Punta Bianca, Agrigento. La riserva truffa di Musumeci che piace solo all’Esercito
Quando la montagna
partorisce un topolino e per giunta armato. Il presidente della Regione
Sicilia, l’on. Nello Musumeci, lo ha definito un provvedimento di portata
storica che “pone sotto tutela una preziosa porzione del territorio
dell’Isola” consentendone la “valorizzazione sostenibile anche se non
ingessata”. Si tratta della delibera approvata dalla Giunta regionale il 5
novembre 2021 per l’istituzione della Riserva
Naturale di Punta Bianca e Scoglio Patella (provincia di Agrigento), e il
suo inserimento nel Piano dei parchi e delle riserve siciliani.
Meno nota ma per tanti
aspetti simile alla vicina Scala dei
turchi, Punta Bianca è un suggestivo sperone di roccia calcarea che degrada
verso le calette di sabbia bianco-corallina e su un mare color verde smeraldo,
a una decina di km ad est della città di Agrigento e della Valla dei Templi,
patrimonio dell’umanità UNESCO. Uno degli ultimi paradisi paesaggistici e
naturalistici della Sicilia, fragilissimo dal punto di vista idrogeologico, che
da decine e decine di anni le associazioni ambientaliste chiedono di proteggere
e vincolare.
La scorsa estate la nota
modella e showgirl argentina Belén Rodríguez ha
scelto le falesie di Punta Bianca per un book fotografico. “È un luogo
meraviglioso ed unico, che meriterebbe una migliore valorizzazione, in senso
turistico e ambientale”, ha scritto Belén sul suo profilo Facebook. “In questa
zona insiste da 63 anni un poligono militare, le cui esercitazioni stanno
distruggendo i luoghi e le strade di accesso, bloccando la fruizione turistica,
mentre le associazioni ambientaliste locali aspettano da 25 anni che sia
riconosciuta dalla regione Sicilia quale riserva naturale. Vorrei finire con un
appello al presidente Musumeci, affinché istituisca la tanto agognata riserva
naturale”.
Ed ecco due mesi dopo la delibera della Giunta
Musumeci su proposta dell’Assessore per il territorio e l’ambiente,
Salvatore Cordaro. “L’area di Punta Bianca e Scoglio Patella, estesa circa 300
ettari, ricadente nei territori comunali di Agrigento e Palma di Montechiaro, è
già stata identificata di notevole
interesse pubblico con il decreto del 13 aprile 2001 dell’Assessorato
regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione, e
presenta caratteristiche naturalistiche e litologiche di rilevante valenza”, si
legge nell’atto amministrativo del 5 novembre 2021.
Più di vent’anni dunque per
avviare l’istituzione della riserva: meglio tardi che mai verrebbe da dire,
peccato però che ben poco resta oggi in termini di territorio da proteggere rispetto
alla proposta originaria. Associazioni ambientaliste e Soprintendenza di
Agrigento avevano chiesto infatti di vincolare l’intera area costiera compresa
tra la Foce del Vallone di Sumera e il Castello di Montechiaro (estesa in
lunghezza per Km. 7 circa e che si allarga in profondità, nella sua massima
penetrazione, a circa 3 Km.), includendo al suo interno il maledetto poligono
di “Drasy” utilizzato per le esercitazioni a fuoco dei reparti e dei mezzi
pesanti dell’Esercito italiano e dei marines USA di stanza nella stazione
aeronavale di Sigonella.
Nella mappa di
riperimetrazione della Riserva Naturale
di Punta Bianca e Scoglio Patella della Giunta Musumeci la superficie da
proteggere è stata ridotta di almeno cinque volte; le zone A, quelle con
vincoli stringenti, sono tre piccole strisce di terra interrotte e distanti
l’una dall’altra. E scandalosamente è rimasto fuori dalla riserva proprio il
famigerato poligono di guerra. (1) Insomma un vero e proprio provvedimento
truffa che legittima e consolida il via vai di blindati e carri armati e la
prosecuzione delle cannonate a poche centinaia di metri da uno dei luoghi più
incantevoli del Mediterraneo.
