Messina, finiti i lavori per la maxibaraccopoli per migranti
Decine e decine di gabbie
per topi o, forse, meglio, per cavie di quello che è il nuovo, ennesimo
laboratorio sperimentale delle pratiche europee di repressione e annullamento
di corpi, volti, speranze. A Messina, presso l’ex Caserma “Gasparro” di Bisconte
si sono conclusi i lavori di realizzazione della maxi-baraccapoli per
migranti: soffocanti container e
prefabbricati posizionati uno sull’altro, modello favelas, nessuna finestra
aperta verso l’esterno affinché non si possa comunicare noia o disperazione
aldilà del lager. L’ennesima vergogna dell’accoglienza negata, una ferita nella
coscienza di una città che da quasi un lustro sembra non voler accorgersi della
trasformazione e militarizzazione urbana in funzione anti-migranti.
Avevamo annunciato l’intenzione
del governo di realizzare un hub-hotspot a Messina più di due anni fa,
chiedendo inutilmente che si mobilitassero soggetti, identità, coscienze.
Prefettura e amministrazione comunale hanno fatto a gara, spalleggiandosi,
nella costruzione di false smentite, mentre funzionari e assessori fornivano la
loro piena collaborazione alla progettazione del campo di prigionia in
zinco-alluminio. Il silenzio complice, la banalità del male della
stramaggioranza delle forze politiche, sociali, sindacali e delle associazioni
locali. La malaccoglienza a Messina e provincia è un affare da milioni di euro
per i soliti noti, businessmen della ristorazione o piccoli (ex) imprenditori
turistici a rischio fallimento. Un modello di riproduzione di sfruttamento e
precarietà di giovani e non, istruiti e disoccupati, ottime clientele per ogni
tornata elettorale.
Anche l’ampliamento dei
posti-cella per migranti nell’ex Caserma di Bisconte si è rivelato un buon
affare. All’impresa appaltatrice dei lavori,
la “Tomasino Metalzinco Srl” di Cammarata
(Agrigento) sono andati 1.249.550 euro più IVA. Ad aziende agrigentine anche le
commesse e i subappalti: la Siciliana Costruzioni Srl e la Focolari Srl,
entrambe, anch’esse di Cammarata. In verità l’iter di gara è stato tutt’altro che
semplice e breve; il bando per la “fornitura e posa in opera, comprensiva
di trasporto, installazione, montaggio, manutenzione e smontaggio finale per la
realizzazione di una struttura temporanea costituita da tendostrutture e
moduli prefabbricati, recinzioni e cancelli, pensiline, arredi e
cartellonistica per l’accoglienza dei migranti” era stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il 13 giugno 2016. In
autunno c’era stato un primo affidamento dei lavori ad una nota azienda modenese di prefabbricati in legno,
seguito da due ricorsi al Tribunale
Amministrativo Regionale di Catania da parte delle imprese escluse, la loro
riammissione, un secondo affidamento poi sospeso per l’offerta anomala della
nuova azienda risultata vincitrice e, infine, la pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale del 6 febbraio 2017 dell’’assegnazione definitiva dell’appalto alla
“Tomasino Metalzinco” con un ribasso di circa il 35,3% rispetto al valore
complessivo a base d’asta di 1.932.000 euro.
Per
l’inizio dei lavori si è atteso l’1 luglio e tra qualche giorno l’impresa
consegnerà formalmente la baraccopoli all’autorità prefettizia e alle onlus
“enti gestori”. Una corsa contro il tempo segnata anche da qualche
autorizzazione giunta dagli uffici preposti solo qualche giorno fa; nulla di
anomalo, per carità, la legge consente all’impresa di avviare l’opera subito
dopo il deposito delle richieste, ma l’impatto sociale e urbanistico della
baraccopoli per centinaia di “ospiti” avrebbe meritato ben altre considerazioni
e dibattiti in sede politica e amministrativa.
Il
Ministero dell’Interno ha prescelto Invitalia S.p.A., l’Agenzia nazionale
per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, partecipata
al 100% dal Ministero dell’Economia, quale centrale di committenza per la gara
d’appalto di Messina (responsabile unico del procedimento l’avvocato Cristiano
Galeazzi). Invitalia S.p.A. (presieduta da Claudio Tesauro,
contestualmente presidente di Save the Children Italia Onlus e già membro del
consiglio di amministrazione di TNT Post Italia S.p.A. e sino al 2013 del board
di Save the Children International) ha sottoscritto con il Dipartimento
per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale una specifica convenzione
con l’obiettivo di “fornire il supporto per migliorare il sistema delle
strutture per l’accoglienza e il soccorso dei migranti”.
Dal
1° dicembre 2016 il centro di Bisconte vede come ente gestore le cooperative
Senis Hospes di Senise, Potenza e Domus Caritatis di Roma, rappresentate
dall’imprenditore Benedetto “Benny” Bonaffini, ex amministratore unico di Grand
Mirci Srl (società di gestione mense, catering, ecc. con sede a Torre Faro
presso il prestigioso Capo Peloro Resort), già co-titolare della società di
ristorazione Zilch Spa e - sempre in Sicilia - di alcuni esercizi in
franchising delle catene Spizzico e Burgher King (gruppo
Autogrill-Benetton). Bonaffini è pure membro della Giunta direttiva della
Federazione italiana esercenti pubblici e turistici (Fiept) ed ha ricoperto pure
l’incarico di presidente di Confesercenti Messina. Le due coop hanno vinto a
fine giugno 2016 la gara bandita dalla Prefettura per l’“ospitalità” dei
migranti (importo base 30 euro al giorno pro capite per la durata di un anno),
ma il passaggio di consegne è avvenuto solo cinque mesi dopo. Senis Hospes e
Domus Caritatis hanno presentato un’offerta economica con un ribasso del 10,7%
(26,79 euro per migrante) e un’offerta tecnica di 53,4 punti su
60. La cooperativa di Senise gestisce a Messina anche il centro di
primissima accoglienza per minori stranieri non accompagnati “Ahmed” e uno
Sprar per categorie vulnerabili; inoltre collabora con proprio personale alle
attività avviate dal Centro polifunzionale per soli “immigrati regolari” che
l’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Messina ha realizzato in uno
stabile della centrale via Felice Bisazza, nell’ambito del PON (Programma
Operativo Nazionale) Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo Convergenza
2007-2013.
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