Dagli alloggi popolari di Fondo Fucile all’Annunziata, il pugno duro della famiglia Romeo-Santapaola
Repentine costituzioni di società ad hoc; sospetti
trasferimenti di capitali da una ditta all’altra; piccoli imprenditori disposti
a fare da prestanome per pochi soldi; presunte dazioni di denaro a un
funzionario comunale per favorire l’iter concorsuale; l’intimidazione come extrema ratio per dirimere controversie
varie e convincere qualche titubante costruttore a farsi da parte. Sono alcuni
degli elementi riscontrati dagli inquirenti nel corso delle indagini sul
tentativo di investimento immobiliare effettuato nel 2014 dal gruppo criminale
dei Romeo-Santapaola, costola peloritana del potente clan di Cosa nostra
siciliana con a capo don Benedetto “Nitto” Santapaola, e aggiudicarsi il bando del
Comune di Messina per l’acquisizione di immobili da destinare alle famiglie
residenti nella baraccopoli di Fondo Fucile. All’affaire degli alloggi popolari
è stata dedicata un’intera udienza del processo antimafia Beta in corso di svolgimento presso il Tribunale di Messina, con
l’esame da parte del Pubblico ministero Antonella Fradà del teste Vincenzo
Musolino, maresciallo maggiore dell’Arma dei carabinieri in servizio presso la locale
sezione anticrimine.
“Tra le attività economiche del gruppo Romeo-Santapaola attenzionate
nel periodo compreso tra il 2013 e il maggio-giugno 2015 c’è in particolare l’affare
messo in atto dall’organizzazione nell’ambito della costruzione di alcune
palazzine nell’area di Fondo Fucile”, ha esordito l’inquirente. “Inizialmente
l’operazione doveva servire per l’edilizia residenziale. Quindi gli immobili
dovevano essere soltanto venduti. Però poi si verifica una nuova situazione: il
Comune di Messina con la delibera n. 151 dell’11 marzo 2014, istituisce un
bando che serviva per l’acquisizione di alloggi che dovevano essere destinati
ad edilizia popolare e che prevedeva lo sbaraccamento dell’area di Fondo
Fucile. Questo bando era regionale, ammontava a sette milioni e
quattrocentomila euro e prevedeva una sorta di crono-programma abbastanza
particolareggiato e con termini assai stretti. Entro un mese dalla sua
pubblicazione, cioè entro il 15 aprile 2014, dovevano essere presentate le
offerte; successivamente sarebbe partita una sorta di attività esplorativa
sugli immobili per seguire, più che altro, i requisiti che erano stati indicati
dalla dottoressa Maria Canale, la dirigente del Dipartimento politiche per la
casa del Comune. Allegato alla delibera vi era un avviso ricognitivo finalizzato
all’acquisto di alloggi che avessero in seno tutti quei requisiti oggettivi e
soggettivi che dovevano fare da criteri preferenziali per l’acquisto da parte del
Comune. L’area era quella di Fondo Fucile ma la maggior parte delle palazzine
che erano state offerte si trovavano tutte in una zona diversa. Di contro, la
proposta presentata dalla società XP Immobiliare, che prima era la R.D.
Costruzioni, si trovava proprio a fianco della zona di interessamento allo
sbaraccamento. Con la delibera n. 67 del 28 novembre 2014 viene effettuata una
graduatoria degli alloggi, ma si registra un cambiamento rispetto alla somma
che era stata destinata in precedenza perché non arrivano più i fondi previsti
dal Comune. Quindi quei ventiquattro alloggi che dovevano essere venduti in
realtà vengono diminuiti e come vedremo successivamente nello sviluppo delle
intercettazioni, il gruppo non trova più interesse a vendere le palazzine
nell’area di Fondo Fucile. Alcuni immobili all’interno delle stesse palazzine erano
già stati venduti liberamente ad altri soggetti a 1.700-1.800 euro a metro
quadro e pertanto non era possibile ridurre ancora di più il prezzo di vendita che
aveva già toccato la cifra irrisoria di 900-1.000 euro al metro quadro. Dopo
l’aggiudicazione del bando e la firma da parte di uno dei soggetti preposti
all’accettazione, il gruppo accettava all’inizio a vendere al Comune di Messina
ma successivamente questa vendita non avviene perché ci si rende conto che non
c’è un utile”.