Cannonate
tutti i giorni feriali, dalla mattina sino a sera
E così si continua a sparare
e pesante nel comprensorio di Punta Bianca. Lo scorso 17 dicembre la
Capitaneria di Porto di Porto Empedocle ha emesso l’ordinanza con il calendario
delle esercitazioni al poligono di “Drasy” per il primo semestre 2022: saranno
svolte tutti i giorni escluso i sabati e le domeniche, ininterrottamente dalle
8 di mattina alle 20 di sera, nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e
sino al 13 maggio. Per tutto questo periodo, nell’area demaniale compresa tra la riva
di levante del fiume Naro e Punta Bianca, nonché nel tratto di mare
antistante, sono espressamente vietati la navigazione, la pesca, l’ancoraggio, il transito,
la sosta, la balneazione, il sorvolo (a quota inferiore a 150
metri) e ogni altra attività di superficie e subacquea.
“Le esercitazioni militari saranno
effettuate con l’utilizzo di armi da fuoco portatili, di reparto, sistemi
d’arma c/c, cannoni da 105/51,105/52 e 25mm, lancio di bombe a mano”, specifica
la Capitaneria di Porto. “Soltanto in caso di impiego dei cannoni da 25 mm con
munizionamento APDS-T (perforanti a
distacco di Sabot traccianti) e TP-T (da
addestramento traccianti) le ordinanze di sgombero per i suddetti giorni
dovranno essere riferite alla zona di mare delimitata”. Per comprendere il potenziale
impatto dei sistemi di guerra utilizzati, è opportuno sapere che le munizioni APDS-T vengono usate “contro
obiettivi al suolo” per perforare corazze di 25 mm di spessore alla distanza di
un paio di km.. Nelle munizioni APDS-T e
TP-T viene inoltre utilizzato propellente
alla nitrocellulosa, un composto chimico con enormi proprietà
infiammabili-esplosive.
I video prodotti da
Mareamico, l’associazione di Agrigento che più si è spesa per l’istituzione
della riserva, documentano le devastanti incursioni dei militari nell’area di
Punta Bianca. Carri armati che si inseguono tra le collinette alzando nubi di
polvere, colpi di cannone che producono immense buche e crateri, i
bombardamenti ossessivi e ripetitivi contro il mare all’orizzonte, gli
assordanti boati delle esplosioni udibili ad Agrigento, Porto Empedocle e
Favara. E poi, dopo i folli giochi di morte, le immagini dei bossoli e
dei residui di munizioni disseminati ovunque nel terreno,
sempre più arido e contaminato.
“Da 60 anni a Drasy si
spara con qualsiasi arma e mentre i proiettili vanno a finire in mare
inquinandolo, le vibrazioni conseguenti alle esplosioni hanno indebolito la
falesia e causato numerosi crolli, rendendo inaccessibili alcuni tratti del
litorale”, denuncia Claudio Lombardo di Mareamico. “L’8
gennaio 2014 un pezzo collinare di Punta Bianca è franato in spiaggia.
Tonnellate di pietre, di creta e di terra con diverse palme nane sono scivolate
giù accompagnate da un grande fragore”.
Lo scorso anno Mareamico e la
delegazione regionale di Marevivo hanno presentato un esposto alla Procura
della Repubblica di Agrigento. “La fragile falesia sta crollando facendo
arretrare la linea di costa di diverse decine di metri, poiché aggredita sia
dal mare che dalle violente vibrazioni causate dalle esplosioni, che si
svolgono per 7 mesi all’anno”, denunciano le associazioni. “Abbiamo richiesto
all’ARPA di effettuare delle analisi dell’area utilizzata per le esercitazioni
con il risultato che è stato trovato un elevato inquinamento da piombo”. (2)
Ma quanto è bello sparare
contro i nidi e gli uccelli migratori
L’istituzione della riserva
naturale avrebbe potuto rappresentare il punto di svolta per bloccare gli
scempi militari e bonificare realmente il territorio e le acque circostanti contaminate
da centinaia di ogive inabissate. E invece il decreto di Musumeci & C. è
l’ennesima beffa a danno dell’ambiente e della salute dei cittadini e un vero e
proprio tradimento dell’interesse pubblico che era stato
espresso nell’atto della Regione del 13 aprile 2001.
