Mafia imprenditrice, lo Stretto di Messina e l’affaire delle Autostrade del mare


Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre eterne, in caldo e ‘n gelo. Boss nocchieri, moderni Caronte con le mani in pasta sui trasporti via terra e via mare di uomini, mezzi e merci. Ventitré arresti, una trentina di aziende poste sotto sequestro, la scoperta che le “vecchie” famiglie dei Santapaola e degli Ercolano sanno stare al passo con i tempi. Una mafia imprenditrice e intraprendente che mantiene ben saldi i legami con politici e amministratori, flessibile ad adattarsi e condizionare le trasformazioni in atto del sistema trasportistico nazionale. Le ultime indagini della Dda di Catania, sfociate nell’operazione Caronte, hanno tracciato gli ultimi processi di riorganizzazione imprenditoriale e della leadership delle organizzazioni criminali etnee. “Dall’inchiesta emerge il ruolo di vertice e grandemente significativo rivestito da Vincenzo Ercolano”, scrivono gli inquirenti. “Numerose fonti di prova dimostrano che egli ha operato con le sue imprese palesi e occulte nel mercato dei trasporti effettuando atti di concorrenza con minacce ed utilizzando l’intimidazione mafiosa”. Come per le inossidabili monarchie europee, anche a Catania lo scettro del comando si trasmette da padre a figlio o da fratello a fratello. Assolto nell’aprile 2009 dall’imputazione di associazione per delinquere di stampo mafioso contestatagli nove anni prima, Vincenzo “Enzo” Ercolano è figlio di don Giuseppe, deceduto nel luglio 2012, pluricondannato per fatti di mafia e “uomo d’onore” perlomeno dalla prima metà degli anni Settanta. Sulle sue gesta criminali hanno riferito con dovizia di particolari decine di collaboratori di giustizia, come gli ex boss ed ex killer Antonino Calderone, Giuseppe Pulvirenti ‘u Malpassotu, Giuseppe Malvagna, Carmelo Grancagnolo, Severino Samperi, Maurizio Avola. Il fratello maggiore di Vincenzo, Aldo Ercolano, già vice-rappresentante della “famiglia” mafiosa di Catania, è detenuto dal 1994 e sconta una condanna all’ergastolo unitamente a Benedetto Santapaola quale mandante dell’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, direttore de I Siciliani. Per Aldo e Vincenzo, don Nitto è zio di nome e di fatto: sono figli infatti di Grazia Santapaola, sorella del capo dei capi delle cosche della Sicilia orientale.

Dal padre Giuseppe, gtitolare di imprese di trasporti di considerevoli dimensioni, alcune delle quali attualmente sotto sequestro, Vincenzo Ercolano ha ereditato la propensione a organizzare e condurre con successo molteplici affari nel settore del trasporto con camion e automezzi pesanti di beni di largo consumo e materiali di costruzione. “Ercolano, tramite la Geotrans e altre imprese a lui riconducibili, non ha operato trasporti solo di prodotti vari, come alimenti e ortofrutta, ma ha ottenuto anche commesse per trasporti industriali, partecipando ad importanti lavori di costruzione effettuati nella provincia di Catania”, spiegano gli inquirenti. Solo negli ultimi anni, il presunto “uomo di vertice” della mafia etnea ha gestito affari altamente redditizi, a partire della fornitura e il trasporto di materiali per la realizzazione del Parco commerciale “La Tenutella” - oggi denominato “Centro Sicilia” - di proprietà del gruppo sardo Cualbu. Stando alle indagini del ROS di Catania, nel biennio 2010-2011, grazie ai lavori effettuati con La Tenutella”, nelle casse dell’impresa Co.P.P. S.r.l. di Vincenzo Ercolano sono confluiti ben 1.886.056 euro. Ma alle aziende di “famiglia” sono stati affidati pure i trasporti di quanto necessario alla realizzazione dei Mercati agroalimentari (MAAS) e del Centro Commerciale “Le Porte” del gruppo Auchan. Trasporti Geotrans pure per i lavori per il Centro Commerciale “Sicily Outlet” di Agira, la nuova strada statale Caltanissetta–Agrigento, l’autostrada Catania-Siracusa, il cinema multisala (oggi posto sotto sequestro) sito nei pressi dello svincolo di San Gregorio di Catania e del parcheggio multipiano di Palermo, antistante il Palazzo di Giustizia. Con la ditta di autotrasporti Savise, gli Ercolano erano soci d’affare dei “corleonesi”. Secondo il collaboratore di giustizia palermitano Giacomo Greco, genero del boss defunto Francesco Pastoia (capo della “famiglia” di Belmonte Mezzagno e braccio destro di Bernardo Provenzano), la Savise apparteneva metà ai Pastoia e metà a Vincenzo Ercolano. Greco ha pure raccontato che poiché l’azienda aveva subito dei furti, l’Ercolano aveva fatto delle indagini personali, individuando il mandante in tale “Concetto” del clan antagonista dei Cappello. “Per tale ragione Enzo Ercolano aveva deciso che Concetto dovesse essere ucciso e, infatti, Concetto fu vittima di un attentato da cui scampò miracolosamente”, ricorda il collaboratore.

