’accesso alla terra e alle risorse naturali. Il pianeta è sull’orlo del baratro, ma queste energie sviluppatesi al Nord come al Sud possono ancora impedire l’olocausto finale.
Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
Credo che si debba ripartire con le mobilitazioni diffuse contro vecchie e nuove operazioni di guerra e d’intervento militare (Libia, Afghanistan, Iraq ma penso pure al Corno d’Africa, dove si moltiplicano le spinte per un “intervento umanitario” a suon di missili e bombe), contro i nuovi piani di riarmo e militarizzazione del territorio (penso ai grandi centri-hub che le forze armate Usa, Nato e italiane stanno realizzando o ampiando in Italia, vedi Aviano-Vicenza, Camp Darby-Pisa, Napoli-Capodichino, Trapani-Sigonella, o all’avvio dei lavori per insediare a Niscemi, Caltanissetta uno dei quattro terminali terrestri del nuovo sistema Muos di telecomunicazione satellitare per le guerre convenzionali e nucleari del XXi secolo, ecc). Ma bisognerà tentare di bloccare anche i piani di riconversione militare di complessi e centri di produzione industriale (vedi ad esempio quanto accade in Fincantieri o a Cameri-Novara con il programma per il cacciabombardiere F-35). Per i noviolenti sarà poi doverosa la parrecipazione in prima persona alle iniazitive sociali e sindacali per impedire le controriforme costituzionali in atto, contro le privatizzazioni selvagge e l’affermazione del modello socio-economico neoliberista che il governo, con il consenso di diverse forze “d’opposizione” sta implementando nel paese. E non dimenticare infine che dal Piemonte alla Sicilia continueranno le azioni e le proteste contro il dissennato modello “sviluppista” delle Grandi Opere, dilapidatrici di risorse finanziarie e generatori di forti appetiti criminali.
Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa è la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?
Direi che è un modo “altro” d’intendere le relazioni tra donne e uomini, tra esseri viventi e con la natura, il territorio e le risorse, dove siano bandite la violenza, ogni forma di guerra, la sopraffazione, l’ingiustizia sociale, economica, ogni forma di discriminazione e asservimento. E per accostarsi ad essa chiederei l’umiltà di voler ascoltare e comprendere l’altro e di mettersi a servizio della vita contro la morte, contro ogni morte.
Antonio Mazzeo. Peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell’area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e più recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ("I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina", Edizioni Alegre, Roma). Ha ricevuto il "Premio Giorgio Bassani - Italia Nostra 2010" per il giornalismo.
Intervista pubblicata in Telegrammi della Nonviolenza in Cammino del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo,
numero 655 del 22 agosto 2011.
numero 655 del 22 agosto 2011.
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