“Il
territorio costiero compreso tra la foce del Vallone di Sumera e il Castello di
Montechiaro si caratterizza per gli straordinari aspetti archeologici,
etnoantropologici e naturalistici esistenti”, scriveva l’Assessorato
regionale dei beni culturali e della pubblica istruzione.
“Il paesaggio costiero, aperto verso il mare d’Africa, di eccezionale bellezza,
ancora non alterato e poco compromesso da urbanizzazioni e case di
villeggiatura, è caratterizzato da numerose piccole spiagge strette delimitate
da scarpate di terrazzo e da balze. Da Monte Grande la visione spazia libera
verso ponente sino al promontorio di Capo Rossello includendo la magnifica
Valle dei Templi ed il panorama delle blande colline della Sicilia centro
meridionale. Dal mare è possibile percepire, anche in lontananza, Punta Bianca,
come un faro naturale. Il contrasto cromatico tra il blu del mare limpido ed il
bianco dei trubi che protendono verso esso, quasi modellati dall’azione
scultorea della natura, costituisce un segno di grande rilievo
estetico-percettivo”.
“I caratteri morfologici del
territorio, combinati con le caratteristiche climatiche e con le scarse
disponibilità idriche, hanno consentito nel tempo la diffusione di una macchia
bassa formata da arbusti e alberelli sempreverdi dell’Oleo-Ceratonion”, si
legge ancora nel decreto della Regione del 2001. “A queste formazioni sono
associati siti di grande interesse floristico, in cui si registrano numerosi
endemiti di particolare interesse e specie rare o espressioni biologiche
insolite per la flora europea e fortemente caratterizzanti, come la Palma
nana”. Tra le specie meritevoli di considerazione ai fini della salvaguardia
della biodiversità locale, si segnalavano pure la Lavatera agrigentina, l’Iberis
semperflorens, l’Onobrychis
aequidentata, il Limonium narbonense,
l’Echium arenarium, la Satureja nervosa, la Satureja fruticulosa, l’Orobanche minor, la Carlina sicula e l’Iris juncea.
Di notevole interesse per biodiversità e rarità la fauna presente nel
territorio della riserva oggi negata. Tra i mammiferi e i rettili sono stati
segnalati l’istrice, la volpe, il coniglio selvatico, il colubro di esculapio,
la biscia dal collare, mentre per le specie ornitiche stazionarie di
particolare rilievo spiccano il falco grillaio, la coturnice, la ghiandaia
marina, la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione selvatico, il
colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, la tottavilla, lo scricciolo, il
saltimpalo, il beccamoschino, l’occhiocotto, la cinciallegra, la ghiandaia, il
corvo imperiale.
Nei periodi interessati dai
flussi migratori (paradossalmente quelli in cui le esercitazioni militari sono
quotidiane), il territorio diventa un punto di concentrazione e di sosta per
numerosissime specie, come l’airone rosso, il mignattaio, il germano reale, il
falco pecchiaiolo, il nibbio bruno, il falco di palude, l’albanella reale, la
gru, il cavaliere d’Italia, il cuculo, l’upupa, la capinera, l’averla
capirossa. Saltuariamente sono stati avvistati l’airone bianco maggiore, la
cicogna bianca, il fenicottero, l’oca selvatica, il biancone, il falco
pescatore, il falco cuculo, l’occhione, la pavoncella, il gabbiano corso, il
gufo di palude.
