Il MUOS e le guerre del futuro
Licenza illimitata di
uccidere. Chiunque. Dovunque. Non faranno sconti a nessuno i prossimi
interventi delle forze armate Usa. Ancora guerre globali e permanenti dove
saranno sempre più le spietate macchine a decidere chi, dove, come e quando ammazzare.
Computer, terminali e satelliti, droni e robot per marginalizzare sino ad escludere
l’uomo con la sua intelligenza, etica, empatia, sentimenti, senso di
responsabilità, concezioni della vita e della morte. Una cesura irreversibile
con l’intera storia dell’umanità in violazione dei principi base del diritto
umanitario internazionale, primo fra tutti quello di dover di distinguere
sempre i militari dai non combattenti (popolazione civile, donne, anziani,
bambini).
Colpire senza mai rischiare
di essere colpiti, annientare il nemico anche se le sue minacce sono virtuali o
frutto di un errore di trasmissione e lettura di un byte. In nome dell’assoluta
superiorità in terra, negli oceani, nello spazio. Per tutto questo servono
missili e sistemi anti-missili da lanciare in frazioni di secondo, stormi di
aerei senza pilota sovraccarichi di testate convenzionali e minibombe atomiche,
costellazioni di satelliti ad altissime frequenze per collegare tra loro centri
di comando e controllo, decine di migliaia di impianti radar e radiotrasmittenti,
sottomarini nucleari, gruppi operativi, missili da crociera e droni killer o
spia.
Sarà il MUOS (Mobile User Objective System) la futura
rete di telecomunicazione satellitare
che consentirà alle forze armate statunitensi di propagare universalmente gli
ordini di guerra, convenzionale e/o chimica, batteriologica e nucleare. E
finanche quelli per scatenare la guerra al clima e all’ambiente. Si
baserà su cinque satelliti geostazionari e quattro terminali terrestri: uno in
costruzione a Niscemi (Sicilia sudorientale) e gli altri in Virginia, Hawaii e Australia. Con questo
sistema il Pentagono punta a velocizzare e moltiplicare di una decina di volte
le informazioni che potranno essere trasmesse nell’unità di tempo, impedendo così
ai supervisori in carne ed ossa di monitorare e intervenire prontamente in caso
di anomalie tecniche.
Il terminale terrestre in fase di realizzazione in
Sicilia si comporrà di tre grandi antenne
paraboliche dal diametro di 18,4
metri, funzionanti in banda Ka per le trasmissioni verso
i satelliti e di due trasmettitori elicoidali in banda UHF di 149 metri
d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-antenne
trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra
i 30 e i 31 GHz, i due
trasmettitori avranno una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz.
Progettazione, realizzazione e (futura) gestione del MUOS sono di pertinenza
esclusiva della Marina militare Usa. Il sistema non è incluso infatti in nessuno
dei programmi di riarmo discussi e approvati in sede Atlantica. Il suo costo
totale (originariamente stimato in 2 miliardi di dollari ma che alla fine
schizzerà presumibilmente ad 8) è a carico dei contribuenti statunitensi.
La
rilevanza strategica del sistema satellitare è ribadita nei documenti
presentati dal Pentagono per conseguire i fondi dal Congresso. “Il MUOS
giocherà un ruolo centrale nella nuova visione NCO (Network-Centric Operations) del Dipartimento della difesa perché è un
sistema disegnato per assicurare le comunicazioni interoperabili, robuste e
network-centriche di cui hanno bisogno i sistemi di guerra per le future
operazioni”, scrivono i responsabili militari. “Il concetto NCO descrive la
combinazione di strategie, tattiche emergenti, tecniche, procedure e organizzazioni
che può utilizzare una forza militare pienamente o parzialmente in rete per
ottenere un decisivo vantaggio nelle azioni di guerra”.
La complessità e la portata
bellica del MUOS, le sue dichiarate funzioni di arma d’attacco e first strike avrebbero dovuto imporre al
Governo italiano di presentare il programma Usa in Parlamento e ottenerne
l’autorizzazione a consentire il suo stazionamento sul territorio nazionale. Le
autorizzazioni, in spregio degli artt. 11 e 80 della Costituzione, sono state
concesse invece, il 31 ottobre 2006, attraverso un documento a firma della Direzione generale dei lavori e del
demanio del Ministero della difesa. “Lo Stato
Maggiore ha espresso il non interesse delle Forze Armate italiane alla futura
acquisizione delle opere in caso di dismissione statunitense”, recitava l’ultimo comma della nota fatta recapitare al Comando navale
Usa di Napoli-Capodichino.
Il MUOS sorgerà all’interno della Naval Radio
Transmitter Facility di Niscemi: 46
antenne per le comunicazioni con le forze di superficie e
sottomarine Usa, anch’esse ad uso
esclusivo del Pentagono e su cui non c’è modo di esercitare la sovranità e
alcun controllo da parte delle autorità italiane. È scritto nero su bianco
nell’Accordo tecnico Italia-Stati Uniti riguardante le installazioni in uso
alle forze USA di Sigonella,
firmato a Roma il 6 aprile del 2006. “L’uso esclusivo – si legge nell’accordo - significa l’utilizzazione
dell’infrastruttura da parte della forza armata di una singola Nazione, per la
realizzazione di attività relative alla missione e/o a compiti assegnati a
detta forza dallo Stato che l’ha inviata”.
La NRTF di Niscemi è parte
integrante della cosiddetta FORCEnet
vision, l’architettura strategica per le operazioni delle unità navali,
aeree e spaziali nel XXI secolo, con l’obiettivo dichiarato di assicurare a gli
Stati Uniti d’America la “superiorità
nella conoscenza e nelle capacità di comando e accrescere la potenza di
combattimento in guerra”.
Articolo pubblicato in MicroMega online, venerdì 13
febbraio 2013, http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-minaccia-del-muos-e-il-disprezzo-per-i-cittadini/
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