Il business della malaccoglienza rifugiati nella città di Messina


Messina città della malaccoglienza. Centinaia di rifugiati semireclusi nella tendopoli del PalaNebiolo, ex campo di baseball di contrada Conca d’Oro, Annunziata, di proprietà dell’Università degli Studi. Quaranta gradi all’ombra in estate, il freddo che sfiora lo zero d’inverno. Quando piove, però, è ancora peggio: senza drenaggio, il terreno è invaso dalle acque e il centro di prima accoglienza sprofonda nella palude. Nella (ex) caserma “Gasparro” di Bisconte, nell’unica palazzina generosamente non dichiarata inagibile, in più di duecento vengono stipati in tre angusti saloni, 550 metri quadrati di superficie, con i letti a castello uno appiccicato all’altro e le interminabili file per consumare i pasti o fare una doccia. Strutture indegne, maledettamente schifose, vergogna e onta di istituzioni statali e amministratori locali che non sembrano vedere e ascoltare e che hanno scelto, sempre, di non parlare.

A Messina, come per il CARA di Mineo, i CIE di Trapani e i campi lager per migranti e richiedenti asilo di mezza Italia, l’accoglienza è diritto-dovere vilipeso, negato, violato. Ma è contestualmente occasione di ingenti profitti per quei soggetti, i soliti noti, pseudo cooperative, aziende, azienducole e onlus a mero scopo di lucro, che esercitano arrogantemente l’oligopolio nella gestione dell’affaire dell’emergenza sbarchi, creata artificialmente dall’Europa fortezza, dal complesso militare industriale e sicuritario transnazionale e dagli opinion leader xenofobi e razzisti. Dopo la pubblicazione da parte della Prefettura di Messina del data base sulle spese effettuate nel biennio 2013- 2014, c’è la prova provata che la malaccoglienza nella città dello Stretto ha consentito fatturazioni milionarie per un manipolo di privilegiati imprenditori della solidarietà. Dai primi arrivi nel porto sicuro di Messina, nell’ottobre 2013, sino al 31 dicembre 2014, la Prefettura ha erogato più di 3 milioni e 225.000 euro per la gestione profughi. Il fallimento politico-umanitario degli interventi messi in campo traspare dalle statistiche ufficiali della Questura di Messina: dei 6.880 potenziali richiedenti asilo identificati nel 2014 in occasione dei trasferimenti presso i centri dell’Annunziata e di Bisconte, solo 283 hanno visto definite le loro istanze di protezione internazionale, cioè meno di tre donne e uomini ogni cento sbarcati, schedati e internati.

Il trio dei soliti noti

Buona parte delle risorse finanziarie “investite” dallo Stato a Messina per l’affaire migranti è andata all’associazione temporanea d’imprese con capofila la Senis Hospes di Potenza, compartecipi la Cascina Global Service Srl e il Consorzio Sol.Co. - Società cooperativa sociale onlus. Secondo i dati spesa della Prefettura, nel biennio 2013-2014 all’Ati sono stati liquidati complessivamente 2.654.633,19 euro (l’importo aggiudicato dichiarato era invece di 873.536 euro). Nello specifico, all’associazione guidata da Senis Hospes è stata affidata con procedura aperta la “gestione del servizio accoglienza” nel periodo compreso tra l’1 gennaio e il 31 marzo 2014 (importo liquidato 431.395,23 euro), gestione poi prorogata una prima volta dall’1 aprile al 30 giugno 2014 (539.225,79 euro) e una seconda volta per tutto il successivo mese di luglio (169.044,84 euro). Stando al capitolato d’appalto, al trio Senis – Cascina – Consorzio Sol.Co., competeva la fornitura ad ogni migrante del vitto, di un pocket money di 2,50 euro al giorno e di un kit d’igiene, più l’assistenza sanitaria. In cambio, esso ha ricevuto 24 euro e 33 centesimi al giorno per ogni persona “ospitata” alla tendopoli e nell’ex caserma di Bisconte.

Quando il 17 luglio 2014 la Prefettura espletò una nuova gara per individuare un “nuovo” ente gestore a cui affidare l’assistenza dei richiedenti asilo (dall’1 agosto al 31 dicembre 2014), fu ancora l’associazione capitanata da Senis Hospes a sbaragliare gli avversari e ottenere a fine servizio la liquidazione di 1.391.217,33 euro. L’“accoglienza” è stata poi prorogata sino allo scorso mese di maggio, quando il gruppo Senis Hospes, Cascina e Sol.Co. ha dovuto cedere i centri del PalaNebiolo e di Bisconte alle semisconosciute “cooperativa sociali” Arca e Medical di Trapani che alla nuova gara bandita hanno presentato un’offerta più vantaggiosa di 23,98 euro al giorno per migrante.

