Dagli alloggi popolari di Fondo Fucile all’Annunziata, il pugno duro della famiglia Romeo-Santapaola

Repentine costituzioni di società ad hoc; sospetti trasferimenti di capitali da una ditta all’altra; piccoli imprenditori disposti a fare da prestanome per pochi soldi; presunte dazioni di denaro a un funzionario comunale per favorire l’iter concorsuale; l’intimidazione come extrema ratio per dirimere controversie varie e convincere qualche titubante costruttore a farsi da parte. Sono alcuni degli elementi riscontrati dagli inquirenti nel corso delle indagini sul tentativo di investimento immobiliare effettuato nel 2014 dal gruppo criminale dei Romeo-Santapaola, costola peloritana del potente clan di Cosa nostra siciliana con a capo don Benedetto “Nitto” Santapaola, e aggiudicarsi il bando del Comune di Messina per l’acquisizione di immobili da destinare alle famiglie residenti nella baraccopoli di Fondo Fucile. All’affaire degli alloggi popolari è stata dedicata un’intera udienza del processo antimafia Beta in corso di svolgimento presso il Tribunale di Messina, con l’esame da parte del Pubblico ministero Antonella Fradà del teste Vincenzo Musolino, maresciallo maggiore dell’Arma dei carabinieri in servizio presso la locale sezione anticrimine.
“Tra le attività economiche del gruppo Romeo-Santapaola attenzionate nel periodo compreso tra il 2013 e il maggio-giugno 2015 c’è in particolare l’affare messo in atto dall’organizzazione nell’ambito della costruzione di alcune palazzine nell’area di Fondo Fucile”, ha esordito l’inquirente. “Inizialmente l’operazione doveva servire per l’edilizia residenziale. Quindi gli immobili dovevano essere soltanto venduti. Però poi si verifica una nuova situazione: il Comune di Messina con la delibera n. 151 dell’11 marzo 2014, istituisce un bando che serviva per l’acquisizione di alloggi che dovevano essere destinati ad edilizia popolare e che prevedeva lo sbaraccamento dell’area di Fondo Fucile. Questo bando era regionale, ammontava a sette milioni e quattrocentomila euro e prevedeva una sorta di crono-programma abbastanza particolareggiato e con termini assai stretti. Entro un mese dalla sua pubblicazione, cioè entro il 15 aprile 2014, dovevano essere presentate le offerte; successivamente sarebbe partita una sorta di attività esplorativa sugli immobili per seguire, più che altro, i requisiti che erano stati indicati dalla dottoressa Maria Canale, la dirigente del Dipartimento politiche per la casa del Comune. Allegato alla delibera vi era un avviso ricognitivo finalizzato all’acquisto di alloggi che avessero in seno tutti quei requisiti oggettivi e soggettivi che dovevano fare da criteri preferenziali per l’acquisto da parte del Comune. L’area era quella di Fondo Fucile ma la maggior parte delle palazzine che erano state offerte si trovavano tutte in una zona diversa. Di contro, la proposta presentata dalla società XP Immobiliare, che prima era la R.D. Costruzioni, si trovava proprio a fianco della zona di interessamento allo sbaraccamento. Con la delibera n. 67 del 28 novembre 2014 viene effettuata una graduatoria degli alloggi, ma si registra un cambiamento rispetto alla somma che era stata destinata in precedenza perché non arrivano più i fondi previsti dal Comune. Quindi quei ventiquattro alloggi che dovevano essere venduti in realtà vengono diminuiti e come vedremo successivamente nello sviluppo delle intercettazioni, il gruppo non trova più interesse a vendere le palazzine nell’area di Fondo Fucile. Alcuni immobili all’interno delle stesse palazzine erano già stati venduti liberamente ad altri soggetti a 1.700-1.800 euro a metro quadro e pertanto non era possibile ridurre ancora di più il prezzo di vendita che aveva già toccato la cifra irrisoria di 900-1.000 euro al metro quadro. Dopo l’aggiudicazione del bando e la firma da parte di uno dei soggetti preposti all’accettazione, il gruppo accettava all’inizio a vendere al Comune di Messina ma successivamente questa vendita non avviene perché ci si rende conto che non c’è un utile”.
