I cento veleni della base Usa di Niscemi


Si è dovuto attendere quasi vent’anni perché le autorità regionali eseguissero le prime analisi sul livello d’inquinamento elettromagnetico prodotto dalla grande base della Marina militare Usa di contrada Ulmo a Niscemi dove sono in corso i lavori d’installazione del MUOStro per le guerre globali del XXI secolo. E verificare che anche senza il terminale terrestre del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari, le emissioni della stazione radio NRTF hanno raggiunto livelli insostenibili per la salute della popolazione.

Nel loro studio sui pericoli delle antenne del MUOS, i ricercatori del Politecnico di Torino Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu evidenziano come le misurazioni dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA Sicilia) abbiano provato in particolare «la presenza di un campo elettrico intenso e costante in prossimità delle abitazioni, mostrando un sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione e, anzi, un loro probabile superamento». Sempre più spesso i valori rilevati sono risultati prossimi ai limiti di attenzione stabiliti dalla normativa (6 V/m). Per Zucchetti e Coraddu la situazione reale è però, con ogni probabilità, ancora peggiore. Le emissioni della stazione di telecomunicazioni pongono, infatti, problemi di misurazione particolarmente gravosi specie per la presenza di decine di sorgenti che trasmettono simultaneamente a frequenze molto diverse tra loro e che possono facilmente produrre malfunzionamenti e risposte imprevedibili negli stessi strumenti di misura.

Non di rado i tecnici dell’ARPA si sono trovati di fronte a risultati completamente diversi e incompatibili. Nelle rilevazioni non si è poi tenuto conto che una delle caratteristiche delle trasmissioni militari è la non continuità delle emissioni e che la potenza con cui esse sono irradiate è variabile. Secondo i ricercatori del Politecnico, le procedure di misurazione sono state dunque superficiali, incomplete e inidonee e le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia per la protezione dell’ambiente contraddittorie e irragionevoli. Valutazioni ritenute fondate dallo stesso Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che con due note del 29 febbraio e del 2 aprile 2012 ha invitato l’ARPA e la Regione siciliana a effettuare a Niscemi ulteriori e più approfondite analisi delle emissioni «al fine di fugare qualsiasi preoccupazione sui possibili rischi per la salute legati al funzionamento dell’impianto».

«Nell’istruttoria del 2009, l’ARPA ha pure dichiarato di non essere stata in grado di portare a termine il compito affidatole, poiché le informazioni tecniche relative agli impianti già operanti risultavano secretate dall’attività militare, così come i valori di campo elettromagnetico ante e post opera del MUOS», rilevano i due ricercatori. I militari USA non hanno voluto rendere pubbliche le caratteristiche radioelettriche complete degli impianti NRTF, né la posizione esatta delle sorgenti già operanti. «Di fronte a questo insormontabile rifiuto, ARPA Sicilia non ha potuto valutare complessivamente la distribuzione, sul territorio limitrofo, dei valori di campo elettromagnetico». A ciò si aggiunge la «non conformità» alle norme legislative delle procedure seguite. «Nel caso di impianti radio-base, come quelli di Niscemi, i rilievi devono essere svolti infatti nelle condizioni più gravose possibili, ovvero con tutti i trasmettitori attivi simultaneamente alla massima potenza», spiegano i due ricercatori. «Il comandante della base NRTF di Niscemi, Terry Traweek, ha però dichiarato che le antenne non sarebbero mai attivate tutte assieme, ma solo in certe particolari combinazioni denominate A, B e C, che sono state quelle concordate con l’ARPA in occasione delle verifiche del 26 gennaio 2009».

Un procedimento anomalo, basato sulle mere dichiarazioni giurate dell’ufficiale davanti a un notaio il successivo 5 febbraio e non dalla verifica della configurazione reale degli impianti da parte dei tecnici ARPA. L’agenzia ha preso per buone anche le affermazioni del comandante USA secondo cui delle 46 antenne esistenti solo 27 sarebbero in funzione e che durante il funzionamento dell’antenna a bassa frequenza (LF) «la riduzione energetica impedisce l’uso contemporaneo delle altre 26 antenne in alta frequenza (HF)».

