Il lager di Lampedusa chiude? No, raddoppia!
Distruggiamo i campi e allarghiamo i lager. Mentre va avanti la campagna Porto l’orto a Lampedusa, lo stato promuove
Esproprio l’orto a Lampedusa. Nell’isola, infatti, si procede con gli
espropri di terreni agricoli per ampliare il centro di accoglienza e soccorso
degli immigrati. Quindi canali, briglie e vasche per il deflusso … Le
opere incidono in un’area soggetta a vincolo paesaggistico,
idrogeologico e ambientale e sono state finanziate dall’Unione Europea. I
terreni non sono pagati molto, ed è successo anche che alcuni appezzamenti
coltivati, assegnati anni orsono in concessione all’Esercito Italiano per la
Caserma Adorno non siano stati mai pagati, nonostante le numerose richieste dei
legittimi proprietari. Insomma lo Stato procede ad una sempre più massiccia militarizzazione
dell’isola senza preoccuparsi delle modalità con cui continua a trattare i suoi
cittadini. I Lampedusani? Brava gente!
Mai più
Lampedusa avevano fatto sapere dal governo dopo la trasmissione al Tg2 Rai del video
shock sulle “disinfestazioni di massa” a cui erano sottoposti i migranti
rinchiusi nel Centro di Primo Soccorso
e Accoglienza (C.P.S.A.) di contrada Imbriacola. Invece di essere
chiuso, il lager vergogna d’Italia sta però per risorgere a nuova vita. L’ampliamento
e il potenziamento infrastrutturale del Centro di Lampedusa era stato ammesso lo
scorso mese di gennaio dal Ministero dell’Interno in una risposta ad
un’interrogazione parlamentare inoltrata dal deputato del Movimento 5 Stelle,
Francesco D’Uva. Al parlamentare che chiedeva lumi sulle politiche di accoglienza
migranti che le autorità governative intendevano adottare in Sicilia, il ministro
Angelino Alfano aveva annunciato che il 10 novembre 2013 erano stati avviati a
Lampedusa i lavori di ristrutturazione del Centro “che consentiranno di
ampliare la capienza fino a più di 350 posti, riducendo la possibilità che si
verifichino situazioni di sovraffollamento della struttura”. Sempre secondo il
ministro Alfano, il completamento dei lavori sarebbe avvenuto entro la primavera
2014.
Adesso è il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche di Sicilia e
Calabria del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e rilevare modalità ed entità dei lavori di potenziamento
del “centro d’accoglienza” di Lampedusa. Nel corso di una conferenza di servizi
tenutasi nei giorni scorsi a Palermo, l’Ispettorato,
dal 14 dicembre 2011 stazione
appaltante per l’esecuzione dei lavori di ripristino del C.P.S.A., ha
annunciato l’apposizione del vincolo all’esproprio su alcune aree confinanti
con la struttura per “ospitare” migranti onde realizzare “canali, briglie e
vasche per il deflusso e recapito nel vallone Imbriacola delle acque
meteoriche, previste nel progetto di ripristino dell’agibilità del Centro”.
Le opere
che incidono in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, idrogeologico e
ambientale, sono state finanziate dall’Unione Europea grazie al PON Sicurezza
per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013 per un importo di 3.700.000
euro. Il progetto di massima è stato redatto nel maggio 2012 dal Settore
tecnico provinciale di Agrigento ed è stato approvato il 18 febbraio 2004 dopo
alcune modifiche richieste dallo stesso Provveditorato interregionale, previa
autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento
e nulla osta del Comune di Lampedusa e Linosa e del Corpo Forestale della
Regione Siciliana. Invariato l’importo previsto per le opere, suddiviso
specificatamente in 2.600.050 euro per i lavori veri e propri e gli oneri di
sicurezza e in 1.099.950 per le somme a disposizione dell’Amministrazione, fra
cui i 3.500 euro destinati agli interventi di esproprio (solo 2.284 euro
giungeranno però alle tre famiglie proprietarie dei 3.345 mq di terreni agricoli che passeranno
allo Stato). Per eseguire i lavori di ampliamento del C.P.S.A. di contrada
Imbriacola saranno occupati transitoriamente
altri terreni adibiti alla coltivazione di ortaggi per una superficie di 4.104
mq.