L’ingegnere col
compasso
“Uno
dei soggetti che entra in contatto con il gruppo è Raffaele Cucinotta, un funzionario
comunale inquadrato all’interno dell’Urbanistica”, ha aggiunto il Vincenzo
Musolino. “Nel corso di una conversazione intercettata tra Stefano Barbera e la
compagna Donatella Raffaele, il Barbera fa proprio riferimento a Cucinotta
nello spiegare tutti quei sistemi per evitare di identificare il soggetto
stesso. Il Cucinotta veniva chiamato generalmente con il soprannome Compasso o qualche volta Raffaella, con il suo nome volto al
femminile. Il 26 marzo 2014, appena undici giorni dopo la comunicazione
dell’avviso sul bando di gara del Comune, noi registriamo una conversazione
telefonica tra il costruttore Biagio Grasso e Stefano Barbera in cui il primo chiede
il numero dell’ingegnere. Il Barbera gli
darà il numero però si preoccupa affinché il suo interlocutore gli parli in
maniera non chiara al telefono e si raccomanda di usare mezze parole per
evitare di contattarlo direttamente e magari essere intercettato. Il numero di
telefono dato era proprio l’utenza che corrispondeva a Raffaele Cucinotta. Appena
tre ore dopo, Biagio Grasso contatta l’ingegnere Cucinotta. Il giorno
successivo avviene una riunione all’interno degli uffici della XP Immobiliare
in viale Boccetta n. 70, il luogo di incontro dell’organizzazione dove cioè si
parlava di affari e dove qualche volta lo stesso Vincenzo Romeo si metteva alla
scrivania anche al posto di Biagio Grasso. All’incontro partecipano Grasso,
Vincenzo Romeo, Raffaele Cucinotta e Stefano Barbera che era l’aggancio per
l’ingegnere Cucinotta. Al tempo non c’era ancora l’intercettazione ambientale
all’interno dell’ufficio, pertanto non siamo riusciti a sapere che cosa si
siano detti. A dare una lettura se pur minima dell’incontro ci pensa però una
conversazione avvenuta la stessa sera, in cui Barbera fa riferimento al fatto
che gli è piaciuta la chiarezza nella
discussione. Da quel momento in poi i contatti tra il gruppo e il
funzionario del Comune diventano più stretti. Nella conversazione del 3 marzo
2014, Stefano Barbera riferiva agli indagati che Raffaele Cucinotta aveva tante situazioni sottomano all’interno
del proprio ufficio. Come confermato dalle indagini, diverse situazioni
presentate da Cucinotta erano state inizialmente intraprese dal gruppo. Parliamo
della costruzione della Torre Sobrio, di uno stabilimento, dell’area di
parcheggio vicino a Viale La Farina, progetti che poi non si sono sviluppati
perché c’è stata una crisi finanziaria determinata anche dalla mancata vendita degli
alloggi al Comune. Il 3 aprile del 2014 noi registriamo una conversazione
all’interno della macchina di Stefano Barbera al termine dell’inaugurazione del
Dolce Lounge Bar che si trovava sulla
via Garibaldi e che era stato acquisito dal gruppo attraverso un’intestazione
fittizia di una società, la Menelao S.r.l.. A questa inaugurazione avevano
partecipato Vincenzo Romeo, Biagio Grasso, Stefano Barbera e Raffaele Cucinotta.
Alla fine il Barbera e Cucinotta vanno via insieme in auto e il primo racconta
alcuni particolari su Vincenzo Romeo e che lo stesso aveva spaccato un muro e aveva recuperato del denaro contante, ecc..
Cucinotta che era particolarmente attento nell’ambito delle intercettazioni e
comunque preferiva parlare sempre all’esterno della macchina e mai per
telefono, si lamenta e dice qualcosa di incomprensibile. La compagna di Stefano
Barbera riferisce che non vi era nulla all’interno della macchina e che
probabilmente non erano intercettati, mentre il Barbera risponde che comunque c’era soltanto la turbina della macchina.
Cercavano insomma di tranquillizzare Cucinotta….”.
Al gran valzer delle
società
Nel corso della sua testimonianza, il maresciallo maggiore
del ROS dei Carabinieri ha fornito ulteriori particolari sulle modalità con cui
il gruppo criminale operò in vista della realizzazione degli alloggi di Fondo
Fucile. “Quest’area di cantiere inizialmente era stata aperta dalla R.D.