«Se l’ipotesi delle condizioni più gravose possibili si fosse verificata il 26 gennaio 2009, quel giorno le centraline installate in quattro abitazioni vicine alla base avrebbero dovuto registrare un’emissione più alta rispetto a quella dei giorni precedenti e successivi», spiegano Zucchetti e Coraddu. «Se osserviamo i tracciati di quella giornata troviamo invece che due centraline registrano un segnale identico a quello medio degli altri giorni, mentre altre due registrano addirittura un segnale notevolmente inferiore. Oltretutto l’analizzatore EHP-200 impiegato, ha registrato un numero e una distribuzione di sorgenti emittenti assolutamente identico e indistinguibile nelle tre configurazioni A, B e C. Infine la centralina in contrada Ulmo, la sola che ha proseguito le rilevazioni nelle alte frequenze quasi ininterrottamente dal febbraio 2011 sino a oggi, ha registrato, dalla fine d’agosto 2012, un chiaro aumento delle emissioni, ben oltre quelle rilevate nel gennaio 2009, indicando così inequivocabilmente che quelle concordate con i militari non erano affatto le più gravose condizioni possibili. Le verifiche delle emissioni si sono rivelate un inganno. I livelli dell’elettromagnetismo nella base NRTF restano tuttora ignoti e fuori dalla portata di ogni controllo civile».

L’analisi dei dati in possesso dell’ARPA mostra che i valori delle emissioni hanno oscillato tra i 5,9 e gli 0,6 V/m del periodo dicembre 2008 - marzo 2009 e tra i 4,5 e i 5,5 V/m nel periodo febbraio – settembre 2011. Le emissioni sono cresciute nei mesi successivi e i rilievi più recenti indicano superamenti sistematici della soglia di sicurezza. Nel luglio 2012 sono stati raggiunti i 5,8 V/m e dal 23 al 26 dello stesso mese i valori di campo si sono mantenuti tra 6 e 7 V/m. Tale andamento è proseguito per buona parte del bimestre settembre - ottobre 2012; poi, esse hanno raggiunto un valore in pratica continuo di 7 V/m nel corso dell’intera giornata, tra il dicembre 2012 e il gennaio 2013, con un picco di emissione che ha superato per qualche ora i 9 V/m il 19 dicembre 2012. Tra il marzo e il luglio 2013 il campo elettromagnetico è tornato su valori poco sotto i 7 V/m ma comunque frequentemente oltre i limiti previsti dalla normativa vigente.

Il danno ambientale della stazione di telecomunicazione non è causato solo dalle onde delle antenne. È stato possibile accertare, infatti, che a seguito di una serie d’incidenti, rigorosamente tenuti segreti agli amministratori e alla popolazione, sono state disperse nel suolo e nel sottosuolo grandi quantità di sostanze inquinanti. Nel 2003, l’impresa LAGECO di Catania fu chiamata dal Comando US Navy per eseguire misteriosi «lavori di bonifica ambientale del terreno contaminato a causa di un versamento di gasolio sullo stesso». L’inquinamento delle falde acquifere e di parte del territorio della riserva naturale con idrocarburi (classificati come rifiuti pericolosi e con componenti anche cancerogeni) avvenne nel marzo 2002 e fu di notevoli dimensioni. A oltre sei anni di distanza, l’8 luglio del 2008, il 41° Stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella comunicò alla Regione siciliana, alla Provincia di Caltanissetta e al Comune di Niscemi l’avvio – su richiesta della Marina USA - di «indagini aggiuntive» per lo sversamento di gasolio del 2002 e «rimediare alla contaminazione residua rilevata con il campionamento di collaudo effettuato il 4 settembre 2007». Le analisi furono eseguite con l’utilizzo di escavatori e sonde a profondità variabile da 1 a 4 metri, nei pressi dei serbatoi di stoccaggio del gasolio e in altri punti dell’installazione NRTF e si conclusero con la redazione di un progetto suppletivo di bonifica, poi implementato dalla stessa LAGECO nel gennaio 2009. Un nuovo campionamento nella base di Niscemi fu effettuato il 5 novembre 2009 dai laboratori della Cefit S.r.l. di Avola (Sr), ma i risultati furono resi pubblici dal Comando AMI di Sigonella solo il 2 febbraio 2010. Nei diversi punti analizzati, furono riscontrati valori d’idrocarburi leggeri (>C12) inferiori a 10 mg/kg, la concentrazione limite consentita dalla legge nel suolo e nel sottosuolo. Riguardo invece agli idrocarburi pesanti (C12-C40), il campionamento rilevò valori oscillanti tra i 25,1 e i 495,5 mg/kg, ma con una prevalenza di punti dove la concentrazione era abbondantemente sopra i 200 mg/kg. Le norme ambientali prevedono due diversi parametri massimi per questi ultimi inquinanti, a secondo se essi sono individuati in siti a uso industriale e commerciale (750 mg/kg) o in aree destinate a verde pubblico o uso privato e residenziale (50 mg/kg). Se è pur vero che la stazione NRTF, a un primo esame, sembrerebbe più corrispondente a un sito industriale, la sua incidenza all’interno della riserva naturale “Sughereta” - per giunta in zona A - impone la sua classificazione come sito a verde pubblico: a Niscemi, dunque, anche la contaminazione di suolo e sottosuolo da idrocarburi pesanti ha superato notevolmente (e impunemente) i limiti di legge.