L’ingegnere col compasso
Uno dei soggetti che entra in contatto con il gruppo è Raffaele Cucinotta, un funzionario comunale inquadrato all’interno dell’Urbanistica”, ha aggiunto il Vincenzo Musolino. “Nel corso di una conversazione intercettata tra Stefano Barbera e la compagna Donatella Raffaele, il Barbera fa proprio riferimento a Cucinotta nello spiegare tutti quei sistemi per evitare di identificare il soggetto stesso. Il Cucinotta veniva chiamato generalmente con il soprannome Compasso o qualche volta Raffaella, con il suo nome volto al femminile. Il 26 marzo 2014, appena undici giorni dopo la comunicazione dell’avviso sul bando di gara del Comune, noi registriamo una conversazione telefonica tra il costruttore Biagio Grasso e Stefano Barbera in cui il primo chiede il numero dell’ingegnere. Il Barbera gli darà il numero però si preoccupa affinché il suo interlocutore gli parli in maniera non chiara al telefono e si raccomanda di usare mezze parole per evitare di contattarlo direttamente e magari essere intercettato. Il numero di telefono dato era proprio l’utenza che corrispondeva a Raffaele Cucinotta. Appena tre ore dopo, Biagio Grasso contatta l’ingegnere Cucinotta. Il giorno successivo avviene una riunione all’interno degli uffici della XP Immobiliare in viale Boccetta n. 70, il luogo di incontro dell’organizzazione dove cioè si parlava di affari e dove qualche volta lo stesso Vincenzo Romeo si metteva alla scrivania anche al posto di Biagio Grasso. All’incontro partecipano Grasso, Vincenzo Romeo, Raffaele Cucinotta e Stefano Barbera che era l’aggancio per l’ingegnere Cucinotta. Al tempo non c’era ancora l’intercettazione ambientale all’interno dell’ufficio, pertanto non siamo riusciti a sapere che cosa si siano detti. A dare una lettura se pur minima dell’incontro ci pensa però una conversazione avvenuta la stessa sera, in cui Barbera fa riferimento al fatto che gli è piaciuta la chiarezza nella discussione. Da quel momento in poi i contatti tra il gruppo e il funzionario del Comune diventano più stretti. Nella conversazione del 3 marzo 2014, Stefano Barbera riferiva agli indagati che Raffaele Cucinotta aveva tante situazioni sottomano all’interno del proprio ufficio. Come confermato dalle indagini, diverse situazioni presentate da Cucinotta erano state inizialmente intraprese dal gruppo. Parliamo della costruzione della Torre Sobrio, di uno stabilimento, dell’area di parcheggio vicino a Viale La Farina, progetti che poi non si sono sviluppati perché c’è stata una crisi finanziaria determinata anche dalla mancata vendita degli alloggi al Comune. Il 3 aprile del 2014 noi registriamo una conversazione all’interno della macchina di Stefano Barbera al termine dell’inaugurazione del Dolce Lounge Bar che si trovava sulla via Garibaldi e che era stato acquisito dal gruppo attraverso un’intestazione fittizia di una società, la Menelao S.r.l.. A questa inaugurazione avevano partecipato Vincenzo Romeo, Biagio Grasso, Stefano Barbera e Raffaele Cucinotta. Alla fine il Barbera e Cucinotta vanno via insieme in auto e il primo racconta alcuni particolari su Vincenzo Romeo e che lo stesso aveva spaccato un muro e aveva recuperato del denaro contante, ecc.. Cucinotta che era particolarmente attento nell’ambito delle intercettazioni e comunque preferiva parlare sempre all’esterno della macchina e mai per telefono, si lamenta e dice qualcosa di incomprensibile. La compagna di Stefano Barbera riferisce che non vi era nulla all’interno della macchina e che probabilmente non erano intercettati, mentre il Barbera risponde che comunque c’era soltanto la turbina della macchina. Cercavano insomma di tranquillizzare Cucinotta….”.