Costruzioni di Rosario Di Stefano e dalla Sicuro Immobiliare di Giuseppe Sicuro”,
ha riferito Musolino. “Quest’ultimo é stato da noi intercettato con Biagio Grasso
nel corso di vari incontri all’interno degli uffici della XP. Sicuro era uno
dei proprietari dei terreni ove dovevano sorgere le palazzine e pertanto
aspettava il loro pagamento anche se in realtà non stava partecipando alla
costruzione mentre invece Rosario Di Stefano era il soggetto che inizialmente
doveva realizzare le palazzine. Per comprendere chi fosse il Di Stefano,
possiamo dire che il suo nome era già emerso in diverse indagini eseguita a
Messina, in particolare quelle denominate Case
basse e Operazione Arcipelago. Al
tempo stesso era stato condannato nel 2012 per favoreggiamento personale. Relativamente
alla R.D. Costruzioni, abbiamo documentato che nel 2004 questa società era in
parte di Rosario Di Stefano e di un altro soggetto che non abbiamo mai
intercettato, Gianfranco Farina. Poi vi era pure tale Francesco Romeo che aveva
il 2% del capitale, persona che però nulla aveva a che vedere con il padre di
Vincenzo Romeo: si trattava infatti di un semplice operaio. Nel 2005 Rosario Di
Stefano acquista la parte di Gianfranco Farina per poi vendere nel 2013 il 98%
del capitale sociale corrispondente a 9.800 euro a Giuseppe Amenta. Sempre nel
maggio del 2013 viene nominato come amministratore della R.D. proprio Giuseppe
Amenta, soggetto che però non è mai comparso nelle decisioni all’interno
dell’organizzazione e di quelle prese in ambito aziendale o durante la
costruzione e vendita degli alloggi al Comune di Messina nonostante il suo nome
compaia quale firmatario dell’offerta. In realtà le decisioni nella società venivano
prese da Vincenzo Romeo e da Biagio Grasso. Nell’aprile del 2013 viene creata intanto
un’altra società, la Di Stefano Costruzioni S.r.l. che era divisa tra XP
Immobiliare e la Di Stefano Rosario. La Di Stefano Costruzioni aveva la sede in
Viale Boccetta n. 70, cioè la stessa di XP Immobiliare dove si incontravano
Grasso e Romeo. Nel giugno del 2014 questa società aveva un compendio
immobiliare ammontante a circa 573 mila euro che riguardava proprio le
palazzine in corso di costruzione. Per comprendere meglio, la R.D. aveva
versato questo capitale sociale fittizio perché si trattava di beni per la
costituzione della società Parco delle Felci S.r.l., avvenuta il 13 giugno del
2014. L’11 luglio dello stesso anno, la XP Immobiliare vende a Rosario Di
Stefano la quota della Di Stefano Costruzioni mentre la R.D. trasferisce la
propria quota di Parco delle Felci alla XP Immobiliare. A discapito di quello
che noi troviamo dal punto di vista documentale presso la Camera di Commercio, questi
passaggi avvenivano in maniera non diretta. Oltretutto si registrano degli
strascichi di mancati pagamenti da parte del gruppo Grasso-Romeo. Relativamente
alla cessione del ramo di azienda tra R.D. e XP Immobiliare, registriamo
diverse conversazioni tra Rosario Di Stefano, Vincenzo Romeo e Biagio Grasso
dove il Di Stefano continua a chiedere il pagamento di quanto spettante dalla
vendita delle quote di Parco delle Felci”.
“L’investimento economico che loro avevano stimato in
relazione a questa acquisizione parlava di un compendio di quasi tre milioni di
euro, anche in considerazione della vendita che doveva avvenire al Comune”, ha
specificato l’inquirente. “Inizialmente l’investimento era stato effettuato da Rosario
Di Stefano e Biagio Grasso con l’aiuto di Romeo Vincenzo. Questo noi lo
accertiamo dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali mentre il soggetto
che loro contattano, l’amministratore Amenta, non partecipava assolutamente
all’organizzazione né alla vendita delle quote. Per la stima dei tre milioni di
euro noi dobbiamo attendere invece la vendita di parte dell’operazione ai
catanesi del gruppo Laudani-Galvagno, con la costituzione della Costruzioni
dello Stretto S.r.l., una società ex novo
come l’avevano chiamata loro nel corso di un colloquio. In quel caso infatti
loro parlavano di circa un milione e 350 mila euro che era la quota che
spettava ad entrambi, anche in considerazione che parte dell’investimento era ancora
gravato dai debiti nei confronti dei proprietari dei terreni. Noi registriamo
spesso la presenza all’interno dell’ufficio della XP di Giuseppe Sicuro il
quale era preoccupato dei diversi passaggi societari che stavano avvenendo e della
vendita degli alloggi al Comune di Messina, in quanto Sicuro aveva paura che essa
potesse naufragare per colpa di un problema che vi era in riferimento ad uno spigolo. Questo perché la costruzione
sorgeva su alcune particelle non tutte di proprietà della XP Immobiliare e
quindi della R.D. Costruzioni e questo elemento poteva inficiare la vincita del
bando e quindi bloccare la vendita. Durante una delle conversazioni tra Biagio Grasso
e Giuseppe Sicuro, addirittura il primo fa riferimento alla possibilità di
ricedere nuovamente l’operazione a Di Stefano se avesse continuato a chiedere il denaro e, quindi, bloccare poi
la vendita facendo venir fuori questa mancata proprietà della particella…”.