Più recentemente (primavera 2012), il quotidiano delle forze armate statunitensi Stars and Stripes, in un servizio pubblicato da Heidelberg (Germania), ha lanciato l’allarme sulla presenza nell’acqua destinata al personale delle basi di Sigonella e Niscemi di «inaccettabili livelli» di bromato, un inquinante chimico che si forma a seguito del contatto in acqua tra l’ozono e lo ione bromuro e che è classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come possibile cancerogeno per l’uomo. Secondo il quotidiano, a inquinare le fonti idriche delle due installazioni sarebbero stati i prodotti chimici utilizzati per la loro disinfezione. In un primo momento, il Comando di US Nave aveva respinto ogni addebito, poi però ha dovuto ammettere l’incidente impegnandosi a ridurre l’uso di disinfettanti «al minimo necessario». «L’acqua delle stazioni NAS I e NAS II a Sigonella e dell’installazione di telecomunicazioni di Niscemi è stata contaminata dal bromato e al personale militare è stato ordinato di non bere più dai rubinetti», spiegò a Stars and Stripes il portavoce del comando US Navy di Napoli, Timothy Hawkins. «La scoperta è stata fatta durante le analisi di routine effettuate il 17 maggio 2012 dal personale sanitario della Marina. I test hanno provato che la quantità di bromato è superiore al valore massimo stabilito dall’EPA, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente». Mentre l’EPA consente l’uso per fini potabili di acqua con valori di bromato inferiori a 10 microgrammi per litro, a Sigonella e Niscemi sono state riscontrate concentrazioni oscillanti tra i 52 e i 170 microgrammi. Nessuna informazione è stata però trasmessa alle autorità sanitarie civili italiane o ai sindaci dei comuni limitrofi.
Secondo il Dipartimento della Salute dello Stato di New York, l’ingestione di quantità ridotte di bromato può causare disfunzioni gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea e dolori addominali; può avere gravi effetti sul funzionamento dei reni e del sistema nervoso e comportare anche la perdita dell’udito. «Le quantità rilevate nelle installazioni siciliane non possono causare alcun sintomo», si sono però premurate a dichiarare le autorità USA, ma dal 29 maggio 2012 è stata ordinata la distribuzione obbligatoria di acqua imbottigliata al personale militare di Niscemi e Sigonella. Livelli di bromato superiori ai limiti di legge sono stati riscontrati anche nelle analisi svolte a Niscemi tre mesi dopo. All’inizio del 2013, l’US Army Public Health Command Region Europe e il Public Works Department, Environmental Division di NAS Sigonella hanno dichiarato potabile l’acqua della stazione NRTF «anche se nel 2012 non c’è stata piena corrispondenza con quanto richiesto dagli standard in tema ambientale del governo italiano». Secondo i dati pubblicati da US Navy, la media annuale del bromato riscontrato a Niscemi è stata di 26,68 microgrammi per litro (più di due volte e mezzo il valore consentito dalla legge), con punte massime però di 240 microgrammi. Per gli enti medico-militari USA, questi valori non causerebbero però alcun effetto immediato sulla salute. Eventuali conseguenze negative si realizzerebbero però con un’esposizione a lungo termine.
Attualmente l’installazione di Niscemi riceve l’acqua da una villa privata, rifornita a sua volta da Caltaqua - Acque di Caltanissetta, la società per azioni che dal 2006 gestisce il servizio idrico integrato in tutta la provincia di Caltanissetta. Prima di essere distribuita al personale militare, l’acqua è processata e disinfettata con il composto al bromato. Le analisi sono effettuate mensilmente su 110 diversi parametri chimico-inorganici, chimico-organici volatili, pesticidi, disinfettanti, radionuclidi, contaminanti microbiologici e cloro-residui. Le tabelle allegate al rapporto di US Navy, mostrano nell’acqua della stazione NRTF di Niscemi presenze significative di cadmio, nitrato e ammonio, poco al di sotto però dei limiti stabiliti dalla legge. Il primo inquinante originerebbe dalla corrosione di oleodotti o serbatoi di gasolio e lubrificanti. La presenza di nitrato e ammonio potrebbe essere causata invece dall’uso intensivo di pesticidi in agricoltura. A NAS Sigonella, oltre al bromato, nel 2012 ha destato preoccupazione la rilevazione nelle acque di notevoli quantità di ferro, 163 microgrammi per litro come media annuale, ma con picchi massimi di 380 (la legge vieta di superare i 200 microgrammi). Dati che, ripetiamo, sono sempre stati occultati a sindaci, autorità sanitarie civile, coltivatori e abitanti. La guerra uccide. I processi di militarizzazione dei territori pure.

Articolo pubblicato in I Siciliani giovani, n. 19, aprile 2014 

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