Al gran valzer delle società
Nel corso della sua testimonianza, il maresciallo maggiore del ROS dei Carabinieri ha fornito ulteriori particolari sulle modalità con cui il gruppo criminale operò in vista della realizzazione degli alloggi di Fondo Fucile. “Quest’area di cantiere inizialmente era stata aperta dalla R.D. Costruzioni di Rosario Di Stefano e dalla Sicuro Immobiliare di Giuseppe Sicuro”, ha riferito Musolino. “Quest’ultimo é stato da noi intercettato con Biagio Grasso nel corso di vari incontri all’interno degli uffici della XP. Sicuro era uno dei proprietari dei terreni ove dovevano sorgere le palazzine e pertanto aspettava il loro pagamento anche se in realtà non stava partecipando alla costruzione mentre invece Rosario Di Stefano era il soggetto che inizialmente doveva realizzare le palazzine. Per comprendere chi fosse il Di Stefano, possiamo dire che il suo nome era già emerso in diverse indagini eseguita a Messina, in particolare quelle denominate Case basse e Operazione Arcipelago. Al tempo stesso era stato condannato nel 2012 per favoreggiamento personale. Relativamente alla R.D. Costruzioni, abbiamo documentato che nel 2004 questa società era in parte di Rosario Di Stefano e di un altro soggetto che non abbiamo mai intercettato, Gianfranco Farina. Poi vi era pure tale Francesco Romeo che aveva il 2% del capitale, persona che però nulla aveva a che vedere con il padre di Vincenzo Romeo: si trattava infatti di un semplice operaio. Nel 2005 Rosario Di Stefano acquista la parte di Gianfranco Farina per poi vendere nel 2013 il 98% del capitale sociale corrispondente a 9.800 euro a Giuseppe Amenta. Sempre nel maggio del 2013 viene nominato come amministratore della R.D. proprio Giuseppe Amenta, soggetto che però non è mai comparso nelle decisioni all’interno dell’organizzazione e di quelle prese in ambito aziendale o durante la costruzione e vendita degli alloggi al Comune di Messina nonostante il suo nome compaia quale firmatario dell’offerta. In realtà le decisioni nella società venivano prese da Vincenzo Romeo e da Biagio Grasso. Nell’aprile del 2013 viene creata intanto un’altra società, la Di Stefano Costruzioni S.r.l. che era divisa tra XP Immobiliare e la Di Stefano Rosario. La Di Stefano Costruzioni aveva la sede in Viale Boccetta n. 70, cioè la stessa di XP Immobiliare dove si incontravano Grasso e Romeo. Nel giugno del 2014 questa società aveva un compendio immobiliare ammontante a circa 573 mila euro che riguardava proprio le palazzine in corso di costruzione. Per comprendere meglio, la R.D. aveva versato questo capitale sociale fittizio perché si trattava di beni per la costituzione della società Parco delle Felci S.r.l., avvenuta il 13 giugno del 2014. L’11 luglio dello stesso anno, la XP Immobiliare vende a Rosario Di Stefano la quota della Di Stefano Costruzioni mentre la R.D. trasferisce la propria quota di Parco delle Felci alla XP Immobiliare. A discapito di quello che noi troviamo dal punto di vista documentale presso la Camera di Commercio, questi passaggi avvenivano in maniera non diretta. Oltretutto si registrano degli strascichi di mancati pagamenti da parte del gruppo Grasso-Romeo. Relativamente alla cessione del ramo di azienda tra R.D. e XP Immobiliare, registriamo diverse conversazioni tra Rosario Di Stefano, Vincenzo Romeo e Biagio Grasso dove il Di Stefano continua a chiedere il pagamento di quanto spettante dalla vendita delle quote di Parco delle Felci”.
“L’investimento economico che loro avevano stimato in relazione a questa acquisizione parlava di un compendio di quasi tre milioni di euro, anche in considerazione della vendita che doveva avvenire al Comune”, ha specificato l’inquirente. “Inizialmente l’investimento era stato effettuato da Rosario Di Stefano e Biagio Grasso con l’aiuto di Romeo Vincenzo. Questo noi lo accertiamo dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali mentre il soggetto che loro contattano, l’amministratore Amenta, non partecipava assolutamente all’organizzazione né alla vendita delle quote. Per la stima dei tre milioni di euro noi dobbiamo attendere invece la vendita di parte dell’operazione ai catanesi del gruppo Laudani-Galvagno, con la costituzione della Costruzioni dello Stretto S.r.l., una società ex novo come l’avevano chiamata loro nel corso di un colloquio. In quel caso infatti loro parlavano di circa un milione e 350 mila euro che era la quota che spettava ad entrambi, anche in considerazione che parte dell’investimento era ancora gravato dai debiti nei confronti dei proprietari dei terreni. Noi registriamo spesso la presenza all’interno dell’ufficio della XP di Giuseppe Sicuro il quale era preoccupato dei diversi passaggi societari che stavano avvenendo e della vendita degli alloggi al Comune di Messina, in quanto Sicuro aveva paura che essa potesse naufragare per colpa di un problema che vi era in riferimento ad uno spigolo. Questo perché la costruzione sorgeva su alcune particelle non tutte di proprietà della XP Immobiliare e quindi della R.D. Costruzioni e questo elemento poteva inficiare la vincita del bando e quindi bloccare la vendita. Durante una delle conversazioni tra Biagio Grasso e Giuseppe Sicuro, addirittura il primo fa riferimento alla possibilità di ricedere nuovamente l’operazione a Di Stefano se avesse continuato a chiedere il denaro e, quindi, bloccare poi la vendita facendo venir fuori questa mancata proprietà della particella…”.