Nell’elenco spese della Prefettura peloritana compare inoltre la voce “Proroga servizi accoglienza migranti c/o Centro Conca d’Oro e Caserma Gasparro-Masotto - 31 dicembre 2014” con un importo di 39.500 euro aggiudicato ancora alla stessa associazione d’imprese a guida Senis, ma presumibilmente liquidato l’anno successivo. Al 31 dicembre 2014 non erano stati pagati al trio Senis-Cascina-Sol.Co. anche i servizi relativi all’accoglienza minori non accompagnati presso la struttura ex Ipab – Fondazione Conservatori Riuniti nella centrale via S. Sebastiano di Messina, inaugurata il 25 novembre 2014. Inizialmente, l’ex Ipab era stato destinato a fare da centro di primissima accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale in vista dell’auspicata chiusura della tendopoli dell’Annunziata. A seguito però di una denuncia sulla presenza di numerosi minori stranieri non accompagnati al PalaNebiolo, in situazioni di promiscuità con gli adulti, la Prefettura, con provvedimento straordinario del 31 ottobre 2014 ordinava il trasferimento di 93 minori presso i locali di via S. Sebastiano che Senis & socie si erano incaricate nel frattempo a ristrutturare per i richiedenti asilo adulti. Da allora, l’ex Ipab, rinominato “Centro Ahmed”, nonostante non rispetti i parametri e gli standard strutturali previsti dalle normative regionali, opera come centro di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati, con più di duecento giovani “ospiti” fuggiti dai conflitti in corso in Medio oriente e nel continente africano. Per la cronaca, a Senis Hospes & C. la Prefettura di Messina ha affidato il servizio accoglienza migranti presso una struttura sita nel comune di Fondachelli Fantina con una spesa di 123.750 euro per il periodo compreso tra il 27 agosto e il 31 dicembre 2014.

I tabulati spese dell’autorità di governo rivelano poi come un’ulteriore e consistente tranche delle risorse pro migranti sia finita in mano alla sola Cascina Global Service, società romana fondata nel 1978 da un gruppo di studenti universitari aderenti a Comunione e Liberazione, attiva nel settore della ristorazione e della preparazione pasti per scuole, ospedali, ecc., e rappresentata a Messina dall’imprenditore Benny Bonaffini. Si tratta complessivamente di 253.626,22 euro: una parte (145.763,9 euro) è stata liquidata per l’affidamento “temporaneo” con cottimo fiduciario per il servizio prestato ai profughi tra il 9 ottobre 2013 e il 7 febbraio 2014; la seconda parte (107.862,32 euro) corrisponde al compenso per il ruolo di ente gestore del centro-tendopoli dell’Annunziata dal 28 novembre 2013 al 27 marzo 2014, previo affidamento con procedura aperta della Prefettura.

Quelle ombre in cronaca

Veri e propri colossi nazionali nella gestione dei servizi del terzo settore e del volontariato le coop-aziende che hanno fatto da asso pigliatutto (o quasi) del business migranti nello Stretto. Il Consorzio Sol.Co. riunisce una lunga lista di cooperative sociali presenti in tutta la Sicilia, la più nota fra tutte è il Consorzio Sol. Calatino S.C.S., costituito nel febbraio 2003 da coop operanti tra Caltagirone e Catania e che nel settore immigrazione vanta un curriculum di tutto rispetto: dall’esecuzione nel 2011 di un progetto di “consulenza legale e psicologica” a favore dei minori stranieri non accompagnati in partenariato con il Comune di Messina; alla gestione degli SPRAR nei comuni di Caltagirone, Gela, Bronte, Vizzini, Mineo, Licodia Eubea, San Cono, San Michele di Ganzaria, Palagonia, Grammichele, Mirabella Imbaccari e Scordia; a quello del centro di primissima accoglienza dei cittadini stranieri di Caltanissetta; sino alla cogestione dal lontano 18 ottobre 2011 del “Villaggio degli aranci” di Mineo, convertito d’imperio da ex residence dei militari Usa di Sigonella nel più grande Centro per richiedenti asilo (CARA) d’Europa.

