Trampolino Italia per i giochi di guerra NATO nel Mediterraneo
“Per
Trident
Juncture 2015, l’attività addestrativa multinazionale che verrà
effettuata il prossimo autunno, la NATO prevede al momento di impiegare, in Italia,
complessivamente 41 aeromobili (di cui 15 appartenenti a Paesi dell’Alleanza e
26 italiani), un totale di circa 3.500 militari italiani (schierati tra Spagna,
Portogallo e Italia), vari assetti navali in corso di definizione”. Lo ha precisato il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, rispondendo in commissione
a un’interrogazione di alcuni deputati del
Movimento 5 Stelle (primo firmatario l’on. Gianluca Rizzo).
Trident Juncture, come espressamente dichiarato per bocca del Comando generale dell’Alleanza
Atlantica, sarà “la più grande esercitazione NATO dalla fine della Guerra
fredda ad oggi” e interesserà un’area geografica imponente, compresa tra il nord
America, l’Oceano Atlantico, il Mediterraneo e i poligoni di guerra di Spagna,
Portogallo, Italia, Belgio, Germania, Olanda e Norvegia. “L’esercitazione
– ha spiegato il sottosegretario Alfano - effettuata con cadenza triennale,
ogni volta con denominazione e luoghi di svolgimento diversi, costituisce un
momento di coesione fondamentale e irrinunciabile per mantenere e,
possibilmente, incrementare, l’interoperabilità tra i 28 Paesi dell’Alleanza e
con i Partners. Quest’anno la sua valenza è di particolare importanza poiché
rappresenta un tangibile segno di attenzione dell’Alleanza Atlantica verso i
rischi presenti nell’area mediterranea ed è finalizzata, infine, a dimostrare
la volontà collettiva di garantire una più ampia cornice di sicurezza ai Paesi
del cosiddetto fianco Sud”.
Sempre secondo il governo, “a livello nazionale, il
coinvolgimento prevede l’invio di elementi dell’Esercito in Spagna, Portogallo
e a Capo Teulada, di assetti aerei dell’Aeronautica presso le basi di Trapani,
Decimomannu, Pratica di Mare, Pisa, Amendola e Sigonella, mentre per la Marina
Militare saranno presenti assetti navali inclusi nell’esercitazione nazionale Mare Aperto, collegata alla Trident Juncture
2015”. I giochi di guerra vedranno pure
il coinvolgimento del Comando integrato della componente aerea (Joint
Force Air Component Command - JFACC) dell’Aeronautica militare di
Poggio Renatico (Ferrara), l’installazione che più di tutte ha
assunto un ruolo strategico chiave nella gestione delle operazioni aeree e di
controllo radar dell’Alleanza atlantica.
Trident Juncture 2015 sarà guidata dal Joint Task Force Command (JFC) di Brunssum
(Olanda) e vedrà complessivamente la partecipazione di 36.000 militari, quasi duecento
tra cacciabombardieri, aerei-spia e grandi velivoli cargo e una sessantina di unità
navali di superficie e sottomarini. “Trident
Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei
suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di
una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da
utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari
dell’Alleanza. “L’esercitazione
simula uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra
asimmetrica e rappresenta, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione
per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta
conflittualità”.
Trentatre
le nazioni presenti (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali) e, in
qualità di osservatori, dodici tra le
maggiori organizzazioni internazionali, agenzie di cooperazione e Ong. La presenza
delle maggiori istituzioni internazionali e di alcune organizzazioni non
governative è stata fortemente voluta dai vertici alleati in vista dell’elaborazione
delle nuove strategie militari globali. Il 15 luglio scorso, nel corso della
conferenza stampa di presentazione dell’edizione 2015 di Trident Juncture, il generale Hans-Lothar Domröse ha fatto esplicito
riferimento alla necessità che “attori militari e non-militari lavorino insieme,
cercando di vincere la pace”. Come
segnalato dal Comitato sardo No basi che
ha programmato una serie di iniziative contro la mega esercitazione NATO, nella
prima brochure ufficiale di Trident
Juncture 2015 si poteva leggere che “l’obiettivo di ottenere la partecipazione
di organizzazioni internazionali/ONG/Organizzazioni Governative serve a
migliorare la capacità della NATO di interagire con i principali attori civili”.
In precedenza, era stato anche diffuso un elenco delle istituzioni civili che avrebbero offerto la propria disponibilità a
partecipare all’esercitazione, poi misteriosamente sparito dal sito web NATO. Nella
special list comparivano l’Unione
Europea, l’Unione africana, il Comitato internazionale della Croce Rossa,
diverse agenzie delle Nazioni Unite (OCAH - Coordinamento degli affari
umanitari; PNUD - Programma per lo Sviluppo;
UNDSS - Dipartimento di Sicurezza delle Nazioni Unite; UNICEF; PMA - Programma
Mondiale di Alimentazione; OIM - Organizzazione Internazionale per le
Migrazioni); le ONG Save the Children, Assistência Médica Internacional
Foundation, Human Rights Watch, World Vision; le agenzie nazionali alla “cooperazione”
United States Agency for International Development (USAID), Department for
International Development (DFID), Deutsche Gesellschaft für internationale
Zusammenarbeit (GIZ), l’Agencia Española de Cooperación Internacional para el Desarrollo.