Un regalo pasquale al funzionario amico mio…
Vincenzo Musolino ha spiegato al Pm che dopo aver sentito la dirigente Maria Canale, gli inquirenti acquisirono le schede che dovevano essere compilate dal personale comunale che si recava a fare l’ispezione sui luoghi. “Nel caso specifico degli alloggi di Fondo Fucile c’è la firma dall’architetto Salvatore Parlato e all’interno di queste schede c’era riportata anche la proprietà del terreno. Questa anomalia non era stata registrata però da nessuno dei dipendenti comunali. Oltretutto, nel corso delle intercettazioni tra il dottor Sicuro e Grasso, vedi ad esempio il colloquio del 14 aprile 2014, si fa anche riferimento all’entratura che vi è all’interno del Comune: il funzionario è amico mio, facendo proprio riferimento all’ingegnere Cucinotta”. Sempre secondo il militare dell’Arma, i contatti tra il gruppo criminale e il funzionario comunale si sarebbero poi intensificati. “Una volta avvenuta la presentazione di Stefano Barbera ci sono stati altri incontri con Raffaele Cucinotta. Come vedremo soprattutto nell’ambito della cessione della quota da parte della XP Immobiliare a Costruzioni dello Stretto, la presenza del Cucinotta serviva non soltanto ad avere un’entratura all’interno del Comune ma anche per garantire che qualcuno stava seguendo la vicenda. Come dicevo prima, nel crono-programma del bando di gara erano indicate date molto strette per la vendita degli alloggi. Tuttavia si verifica una proroga di cui però il gruppo non era sicuro che sarebbe stata data. Quindi si cerca di contattare Raffaele Cucinotta al fine di comprendere se essa era reale. Nell’ambito della conversazione intercettata il 13 aprile 2014 tra Stefano Barbera e Biagio Grasso si fa espressamente riferimento alla proroga di un mese del bando. Subito dopo, su richiesta di Grasso, Stefano Barbera contatta l’ingegnere Cucinotta al fine di comprendere se ciò è vero. Durante questa conversazione, il Barbera, compreso che il proprio interlocutore non aveva nessuna intenzione di parlare per telefono, fa riferimento alla proroga di un mese per prenotare una vacanza. Il giorno dopo avviene un’altra conversazione tra i due in cui si fa nuovamente riferimento allo spostamento di una gita e ad una vacanza. Nel corso di un colloquio all’interno dell’ufficio dell’XP, il 17 aprile del 2014, Biagio Grasso riferisce a Cucinotta di un incontro avvenuto con l’assessore Sergio De Cola e dell’intenzione di poter vendere non soltanto i ventiquattro alloggi al Comune ma anche tutte le palazzine rimaste. Si era nel periodo delle feste pasquali e quindi Barbera chiede di avere un regalo e fa riferimento che anche il boss Romeo Vincenzo attendeva il regalo di Pasqua. In realtà questo regalo avviene anche per quanto riguarda il Cucinotta perché il 18 aprile noi registriamo un contatto tra Stefano Barbera e Vincenzo Romeo dove si fa riferimento al fatto che il Romeo doveva fare un regalo a lui e a Compasso. Il 12 luglio del 2014, quando era già avvenuta la presentazione delle offerte del bando, noi registriamo pure il momento in cui Biagio Grasso e Vincenzo Romeo si recano a casa di Cucinotta presso il complesso Le Serre per consegnare duecento euro. Nel corso di altre conversazioni tuttavia è lo stesso Barbera che fa riferimento a dei soldi che devono essere dati a Cucinotta, si parla di cinquemila euro”.