Interrogazioni,
interpellanze e le ciniche bugie della Difesa
La necessità di preservare
la ricchezza e la specificità del patrimonio ecologico dell’area di Punta
Bianca si è scontrata da sempre con l’arroganza del ministero della Difesa e
dei vertici delle forze armate, indisponibili a trasferire i loro giochi di
guerra in un’altra area della Sicilia a impatto zero su ambiente, territorio e
salute della popolazione. Il 15 maggio 2002, rispondendo a un’interrogazione
presentata dal sen. Calogero Sodano, già sindaco
Dc di Agrigento, l’allora sottosegretario alla Difesa, Giacinto Bosco,
dichiarava che “il poligono a mare di Drasy
riveste notevole importanza per l’attività addestrativa dei reparti della
brigata Aosta, in quanto è utilizzabile per 260 giornate all’anno ed è ben
servito dalla rete viaria”. “Tale sedime –
aggiungeva Bosco - è utilizzato per esercitazioni di tiro con armi individuali
e di reparto – il calibro massimo impiegato è il 7,62 millimetri – e per
l’effettuazione di tiri con cannone da 105 millimetri della blindo Centauro, impiegando munizionamento
convenzionale che si ritiene non sia annoverabile tra i materiali altamente
inquinanti”.
Nella sua
risposta, il sottosegretario alla Difesa si soffermava poi sull’ipotesi di
istituire un parco naturale nell’area
di Punta Bianca, auspicandone però la convivenza
con il poligono. Come vedremo, l’osceno connubio sarà perseguito da tutti i
successivi governi e oggi è consacrato dal decreto truffa di Nello Musumeci e
Salvatore Cordaro.
“Si ritiene
che la presenza di un parco naturale in corrispondenza di un’area addestrativa
non deve essere considerata motivo preclusivo per un’equilibrata convivenza, né
tanto meno la causa per richiedere la sospensione delle esercitazioni o lo
spostamento in altro sito del poligono”, spiegava Giacinto Bosco. “Infatti,
analoghe situazioni sono presenti già in altre zone del territorio nazionale,
come ad esempio il poligono di Ponticello nell’area del Parco di Fanes, in
provincia di Bolzano, e il poligono di Carpegna nell’area del Parco Simone
Simoncello, in provincia di Pesaro”. Il sottosegretario giungeva ad affermare
che era stata proprio “la pluriennale presenza della struttura militare” a
contribuire alla “salvaguardia dell’ambiente naturale” e che il “modus di
convivenza tra le aree naturalistiche e quelle militari in grado di soddisfare
le aspettative ambientalistiche e turistico-economiche degli enti locali e le
esigenze addestrative delle unità” poteva benissimo essere ricercato anche per
il poligono nell’agrigentino.
Otto anni
più tardi erano ben 38 i parlamentari del Polo della Libertà che in
un’interpellanza urgente (primo
firmatario l’on. Vincenzo Antonio Fontana, agrigentino) denunciavano gli
insostenibili impatti socio-ambietali delle
esercitazioni a Punta Bianca. “Non è possibile immaginare la coesistenza di un
parco naturale in corrispondenza di una area addestrativa, dove, per altro, non
è difficile ritrovare reperti dell’attività svolta sul territorio e dove non
avviene alcuna operazione di pulizia per tutto quello che viene lasciato dopo
le operazioni militari”, scrivevano i parlamentari. “Si rende urgente preservare l’area dalle vibrazioni causate
dalle esercitazioni, dall’inquinamento acustico, che disturba i tanti
visitatori della zona e coloro che abitano nelle vicinanze, e dal passaggio di
mezzi militari che mettono a repentaglio la solidità della strada che conduce a
Punta Bianca, che è d’inestimabile valore paesistico”. Così venivano chiesti al
Governo la smilitarizzazione
dell’area e lo “spostamento del poligono di tiro in altro sito, come è avvenuto
per l’arcipelago della Maddalena in Sardegna, al fine di rendere giustizia a
questo angolo di pace dove la natura è stata particolarmente generosa,
facendone uno dei tratti più suggestivi dell’intero Mediterraneo”.