La
prima fase di Trident Juncture ha
preso il via il 26 settembre con l’allestimento nello scalo aereo spagnolo di
Zaragoza
di un polo logistico dove sono stati
stipati sistemi d’arma, munizioni e viveri per le truppe NATO. Dal 3 al 16
ottobre sono previsti gli incontri di pianificazione dei principali Comandi alleati
europei, mentre le esercitazioni vere e proprie si svolgeranno dal 21 ottobre
al 6 novembre, principalmente nello spazio aereo e terrestre di Italia, Spagna
e Portogallo e nelle acque del Mediterraneo centrale.
Il
centro nodale delle operazioni aeree è stato affidato all’Italia. Le ultime misure
per il coordinamento delle esercitazioni aeree sono state decise l’8 e il 9
settembre presso il Comando generale della attività aeree alleate (HQ AIRCOM) di
Ramstein, Germania. “Più di 180 aerei di 16 paesi NATO e di 3 paesi partner NATO
opereranno dalle basi aeree militari di Italia, Spagna e Portogallo”, riporta il
comando di Ramstein. “Il direttore del Joint Force Air Component - JFAC di Poggio
Renatico sarà l’ufficiale responsabile della direzione e del controllo delle
esercitazioni aeree. Egli sarà supportato dai tre capi dei cosiddetti Controlli Operativi Locali o LOPSCON Air cells che saranno operativi
nelle basi di rischiaramento di Beja, Albacete e Trapani per la gestione dei piani
addestrativi. I LOPSCON Air dirigeranno
e controlleranno localmente le esercitazioni aeree, monitoreranno quotidianamente
il ritmo delle battaglie e si coordineranno con la nazione ospitante”.
“Gli
assetti aerei - aggiunge l’HQ AIRCOM Ramstein – saranno utilizzati a supporto delle
forze terrestri, marittime e speciali, conducendo missioni d’intelligence, sorveglianza
e riconoscimento, di supporto aereo chiuso e trasporto truppe. Sono previste
inoltre missioni di ricerca e soccorso del personale militare. Gli aerei NATO e
dei paesi partner che condurranno l’addestramento a livello tattico includeranno
i cacciabombardieri Eurofighter/Typhoon, Tornado, F-16, F-18, L-159, Mirage
2000, JAS-39 Gripen, i convertiplano MV-22, gli aerei da trasporto C-130, C-160
e Casa C-295, diversi aerei per il rifornimento di carburante in volo, quattro
aerei radar di pronto allarme più alcuni elicotteri”.
Secondo
quanto riferito in commissione difesa dal sottosegretario Alfano, a Trapani
Birgi saranno rischierati, dal 21 ottobre al 6 novembre, 18 aerei italiani e 12
dell’Alleanza. “L’attività di volo si svolgerà, principalmente, nelle aree del
mare Tirreno meridionale, limitando soltanto ai decolli e agli atterraggi l’impegno
dello spazio aereo attestato sull’aeroporto di Trapani”, ha aggiunto Alfano. “Sin
dalle prime fasi di pianificazione, a fine 2013, l’Italia aveva anticipato all’Alleanza
una prima offerta di assetti, basi e poligoni che comprendevano anche l’aeroporto
di Trapani per soddisfare le esigenze avanzate dalla NATO di disporre di
adeguata capienza logistico-operativa e di evitare una eccessiva concentrazione
di assetti in una sola Nazione o base”.
Appena
tre mesi fa, la ministra della difesa Roberta Pinotti, rispondendo a un’interrogazione della senatrice Pamela Orrù (Pd), aveva
fornito un dato diverso sulle componenti aeree NATO che opereranno dallo scalo
aereo siciliano. “Presso la base del 37° Stormo dell’Aeronautica militare di
Trapani-Birgi saranno rischierati 19 aerei italiani e 8 dell’Alleanza”, scrisse
la ministra. “Gli aeromobili che prenderanno parte all’esercitazione
decolleranno verso spazi aerei dedicati, il cui utilizzo è stato da tempo
coordinato con l’Ente nazionale dell’aviazione civile (ENAC). Al fine di
minimizzare l’impatto con l’attività di volo dell’aviazione commerciale si è
concordato con l’ENAC di evitare lo svolgimento di attività addestrativa
durante il fine settimana interessato e nel relativo arco notturno, ivi incluso
il venerdì notte. I decolli avverranno in modo scaglionato, senza interferire
in maniera significativa con il traffico aereo locale, peraltro, in una
stagione dell’anno che registra bassa affluenza turistica”.
“La NATO –
concludeva Roberta Pinotti - nell’ambito delle attività preparatorie di ogni
esercitazione e, ovviamente, anche di quelle complesse a livello
multinazionale, pone la massima attenzione nel definire ogni aspetto relativo
alla sicurezza delle operazioni e dei voli, in ottemperanza di quanto previsto
da fonti normative di diritto internazionale e nazionale attualmente in essere.
Si ritiene opportuno evidenziare che nel periodo dell’esercitazione è prevista
la presenza nei territori di Trapani e Marsala di circa 1.000 militari italiani
e di altri militari provenienti da diversi Paesi della Nato, con positive ricadute
per l’indotto economico dell’area”. In Sardegna, sui disastrosi effetti sul territorio,
l’ambiente e l’economia generati dalle esercitazioni militari italiane, NATO ed
extra-NATO esiste una bibliografia infinita. Ma anche in Sicilia occidentale in
tanti ricordano ancora come le operazioni di bombardamento aereo in Libia del
2011 scatenate proprio da Trapani-Birgi - e la conseguente chiusura (prima
totale e poi parziale) dello scalo al traffico passeggeri - causarono il crollo
nell’affluenza annuale dei turisti e la perdita di decine di milioni di euro per
gli operatori locali.
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