“Nel dialogo che avviene in auto il 12 luglio tra Vincenzo Romeo e Biagio Grasso su quanti soldi dare a Raffaele Cucinotta, si dice in particolare che duecento euro gli potevano benissimo bastare e i due discutono poi su chi sia il soggetto che deve dare questi soldi”, ha specificato Musolino. “Inizialmente Grasso e Romeo cercano di comprendere dove si trova l’abitazione del funzionario comunale, tant’è che intorno alle ore 13 c’è un tentativo di chiamata nei confronti della persona che avevano assunto per conto di Raffaele Cucinotta. In precedenza, Biagio Grasso aveva assunto nello specifico due persone, una all’interno dell’ufficio, tale Antonina D’Arrigo, e il fratello che si chiamava Giacomo D’Arrigo nel cantiere di costruzione della XP Immobiliare. Erano stati Stefano Barbera Stefano e Donatella Raffaele, la sua compagna, a fare riferimento al fatto che avevano assunto all’interno della XP Immobiliare la sorella del genero del Raffaele. Effettivamente accertiamo che la persona indicata era proprio Antonina D’Arrigo. Per comprendere meglio le relazioni parentali, Raffaele Cucinotta è coniugato con Lucrezia De Leo e aveva a carico all’interno dello stato di famiglia Manuela Raniolo, che era la figlia di Cinzia De Leo, la sorella della moglie. Manuela Raniolo era stata controllata proprio con Giacomo D’Arrigo, il soggetto poi assunto all’interno dell’XP Immobiliare”.
Come staccare la luce all’imprenditore della Curia
Un altro importante episodio su cui si è soffermato l’inquirente ha riguardato la cooperativa edilizia Sabrina che doveva sorgere nella zona dell’Annunziata. “La moglie di Raffaele Cucinotta, Lucrezia de Leo, era proprietaria di una delle villette ed era vicepresidente all’interno della cooperativa”, ha riferito Musolino. “La concessione edilizia era del 2011 ed i lavori erano iniziati il 4 aprile dello stesso anno, commissionati ad una ditta edile che era la Progemir S.r.l. che aveva come socio unico Leonida Mirisola. Nel corso di una conversazione del 3 aprile 2014 tra Raffaele Cucinotta e Stefano Barbera, quest’ultimo fa riferimento al fatto che Enzo sta facendo tutte le cose lui e che adesso gli taglia la luce. La lettura ce la dà un’altra conversazione che avviene l’8 aprile 2014 tra il Barbera e Donatella Raffaele. In essa Barbera riferisce alla compagna che la cooperativa è bloccata dal costruttore, che lo stesso non vuole andare via dal cantiere e che pertanto si erano rivolti ad Enzo Romeo. Barbera si era da poco incontrato con Romeo e quindi faceva proprio riferimento al fatto che Mirisola doveva essere allontanato per lasciare l’area di cantiere. Il presidente della cooperativa spesso si recava da Grasso all’interno dell’ufficio della XP Immobiliare per vedere di ricominciare la costruzione”.
“Il proprietario della ditta costruttrice, Leonida Mirisola, a noi sconosciuto, in virtù di quello che diceva Barbera era una persona malfamata, queste erano le sue parole”, ha aggiunto l’inquirente. “Pertanto chiediamo notizia alla Sezione anticrimine di Caltanissetta in quanto il Mirisola era un soggetto di quelle zone ed essa ci indica che egli non aveva precedenti penali. Il padre, Giuseppe Mirisola, era stato tuttavia condannato a quattro anni e otto mesi per tentato omicidio ed altro (La condanna è stata riportata nel primo grado di giudizio; in appello, la pena è stata ridotta a due anni e un mese e il reato da tentato omicidio è stato derubricato in lesioni – i fatti sono avvenuti nel 1963 NdA). I fratelli, Alfonso e Michele Mirisola, venivano ritenuti contigui alla famiglia mafiosa di Mazzarino, la Varsalona-Bonaffini, e si erano resi protagonisti di fatti di sangue negli anni ’80-‘90. Come dicevo prima, il presidente della cooperativa Sabrina, Pietro Maugeri si era recato all’interno degli uffici della XP Immobiliare per parlare con Biagio Grasso in merito al Mirisola e Grasso riferiva che con Mirisola ci aveva parlato il suo amico, facendo riferimento proprio ad Enzo. Il riscontro