L’affaire delle Autostrade del mare

Da tempi remoti, in verità, la gestione di imprese o agenzie di trasporti è uno dei settori imprenditoriali chiave della “famiglia” catanese di Cosa nostra. Con Vincenzo Ercolano, però, la criminalità organizzata ha tentato di affermarsi come un importante attore nel campo della logistica e del trasporto merci via navi, grazie alle cosiddette autostrade del mare. “Il connubio mafia-imprenditoria nel settore della logistica – scrivono i magistrati etnei - ha favorito lo sviluppo dell’attività economica manifestandosi nella tendenziale monopolizzazione del mercato mediante il procacciamento dei clienti grazie alla spendita, implicita o esplicita, del nome e della capacità di intimidazione dell’organizzazione mafiosa, nella costituzione di ampi consorzi funzionali alla monopolizzazione del mercato, ed all’accentramento delle attività dirette alla percezione degli eco bonus”. In tal modo, l’organizzazione mafiosa dei Santapaola-Ercolano si è assicurata una parte dei cospicui guadagni correlati direttamente al noleggio delle unità navali, al trasporto delle merci o alle provvigioni per la vendita dei biglietti nelle tratte marittime a prezzi competitivi, “ottenuti grazie al numero dei consorziati o ancora alla differenza tra l’importo degli eco bonus effettivamente corrisposto dallo Stato o dalla Regione ed il prezzo inferiore pagato al vettore marittimo”.

Con sorprendente lungimiranza e una certa vocazione “ambientalista”, la mafia catanese - con Vincenzo Ercolano e, fino all’ottobre 2009 anche tramite l’allora “rappresentante provinciale” Vincenzo Aiello - ha potuto capitalizzare a proprio conto gli eco bonus, incentivi economici introdotti nel settembre 2002 al fine d’innovare e sviluppare le catene logistiche mediante la fruizione combinata di almeno due diverse modalità del trasporto merci (strada-rotaia, rotaia-mare, strada-mare, terra-aria), cioè della cosiddetta intermodalità. Un modello questo, voluto per decongestionare il traffico stradale, ridurre l’inquinamento e ottenere standard di sicurezza più elevati. Nel 2004 è stata la Regione siciliana a prevedere l’erogazione d’incentivi agli autotrasportatori che privilegiano il trasporto intermodale avvalendosi delle autostrade del mare. Tali contributi, commisurati alle dimensioni degli automezzi, sono corrisposti ai singoli autotrasportatori, ai consorzi iscritti in appositi albi regionali o agli armatori delle navi. “Si tratta, dunque, di un’importante fonte di finanziamento delle imprese di trasporto che ha indotto gli operatori del settore a modificare la propria ordinaria operatività nel senso indicato dallo Stato”, spiegano gli inquirenti.

