Processo Terzo livello. Per cinquemila euro alla tua casa popolare ci penso io…
La tariffa standard per una spinta per poter cambiare il
proprio alloggio popolare nel Comune di Messina? Cinquemila euro secondo quanto ha raccontato ai giudici del
processo Terzo livello il
collaboratore di giustizia Vincenzo Nunnari. Sempre secondo Nunnari, c’era pure
chi poteva intercedere per sbloccare le pratiche per la meritata pensione di
reversibilità, in cambio stavolta, del 20% delle somme ottenute. In verità, il
racconto del collaboratore non sempre è apparso lucidissimo e non sono mancate
le contestazioni del Pubblico ministero e di alcuni degli avvocati difensori.
Vincenzo Nunnari, tuttavia, ha ribadito quanto in passato aveva riferito agli
inquirenti: negli ambienti criminali si sapeva di poter contare anche sul
pregiudicato Marcello Tavilla per incontrare qualche politico di punta della
città capoluogo dello Stretto. E quando lo stesso Nunnari avrebbe chiesto a
Tavilla un aiuto per un paio di alloggi popolari ed una pensione negata, il
pregiudicato, in cambio di denaro, gli avrebbe presentato l’allora consigliere
comunale di Forza Italia Giuseppe “Pippo” Capurro (oggi imputato eccellente al
processo Matassa sui presunti
sostegni elettorali delle cosche peloritane – il Pm ne ha chiesto la condanna a
due anni e sei mesi) e l’ex Presidente del consiglio (prima Pd, poi Forza
Italia) Emilia Barrile, imputata chiave del Terzo
livello.
“Io non credo che facevo parte di un gruppo criminale, ma di
un gruppo di rapinatori”, ha esordito Vincenzo Nunnari in udienza. “Io la
carcerazione l’ho avuta quando avevo 17 anni, mi hanno arrestato per un tentato
omicidio perché ho sparato ad uno. Ho fatto tre mesi e mezzo e sono uscito. Mi
hanno arrestato dopo qualche anno per estorsione. Poi per rapina, poi ancora per
estorsione. L’ultima carcerazione ce l’ho avuta nel 2003 per tentato omicidio a
Giuseppe Leo; ho preso dodici anni e ne ho fatto sette. Sono uscito nel 2009 e poi
sono stato arrestato un’ultima volta nel 2017 per rapina. Ho deciso di
collaborare con la giustizia per un cambiamento di vita e poi per l’età che
avevo, molto avanzata, ed ero stanco. Non è stata una scelta molto facile, ma
alla fine ho scelto di dare un senso alla mia vita”.
A domanda del Pm Fabrizio Monaco su una sua eventuale
conoscenza di vicende relative all’assegnazione di case popolari a Messina, il
teste ha risposto: “Qualcosa di assegnazione sì, conoscevo qualcuno che si
interessava di case popolari. Era Giuseppe Capurro, un ex consigliere comunale.
Lui era indaffarato all’Istituto Autonomo Case Popolari. Mi è stato presentato
da Marcello Tavilla; io l’avevo interessato per mia figlia per farle cambiare
casa, essendo che c’ho una figlia disabile e dov’era lei non ci poteva stare. Lei
abita in una casa popolare a Zafferia che è nell’acqua, umida, una casa
piccolina, non ci si può muovere e voleva un alloggio decente per gli invalidi.
Marcello Tavilla me l’ha presentato e Capurro s’è messo a disposizione però ha
chiesto cinquemila euro per questo. Marcello Tavilla, rivolgendosi a Capurro,
mi disse: Va be’, il cambio te lo faccio
fare, gli dobbiamo dare cinquemila euro a Capurro. Io ho detto: Va be’, fai quello che devi fare che poi i
cinquemila casomai te li do. Ho domandato a Marcello: Ma come mai mi ha chiesto…? Ma
perché glieli dobbiamo dare? E Marcello dice: Lui è un amico nostro e se le cose vanno bene qui all’Istituto Autonomo
Case Popolari, non c’abbiamo problema. Gli ho detto io: Ma non c’è più problema per che cosa? A me che mi entra? E lui risponde: No, sono cose nostre. Cioè erano cose di
lui, Tavilla, e di Capurro. E delle persone che aveva vicino Capurro”.