noi lo ricaviamo da altre conversazioni che avvengono innanzitutto tra Biagio Grasso e Daniele Mancuso, un soggetto proprietario di una ditta di movimento terra di Messina al quale Grasso e Vincenzo Romeo avevano chiesto alcuni lavori anche nell’ambito della costruzione delle palazzine di Fondo Fucile. Nel corso di queste conversazioni si faceva riferimento al fatto che Enzo conosceva Antonino De Casale, uno dei dipendenti della Costmir S.r.l., un’altra ditta di Leonida Mirisola. L’esigenza da parte dell’ingegnere Cucinotta era quella che Leonida Mirisola con la sua ditta che al momento non stava lavorando nella costruzione delle palazzine all’Annunziata ma che teneva in realtà i mezzi all’interno della cooperativa, non voleva lasciare l’area di cantiere che era ormai bloccata da quasi due anni, quindi vi erano soltanto poche ville realizzate a rustico. La richiesta da parte di Raffaele Cucinotta era di allontanare Mirisola e quindi farlo recedere dal contratto con la cooperativa. In particolare, l’8 aprile del 2014 avviene una conversazione tra Vincenzo Romeo e tale Giuseppe Panio dove si fa riferimento al suocero di questi. Ebbene Antonino De Casale ha una figlia che si chiama Giusy De Casale, coniugata proprio con Giuseppe Panio, che sarebbe il capocantiere e uomo di fiducia di Leonida Mirisola. Ho fatto riferimento al fatto che il Romeo avesse riferito a Stefano Barbera che avrebbe tagliato la luce a Mirisola. Effettivamente la Progemir è proprietaria di un immobile nella via Orso Corbino; accanto ad esso vi è un altro immobile di cui risultano proprietari Caterina Di Pietro e Vincenzo Romeo. Quindi è probabile che in quel caso Romeo Vincenzo fornisse la luce proprio alla Progemir. Alla fine i lavori della cooperativa Sabrina sono stati sbloccati; si è riaperta la procedura per la scelta della ditta che doveva costruire le palazzine e Leonida Mirisola ha lasciato l’area di cantiere dell’Annunziata. A completare i lavori è stata una ditta di Villafranca che era vicina a Stefano Barbera”.
L’imprenditore Leonida Mirisola, comunque estraneo al procedimento penale che ha portato al processo Beta, ricopre l’incarico di direttore tecnico della Progemir S.r.l., azienda sorta nel 1997 con scopo sociale la costruzione, manutenzione e restauro di edifici (amministratore unico è Giovanna Paolillo). La Progemir, in particolare, ha eseguito i lavori di somma urgenza presso la Cattedrale di Messina, nonché il restauro del Campanile del Duomo e di numerose chiese di Messina, Milazzo, Fondachelli Fantina e Santa Lucia del Mela (il principale cliente è infatti la Conferenza Episcopale Italiana). Alla seconda azienda nella disponibilità di Mirisola, la Costmir S.r.l., lo scorso 9 luglio il Dipartimento lavori pubblici del Comune di Messina ha invece aggiudicato i “lavori di pronto intervento e messa in sicurezza delle strade e relative pertinenze nell’area centro sud della città” (importo complessivo dell’appalto 200.000 euro, con un ribasso del 35,8%). Leonida Mirisola ha ricoperto in passato l’incarico di consigliere di amministrazione della Fondazione Conservatori e Scandurra Riuniti - Opera Pia, su designazione di Monsignor Calogero La Piana, arcivescovo della diocesi di Messina-Santa Lucia del Mela dal 2006 al 2015 e dal settembre 2018 “canonico” della Basilica di San Pietro in Vaticano. Stando a quanto riportato dal settimanale Centonove, l’imprenditore sarebbe “nipote” dell’alto prelato. Alle elezioni amministrative del 2013, Leonida Mirisola è stato pure candidato al consiglio comunale con la lista di centro destra “Nuova Alleanza”, ottenendo 268 voti.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 29 luglio 2019, http://www.stampalibera.it/2019/07/29/processo-beta-dagli-alloggi-popolari-di-fondo-fucile-alle-cooperative-dellannunziata-la-mano-dura-della-famiglia-santapaola-romeo/?fbclid=IwAR2zP3fcKissjW91P-ZdyTFA-KocK0ZAH9r_sG9QCLIbxgIIvc5QUwwVNnU

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