Stando alle risultanze dell’inchiesta Caronte, Vincenzo Ercolano e Vincenzo Aiello avrebbero operato nel settore trasporti anche grazie a due noti imprenditori catanesi, Francesco Caruso e Giuseppe Scuto. Al Caruso, incensurato, Ercolano e Aiello avrebbero attribuito “fittiziamente” la titolarità della società Servizi Autostrade del Mare S.r.l. per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Costituita il 5 aprile 2004 da Francesco Caruso e dalla moglie Stefania Di Napoli, rispettivamente titolari del 10% e del 90 % delle quote sociali, la Servizi Autostrade del Mare aveva come oggetto la prestazione di servizi di assicurazione e, dall’ottobre 2005, l’attività nel campo dei trasporti marittimi e costieri. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Caruso, la società era stata costituita a seguito del litigio con gli imprenditori Filippo e Rosario Riela, suoi soci nel Consorzio Setra, poi condannati quali “concorrenti esterni” di Cosa nostra catanese. Il consorzio aveva in affitto le stive delle navi Caronte & Tourist, l’holding di proprietà delle famiglie Matacena e Franza che gestisce il trasporto di automezzi leggeri e pesanti nello Stretto di Messina. “Nel 2002-2003, l’affitto delle stive ci rendeva circa 150.000 euro al mese di guadagno netto senza rischi di impresa”, ha ammesso Caruso. “Poi ho costituito la società Autostrade del Mare per continuare l’attività in questo settore. Dapprima ho stipulato degli accordi con la ditta Caronte, poi con la società Amadeus S.p.A.”. Per la cronaca, dell’Amadeus era proprietario l’on. Amedeo Matacena junior, parlamentare del Polo delle Libertà; nell’agosto 2013, nei suoi confronti, la Cassazione ha confermato la condanna in appello a cinque anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa.

Con la società di navigazione dell’armatore-parlamentare reggino, Francesco Caruso e Giuseppe Scuto avevano avviato una trattativa per acquistare tre navi da impiegare nella tratta Messina-Reggio Calabria per il traghettamento degli automezzi pesanti. Il 31 luglio 2006, però, a Misterbianco, lungo la strada statale 121, i due imprenditori furono vittime di un agguato mentre viaggiavano su una moto. Caruso venne ferito lievemente al torace da un colpo di pistola esploso da un soggetto che si trovava su un’altra moto guidata da un complice. Dal complesso delle intercettazioni eseguite dopo l’attentato – annotano gli inquirenti - risulta che Caruso e Scuto sembravano riconnettere senza particolari incertezze l’attentato subito al loro interesse nel settore dei vettori marittimi che si concretizzava in quel periodo sia nel noleggio delle navi di proprietà della società Amadeus S.p.A. di Amedeo Matacena, sia nell’attività svolta, mediante il consorzio CAI Service, per le prenotazioni dei transiti dei mezzi pesanti a prezzi inferiori a quelli ordinari grazie ad accordi presi con le società che gestiscono le navi traghetto, previa provvigione”. Le intercettazioni consentivano di accertare pure che le attività svolte per assicurarsi il noleggio delle navi dell’Amadeus erano seguite passo dopo passo da Vincenzo Ercolano. “Le numerose telefonate con l’Ercolano, provano che Francesco Caruso ha agito come se fosse suo socio, concordando puntualmente le iniziative e, comunque riferendo allo stesso Ercolano gli esiti delle attività compiute”, scrive la Dda di Catania. “Nella conversazione registrata il 28 giugno 2005 si evince che Caruso chiedeva a Vincenzo Ercolano di mettergli a disposizione alcuni uomini per accompagnarlo in Calabria e mettere a punto degli accordi per il traghettamento dei mezzi pesanti sullo Stretto di Messina”.

L’inchiesta Caronte ha inoltre evidenziato come gli imprenditori Caruso e Scuto abbiano intrattenuto rapporti con alcuni esponenti politici regionali, in particolare l’allora governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e il deputato regionale Giovanni Cristaudo (Pdl). “Entrambi – annota la Dda - sono attualmente sottoposti a processo per concorso esterno nella famiglia catanese di Cosa nostra, essendo stato il primo condannato ed il secondo assolto in primo grado nell’ambito del processo Iblis e poi condannato in appello con recente sentenza”. Caruso e Scuto, addirittura, giungevano a fondare un loro partito “al fine di preservare gli interessi di cui erano portatori in conto proprio ed altrui”.

