Come sparisce il Ponte sullo Stretto

A chi è stato promesso, perché non lo faranno mai, come finirà la storia del Ponte. Risponde Antonio Mazzeo, autore de “I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina” (Alegre Edizioni, Roma).

Il Ponte sullo Stretto non si farà. Questa, l'implicita ammissione contenuta in una lettera indirizzata, il 24 Settembre scorso, dal premier Berlusconi al Presidente della Commissione europea Barroso. Nel documento, Berlusconi manifesta a Barroso la preoccupazione del Governo circa la possibilità che il Mezzogiorno e la Sicilia in particolare possano essere escluse dalle nuove linee guida per le reti transeuropee di trasporto, ribadendo la centralità del corridoio 1 Berlino- Palermo quale asse di collegamento strategico tra il Continente e il bacino del Mediterraneo. Nessun cenno, o indicazione invece per il Ponte. Un nuovo corso quello seguito da Berlusconi, evidentemente consapevole dell'insostenibilità economica dell'opera, oltre che della condizione disastrata delle finanze statali.


Perché si era scelto di fare il Ponte? A chi era stato promesso?

"La questione del Ponte è una storia antica. E' stato sempre presentato come l'unica alternativa, l'unico modello di sviluppo per un'area svantaggiata. Su questo si sono costruite le fortune politiche e finanziarie di una classe dirigente che è stata del tutto inefficiente e incapace di trovare concrete alternative di crescita.
Sicuramente, la manna del Ponte sullo Stretto fa gola anche alle organizzazioni criminali, nazionali e locali, a cui per anni è stato promesso un enorme flusso di denaro. Per le sue caratteristiche, l'impiego di cemento e calcestruzzo e la conseguente movimentazione di milioni e milioni di metri cubi di 'materiali di risulta', l'opera diventerà il grande affare, il banchetto a cui le imprese si sono già preparate da tempo."


Perché non si sarebbe potuto realizzare e non si realizzerà mai?

"Il Ponte non si può fare perché è un'idea astratta: va contro le leggi della fisica, dell'ingegneria, e persino contro le leggi dell'economia. Quindi è chiaro che non ci sono assolutamente le condizioni minime per realizzarlo. Ripeto, è un grande mito su cui si sono costruite delle fortune politiche, e in ragione del quale si sono bloccate le possibilità di uno sviluppo alternativo concreto per una realtà che avrebbe avuto bisogno di altre risposte."


Chi ha siglato un accordo da cui non si può tornare indietro? Qual è la vera partita che si sta giocando?

"La grande partita è quella del "Ponte senza Ponte", cercare di raschiare le ultime risorse finanziarie pubbliche per darle in mano ai privati. Non è vero che non possiamo tornare indietro. Di certo, quel contratto prevede una norma "anomala", in base alla quale se il governo dovesse recidere il contratto anche prima del completamento dei lavori, si pagherebbe una penale astronomica, dell'ordine di 400 o 500 milioni di euro. Questa clausola, però, avrà valore solo nel momento in cui i lavori prenderanno il via, cioè dopo che verrà approvato il progetto definitivo dal Comitato Interministeriale per la programmazione economica. Sino a quel momento qualsiasi governo può revocare il contratto senza pagare la penale. Pertanto, è questo il senso delle battaglie che non devono essere solo locali ma nazionali, per impedire che un'enorme quantità di denaro pubblico vada al General Contractor senza che questo metta neanche una pietra. E' possibile farlo in qualsiasi momento, finché non esisterà il progetto definitivo e questo non sarà andato al vaglio del Comitato Interministeriale per la programmazione economica."


Visto che i soldi non ci sono come lo faranno? Che senso ha avere un'opera come il Ponte e trovarsi l'Italia in crisi, teatro di scontri come la Grecia?

"Soprattutto qual è il senso di non avere il Ponte! Abbiamo già dilapidato qualcosa come 400-500 milioni di euro nella produzione di carte e cartacce e per tenere in vita la società Stretto di Messina. Abbiamo vincolato 1.300 milioni di euro di Fondi FAS che andavano spesi per la messa in sicurezza dei territori, per dare risposte infrastrutturali a realtà del Sud Italia dove veramente ancora si viaggia a 10 km orari. Ebbene, è impensabile che si sprechino ulteriori risorse attraverso la penale, o che soprattutto si inizi la realizzazione del Ponte sapendo benissimo che non esiste un progetto definitivo reale, che il Ponte non può essere costruito ma che soprattutto il Ponte richiede quella enorme quantità di risorse finanziarie, stiamo parlando di qualcosa come 10 miliardi di euro, che è impossibile trovare sui mercati finanziari, perché non c'è gruppo bancario o finanziario disposto a rischiare un euro per un progetto economicamente insostenibile. Non è un caso che l'Unione Europea abbia detto per l'ennesima volta 'No' all'opera."

Cosa succede ora che la promessa a quei gruppi di potere, non è stata rispettata?

"Attorno al Ponte si sono ristrutturati gruppi di potere, gruppi economici, non criminali e criminali a cui per anni si è detto: "guardate che i soldi ci sono, guardate che il Ponte si fa". Oggi dover fare marcia indietro è difficile, forse per questo il governo continua a bluffare dicendo: "anche senza l'Unione Europea noi il Ponte lo facciamo" perché c'è il problema di doversi confrontare con queste classi inette e parassitarie a cui per anni sono state promesse risorse finanziarie, e a cui oggi bisognerà dire che si è bluffato, che il Ponte non esiste e non esisterà mai. Quello che deve preoccupare i cittadini italiani, è che non possiamo continuare a sperperare risorse finanziarie in questa fase economica devastante solo per "un mito" che non potrà mai essere realizzato e che invece sarà la manna per queste classi dirigenti e soprattutto per le organizzazioni criminali mafiose."

Intervista ad Antonio Mazzeo, pubblicata da Cado in piedi, 22 ottobre 2011, http://www.cadoinpiedi.it/2011/10/22/sparisce_il_ponte_sullo_stretto.html#anchor

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