La Pace in movimento
Che fine ha fatto il movimento per la pace in Europa? É forse morto? O moribondo? Oppure è come un fiume carsico o una balena in immersione? A queste domande hanno cercato di rispondere i 50 ricercatori ed attivisti giunti a Barcelona (Catalogna) per partecipare al seminario su “Proteste, politiche, impatto: le esperienze del movimento per la pace in Italia e in Spagna”, organizzato dall’ICIP, l’Istituto Catalano Internazionale per la Pace. Una proficua occasione di incontro e di studio dei diversi cicli dei movimenti in due paesi che condividono tradizioni e contenuti di lotta “no war” e contro la militarizzazione dei territori. Relatori noti per il loro impegno teorico e militante, come il fondatore di Un Ponte per Fabio Alberti, lo storico dei movimenti sociali dell’Università Autonoma di Barcelona Jaume Botey, la giornalista ed ex europarlamentare Luciana Castellina, la sociologa dell’European University Institute Donatella della Porta, il fondatore del Comitato Anti-Nato José Luis Gordillo Ferré, il portavoce della Campagna Sbilanciamoci Giulio Marcon, l’economista Mario Pianta, il filosofo della nonviolenza Giuliano Pontara, la giornalista de Il Manifesto Giuliana Sgrena. “La storia del movimento per la pace è lunga e frammentaria, ricca e poco visibile” spiega Mario Pianta. “La memoria del pacifismo riflette alcuni dei suoi modi di manifestarsi come movimento sociale: grandissime mobilitazioni nei momenti più drammatici e pochissima continuità nelle iniziative e nelle organizzazioni; una grande capacità di inventare nuove forme d’azione collettiva e un impatto che appare purtroppo modesto”. Un’analisi condivisa un po’ da tutti come condiviso è il sentimento di frustrazione e d’impotenza che gli attivisti avvertono adesso che la mobilitazione è del tutto inesistente nonostante l’escalation di lutti in Iraq, Afghanistan e Pakistan, il rilancio delle strategie interventiste e nucleari della Nato, la crescente militarizzazione di importanti aree del pianeta (Africa, Golfo Persico, Caucaso, ecc.).
“Un limite che ha caratterizzato la vita dei movimenti per la pace è la loro rapida smobilitazione dopo la mobilitazione di milioni di persone, tuttavia non bisogna sminuirne gli impatti specie nella costruzione e consolidamento dei network sociali”, afferma Donatella della Porta. “Il successo delle campagne non dipende solo dai suoi protagonisti o dalla portata degli obiettivi perseguiti. Bisogna guardare al contesto storico-politico ed è necessaria l’esistenza d’interlocutori sensibili e credibili, di condizioni strutturali e contingenti che facilitino le mobilitazioni, di canali di accesso ai sistemi politici decisionali”.
Sul fronte italiano è unanime il giudizio sull’importanza storica della stagione di lotte contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso (1981-85) perché “il pacifismo irrompa come soggetto sociale e politico di massa”. Per Giulio Marcon “nelle culture politiche del movimento degli anni ’80 emergono elementi nuovi che ruotano sostanzialmente intorno al cambiamento delle relazioni e degli equilibri tra le forze politiche e sociali organizzate e la creazione dinamica di soggettività, forme di rappresentanza ed organizzazione sconosciute in precedenza”.
La stagione contro i missili nucleari a Comiso si caratterizzò come il primo dei grandi soggetti realmente autonomi e di valenza globale che si sarebbero successivamente affermati sulla scena politica. L’interscambio di esperienze, l’accettazione delle differenze, il superamento di divisioni e frammentazioni dell’arcipelago no-nuke e no-war, il confronto e la dialettica tra realtà sociali, ideologiche e culturali sino ad allora divise e/o contrapposte, contribuirono allo sviluppo dei movimenti sociali e culturali italiani e internazionali protagonisti delle future lotte per la difesa della pace e il disarmo, contro la criminalità organizzata, per la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse del territorio, in solidarietà con i popoli oppressi dalle ingiustizie, dal sottosviluppo, dalla fame. “L’eredità di quella stagione è stata importantissima”, dichiarano gli animatori della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella presenti a Barcelona. “I contenuti, le forme di comunicazione e le pratiche di lotta di allora sarebbero poi divenuti patrimonio dei successivi movimenti contro la globalizzazione dell’economia ed il nuovo ordine internazionale di matrice neoliberista”.