“Marcello Tavilla mi ha spiegato che il Capurro aveva grosse
conoscenze nell’Istituto Autonomo Case Popolari e che avevano delle cose in
programma, cose grosse”, ha aggiunto Nunnari. “Poi io non sono andato nei
particolari con Tavilla per sapere quello che faceva o non faceva. Però m’ha
detto che era messo, lui, in una situazione che stavano facendo un progetto che
avevano tra di loro e se le cose andavano bene, problemi per gli amici non c’erano più. Marcello Tavilla era una
persona che prima era affiliato con mio fratello Gioacchino; era anche un amico
mio, un amico che conosco da tanti anni. Con Tavilla eravamo nella stessa
squadretta io e lui, con mio fratello, in quanto facevamo rapine insieme. Poi
quando è uscito dal carcere si è messo con un’altra persona, con un altro clan.
S’è messo con il clan di Carmelo Ventura detto Carmileddu, abita a
Camaro Superiore, lui è il boss che c’è lì a Camaro. Però Marcello era sempre
amico mio e ci vedevamo sempre. Se dovevamo fare qualche lavoro lo facevamo
insieme, ogni tanto…”.
Nel corso della sua deposizione, Vincenzo Nunnari ha ammesso
di avere incontrato, sempre tramite Marcello Tavilla, pure l’allora Presidente
del consiglio Emilia Barrile. “Praticamente c’era la mamma della mia convivente
di allora, Nunzia Panarello, che doveva prendere dei soldi arretrati di
pensione di suo marito che gli era morto e, poveretta, era disperata”, ha
riferito il teste. “Il marito lavorava all’ospedale come infermiere e lei doveva
prendere centomila euro di reversibilità perché dopo che il marito era da tanti
anni che era morto non gliel’avevano dati. La mia convivente l’ha detto a me. Le
ho detto: Guarda, adesso parliamo con
Marcello e vediamo quello che si può fare. Ho parlato con Tavilla e lui mi
ha dato appuntamento al Municipio. Mi ha presentato la signora Barrile e gli ho
esposto il caso e ho detto alla signora: Va
be’, gli faccia avere tutti gli ordinatici a Marcello e poi ci sentiamo. L’ho
salutata e mi sono allontanato un pochettino e Marcello ha parlato alla
signora. Poi Marcello mi ha detto: Vedi,
se quella somma di arretrati che deve prendere sono centomila euro, ventimila
euro li dobbiamo dare alla Barrile. Gli dissi: Ma te li ha chiesti lei? E Lui: Li
dobbiamo dare alla Barrile. Gli ho detto: Va bene. Io poi ho riferito alla mia convivente e lei ha parlato con
sua madre. Sua madre disse: No, ventimila
euro non glieli do, mi rivolgo all’avvocato e vediamo se posso recuperare i
soldi lo stesso. E questo è stato l’unico abboccamento che ho avuto con la
Barrile, su questi fatti. Ciò è accaduto prima che mi arrestassero, 2014 o
2015, non mi ricordo veramente le date bene, ma era in questi periodi”.
“Alla conversazione in cui abbiamo parlato per quanto
riguardava l’interessamento per recuperare questi soldi di arretrati, di
accelerare questa pratica, io ero presente”, ha ribadito Nunnari. “Ma la
richiesta di soldi, se la Barrile gli ha detto: Dammi questi ventimila euro su cento, questo a me l’ha detto
Marcello, non me l’ha detto la Barrile. Io questo non l’ho sentito, posso
giurare davanti a Dio che non l’ho sentita questa cosa. Queste cose Marcello Tavilla
me le disse subito dopo che ha lasciato lei. Anzi, addirittura, ricordo che
m’ha detto: La Barrile è un’amica degli
amici e può arrivare in tutti i posti e ventimila euro glieli dobbiamo dare.
Io risposi: Ohi Marcello, riferirò,
tutto qua. La signora Barrile disse che lei aveva conoscenze per fare questa
situazione, cioè per fargli avere questi arretrati di pensione… Poi come faceva
non lo so e non so l’ufficio dov’è che andava lei… Qualche conoscenza, qualche
pezzo grosso, qualcuno in alto come
ha detto Marcello, ma io non so dove lei si interessava a parlare. Non ho
chiesto dettagli, però Marcello voleva i dati della signora per darli alla
Barrile. E poi il resto se la vedevano loro”.
Quanto riferito da Vincenzo Nunnari non ha del tutto convinto
il Pubblico ministero che ha voluto leggere in aula quanto lo stesso
collaboratore aveva verbalizzato agli inquirenti nel corso di un interrogatorio
del 27 settembre 2017: Aggiungo che una
volta mi recai al Comune in compagnia di Marcello Tavilla per incontrare la
Barrile, Presidente del Consiglio Comunale, per chiedere un interessamento di
costei per l’assegnazione di una casa popolare alla madre della mia convivente.