Nel giugno 2008, fu costituito infatti il Partito nazionale degli autotrasportatori (PNA): Giuseppe Scuto ne assunse la presidenza, mentre Francesco Caruso la carica di segretario politico. Anche Vincenzo Ercolano mostrò un certo interesse per le vicende relative alla nuova organizzazione politica. Il 30 giugno 2008, in una telefonata a Scuto, Ercolano chiese informazioni sull’esito della conferenza stampa di presentazione del PNA, tenutasi poche ore prima a Roma presso il prestigioso Ergife Palace Hotel. Il potenziale bacino di voti del nuovo partito venne messo a disposizione del Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, in occasione delle elezioni europee del 2009. “I primi contatti con il governatore venivano stabiliti dal Caruso nel settembre 2008 per il tramite dell’avv. Pietro Maravigna e di Carmelo Ragusa, addetto alla segreteria di Lombardo”, riporta l’ordinanza Caronte. “Caruso e Scuto riuscivano ad avere un appuntamento con il Presidente Lombardo, il 2 aprile 2009, grazie all’intesa che i due stabilivano con l’on. Giovanni Cristaudo”. Con Lombardo si discusse i termini dell’alleanza del PNA con l’MPA in vista della vicina campagna elettorale per le europee. L’accordo tra le due formazioni fu raggiunto il 21 aprile 2009 e reso pubblico con una conferenza stampa il successivo 6 maggio. “La coalizione L’Autonomia, formata da MPA, La Destra, Alleanza di centro e Partito dei pensionati, avrà alle elezioni europee del 6 e 7 giugno prossimi il sostegno del Partito nazionale degli autotrasportatori che conta 70mila iscritti su tutto il territorio nazionale”, riportò l’agenzia Adnkronos. “A sancirlo, un protocollo d'intesa siglato oggi a Roma dal leader dell’MPA Raffaele Lombardo e una delegazione del PNA guidata dal segretario Francesco Caruso. L’accordo prevede che l’MPA in Parlamento si faccia portavoce e promotore delle proposte avanzate dal PNA nel settore dell’autotrasporto, prima fra tutte quella del blocco dei Tir dalle 22 alle 5 del mattino. Una proposta di legge in tal senso sarà presentata dai parlamentari del MPA nei prossimi giorni”.

Alle europee del giugno 2009, la lista con l’MPA di Lombardo, La Destra di Francesco Storace e il PNA di Scuto e Caruso prese il nome definitivo di Polo dell’Autonomia; vi confluirono pure il Terzo Polo di Centro, Lega Italia, Lega Padana, Movimento per l’indipendenza della Sicilia, S.O.S. Italia e Lega d’Azione Meridionale. Durante la campagna elettorale vennero utilizzati i camion degli aderenti al PNA per pubblicizzare il logo del partito e l’immagine di Lombardo, previo un accordo che prevedeva il pagamento di una somma di denaro che però poi non venne pagata dall’MPA, sicché venne richiesto dal consorzio CAI Service un decreto ingiuntivo nei confronti del movimento di Raffaele Lombardo pari a 171.600 euro. Alla vigilia delle elezioni lo stesso Ercolano si adoperò per convincere un suo conoscente, Francesco Aitala, figlio dell’imprenditore Carmelo Aitala (titolare dell’IMEA Prefabbricati S.p.A. di Catania), a votare per Lombardo e per il suo partito. Il Polo dell’Autonomia ottenne 682.046 voti, insufficienti tuttavia ad eleggere un proprio candidato al Parlamento europeo.

“La diretta interlocuzione degli imprenditori Caruso e Scuto con il Presidente Lombardo e con l’on. Cristaudo, consentiva al clan di ottenere benefici concreti nella pubblica amministrazione, di fruire di una corsia privilegiata per la liquidazione degli eco bonus e di utilizzare concretamente tale influenza con possibili partner commerciali”, riportano gli inquirenti. In particolare, nel maggio 2009, Caruso ostentava il propria rapporto di conoscenza con Lombardo e Cristaudo per “risolvere” alcune limitazioni poste all’armatore napoletano Guido Grimaldi dall’Autorità portuale di Catania, relativamente alle procedure e agli orari per l’attracco delle navi in banchina ed il successivo imbarco dei mezzi sulle stesse.

Caruso e Scuto riuscirono pure a stabilire un contatto, per il tramite di tale Salvatore Favazzo, con l’on. Domenico Scilipoti, oggi senatore di Forza Italia ma al tempo parlamentare IDV. “lo con l’onorevole ci sono andato. Abbiamo discusso. Dice lui che è a disposizione sia per Roma sia per qua in Sicilia. Quando lo vogliamo chiamare è a nostra piena disposizione”, riferì Favazzo a Caruso in una telefonata intercettata dagli inquirenti il 30 agosto 2008. Il parlamentare originario di Barcellona Pozzo di Gotto, secondo gli inquirenti, avrebbe dovuto incontrare Caruso e Scuto nella prima decade di ottobre. Per discutere di cosa, forse non lo sapremo mai…

 
Inchiesta pubblicata in Casablanca, n. 37, novembre-dicembre 2014.

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