Italia in Mali. Assieme ai golpisti per fermare i flussi migratori e “stabilizzare” il Sahel
Per il governo Draghi il Mali è un “partner strategico per la gestione dei flussi migratori e la stabilità del Sahel” ma ancora oggi l’Italia non ha una propria ambasciata nella capitale dello stato africano. In verità è da anni che la Farnesina annuncia l’istituzione di un ufficio diplomatico a Bamako e il 21 ottobre 2020 era stato pubblicato un decreto che ne formalizzava l’apertura in meno di quaranta giorni. L’8 e il 9 aprile scorso il ministro degli esteri Luigi Di Maio si è recato in visita ufficiale in Mali e ha assicurato le autorità locali che presto sarà nominato il primo ambasciatore italiano. Poco conta a Roma che il “nuovo” governo maliano di transizione civile-militare è stato nominato un mese dopo il colpo di stato effettuato il 18 agosto 2020 da un gruppo di militari guidato dal colonnello Assimi Goita. Quel giorno i rivoltosi avevano arrestato il presidente Ibrahim Boubacar Keïta e sciolto il governo e il Parlamento; successivamente avevano insediato una giunta d’emergenza. L’odierno presidente è Bah Ndaw, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare ed ex ministro della difesa; vicepresidente il capo dei militari golpisti, Assimi Goita. Secondo i vertici maliani per l’indizione di nuove “libere elezioni” bisognerà attendere perlomeno ancora un anno.
Nell’attesa l’Italia manterrà tutti gli impegni assunti con i cugini
francesi e con le deposte autorità del Mali, a partire dall’invio di un nutrito
contingente militare nella regione del Sahel in nome della “lotta globale al
terrorismo jihadista”. La partecipazione italiana alla task force Takuba in Mali è stata decisa e finanziata dal Parlamento il 16 luglio 2020 ma ha preso il via semi-segretamente
solo nei primi giorni di marzo. Top secret le attività militari e le regole
d’ingaggio autorizzate.
Le uniche informazioni ufficiali sono quelle contenute nella scheda
predisposta dal Servizio Studi del Dipartimento Difesa alla vigilia del voto
parlamentare. (1) “La missione
denominata Task Force Takuba è una forza multinazionale
interforze con il mandato di addestrare e assistere le forze saheliane
nella lotta contro i gruppi armati jihadisti,
e risponde, altresì, all’esigenza di
tutela degli interessi nazionali in un’area strategica considerata prioritaria”,
riporta il documento del Servizio Studi Difesa. “Essa si inserisce nel nuovo quadro politico, strategico e
operativo ribattezzato Coalizione per il Sahel,
che riunisce sotto comando congiunto la forza dell’Opération Barkhane a guida francese e la Force Conjointe du G5 Sahel, al fine di coordinare meglio la
loro azione concentrando gli sforzi militari nelle tre aree di confine (Mali,
Burkina Faso e Niger)”. Per la cronaca, con questi due ultimi paesi africani
l’Italia ha sottoscritto recentemente importanti accordi
in materia di cooperazione militare: con il Niger nel 2017, con il Burkina Faso
nel 2019. (2)
Sempre secondo il Servizio Studi del Dipartimento Difesa, il contingente
italiano assegnato alla Task Force Takuba fornirà attività di consulenza, assistenza, addestramento e mentorship a supporto delle
forze armate e delle forze speciali locali “per il contrasto alle minacce per
la sicurezza derivanti da fenomeni di natura terroristica transnazionale e/o
criminale”. Entro la fine del 2021 saranno schierati in Mali duecento soldati, venti
mezzi terrestri e otto elicotteri. Null’altro è specificato relativamente ai
reparti e ai sistemi d’arma che saranno impiegati e sulla loro destinazione
operativa finale.