Anche Senis Hospes si è affermata come uno dei più accreditati enti gestori di CARA, centri di prima accoglienza e SPRAR in Italia. Alla società cooperativa di Potenza la giornalista Raffaella Cosentino ha dedicato alcuni passaggi di un’inchiesta su Il grande business dei centri d’accoglienza, pubblicata su Repubblica.it il 16  ottobre 2013. “Senis Hospes di Senise (Pz) ha come presidente Camillo Aceto, che quando era vicepresidente di Cascina è stato imputato in un processo a Bari sul servizio pasti delle mense ospedaliere e scolastiche per i reati di falso e frode nelle forniture pubbliche”, scriveva Cosentino.“Il gestore del CARA di Bari Palese, costruito nel 2008 all’interno della base dell’aeronautica militare con dei prefabbricati, è lo stesso da quando esiste il centro, la cooperativa lucana Auxilium dei fratelli Pietro e Angelo Chiorazzo. Anch’essa con sede a Senise, Auxilium è storicamente vicina alla Cascina, con cui si trova in Ati nel centro. Da vicepresidente della Cascina, Angelo Chiorazzo è stato coinvolto nella stessa indagine della magistratura di Bari in cui era imputato Camillo Aceto, a sua volta ex membro del consiglio di amministrazione di Auxilium. Anche Chiorazzo ha avuto la prescrizione in primo grado per i reati di falso e frode nei confronti della pubblica amministrazione…”. Il caso vuole che il 22 gennaio 2013, la prefettura di Caltanissetta ha aggiudicato proprio ad un raggruppamento temporaneo d’imprese con in testa Auxilium l’appalto della durata di tre anni per la gestione di tutti i centri-lager realizzati in contrada Pian del Lago. L’aggiudicazione è avvenuta però dopo l’annullamento della gara vinta inizialmente dal raggruppamento guidato dalla società cooperativa Domus Caritatis e comprendente Senis Hospes, la Cascina Global Service e il Consorzio Sol. Calatino, per carenza dei requisiti prescritti.

Il trio d’imprese si è però rifatto - abbondantemente – con il discusso e discutibile bando d’appalto da 97 milioni di euro per la gestione del mega CARA di Mineo, espletato il 24 aprile 2014 dal Consorzio Calatino “Terra d’Accoglienza”. La gara, infatti, è stata vinta dall’associazione temporanea che vedeva insieme a Senis, Cascina e Sol.Co., il consorzio di cooperative sociali Sisifo di Palermo (LegaCoop), la società di costruzioni Pizzarotti & C Spa di Parma (proprietaria del residence di Mineo) e il comitato provinciale della Croce Rossa Italiana di Catania. “Il bando per la gestione del CARA di Mineo ha alterato la fisionomia dell’accordo pubblicistico delineato dall’art. 15 della Legge n. 241/1990”, ha denunciato in una relazione la Corte dei Conti. Ancora più duro il giudizio dell’Associazione nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, secondo cui a Mineo sarebbero stati violati i principi di “concorrenza, proporzionalità, trasparenza, imparzialità ed economicità”. La gestione del CARA è stata stigmatizzata pure dagli inquirenti che indagano su politica e affari nella città di Roma. Nella seconda ordinanza emessa dal Gip capitolino, relativamente all’affaire Mineo, si parla espressamente di “collusioni preventive, consistenti in accordi finalizzati alla predeterminazione dei soggetti economici che si sarebbero aggiudicati le gare”, nonché di “condotte fraudolente, consistenti nel concordare i contenuti dei bandi di gara in modo da favorire il raggruppamento di imprese al quale partecipavano imprese del gruppo La Cascina”. Come annota Linkiesta.it, nell’ordinanza di custodia cautelare Mafia Capitale Bis emessa lo scorso mese di giugno, la Cascina Global Service viene citata ben 167 volte. Le indagini, in particolare, hanno condotto all’arresto di quattro suoi manager: l’amministratore delegato Salvatore Menolascina; il vicepresidente Francesco Ferrara; Carmelo Parabita, componente del consiglio d’amministrazione del gruppo; l’ad della cooperativa “La Cascina” Domenico Cammisa. Secondo il Gip, i quattro dirigenti avrebbero commesso “plurimi episodi di corruzione e di turbativa d’asta spalmati nell’arco di tre anni, dal 2011 al 2014, e ciò rivela una spiccata attitudine a delinquere”. In particolare, sotto indagine sono finiti i rapporti intessuti dai manager con Luca Odevaine, membro del Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale e membro di tutte le commissioni che a partire dal 2011 hanno aggiudicato gli appalti del CARA di Mineo. “Con la Cascina, Odevaine ha un solido e antico legame di natura illecita”, scrivono gli inquirenti, ipotizzando l’elargizione a favore del potente consulente di un “premio” mensile di 10.000 euro, poi aumentato a 20.000, per i presunti favori resi per l’aggiudicazione dell’appalto. A seguito del terremoto giudiziario che ha colpito il colosso della ristorazione, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, con decreto n.102 del 27 luglio 2015 ha disposto l’amministrazione giudiziaria per la Cascina Global Service.

