Il “filosofo” Dugin e l’Università di Messina. Perché un’istituzione pubblica non deve ospitare esternazioni neofasciste

Non nascondo il mio apprezzamento per l’atto di revoca dell’Università degli Studi di Messina all’utilizzo dell’Aula magna per la conferenza del sedicente “filosofo” russo Aleksandr Dugin, noto per le sue posizioni filonaziste e antisemite (lui stesso si definisce un seguace di Julius Evola, l’intellettuale che ha “formato” i leader delle maggiori organizzazioni di estrema destra italiane, Ordine Nuovo la più tristemente nota).
L’istruzione pubblica, ad ogni suo livello, libera e democratica, non può essere mai veicolo di idee, uomini e principi in palese violazione dei sacrosanti principi e valori della Costituzione italiana. Non credo pertanto che un’istituzione accademica possa assolutamente legittimare “scientificamente” un pensiero e una pratica politica che oggi vede lo stesso Dugin a capo del cosiddetto partito “social-bolscevico” e di quello denominato Euroasia di pericolosa deriva ultranazionalista (vicino ad ampi settori delle forze armate e della chiesa ortodossa russe). Ammetto di non conoscere Dugin “filosoficamente; invece ho avuto modo di verificare come attorno a lui si stiano organizzando pericolose fazioni di estrema destra nel continente, alcune delle quali in aperta opposizione ai fenomeni migratori e all’ “invasione” di migranti nell’Europasianazione, un terreno fertile su cui cresce la xenofobia in Europa. Mi preoccupa altresì certa capacità di queste organizzazioni d’infiltrarsi anche in alcuni settori della sinistra sedicente “radicale” o “rivoluzionaria” (vedi il pericolosissimo fenomeno del rossobrunismo), facendo leva sulle legittima critiche all’imperialismo USA e NATO e dei crimini che Israele compie quotidianamente in Palestina e Medio oriente, patrimonio politico e culturale della sinistra internazionale e internazionalista. 
Ma aldilà di tutto ciò, credo sia opportuno ricordare come l’evento previsto a Messina rientri all’interno di un tour di 11 tappe del “filosofo” Aleksandr Dugin organizzato per evidenti fini politico-organizzativi da un indigeribile arcipelago di personaggi e sigle dell’estrema destra neofascista italiana. Utilizzo in proposito quanto riportato dal quotidiano La Stampa di Torino, non certo criticabile da terzi per posizioni “estremiste”: “L’organizzazione e la promozione degli incontri (in Italia NdA) sono curate dall’associazione REuropa, sigla utilizzata da un gruppo legato, da almeno quarant’anni, al mondo del neofascismo italiano – riporta il quotidiano -. In prima fila c’è Maurizio Murelli, condannato a 14 anni di reclusione per aver fornito la bomba a mano che uccise a Milano l’agente di Polizia Antonio Marino il 12 aprile 1973. Fondatore e animatore della rivista Orion è uno dei punti di riferimento per la destra radicale italiana fin dagli anni ‘80. La sua carriera di editore era iniziata all’interno della rivista Quex, foglio nato nel 1978 e animato, tra gli altri, dal terrorista nero pluriomicida Mario Tuti. Accanto a lui, nell’organizzazione delle conferenze del pensatore vicino a Putin, c’è Rainaldo Graziani, figlio di Clemente, cofondatore del centro studi Ordine Nuovo, uno dei pezzi chiave della strategia della tensione degli anni 60 e 70. Sigla rinata due anni fa e che è possibile intravedere dietro l’organizzazione delle conferenze di Dugin”.
In verità, scorrendo il programma degli 11 eventi che vedono ospite il “filosofo”, è possibile citare tra gli organizzatori e i corralatori – oltre a quelli citati da La Stampa - il Gruppo di ricerca e studi per la civilizzazione europea (GRECE) che promuove la diffusione del neofascismo in Francia, la rivista Culturaldentità (“per italianizzare l’Europa”), la Fondazione Julius Evola e non casualmente Lega Giovani (cioè l’organizzazione giovanile del partito di Matteo Salvini, notoriamente legato agli ambienti putiniani).
A riprova della pericolosità “infettiva” di questi eventi falso-culturali e falso-accademici, tra essi compare la tappa romana di Aleksandr Dugin presso la sede dell’agenzia Adnkronos con relatori-minestrone: Gian Marco Chiocci (direttore dell’agenzia di stampa), Alessandro Sansoni (direttore di REuropa), Giampaolo Rossi (consigliere di amministrazione Rai), Gennaro Sangiuliano (direttore Tg2). Ancora più “arcobaleno” l’ultima tappa, quella di Udine prevista per il 15 giugno. Qui, accanto al “filosofo”tuttologo Diego Fusaro, al giornalista Massimo Fini e al fondatore della Società Tolkiana italiana Paolo Paron, compare purtroppo l’intellettuale certamente più innovativo e radicale degli Stati Uniti d’America, il linguista Noam Chomsky, noto per le sue campagne No War e le denunce sui crimini USA nelle mille guerre scatenate nel pianeta. Un’ultradestra ultranazionalista e razzista capace d’infiltrarsi dunque in una sinistra sempre più allo sbando, in un mondo sempre più pericoloso, intollerante e liquido. Anche per questo, credo, operazioni come queste vadano ostacolate e boicottate ovunque. Ci auguriamo che l’icona Chomsky - con cui noi pacifisti e antimilitaristi abbiamo un debito culturale e formativo enorme – abbia la capacità di smarcarsi dal mortale abbraccio con l’ultradestro Dugin, come oggi hanno fatto decine di docenti dell’Ateneo peloritano.

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