Gli attivisti siciliani non nascondono gli insuccessi delle ultime mobilitazioni contro i dilaganti processi di militarizzazione che investono l’isola sempre più “portaerei USA e Nato nel Mediterraneo”. Il coinvolgimento delle popolazioni locali è stato scarso, anche quando al centro delle iniziative ci sono stati temi con un impatto diretto sul territorio e l’economia, come è accaduto ad esempio nella campagna contro il ventilato progetto di costruzione a Lentini (Siracusa) di un residence per i militari USA di Sigonella in un’area agricola sottoposta a vincolo paesaggistico e archeologico.
Le difficoltà di coinvolgimento popolare può essere spiegata dalla debole “densità di capitale sociale” nella regione e dall’“invisibilità” di cui gode, per alcuni versi, la grande base militare di Sigonella, in parte per una sua localizzazione periferica dai grandi e medi centri urbani, in parte per la volontaria opera di occultamento delle sue funzioni belliche e degli ordigni di morte ospitati, da parte dei media locali e nazionali. La Campagna pone enfasi sul ruolo iper-collaborazionista delle élite politiche-economiche e sociali dell’isola ai piani di riarmo e di ampliamento delle basi in Sicilia. “La militarizzazione ha avuto una duplice funzione: il rafforzamento del controllo sociale, anti-democratico ed anti-popolare; un flusso-distribuzione di risorse finanziarie a favore del blocco di potere che governa l’isola ed esercita contemporaneamente il monopolio nel controllo delle testate della carta stampata e radiotelevisive”. Una fitta nebbia ha così reso “invisibili” i pericoli di Sigonella, quelli vecchi come la presenza e il transito di ordigni nucleari, chimici e batteriologici, quelli nuovi per la sicurezza al traffico aereo di Catania-Fontanarossa che saranno creati dai 20 velivoli senza pilota Global Hawk dell’US Air Force e del nuovo programma di sorveglianza terrestre AGS della Nato.
“Vicenda emblematica del torbido intreccio d’interessi che si muovono dietro l’affaire Sigonella è quella relativa al costruendo residence per i militari USA di Lentini”, spiegano gli attivisti della Campagna. “Il progetto è stato presentato dalla società Scirumi che vede tra i suoi soci la Cappellina Srl , nella titolarità della famiglia di Mario Ciancio Sanfilippo, l’onnipotente editore-imprenditore di Catania, già alla guida della Fieg (la Federazione degli editori di testate giornalistiche), proprietario del quotidiano La Sicilia ed azionista degli altri quotidiani e di buona parte delle emittenti radiotelevisive che operano nell’isola. A lui erano intestati una parte dei terreni venduti alla Scirumi per complessivi 10 miliardi e 800 milioni di vecchie lire. Una parte, perché gli altri fondi appartenevano alla Sater Società Agricola Turistica Etna Riviera, anch’essa nella disponibilità di Mario Ciancio, della moglie e dei figli”.
In realtà, le finalità di controllo interno della presenza militare USA hanno radici molto più antiche. La desecretazione di molti documenti conservati negli archivi di Roma e Washington hanno permesso di fare luce sul “peccato originale” da cui si è sviluppata la rete di alleanze tra gerarchie militari statunitensi, servizi segreti nazionali e stranieri, estremismo neofascista, ambienti massonici, gruppi economici dominanti e criminalità mafiosa. Innanzitutto quelli relativi alla strage di Portella delle Ginestre, il primo maggio di 63 anni fa, primo eccidio di Stato proprio dopo la vittoria del Blocco del popolo alle elezioni regionali siciliane. Da quel maledetto 1947 il condizionamento sulla storia della Sicilia e della Repubblica italiana da parte dell’alleanza tra poteri militari e paramilitari e soggetti politico-economici è stato determinante. Le basi militari originate da accordi bilaterali o sorte in ambito alleato sono stati funzionali a cementare questi relazioni strategiche.
Nel 2011 ricorrerà il 30° anniversario dell’avvio delle lotte di Comiso. L’auspicio è di non perdere l’appuntamento con il recupero della memoria di quella straordinaria stagione per ricostruire un percorso di mobilitazione che dia alla Sicilia, finalmente, un ruolo chiave nell’affermazione della pace, del dialogo e della cooperazione nel Mediterraneo.
Articolo pubblicato in Casablanca n. 15, novembre 2010
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