Un regalo pasquale al funzionario amico mio…
Vincenzo Musolino ha spiegato al Pm che dopo aver sentito la
dirigente Maria Canale, gli inquirenti acquisirono le schede che dovevano
essere compilate dal personale comunale che si recava a fare l’ispezione sui
luoghi. “Nel caso specifico degli alloggi di Fondo Fucile c’è la firma
dall’architetto Salvatore Parlato e all’interno di queste schede c’era riportata
anche la proprietà del terreno. Questa anomalia non era stata registrata però da
nessuno dei dipendenti comunali. Oltretutto, nel corso delle intercettazioni tra
il dottor Sicuro e Grasso, vedi ad esempio il colloquio del 14 aprile 2014, si
fa anche riferimento all’entratura che vi è all’interno del Comune: il funzionario è amico mio, facendo
proprio riferimento all’ingegnere Cucinotta”. Sempre secondo il militare
dell’Arma, i contatti tra il gruppo criminale e il funzionario comunale si sarebbero
poi intensificati. “Una volta avvenuta la presentazione di Stefano Barbera ci
sono stati altri incontri con Raffaele Cucinotta. Come vedremo soprattutto
nell’ambito della cessione della quota da parte della XP Immobiliare a
Costruzioni dello Stretto, la presenza del Cucinotta serviva non soltanto ad
avere un’entratura all’interno del Comune ma anche per garantire che qualcuno
stava seguendo la vicenda. Come dicevo prima, nel crono-programma del bando di
gara erano indicate date molto strette per la vendita degli alloggi. Tuttavia
si verifica una proroga di cui però il gruppo non era sicuro che sarebbe stata
data. Quindi si cerca di contattare Raffaele Cucinotta al fine di comprendere
se essa era reale. Nell’ambito della conversazione intercettata il 13 aprile
2014 tra Stefano Barbera e Biagio Grasso si fa espressamente riferimento alla proroga di un mese del bando. Subito
dopo, su richiesta di Grasso, Stefano Barbera contatta l’ingegnere Cucinotta al
fine di comprendere se ciò è vero. Durante questa conversazione, il Barbera,
compreso che il proprio interlocutore non aveva nessuna intenzione di parlare
per telefono, fa riferimento alla proroga di un mese per prenotare una vacanza. Il giorno dopo avviene un’altra
conversazione tra i due in cui si fa nuovamente riferimento allo spostamento di una gita e ad una vacanza. Nel corso di un colloquio
all’interno dell’ufficio dell’XP, il 17 aprile del 2014, Biagio Grasso riferisce
a Cucinotta di un incontro avvenuto con l’assessore Sergio De Cola e dell’intenzione
di poter vendere non soltanto i ventiquattro alloggi al Comune ma anche tutte le palazzine rimaste. Si era
nel periodo delle feste pasquali e quindi Barbera chiede di avere un regalo e fa riferimento che anche
il boss Romeo Vincenzo attendeva il
regalo di Pasqua. In realtà questo regalo avviene anche per quanto riguarda
il Cucinotta perché il 18 aprile noi registriamo un contatto tra Stefano Barbera
e Vincenzo Romeo dove si fa riferimento al fatto che il Romeo doveva fare un regalo a lui e a Compasso. Il 12
luglio del 2014, quando era già avvenuta la presentazione delle offerte del
bando, noi registriamo pure il momento in cui Biagio Grasso e Vincenzo Romeo si
recano a casa di Cucinotta presso il complesso Le Serre per consegnare duecento
euro. Nel corso di altre conversazioni tuttavia è lo stesso Barbera che fa
riferimento a dei soldi che devono essere dati a Cucinotta, si parla di
cinquemila euro”.