“L’ennesimo esproprio di terreni di
proprietà dei lampedusani è un’ulteriore
conferma della sempre più
massiccia militarizzazione dell’isola e delle modalità con cui lo Stato
continua a trattare i suoi cittadini”, denuncia Giacomo Sferlazzo
dell’associazione culturale Askavusa. “Mentre si lancia la campagna Porto l’orto a Lampedusa per cui i
promotori cercano 7.000 euro, lo Stato ripropone la sua campagna Esproprio l’orto a Lampedusa. Molto grave
è che l’amministrazione comunale
non abbia saputo portare a conoscenza dei diretti interessati questo ennesimo
furto, e che non si sia opposta ad esso. Ci risulta inoltre che nessun sopralluogo sui fondi interessati sia mai
stato effettuato. La parte dei terreni che si vorrebbero espropriare e
occupare andranno a frazionare irrazionalmente e inutilmente la proprietà dei
fondi, ciò al presumibile fine di diminuire l’indennizzo da corrispondere,
lasciando ai legittimi proprietari parte dei loro terreni che però di fatto saranno
inutilizzabili oltre che sicuramente inaccessibili e non più idonei alle
finalità agricole”.
Come ricorda l’associazione Askavusa,
il processo di militarizzazione di Lampedusa e in particolare del vallone
Imbriacola prese il via nell’aprile del 1986
a seguito degli eventi bellici che videro contrapposti allora le forze armate
statunitensi e il governo di Tripoli e del presunto tentativo di attacco missilistico
libico contro l’installazione “Loran” della Guardia costiera Usa, al tempo
ospitata nell’isola. Oltre ai terreni demaniali presenti nel vallone, dove vi
era l’edificio del vecchio ospedale militare dismesso, alcuni terreni coltivati
di proprietà di una famiglia lampedusana di circa 5.670 mq., furono assegnati
in concessione all’Esercito Italiano al fine di garantire un presidio militare
(Caserma Adorno). “Da allora i
legittimi proprietari non hanno mai ricevuto alcun indennizzo da parte delle
competenti Autorità Statali, nonostante le numerose richieste in tal senso
formulate a partire del 1990”, ricorda Giacomo Sferlazzo. “Nell’anno 2005 l’area di contrada Imbriacola è stata smilitarizzata per
potere assumere una nuova destinazione d’uso e precisamente quella di Centro di prima accoglienza per gli
immigrati e ciò sulla base di un decreto d’urgenza emesso dal Prefetto di
Agrigento che autorizzava il Ministero dell’Interno ad occupare per un anno i
fondi di proprietà della famiglia Tonnicchi, ancora una volta senza corrispondere
alcun indennizzo. Come se non bastasse, nel 2003 altre particelle di terreno dei
medesimi proprietari, confinanti con quelle già illegittimamente occupate, furono
requisite con decreto prefettizio, al fine dichiarato di realizzare un
nuovo centro di permanenza con primaria
funzione di primo soccorso e smistamento”.
Il
progetto fu poi abbandonato anche se il provvedimento di occupazione non è mai
stato revocato formalmente e nessun indennizzo è stato attribuito ai legittimi
proprietari. Nel 2007 la famiglia Tonnicchi intraprese una lunga e costosa
causa innanzi al Tribunale di Palermo al fine di ottenere il risarcimento per l’occupazione
del terreno che intanto era stato irrimediabilmente deturpato dal cemento. “Ad oggi ancora non è stata pubblicata la
relativa sentenza”, conclude Sferlazzo. “Intanto altri terreni agricoli
vengono sacrificati in nome della falsa emergenza immigrazione per incrementare
il business dei gestori dei nuovi centri di detenzione per migranti e
richiedenti asilo”.
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