La risposta giungeva in tempi brevi per bocca del
sottosegretario alla Difesa del tempo, l’on. Giuseppe Cossiga. “Il poligono di
Drasy è d’interesse strategico
soprattutto per i reparti della Brigata Aosta, ente gestore”, dichiarava
Cossiga, l’1 luglio 2010. “L’infrastruttura è stata destinata alle
funzioni di isola addestrativa di secondo livello e consente di svolgere
attività di crisis response
operations, pertanto una sua eventuale
dismissione causerebbe un inaccettabile impatto negativo sull’operatività e
sulla sicurezza del personale, impedendo di fatto l’impiegabilità nelle
missioni internazionali e mettendo quindi a rischio la presenza stessa della
Brigata nell’isola”.
Il sottosegretario riproduceva integralmente le
giustificazioni addotte dal predecessore Bosco per impedire lo stop alle
esercitazioni e trasferire altrove il poligono, sposandone contestualmente
l’idea di una sua felice convivenza con un’eventuale riserva futura. Anche gli
esempi ritenuti vincenti in Alto Adige e nelle Marche erano gli stessi, ma
Cossiga aggiungeva stavolta all’elenco i poligoni occasionali all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia
(Puglia). “Il Ministero della difesa è sicuramente pronto ad approfondire
il tema di un eventuale trasferimento del poligono”, concludeva il
sottosegretario. “Ma naturalmente è necessario che siano le stesse autorità
locali a individuare e proporre aree alternative, le quali evidentemente
dovranno avere le medesime caratteristiche e consentire lo svolgimento delle
stesse attività addestrative, sia in
bianco sia a fuoco”.
L’8 aprile 2014 era un altro
parlamentare agrigentino di centrodestra, l’on. Antonino Bosco, a ribadire in
un’interrogazione la difficoltà di far coesistere a Punta Bianca, poligono e
parco. “Chiedo al Governo, al fine della tutela ambientale, dello sviluppo
socio-economico e di quello turistico dell’area, di spostare il poligono”,
scriveva l’on. Bosco. “Voglio ricordare che il 29 aprile 2013, il comandante
della regione militare sud, il generale di corpo d’armata Corrado Dalzini, ha
affermato che se la Regione, in sintonia con i vertici dell’Esercito, trovasse
un’altra area per le esercitazioni, non ci sarebbe nessun problema in
merito”.
Anche in questo caso la
richiesta s’infrangeva inesorabilmente contro lo scoglio dell’irrinunciabile rilevanza strategica del poligono per
l’efficienza della brigata Aosta, così come spiegava l’allora sottosegretario alla Difesa,
on. Gioacchino Alfano, nella risposta all’interrogazione del parlamentare
agrigentino. “In tal senso, per la Forza armata, considerata l’assenza ad oggi
nel territorio della stessa regione di altri poligoni con le medesime
caratteristiche e potenzialità, non si riesce a trovare un’alternativa”,
aggiungeva Alfano.
“Alla domanda se è possibile, però, potersi appoggiare
su altri poligoni – e quelli che potrebbero essere compatibili sono quelli di
Monteromano, in provincia di Viterbo, o Capo Teulada, in provincia di Cagliari
–, è ovvio che con l’organizzazione attuale è impossibile trasferire le
attività addestrative su questi due poligoni compatibili”. Affermazione
tutt’altro che veritiera: negli ultimi anni la Brigata Aosta ha trasferito
proprio a Capo Teulada centinaia di uomini e mezzi pesanti per svolgere
complesse esercitazioni a fuoco. (3)
I diktat e
le pretese dei signori delle guerre
Nella sua risposta all’interrogazione dell’on. Bosco,
il sottosegretario Alfano poneva infine una serie di stringenti requisiti per
uno spostamento del poligono in una diversa località dell’Isola. “Le
imprescindibili esigenze addestrative-operative dei reparti della Forza armata
dislocati in Sicilia impongono che la futura scelta del sedime debba
necessariamente ricadere su aree possibilmente demaniali – questo per questioni
anche di risorse disponibili”, spiegava l’on. Alfano. “Devono essere collocate
in posizione baricentrica rispetto alle sedi stanziali dei reparti insistenti
in ambito regione, in modo da poter essere facilmente raggiungibili attraverso
la rete stradale; non devono ricadere in zone soggette a tutela ambientale
(sito di importanza comunitaria, parchi regionali, riserve naturali o aree
monumentali sottoposte a tutela quali patrimonio mondiale dell’Unesco)”. Niente
più promiscue convivenze tra bombardamenti e riserva, nelle intenzioni del
Governo di allora ed oggi invece del tutto ignorate e dimenticate dal duo
Draghi-Guerini e dal governatore siciliano.