“Nel dialogo che avviene in auto il 12 luglio tra Vincenzo
Romeo e Biagio Grasso su quanti soldi
dare a Raffaele Cucinotta, si dice in particolare che duecento euro gli potevano benissimo bastare e i due discutono poi
su chi sia il soggetto che deve dare questi soldi”, ha specificato Musolino. “Inizialmente
Grasso e Romeo cercano di comprendere dove si trova l’abitazione del
funzionario comunale, tant’è che intorno alle ore 13 c’è un tentativo di
chiamata nei confronti della persona che avevano assunto per conto di Raffaele Cucinotta.
In precedenza, Biagio Grasso aveva assunto nello specifico due persone, una
all’interno dell’ufficio, tale Antonina D’Arrigo, e il fratello che si chiamava
Giacomo D’Arrigo nel cantiere di costruzione della XP Immobiliare. Erano stati
Stefano Barbera Stefano e Donatella Raffaele, la sua compagna, a fare
riferimento al fatto che avevano assunto all’interno della XP Immobiliare la sorella del genero del Raffaele. Effettivamente
accertiamo che la persona indicata era proprio Antonina D’Arrigo. Per
comprendere meglio le relazioni parentali, Raffaele Cucinotta è coniugato con Lucrezia
De Leo e aveva a carico all’interno dello stato di famiglia Manuela Raniolo,
che era la figlia di Cinzia De Leo, la sorella della moglie. Manuela Raniolo
era stata controllata proprio con Giacomo D’Arrigo, il soggetto poi assunto
all’interno dell’XP Immobiliare”.
Come staccare la luce
all’imprenditore della Curia
Un altro importante episodio su cui si è soffermato
l’inquirente ha riguardato la cooperativa edilizia Sabrina che doveva sorgere nella zona dell’Annunziata. “La moglie
di Raffaele Cucinotta, Lucrezia de Leo, era proprietaria di una delle villette
ed era vicepresidente all’interno della cooperativa”, ha riferito Musolino. “La
concessione edilizia era del 2011 ed i lavori erano iniziati il 4 aprile dello
stesso anno, commissionati ad una ditta edile che era la Progemir S.r.l. che
aveva come socio unico Leonida Mirisola. Nel corso di una conversazione del 3
aprile 2014 tra Raffaele Cucinotta e Stefano Barbera, quest’ultimo fa
riferimento al fatto che Enzo sta facendo
tutte le cose lui e che adesso gli
taglia la luce. La lettura ce la dà un’altra conversazione che avviene l’8
aprile 2014 tra il Barbera e Donatella Raffaele. In essa Barbera riferisce alla
compagna che la cooperativa è bloccata
dal costruttore, che lo stesso non vuole andare via dal cantiere e che pertanto
si erano rivolti ad Enzo Romeo.
Barbera si era da poco incontrato con Romeo e quindi faceva proprio riferimento
al fatto che Mirisola doveva essere allontanato per lasciare l’area di cantiere.
Il presidente della cooperativa spesso si recava da Grasso all’interno
dell’ufficio della XP Immobiliare per vedere di ricominciare la costruzione”.
“Il proprietario della ditta costruttrice, Leonida Mirisola,
a noi sconosciuto, in virtù di quello che diceva Barbera era una persona malfamata, queste erano le sue
parole”, ha aggiunto l’inquirente. “Pertanto chiediamo notizia alla Sezione
anticrimine di Caltanissetta in quanto il Mirisola era un soggetto di quelle
zone ed essa ci indica che egli non aveva precedenti penali. Il padre, Giuseppe
Mirisola, era stato tuttavia condannato a quattro anni e otto mesi per tentato
omicidio ed altro (La condanna
è stata riportata nel primo grado di giudizio; in appello, la pena è stata
ridotta a due anni e un mese e il reato da tentato omicidio è stato derubricato
in lesioni – i fatti sono avvenuti nel 1963 NdA). I fratelli, Alfonso e Michele Mirisola, venivano ritenuti
contigui alla famiglia mafiosa di Mazzarino, la Varsalona-Bonaffini, e si erano
resi protagonisti di fatti di sangue negli anni ’80-‘90. Come dicevo prima, il
presidente della cooperativa Sabrina,
Pietro Maugeri si era recato all’interno degli uffici della XP Immobiliare per
parlare con Biagio Grasso in merito al Mirisola e Grasso riferiva che con
Mirisola ci aveva parlato il suo amico,
facendo riferimento proprio ad Enzo.
