Dal Mose di Venezia al porto di Tremestieri, affari in chiaroscuro della Coedmar di Chioggia

Dopo anni di ricorsi e pressing finanziari a tutto campo, si conclude l’iter progettuale del megaporto di Tremestieri (Messina sud) che nelle intenzioni di amministratori locali, forze politiche bipartisan e ambientalisti sbiaditi e distratti dovrebbe porre fine al dramma dell’attraversamento dei Tir nel centro della città dello Stretto. Secondo quanto pubblicato stamani dalla Gazzetta del Sud, “è stata firmata l’aggiudicazione definitiva dei lavori da 72 milioni di euro alla nuova Cordmar che dovrà costruire il porto di Tremestieri”.
La gara d’appalto era stata espletata nel marzo 2012 e aveva visto vittoriosa la società Sigenco di Catania; la Coedmar di Chioggia presentò però un ricorso al TAR di Catania che fu accolto positivamente. Dopo un contro-ricorso della Sigenco, nel giugno 2013 il Consiglio di Stato confermò la sentenza del TAR con il conseguente affido del contratto alla società veneta per lavori del valore di 62 milioni di euro (con un ribasso del 15% sulla base d’asta). La lunga controversia legale e alcune modifiche tecniche al progetto hanno prodotto dunque un incremento del preventivo di spesa del costruendo porto di Tresmestieri per una decina di milioni di euro in appena cinque anni. Di certo, questa grande opera è destinata a fare da vero e proprio pozzo di san Patrizio per committenti, subcommittenti e fornitori.
Il 1° aprile 2015 i rappresentanti di vertice della Coedmar di Chioggia furono ospiti dell’amministrazione comunale di Messina per discutere sulle modalità di reperimento dei fondi mancanti per il completamento dell’opera. Nell’occasione si presentarono a palazzo Zanca una quindicina di rappresentanti dell’azienda, tra cui l’amministratore Albino Boscolo; a riceverli il sindaco Renato Accorinti, il segretario Antonio Le Donne e l’assessore all’urbanistica Sergio De Cola.
Come sempre accade nella città di Messina, a nessuno venne in mente di indagare sul recentissimo passato della società chiamata a “risolvere” il problema traffico-traghettamento dello Stretto. Nel luglio 2013, su ordine dei giudici di Venezia, era stato spiccato mandato di cattura ai danni di Giovanni Mazzacurati, a capo del Consorzio Venezia Nuova, il pool di società di costruzione e cooperative nato per la realizzazione del MOSE, la Grande Opera sorella del Ponte sullo Stretto dai devastanti effetti ambientali nella Laguna di Venezia, che originariamente sarebbe dovuta costare 1,6 miliardi di euro ma che nelle previsioni più ottimistiche, a lavori ultimati potrebbe superare una spesa di oltre 4 miliardi.  L’inchiesta svelò un enorme giro di tangenti per oleare il sistema di aggiudicazione degli appalti e delle forniture per i lavori del MOSE. Insieme a Mazzacurati, finirono ai domiciliari alcuni consiglieri del Consorzio Venezia Nuova e i rappresentanti legali e dirigenti di alcune note aziende italiane; tra essi anche Gianfranco Boscolo Contadin (detto Flavio), direttore tecnico della Nuova Coedmar s.r.l. . impresa titolare del 2% del Consorzio pro-MOSE.
Il 5 giugno 2014, meno di un anno prima del vertice tra i dirigenti della società veneta e gli amministratori messinesi per il completamento dell’iter finanziario-progettuale del porto di Tremestieri, l’inchiesta sulla tangentopoli a Venezia vedeva una seconda tranche di provvedimenti restrittivi a carico di una trentina di imprenditori e manager; tra essi spiccavano ancora una volta il nome di Gianfranco Boscolo Contadin, “procuratore generale e direttore tecnico della Nuova Coedmar”. Tra gli indagati figuravano anche altri due dirigenti della società di Chioggia, Andrea Boscolo Cucco e Dante Boscolo Contadin. Due settimane dopo la retata della Guardia di finanza, Maria Odette Crocco, responsabile amministrativa della Coedmar srl e, dal 2009, della Nuova Coedmar srl, in un interrogatorio ai magistrati rivelava le modalità con cui l’azienda riusciva a mettere da parte i fondi neri per sovrafatturare alcuni dei lavori legati alla realizzazione del MOSE. “Quando serviva disponibilità di denaro contante, normalmente 100.000 euro e a volte anche 500.000, i soci della Coedmar mi incaricavano di contattare, con il cellulare riservato, lo studio Cortella di Lugano; la consegna avveniva presso gli uffici della Coedmar”. Secondo quanto riportato dal Gazzettino di Venezia, la responsabile amministratrice della società di Chioggia “ha parlato anche di conti svizzeri riconducibili ai soci della Coedmar, sui quali lo studio Cortella provvedeva a bonificare i saldi contabili riferibili ai rapporti tra Coedmar e le società appositamente costituite per far lievitare i costi relativi alla fornitura dei sassi di annegamento: inizialmente la croata Antenal Doo; poi la canadese Farway Limited e la panamense Droxford, che si occupava dei trasporti”. Al processo, Dante e Gianfranco Boscolo Contadin hanno patteggiato condanne sino a due anni per i reati di corruzione ed emissione di fatture false. Nel corso della sua breve detenzione nel carcere di Solliciano (Firenze), dopo l’arresto ordinato dalla procura di Venezia, il procuratore generale e direttore di Coedmar era protagonista di una vicenda singolarissima. Nel giugno 2014, in una valigia consegnata al detenuto Gianfranco Boscolo Contadin dalla moglie, la polizia penitenziaria ritrovava tra pigiami, slip e calzini un pacco di 38 banconote da 500 euro, 19.000 euro in tutto. Sempre a proposito di denaro sospetto, il 14 luglio 2015 gli agenti del Nucleo di polizia tributaria di Venezia eseguivano un sequestro preventivo per un valore complessivo di 7,7 milioni di euro nei confronti di sette imprese finite nell’inchiesta MOSE: la Mantovani, il Consorzio Venezia Nuova, la Grandi Lavori Fincosit, Condotte, la Cooperativa San Martino di Chioggia, la Technostudio di Padova e ovviamente la Nuova Coedmar di Boscolo Contadin.

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