In occasione della visita in Sicilia della Commissione
parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito (presidente il sen. Gian Piero Scanu
del Pd) - dal 3 al 6 aprile 2017 - il tema del poligono di tiro Daisy fu affrontato nel corso dell’audizione
a Caltanissetta dei vertici delle forze armate e dei rappresentanti delle
associazioni ambientaliste. Durissime le parole del presidente Scanu in
occasione della conferenza stampa organizzata dalla Commissione prima di
lasciare l’Isola. “Abbiamo clamorosamente scoperto che nessuno
si era mai posto il problema di bonificare il mare verso il quale sono stati
sparati migliaia e migliaia di proiettili nel corso dei decenni”, affermò il
parlamentare. “Per questo abbiamo incaricato non solo le autorità militari, ma
anche l’ARPA Sicilia di farsi carico di un problema che consideriamo grande”.
Nella relazione finale della
Commissione venne riportata altresì la sconcertante ammissione resa in
audizione dal maggiore Domenico Garufi dell’Esercito italiano. “Il maggiore Garufi
ha dichiarato che nel mese in cui ha svolto il ruolo di medico competente per
il Comando Brigata Aosta non ha portato a compimento nessuna attività di
tipo sanitario e non ha avuto modo di predisporre il Documento di Valutazione
dei Rischi (DVR) in collaborazione con gli altri dirigenti preposti, ma si
attiverà quanto prima per assolvere pienamente ai suoi compiti”.
La missione ispettiva in Sicilia della
Commissione parlamentare sortiva comunque l’effetto di una bonifica straordinaria del
poligono da parte del 5° Reggimento fanteria, a inizio giugno 2017, alla
vigilia della stagione di balneazione nella zona di Punta Bianca. L’ARPA si
premurava di far sapere però agli organi di stampa che l’esame dei campioni
raccolti in primavera aveva escluso qualsiasi
tipo di inquinamento e il superamento dei parametri previsti dalle leggi.
“Abbiamo chiesto all’Esercito precisa documentazione circa il munizionamento
sparato”, dichiarava il dirigente
dell’unità controlli di ARPA Agrigento, Giuseppe Maragliano. “Abbiamo potuto
constatare che i colpi sparati dalle armi pesanti delle autoblinde Centauro sono state in tutto 80 nel
2014; 48 nel 2015; nessuna lo scorso anno. Il munizionamento usato nelle
recenti esercitazioni è stato solo quello leggero delle armi portatili. Dai
nostri campionamenti non è emerso inquinamento di gravità tale da ordinare una
bonifica, oltre quelle che l’Esercito ogni anno svolge di sua iniziativa”.
L’autorevole allarme
lanciato dalla Commissione parlamentare non sbloccava invece l’empasse alla
Regione Siciliana relativamente all’individuazione di un’area alterativa per i
war games dei carri armati. Il 19 aprile 2017 in un’intervista a MeridioNews, l’assessore all’Ambiente Maurizio Croce
riconosceva di incontrare grandi difficoltà. “I motivi sono tanti:
dalla grandezza del sito alla indisponibilità dei Comuni limitrofi
ad accogliere la presenza dei militari”, spiegava Croce. “Alle comunità,
infatti, non andrebbe alcuna forma di indennizzo. Anche se si trattasse di aree demaniali, non si
potrebbe imporre l’istituzione di un poligono con tanta facilità. Per ovviare a
questo avevamo stabilito che esercito e ambientalisti dovevano incontrarsi per
fare coesistere il poligono con l’ipotesi della riserva naturale, attraverso una nuova perimetrazione del
sito”. Ancora l’indicazione del connubio bombe-ambiente ma, per la prima volta,
ufficialmente, l’idea di rivedere l’estensione della futura riserva con ampi
tagli e vincoli a macchia di leopardo.