Il riscontro noi lo ricaviamo da altre conversazioni che avvengono innanzitutto
tra Biagio Grasso e Daniele Mancuso, un soggetto proprietario di una ditta di
movimento terra di Messina al quale Grasso e Vincenzo Romeo avevano chiesto
alcuni lavori anche nell’ambito della costruzione delle palazzine di Fondo
Fucile. Nel corso di queste conversazioni si faceva riferimento al fatto che Enzo conosceva Antonino De Casale, uno
dei dipendenti della Costmir S.r.l., un’altra ditta di Leonida Mirisola. L’esigenza
da parte dell’ingegnere Cucinotta era quella che Leonida Mirisola con la sua
ditta che al momento non stava lavorando nella costruzione delle palazzine
all’Annunziata ma che teneva in realtà i mezzi all’interno della cooperativa,
non voleva lasciare l’area di cantiere che era ormai bloccata da quasi due
anni, quindi vi erano soltanto poche ville realizzate a rustico. La richiesta
da parte di Raffaele Cucinotta era di allontanare Mirisola e quindi farlo
recedere dal contratto con la cooperativa. In particolare, l’8 aprile del 2014
avviene una conversazione tra Vincenzo Romeo e tale Giuseppe Panio dove si fa
riferimento al suocero di questi. Ebbene Antonino De Casale ha una figlia che
si chiama Giusy De Casale, coniugata proprio con Giuseppe Panio, che sarebbe il
capocantiere e uomo di fiducia di Leonida Mirisola. Ho fatto riferimento al
fatto che il Romeo avesse riferito a Stefano Barbera che avrebbe tagliato la luce a Mirisola. Effettivamente la Progemir è
proprietaria di un immobile nella via Orso Corbino; accanto ad esso vi è un
altro immobile di cui risultano proprietari Caterina Di Pietro e Vincenzo
Romeo. Quindi è probabile che in quel caso Romeo Vincenzo fornisse la luce
proprio alla Progemir. Alla fine i lavori della cooperativa Sabrina sono stati sbloccati; si è
riaperta la procedura per la scelta della ditta che doveva costruire le
palazzine e Leonida Mirisola ha lasciato l’area di cantiere dell’Annunziata. A
completare i lavori è stata una ditta di Villafranca che era vicina a Stefano
Barbera”.
L’imprenditore Leonida Mirisola, comunque estraneo al
procedimento penale che ha portato al processo Beta, ricopre l’incarico di direttore tecnico della Progemir
S.r.l., azienda sorta nel 1997 con scopo sociale
la costruzione, manutenzione e restauro di edifici (amministratore unico è Giovanna Paolillo). La Progemir, in particolare, ha eseguito i lavori di somma urgenza presso la Cattedrale di Messina,
nonché il restauro del Campanile del Duomo e di numerose chiese di Messina,
Milazzo, Fondachelli Fantina e Santa Lucia del Mela (il principale cliente è
infatti la Conferenza
Episcopale Italiana). Alla
seconda azienda nella disponibilità di Mirisola, la Costmir S.r.l., lo scorso 9 luglio il Dipartimento
lavori pubblici del Comune di Messina ha invece aggiudicato i “lavori di pronto
intervento e messa in sicurezza delle strade e relative pertinenze nell’area
centro sud della città” (importo complessivo dell’appalto 200.000 euro, con un
ribasso del 35,8%). Leonida Mirisola ha ricoperto in passato l’incarico di
consigliere di amministrazione della Fondazione Conservatori e Scandurra Riuniti - Opera Pia, su designazione di
Monsignor Calogero La Piana,
arcivescovo della diocesi
di Messina-Santa Lucia del Mela dal 2006 al 2015 e dal settembre 2018
“canonico” della Basilica di San Pietro in Vaticano. Stando a
quanto riportato dal settimanale Centonove,
l’imprenditore sarebbe “nipote”
dell’alto prelato. Alle elezioni amministrative del 2013, Leonida Mirisola è
stato pure candidato al consiglio comunale con la lista
di centro destra “Nuova Alleanza”, ottenendo 268 voti.
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