Secondo l’Agenzia Nova le prime unità italiane
giunte in Mali si sarebbero stanziate inizialmente nell’area di Menaka, non
lontano dal confine con il Niger, dove è presente una base avanzata temporanea delle forze armate francesi. “L’hub
logistico dovrebbe tuttavia restare a Niamey, già base della Missione
bilaterale di sostegno alla Repubblica del Niger (Misin), dove sarà costituito
probabilmente un comando di area con un comandante che avrà alle sue dipendenze
il personale della task force”, ha riportato l’agenzia stampa. (3) Per il
giornalista Andrea de Georgio (Internazionale), quando il contingente
italiano sarà completo, opererà prioritariamente nella base di Ansongo,
località del nord vicino al Burkina Faso, “con raggio d’azione il feudo jihadista del Liptako-Gourma, la cosiddetta
zona delle tre frontiere a cavallo
fra Mali, Niger e Burkina, dove regnano gruppi legati ad Al Qaeda e allo Stato
Islamico”. (4)
E’ il sito specializzato Difesaonline
a rivelare l’identità dei reparti d’élite che le forze armate italiane
intendono inviare nel pericolosissimo scacchiere sub-sahariano. Tra essi
spiccherebbero gli uomini del 9° Reggimento d’assalto Col Moschin, del Gruppo
Operativo Incursori del Comsubin della Marina Militare, del 17° Stormo
Incursori dell’Aeronautica e del Gruppo Intervento Speciale (GIS) dell’Arma dei
Carabinieri, oltre agli elicotteristi del 5° e 7° reggimento dell’Aviazione
dell’Esercito assegnati alla Brigata Aeromobile Friuli. Più che probabile pure l’impiego del Reggimento Carabinieri Paracadutisti
“Tuscania” e di assetti di volo forniti dal 3° Reggimento Operazioni Speciali dell’Esercito
di Viterbo, dal 1° gruppo elicotteri della Marina Militare di Sarzana-Luni e
dal 9° Stormo dell’Aeronautica (Grazzanise-Caserta). (5) I veicoli terrestri dovrebbero comprendere i blindati
multiruolo leggeri VTLM Lince prodotti da Iveco Defence di Bolzano e i fuoristrada
Flyer 4×4. La componente aerea dovrebbe includere invece gli elicotteri NH-90 in
funzione di evacuazione medica e assalto dall’aria e A-129D “Mangusta” per il
combattimento aria-terra.
“Data la presenza di simili mezzi, è plausibile che l’azione italiana fra
Mali e Burkina non sarà di solo addestramento o consulenza”, ha commentato Mirko Molteni di Analisi Difesa. (6) Il tutto con l’aggravante che la nuova impresa
militare italiana in terra d’Africa prende il via quando è in atto una delle
fasi più cruente e sanguinose del conflitto “anti-terrorista” nel Sahel, al
seguito degli interessi economici e strategici di Parigi (risorse petrolifere
ma soprattutto l’uranio per le centrali nucleari d’oltralpe) e per giunta sotto
il comando delle forze armate francesi macchiatisi di gravi eccidi. Secondo
i dati contenuti in un recente rapporto redatto dalle parlamentari francesi
Sereine Mauborgne (LREM) e Nathalie
Serre (Les Républicains), nel 2020
solo nella regione delle frontiere tra Mali, Niger e Burkina Faso, l’esercito
ha ucciso 859 presunti appartenenti alle forze jihadiste mentre ne ha ferito o
catturato altri 169. (7)
Lanciata
ufficialmente dal presidente francese Emmanuel Macron nel gennaio del 2020 in
occasione del vertice G5 Sahel di Pau, la Task
Force Takuba (Spada in lingua
tuareg), oltre a Francia e Italia vede la presenza militare di Belgio, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia,
Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia.
Tutti i reparti operano sotto il comando dell’Opération Barkhane avviata dalla Francia nel
2014 per rafforzare la propria presenza nell’Africa sub-sahariana e supportare
dal punto di vista addestrativo, operativo e logistico le forze armate dei
paesi alleati (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania, Niger) nel “contrasto del terrorismo,
delle attività criminali transfrontaliere e dei traffici di esseri umani”. Attualmente il Sahel i francesi schierano 5.100 militari, 3 droni, 7 cacciabombardieri, 22 elicotteri, 10 aerei di
trasporto, 290 blindati pesanti, 240 blindati leggeri e 380 mezzi logistici. Una
presenza bellica che non ha eguali nella storia post-coloniale della potenza
europea.
(1) http://documenti.camera.it/leg18/dossier/testi/DI0254.htm?_1591800219613.
(5) https://www.difesaonline.it/mondo-militare/parte-la-missione-delle-forze-speciali-italiane-nel-sahel
Si veda pure: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/decreto-missioni-litalia-rafforza-la-sua-presenza-africa-26615
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 5 maggio 2021, https://pagineesteri.it/2021/05/05/in-evidenza/italia-in-mali-assieme-ai-golpisti-per-fermare-i-flussi-migratori-e-stabilizzare-il-sahel/
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