Prima le cannonate e poi infine, magari, una microriserva
per gli indiani
A
fine 2017 a Maurizio Croce subentrò come assessore all’Ambiente e territorio
l’on. Salvatore Cordaro. Il 27 aprile 2018, sempre a MeridioNews, Cordaro assicurava che il personale del dipartimento della Regione aveva
avviato un’istruttoria per l’individuazione di siti alternativi adatti a Punta Bianca: “Dopo l’approvazione
della Finanziaria, verosimilmente a maggio, avremo delle risposte”.
Il tema poligono era tornato
sotto i riflettori dei media grazie all’ennesima grave denuncia del portavoce
di Mareamico, Claudio Lombardo, sugli immancabili crolli nel litorale dopo un
ciclo di esercitazioni a fuoco del 5° Reggimento fanteria “Aosta”. “L’attività
dell’unità di manovra dell’Esercito è stata orientata al perfezionamento delle
procedure mediante l’esecuzione di atti tattici a livello squadra e plotone,
con particolare riferimento al combattimento offensivo della in vista della Joint Rapid Response Force 2018”,
giustificava il Comando delle Brigata Aosta la nuova campagna di bombardamenti
a terra e a mare.
Poi a maggio si registrava un’intensificazione delle
esercitazioni con la partecipazione di altri reparti e corpi armati italiani e
stranieri, a partire dai Marines statunitensi della base di Sigonella (uso di armi individuali, di reparto e lancio
di bombe a mano) e dal 62° Reggimento “Fanteria” Sicilia, per
finire con il 4° Reggimento Genio Guastatori, il 6° Reggimento Bersaglieri, il Reggimento
logistico “Aosta”, i Carabinieri del Comando Legione “Sicilia” e, da giorno 14
al 18 maggio, finanche con la Marina Militare.
Silenzio tombale invece da Palermo. Le risposte
preannunciate dall’assessore Cordaro per il sito
alternativo? Arriveranno solo il 31 luglio 2018 ma in ben altra direzione.
In quella giornata infatti, a Palazzo dei Normanni l’on. Musumeci e il generale
di brigata Claudio Minghetti firmavano un protocollo che rinnovava per altri
cinque anni l’uso di quattro poligoni nell’Isola: “Santa Barbara” nei
comuni di Tripi e Novara di Sicilia (fascia tirrenica della provincia di Messina);
“San Matteo” ad Erice (Trapani), “Masseria dei Cippi” nel comune di Montelepre (Palermo);
e, dulcis in fundo, il Drasy di Punta Bianca.
Da allora ad oggi si è continuato a sparare e non solo
ad Agrigento e negli altri tre poligoni sopracitati. Nel marzo 2021 i i
bersaglieri della Brigata Aosta di Trapani hanno effettuato un intenso ciclo addestrativo
per fare accrescere la capacità di
combattimento. “Le attività teoriche, pratiche e tattiche con l’utilizzo
dei Veicoli blindati medi (VBM) Freccia
sono state condotte in diverse aree dell’ex aeroporto di Milo, di Lago Rubino e
Montagna Grande in provincia di Trapani, presso il poligono di Drasy, la base
addestrativa di Piazza Armerina (Enna), l’aeroporto di Boccadifalco (Palermo) e
all’interno delle caserme “Scianna” di Palermo e “Giannettino” di Trapani”,
riporta l’Ufficio stampa dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Il miracolo della moltiplicazione
dei pani e dei pesci, anzi delle bombe e delle esplosioni e meno male che
Punta Bianca – secondo generali e politici nostrani - era unica, insostituibile e senza
alternative.