Mia suocera, tra l’altro, era in attesa di ricevere delle somme di denaro quali
arretrati di pensione. Tavilla mi presentò alla Barrile al Municipio, in un
corridoio dove c’è il bar, e le chiesi un interessamento per la madre della mia
ex convivente. Io poi mi allontanai, li lasciai parlare, perché lo stesso
Tavilla mi disse di allontanarmi. Tavilla parlò ancora con la Barrile in
disparte e dopo mi disse che ella aveva assicurato il suo interessamento per
l’assegnazione della casa popolare, in cambio della somma di cinquemila euro
(…) Quanto all’incontro con la Barrile, Tavilla la contattò per telefono
davanti a me, per avere l’appuntamento. Questo fatto è accaduto circa due anni
fa… “Sì che lo confermo, certo che lo confermo, assolutamente sì”, ha
risposto Vincenzo Nunnari dopo la contestazione del dottore Fabrizio Monaco. “Le
cose non me le sono inventate… Però abbiamo parlato anche con Capurro di questa
cosa, abbiamo parlato con tutte e due persone, signor Giudice. Anche per la
casa ci siamo rivolti alla Barrile... Abbiamo parlato perché anche la mamma
della mia convivente voleva fare un cambio con un’altra casa popolare vicino,
perché lei in quella casa a Zafferia non voleva stare che aveva dei problemi. Voleva
cambiarla perché là sopra c’era molta delinquenza, gli scassinavano sempre la
casa, gli facevano dispetti e voleva una casa nella parte di Gazzi, quelle case
dove c’è il campo sportivo. E poi voleva abitare vicino sua figlia a Gazzi (…) Con
la Barrile, in quella circostanza in cui ci siamo visti, abbiamo parlato sia
del fattore della casa e sia per la pensione della mamma della mia convivente. Ricordo
tra l’altro che quando gliel’ho detto, Marcello Tavilla ha contattato la
Barrile per telefono. Tre volte l’ha chiamata. All’indomani o dopo qualche
giorno da questo contatto l’abbiamo incontrata al bar al Comune. Quel giorno,
non mi scordo mai, la Barrile aveva i capelli biondi ed un giacchettino giallo.
Non lo so se ci furono poi dei contatti telefonici tra la signora Barrile e
Tavilla, perché quando si sono lasciati gli ha detto ci sentiamo ed ho visto Marcello che gli ha fatto segno con la mano
così, ci sentiamo, ma per telefono.
Poi non so come si sono sentiti perché io con Marcello per quanto riguardava
questo fatto qua, non mi sono interessato più, perché alla signora i soldi non
interessavano più. Cioè lei diceva: Io
non pago soldi. Poi per la sua casa non ci sono andato più e siamo invece andati
la seconda volta per parlare per mia figlia e non abbiamo parlato più della
signora, ma non più con la Barrile, ma con Capurro. Però una cosa è certa, che
Marcello Tavilla ha detto a me: Se le
cose vanno bene qua al Comune, ci sistemiamo tutti. Perché Capurro si
faceva forza con Carmelo Ventura, che avevano le mani dentro gli uffici dell’Istituto
Autonomo Case Popolari”.
“Poi non se n’è parlato più con la Barrile per il cambio di
casa”, ha concluso il collaboratore. “Con la Barrile si è parlato soltanto
della pensione e poi non s’è parlato più nemmeno di quella. Per quanto riguarda
mia figlia, ne abbiamo parlato sia con la Barrile sia con Capurro, per la casa.
Per mia figlia ci volevano questi soldi. Poi, io, siccome convivevo con la
signora Panarello, non mi sono interessato più e mia moglie mi ha detto: Hai parlato con Marcello? Ed io: Sì, ho parlato, mi ha detto che ci vogliono
cinquemila euro, ed i cinquemila euro glieli dava se faceva cambio. Poi non
s’è fatto niente, mi hanno arrestato e di questa cosa non mi sono potuto più
interessare. Però, a tutt’oggi, ancora la mia figlia cambio non ne ha fatto. Gli
hanno detto no (…) La richiesta di somme
di denaro l’ha fatta Capurro…”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 31 maggio 2019, http://www.stampalibera.it/2019/05/31/terzo-livello-il-pentito-nunnari-accusa-pippo-capurro-ed-emilia-barrile-tavilla-mi-chiese-di-pagarli-in-cambio-di-favori/
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