E ai trasporti dei migranti ci penso solo io

Tornando a Messina, c’è poi da sottolineare come il 15% del valore totale degli affidamenti per i servizi pro migranti (462.992 euro) è avvenuto nel biennio 2013-14 mediante il cosiddetto cottimo fiduciario, una modalità di acquisizione semplificata di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione consentita dall’ordinamento italiano “in relazione al modesto valore del contratto” e “all’urgenza di provvedere”. Le norme, in particolare, prescrivono che nel caso in cui l’importo per le forniture di beni e servizi non superi i 40.000 euro, il responsabile del procedimento possa affidarle direttamente ad un operatore economico da lui scelto in modo discrezionale, evitando ovviamente artificiosi frazionamenti delle prestazioni. Per importi maggiori, invece, l’affidamento può avvenire solo nel rispetto dei principi di “trasparenza, rotazione e parità di trattamento”, previa consultazione di almeno cinque operatori economici individuati dopo la predisposizione di specifici elenchi da parte della stazione appaltante.

Come abbiamo già visto, la Prefettura ha utilizzato il cottimo fiduciario per affidare alla Cascina Global Service la prima fase dell’emergenza accoglienza a Messina. Poi, invece, esso è divenuto il sistema modello per attribuire solo e sempre allo stesso soggetto le operazioni di trasporto dei profughi da Messina verso altri centri di prima o seconda accoglienza in Sicilia e in altre regioni d’Italia. La lettura del data base alla voce trasporti offre la fotografia reale di quello che è il sistema di deportazione disumanizzante adottato per migranti e richiedenti asilo dai diversi governi che si sono alternati alla guida del paese. Dalla città dello Stretto, donne e uomini in fuga dagli orrori di guerre e crimini globali sono condotti in bus sino in Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, altri ai CARA e ai CIE in Lazio, Campania, Puglie e nelle Marche. Il 22 novembre 2013, gli “ospiti” di Messina venivano sballottati per un faticoso tour siciliano, ad Agrigento, Favara, Castelvetrano e Caltagirone. Il 12 settembre 2014, dopo le interminabili operazioni di sbarco, i migranti erano dirottati invece prima ai centri dell’Annunziata e di Bisconte, poi a Fondachelli Fantina e infine ad Aragona (Ag).

Attore monopolista dei trasferimenti forzati dei migranti, la ditta di trasporti Michele Cucinotta & C. SAS, con sede nel villaggio di Larderia, Messina. A favore di essa, in soli 13 mesi, sono state liquidate ben 92 fatture per un importo complessivo di 299.266 euro (quello aggiudicato era per 291.706 euro). Nel sito della Prefettura non ci sono specifiche indicazioni sul numero dei bus impiegati o di quello dei “passeggeri” di ogni singola tratta, ma compaiono solo le date e i tragitti utilizzati. I trasporti più onerosi riguardano quelli effettuati subito dopo il Natale 2013 per Roma-Alba Adriatica, Teramo, San Bendetto del Tronto, Perugia e Bresso (Mi) costati complessivamente 36.400 euro; quello del 28 luglio 2014 per Settimo Torinese (15.525 euro); per Gorizia (14.000 euro), il 18 febbraio; quelli del 7 dicembre per la Caserma della Guardia di finanza di Napoli e l’aeroporto di Palermo Punta Raisi e dal porto di Augusta a Messina (11.400); per Napoli e Pescara il 20 settembre (9.250); da Pozzallo per l’aeroporto di Comiso e Messina il 2 agosto (7.100).

Per i trasferimenti al centro-lager di Pozzallo, l’1 giugno 2014, la Michele Cucinotta & C. SAS riceve 6.500 euro; 6.300 per raggiungere Napoli il 24 marzo; 5.875 per Palermo il 4 luglio. Al porto di Augusta si va il 4 gennaio, il 22 maggio e il 7 giugno 2014, fatturando per il primo viaggio 4.250 euro, 3.600 per il secondo e 4.500 per il terzo. Il successivo 16 luglio, per attraversare lo Stretto, dal porto di Reggio Calabria al centro di contrada Conca d’Oro-Annunziata, viene spesa la “modica” cifra di 2.400 euro. Fortunatamente meno dispendioso il transfert di migranti dal porto di Messina al PalaNebiolo: 880 euro il 5 maggio; 800 il 17 aprile, il 20 e 22 settembre.
Cottimi fiduciari, infine, per l’affidamento del noleggio dei bagni chimici in occasione di alcuni sbarchi al molo Colapesce (11.100 euro liquidati complessivamente a favore della Milae Medical S.N.C. di La Rosa Ferdinando); delle operazioni di scarico e montaggio arredi presso la caserma Gasparro di Bisconte (1.500 euro a favore della ditta Tecnoimpianti di Minissale Cosimo); per l’acquisto dei materassi per il PalaNebiolo (1.995 euro alla ditta Gitto Antonio); per l’installazione dell’impianto elettrico nella scandalo-tendopoli (3.172 euro alla Mastronardo Placido Impianti Elettrici).

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