Ponte di Messina, dieci miliardi di euro nelle mani dei “padrini”

Sabato 14 maggio, il movimento No Ponte torna in piazza contro quello che è per tutti il nuovo “Mostro sullo Stretto”, il devastante progetto di collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. Lo farà a Messina con un corteo gioioso e colorato che avrà come temi centrali l’utilizzo delle risorse finanziarie destinate alla grande infrastruttura (10 miliardi di euro secondo le stime più recenti) per la messa in sicurezza sismica e idrogeologica del territorio, il potenziamento dei trasporti pubblici nello Stretto, la riqualificazione dei centri urbani a partire dall’edilizia scolastica.

Le ragioni del No al Ponte non sono solo di natura ambientale”, spiega Luigi Sturniolo, attivista della Rete dei cittadini in lotta contro il megaprogetto. “L’opera è fortemente impattante dal punto di vista sociale, si caratterizza per gli insostenibili costi economici e possiede un ritorno bassissimo in termini di posti di lavoro. Urgono invece interventi che mettano i territori al riparo dai rischi idrogeologici. Ma i soldi, secondo il governo, non ci sono. Eppure 1.300 milioni di euro provenienti dai fondi dell’Unione europea per le aree più svantaggiate sono stati congelati in vista dell’avvio dei lavori del Ponte. Messina è stata colpita l’1 ottobre 2009 da frane e smottamenti che hanno causato una tragedia senza precedenti con 37 morti. Episodi calamitosi si susseguono ormai costantemente nei monti Peloritani e nei Nebrodi e in buona parte del territorio della provincia di Reggio Calabria. Non intervenire è un crimine, stiamo mettendo a rischio la vita di decine di migliaia di persone”. Per la Rete No Ponte, la messa in sicurezza dei territori avrebbe effetti positivi anche dal punto di vista occupazionale, specie in un’area del Mezzogiorno dove si registrano alti tassi di disoccupazione. “Le azioni di prevenzione e contrasto del rischio idrogeologico e gli interventi per garantire la sicurezza antisismica alle strutture pubbliche e alle abitazioni private avrebbero un saldo occupazionale nettamente superiore a quanto previsto per i cantieri del Ponte”, aggiunge Sturniolo. “Secondo Eurolink, General Contractor per la progettazione e la realizzazione dell’opera, nel periodo di massima attività dei cantieri, saranno impiegati 4.500 lavoratori. Per gli interventi nei paesi colpiti dalle frane più recenti, con soli 40 milioni d’investimenti verrebbero occupati oltre 250 addetti e per periodi molto più lunghi”.

Gli attivisti No Ponte denunciano come la mera prospettiva dell’avvio dei lavori del Ponte abbia già determinato la perdita di oltre mille posti di lavoro nel settore della navigazione nello Stretto di Messina. “È in atto da anni un processo di dismissione del trasporto pubblico, rappresentato bene dalla soppressione di numerosi treni a lunga percorrenza e dalla riduzione del numero di navi utilizzate”, afferma Mariano Massaro, rappresentante dell’organizzazione sindacale di base OrSA Navigazione. “Risultato di queste scelte è una forte contrazione occupazionale. E il futuro è ancora più nero. Centotrenta lavoratori dell’Officina Grandi Riparazioni di Messina saranno licenziati da Trenitalia entro 30 mesi, il tempo previsto che le aree oggi occupate dalla struttura siano utilizzate per le opere legate al Ponte sullo Stretto”.

L’iter della megaopera prosegue intanto con lo sperpero di enormi risorse finanziarie. Ai 500 milioni di euro spesi sino ad oggi per tenere in vita il carrozzone della Società Stretto di Messina Spa, concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte, si aggiungono i 110 milioni spesi lo scorso anno per predisporre i primi cantieri e pagare profumate parcelle a progettisti, esperti e consulenti. “Soldi che sarebbero bastati a pagare tutti i cantieri attualmente gestiti dal Genio Civile di Messina per i danni causati dall’alluvione del 1° marzo scorso e avviare, magari, l’auspicata riqualificazione urbana”, commenta Santino Bonfiglio, altro esponente storico dei No Ponte.

Ma al “Mostro sullo Stretto” guardano, soprattutto, le cosche mafiose siciliane e calabresi che puntano ad intercettare gli investimenti che si riverserebbero nell’area e gestire il grande business della movimentazione di milioni di metri cubi d’inerti e le decine di cave e discariche che sorgeranno all’interno dei centri abitati. “La penetrazione criminale nei grandi lavori pubblici è un fenomeno strutturale nei territori ad alta densità mafiosa, ma il Ponte ha caratteristiche criminogene di per sé uniche”, commenta il giornalista Tonino Cafeo. “La recente inchiesta Brooklyn sul tentativo d’infiltrazione della mafia italo-canadese nei lavori del Ponte ha evidenziato l’interesse di alcuni settori criminali di operare direttamente come soci finanziatori dell’opera sin dalla sua progettazione, accreditandosi in tal modo come soggetti di riferimento di istituzioni e grandi società di costruzioni e come indispensabili attori economici e sociali”.
Una lotta impari quella dei Nopontisti contro i Padrini del Ponte, ma anche qui, tra Scilla e Cariddi, sono in ballo i principi base della democrazia, della sovranità popolare e della partecipazione. Proprio per questo ci si prepara alla mobilitazione di massa, oggi con un corteo-concerto, domani con il blocco nonviolento dei cantieri e il boicottaggio dei gruppi e delle cricche finanziarie che siedono al grande banchetto dello Stretto.


Articolo pubblicato l'11 maggio 2001 da www.letteraviola.it.

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