Il Marocco fa shopping di droni e missili in Israele
Il Marocco acquisterà in Israele batterie di missili terra-aria
a medio raggio e droni armati per potenziare il proprio arsenale militare
contro la confinante Algeria e il Fronte Polisario nell’ex Sahara spagnolo.
Secondo il sito specializzato Israel Defense le autorità di Rabat avrebbero avviato un negoziato con IAI - Israel Aerospace Industries, la principale holding militare-industriale
israeliana, per l’acquisizione del sistema missilistico “Barak 8” (fulmine
in ebraico). A condurre la trattativa il direttore marketing di IAI per i paesi
del Golfo, Sharon Bitton, già colonnello delle forze armate ed ex responsabile
del Coordinamento delle attività di governo nei Territori occupati (COGAT).
Il
sistema missilistico “Barak 8” è stato sviluppato dalle forze armate e dalle
industrie belliche di Israele e India e viene utilizzato in ambito terrestre e
navale. Alla sua progettazione e realizzazione oltre a IAI - Israel Aerospace
Industries hanno concorso, tra gli altri, la società aerospaziale Rafael Advanced
Defense Systems Ltd. di Haifa e il gruppo industriale Tata di Mumbai.
Con una
velocità massima di Mach 2 (580 metri al secondo) e una capacità di carico sino
a 60 kg, il sistema missilistico superficie-aria ha un raggio operativo di 70 km circa. “Il Barak 8 è in grado di neutralizzare minacce aeree come caccia
nemici, missili, elicotteri e droni e può colpire multipli obiettivi
simultaneamente, anche in condizioni meteorologiche avverse”, riferiscono i
manager di IAI.
Nei
mesi scorsi le forze armate marocchine avevano inaugurato la prima base
interamente preposta alla “difesa aerea” a lungo raggio, nei pressi della città
di Sidi Yahia el Gharb, nella regione settentrionale di Rabat-Sale-Kenitra. Nella
base sono state installate quattro batterie di missili del sistema FD-2000B, acquistate in Cina nel 2017. Presumibile
pertanto che il nuovo dispositivo bellico made
in Israel possa essere destinato proprio all’installazione di Sidi Yahia el
Gharb.
In aggiunta
al “Barak 8”, il Marocco sarebbe intenzionato ad acquistare da IAI anche una
partita di droni kamikaze (velivoli senza pilota armati
di bombe ed esplosivi che si fanno esplodere al momento dell’impatto con
l’obiettivo) del tipo “Harop”, con una spesa di 22 milioni di dollari. L’“Harop” è un aereo senza pilota di piccole
dimensioni (è lungo 2,5 metri), ma può trasportare un carico di esplosivi di 20
kg e volare per sette ore consecutive sino a 1.000 kilometri di distanza. Il
drone è stato impiegato dalle forze armate israeliane nei raid a Gaza, in
Libano e Siria e dall’Azerbaijan nel recente conflitto in Nagorno-Karabakh.
Secondo
i media israeliani, l’ok alla trattativa per missili e droni tra il Marocco e
IAI sarebbe giunto durante la visita a Rabat del ministro della difesa
israeliano Benny Gantz, il 23 e 24 novembre 2021. In quell’occasione è stato
sottoscritto un accordo di cooperazione militare e di scambio di intelligence
tra le due parti. Il Marocco, con Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan, aveva
normalizzato le relazioni diplomatiche e commerciali con Israele nell’ambito
dei cosiddetti Accordi di Abramo,
promossi dall’amministrazione Trump alla vigilia della fine del suo mandato.
Dopo l’accordo formale sottoscritto da Rabat e Tel Aviv il 10 dicembre 2020,
gli Stati Uniti avevano anche riconosciuto la “sovranità” del Marocco sui
territori dell’ex Sahara spagnolo illegalmente occupati nel 1975.
In
occasione della missione ufficiale del ministro Benny Gantz sarebbe stata presa
pure la decisione di realizzare in Marocco due stabilimenti per la produzione
di droni da guerra, il primo in territorio nord-orientale, il secondo a sud. Ad
ottobre i media internazionali avevano riportato la notizia che l’holding aerospaziale Israel Aerospace
Industries, attraverso la propria controllata BlueBird Aero Systems, avrebbe
fornito al paese nordafricano il know how e le tecnologie necessarie alla
realizzazione di micro e minidroni e di velivoli senza pilota auto esplodenti.
Il
Marocco aveva già ricevuto in passato droni di produzione israeliana. Secondo
il quotidiano Times of Israel, il 26
gennaio 2020 erano stati consegnati all’aeronautica marocchina quattro velivoli
senza pilota MALE (Medium Altitude Long
Endurance) “Heron TP” di produzione IAI, del costo complessivo di 48
milioni di dollari. L’“Heron” può svolgere un ampio ventaglio di missioni
strategiche (sorveglianza, riconoscimento e intelligence, acquisizione di dati
sugli obiettivi da colpire, ecc.), ma può essere facilmente convertito in drone
d’attacco con il lancio di missili aria-superficie.
Nel
2017 l’aeronautica militare marocchina si era fornita di tre droni tattici
“Hermes 900” prodotti da un’altra grande azienda aerospaziale israeliana, Elbit
Systems Ltd.. Questi velivoli sarebbero attualmente schierati nelle basi aeree
di Meknès e Dakhla, a disposizione delle unità d’intelligence. A fine novembre
2021 è trapelata da Tel Aviv la notizia della firma di un contratto tra le
forze armate marocchine e la società israeliana Skylock Systems Ltd. per la
fornitura del sistema d’individuazione e
neutralizzazione anti-droni “Skylock Dome”. “Questo sistema è equipaggiato
con dispositivi di monitoraggio ottico e termico e un radar che monitorizza e
traccia tutte le attività sospette”, affermano i progettisti di Skylock Systems
Ltd..