Note
(1) La riperimetrazione dell’area da sottoporre a vincolo
ambientale e la “delimitazione con precisione del confine tra lo spazio
destinato alla riserva e il poligono militare” sono state effettuate nel corso
dell’incontro tenutosi a Palermo il 22 novembre 2021, presenti l’assessore
regionale Salvatore Cordaro, il generale Maurizio Scardino, comandante militare
dell’Esercito in Sicilia, e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste
Fabio Galluzzo di Marevivo Sicilia e Claudio Lombardo di Mareamico (questi
ultimi hanno espresso, inutilmente, il loro parere contrario). “Confidiamo che all’inizio del 2022, tenuto conto dei
tempi imposti dai passaggi burocratici che pure sono in una fase avanzata, la
nuova riserva di Punta Bianca sarà ufficialmente istituita con decreto assessoriale”,
ha dichiarato Salvatore Cordaro. Sull’istituzione della riserva è richiesto il
parere preventivo del Consiglio regionale per la protezione del patrimonio
naturale (CRPPN) e della Commissione Ambiente all’Assemblea regionale
siciliana.
(2) Il
26 maggio 2015 si è svolto un sopralluogo di ARPA Sicilia all’interno del
poligono di Punta Bianca. Gli esiti delle analisi sui campioni prelevati nel
sito sono stati poi trasmessi alla Regione siciliana. “In tutti i campioni
prelevati non sono stati riscontrati superamenti delle concentrazioni di soglia
di contaminazione di cui all’allegata tab. 1 all’art. 5 del Decr. legislativo
152/2006”, dichiaravano i responsabili di ARPA. “Appare tuttavia opportuno
rilevare che nel campione denominato P4 il valore del parametro PIOMBO è al
limite massimo della tabella (97,71 mg/Kg con max 100mg/kg); un valore non
trascurabile di tale metallo è presente anche nel campione P5. Significativo
perché non trascurabile è il valore dello ZINCO nel campione P4. Per quanto
sopra non ricorrono in atto le condizioni per l’effettuazione delle procedure
relative alla bonifica del sito e tuttavia appare opportuno evitare di
appesantire ulteriormente le concentrazioni dei parametri esaminati nei punti
di cui sopra”.
(3) L’ultima
esercitazione effettuata dalla Brigata Aosta nel martoriato poligono sardo di
Capo Teulada si è conclusa i primi di dicembre 2021 e ha visto schierato il personale del 62° Reggimento
fanteria, del 6° Reggimento bersaglieri, del 6° Reggimento “Lancieri d’Aosta” e
del 4° Reggimento Genio guastatori. “Nell’attività, in cui sono stati impegnati
circa 800 militari e oltre 65 veicoli tattici, sono state utilizzate tutte le
piattaforme da combattimento, i sistemi d’arma e i più avanzati strumenti di
comando e controllo e della logistica in dotazione ai reparti della Brigata
Aosta”, riporta l’ufficio stampa dell’Esercito. “I soldati sono stati impegnati
in molteplici attività, tra le quali addestramento al tiro e contro bersagli a
lunga distanza (sniper),
esercitazioni a fuoco con l’impiego delle armi a tiro teso e curvo, inclusi i
sistemi contro carro lanciarazzi Panzerfaust 3, nonché di esplosivi ad alto
potenziale. L’attività addestrativa ha suggellato il pronti all’impiego del 62° Reggimento e dei relativi assetti
specialistici in concorso, quale riserva operativa della NATO per il 2022,
nell’ambito delle Over The Horizon Forces
per l’area balcanica”.
ArArticolo pubbicato in Stampalibera.it l'11 gennaio 2022, https://www.stampalibera.it/2022/01/11/linchiesta-punta-bianca-agrigento-la-riserva-truffa-di-musumeci-che-piace-solo-allesercito/?fbclid=IwAR1L5Ht5lqsg2lhbjdX8Y-7llFEejwQ_RcGBWHGRiXtYQgF2xwLaD1LDBOI
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