“Rabat
aveva già acquistato sofisticati sistemi da ricognizione elettronica allestiti
dalle industrie israeliane che sono in via di istallazione a bordo di cellule
Gulfstream G550 modificati negli Stati Uniti per compiti ISR (intelligence,
sorveglianza e riconoscimento) e SIGINT (spionaggio di segnali
elettromagnetici, nda)”, annota il
portale italiano Ares Difesa. “Più
vicini alla firma tra Rabat e Tel Aviv sembrano essere pure i programmi
d’acquisto dei nuovi radar di sorveglianza e scoperta nonché l’ammodernamento
con avionica ed armamento israeliano dei caccia bombardieri leggeri Northrop
F-5E, in servizio con la Forces Royales Air in circa 25 esemplari tra monoposto
e biposto”.
Rilevanti
e inquietanti pure le relazioni tra Rabat e Tel Aviv nel settore della
sorveglianza e dello spionaggio militare. A luglio 2021 la Direzione
Nazionale Cyber d’Israele ha annunciato che il suo responsabile, Yigal Unna
(già capitano della 8200 Intelligence
Unit, l’unità israeliana d’eccellenza di spionaggio militare), ha
sottoscritto un accordo con le autorità marocchine per “consentire il
trasferimento di saperi e tecnologie da parte delle aziende israeliane”. Il
Marocco, insieme a Messico, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita è stato
inoltre uno dei maggiori clienti della compagnia di cyber security and intelligence NSO Group Technology, con quartier
generale a Herzliya, realizzatrice dello spyware Pegasus che consente di sorvegliare da remoto gli smartphone.
“La
tecnologia sviluppata dalla compagnia israeliana è stata impiegata dal governo
marocchino per spiare il giornalista Omar Radi, critico delle violazioni dei
diritti umani in Marocco”, ha denunciato Amnesty International. “Il cellulare
del professionista è stato sottoposto a numerosi attacchi con la nuova tecnica
sofisticata Pegasus. Gli attacchi
sono avvenuti nel periodo in cui Radi è stato ripetutamente molestato dalle
autorità marocchine, è alcuni di essi pure qualche giorno dopo che NSO Group
Technology aveva promesso che i suoi
prodotti non sarebbero stati più utilizzati per abusi dei diritti umani. Essi
sono invece continuati almeno per tutto il mese di gennaio 2020”.
Oltre
a Omar Rady ci sarebbero stati altri sette giornalisti marocchini posti sotto
“controllo” da Pagasus: Taoufik
Bouachrine, Aboubakr Jamai, Hicham Mansouri, Soulaimane Raissouni, Ali Amar,
Omar Brousky e Maria Mokrim. In un articolo pubblicato il 27 luglio 2021, Nigrizia ha evidenziato che le autorità
governative del Marocco avrebbero utilizzato l’applicazione di NSO Group Technology
per spiare pure due cittadini francesi, Claude
Mangin e Philippe Bouyssou. Mangin è la moglie del detenuto politico saharawi Naama
Asfari, condannato a 30 anni di prigione per aver partecipato nel 2010 ad
alcune proteste popolari scoppiate nell’accampamento di Gdeim Izik, nel Sahara
Occidentale; Philippe Bouyssou è il sindaco di Ivry-sur-Seine, città che ha
promosso progetti di solidarietà con il popolo saharawi. Secondo Radio
France, anche i cellulari dell’avvocato francese Joseph Breham e del
rappresentante del Fronte Polisario in Europa, Oubi Bachir Bouchraya, sarebbero
stati “intercettati” dai servizi segreti marocchini.
Pure
il settore tecnologico-scientifico dual
use (civile-miliare) vede il fiorire di accordi di cooperazione tra le
università marocchine e quelle israeliane. La Tel Aviv University ha attivato
borse di studio e stage formativi a favore di studenti provenienti dal paese
nordafricano. Inoltre, un paio di mesi fa, la Mohammed VI Polytechnic
University di Rabat ha sottoscritto un memorandum di collaborazione con la Ben-Gurion
University of the Negev (uno dei centri accademici israeliani più coinvolti
nella ricerca di nuovi sistemi d’arma e nello sviluppo delle tecnologie
nucleari) e con la Reichman University (IDC Herzliya), la maggiore istituzione
universitaria privata in Israele, fondata nel 1994 da Uriel Reichman, già sottufficiale della
Brigata Paracadutisti durante la guerra dei Sei giorni nel 1967 e dello Yom Kippur del 1973.
Per
la cronaca la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat è l’ente accademico
con cui la Fondazione Med-Or di Leonardo S.p.A. ha sottoscritto recentemente un
accordo di collaborazione che consente agli studenti marocchini di accedere
alle borse di studio finanziate dal gruppo industriale italiano produttore di
sistemi bellici presso la LUISS “Guido Carli” di Roma. A firmare l’intesa per
Fondazione-Leonardo, il presidente Marco Minniti, ex parlamentare Pd e ministro
dell’Interno della Repubblica italiana con il governo Gentiloni (dicembre
2016-giugno 2018).
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